La strada più lunga per Capo Nord

E' piacevole, oggi, nella mia comoda casa e fumando quella pipa che, pur avendomi seguito, non è stata accesa con la desiderata frequenza, ripensare al lungo e vario viaggio affrontato questa estate. I miei sensi sono ancora pregni della piacevolezza di quei luoghi, dell'affabilità e della gentilezza delle persone che ho incontrato: come poter...
Scritto da: Saverio Pansini
la strada più lunga per capo nord
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 3500 €
E’ piacevole, oggi, nella mia comoda casa e fumando quella pipa che, pur avendomi seguito, non è stata accesa con la desiderata frequenza, ripensare al lungo e vario viaggio affrontato questa estate. I miei sensi sono ancora pregni della piacevolezza di quei luoghi, dell’affabilità e della gentilezza delle persone che ho incontrato: come poter dimenticare la materna attenzione delle donne dell’isola di Saareema, la esplosiva esuberanza delle ragazze di Tallin o la dolcezza delle venditrici di generi alimentari degli hangar dei dirigibili in Riga? Un mondo molto al femminile ove la donna è fortemente impegnata in un lavoro non sempre facile e leggero.

Avevamo deciso di tornare nuovamente nell’Est europeo questo inverno: la piacevolezza del viaggio effettuato due anni prima, che avevamo dovuto interrompere dopo un mese di vagabondaggio in quelle regioni, ci spingeva a tornare, a completare la visita della Polonia ed a spingerci poi più a Nord, verso le repubbliche baltiche.

Siamo partiti con il nostro piccolo Itaca e con un Ford Custom camperizzato di una coppia di amici alle ore 16,00 del 29 luglio da Bari per fermarci al parcheggio del Motel Agip di Modena che, oramai, sta diventando sempre più insicuro per la sosta notturna deì camper. Il giorno dopo è stato completamente dedicato al viaggio, la nostra bambina di quattro anni ha giocato tranquillamente tutto il giorno aspettando di raggiungere le giostríne della Polonia, in realtà poi non così belle, di cui aveva un vago ricordo del viaggio effettuato due anni prima.

Tutto è andato bene sino a Monaco, poi… – traslocare una capitale non è come cambiar casa – mi ha detto un amico che è ricercatore di Tedesco all’Università: il tratto Monaco-Berlino si è trasformato in una unica grande fila, vuoi per il traffico, vuoi per la trasformazione completa che la rete autostradale della ex DDR sta subendo, ma, attenzione, tra il 2000 ed il 2001, c’è da fidarsi, tutto sarà a posto! Dopo aver sostato in una stazione di servizio nei pressi di Dessau abbiamo affrontato il confine polacco con la stoica coscienza di chi sa di affrontare 5 Km. Di coda in 3 ore per mostrare semplicemente il passaporto e riceverne un timbro. Abbiamo, nel frattempo, inneggiato all’Europa Unita, all’abbattimento delle frontiere ed all’inserimento dei paesi dell’Est nella Comunità Europea.

Presto, comunque, siamo arrivati a Poznan che si presenta come una piacevole e tranquilla cittadina costellata di molti laghetti, anche all’interno del nucleo urbano. Il centro storico è ben restaurato e, forse, gli ombrelloni dei bar e dei ristoranti nella piazza centrale, con le loro scritte pubblicitarie, risultano un po’ troppo aggressivi. Il locale Museo Nazionale offre una sala di arte contemporanea con poche, ma bellissime opere di artisti contemporanei tra cui spicca un interessante Corint posto accanto ad opere impressioniste (Monet) e della secessione viennese. Sono i gioielli provenienti dalla collezione del palazzo di Rogalin che è possibile vedere (non il Lunedì) insieme al meno bello castello di Kornik costruendo un itinerario che attraversa anche il vicino Parco Naturale. Interessanti e vari (soprattutto quello di Kornik) sono i giardini collegati a questi palazzi.

Poznan non ha camping al suo interno, conviene fermarsi nelle immediate vicinanze, in quelli posti sui laghi, sono ben ombreggiati, ben serviti dai mezzi pubblici (comunque sia i taxi sono economici) ed offrono una buona occasione per un fresco e ristoratore bagno in una acqua pulita che odora di erba e di terra.

Una deviazione necessaria da fare, prima di dirigersi a Varsavia, e quella per Gniezno per vedere le antiche porte bronzee della Cattedrale, il più prezioso monumento romanico della Polonia (bella è anche l’immensa piazza centrale dall’andamento ondulato) e le due chiese di Strzelno del XII secolo poste l’una accanto all’altra che conservano interessanti sculture.

Andando verso Varsavia mi ero riproposto di offrire un pensiero a Chopin al momento di attraversare la sua città natale di Sochaczew, ma sarà stata la difficoltà di memorizzare l’impronunziabile nome o la difficoltà estrema della guida sulle strade polacche che mi sono ritrovato nella capitale senza aver realizzato il mio proposito. Le strade del nord della Polonia sono, a mio avviso, terribili: l’intenso traffico degli automezzi pesanti ha creato una sorta di doppio binario in andata e ritorno, di conseguenza la sensazione che si ha nell’effettuare un sorpasso è quella di guidare sulla neve ovvero di scarso controllo del mezzo. Io, con il mio piccolo Itaca, e grazie alla gentilezza dei guidatori riuscivo ad effettuare molti sorpassi, ma i trecento chilometri mi sono pesati molto.

Varsavia è una città bella e viva. Le mie aspettative iniziali non erano particolari: sapere che il centro storico era stato completamente ricostruito dopo il bombardamento nazista, mi aveva predisposto alla visita di una città sostanzialmente anonima. Ebbene no, la ricostruzione di Varsavia ha cercato disperatamente di restituire una identità alla città. Chi visita queste zone si deve chiedere anticipatamente cosa significa per lui vedere realtà, in alcuni casi, completamente ricostruite, altrimenti rischierà di rimanere profondamente deluso da quello che vede perdendo così un’ottima occasione per capire il significato della rinascita della identità di un popolo volutamente umiliato ed al tempo stesso per misurarsi sul significato della parola ricostruzione. La distruzione di queste città del Nord della Polonia è avvenuto recentemente: esistono ampie documentazioni di come le cose erano prima della guerra, quindi che fare? I polacchi hanno ricostruito palmo a palmo le loro città come erano. Una sera, seduti nella piazza principale di Varsavia, scrutavamo i contorni troppo diritti delle case, la disposizione troppo regolare delle camere illuminate, ad un tratto a me e al mio amico architetto venne spontaneo dire – ma chi l’ha detto che cinecittà è brutta? – Tuttavia non tutto a Varsavia è ricostruito: è restata in piedi tutta la zona adiacente le mura, che è di un certo interesse, è autentico il Wilanow come le splendide architetture che popolano il Park Lazienkowski tra cui spicca il bellissimo teatro barocco. Molto interessanti sono i musei di questa città, ma io consiglieri una visita particolarmente attenta alla sala del castello che conserva 22 vedute di Varsavia del Canaletto: è una ottima occasione per cogliere il fascino segreto della vecchia, autentica città.

Abbiamo poi puntato i musi dei nostri camper verso Nord, verso Torun effettuando una breve sosta al monastero romanico di Czerwinsk che conserva brani di affreschi del XII secolo (i meglio conservati della Polonia) dotati di notevole freschezza e immediatezza d’invenzione. Qui ci siamo misurati con un fenomeno religioso che sta avendo un particolare successo in Polonia: folti gruppi di giovani e meno giovani affrontano, a tappe forzate incolonnati e recitando rosari e preghiere varie, il cammino a piedi verso Czestochowa. Al monastero affollavano l’intera chiesa, avevano un’aria particolarmente stanca e non mi sembravano particolarmente attenti. Girando per la Polonia si incontrano molti di questi gruppi, evidentemente la gioventù deve sempre e ovunque misurarsi con imprese eroiche! E’ stata interessante anche la sosta a Plok se si presta attenzione oltre che alla monumentale chiesa gotica, anche al paesaggio che si distende intorno al lago che non esclude edifici industriali ottocenteschi in mattoni rossi, alti ed imponenti come basiliche.

Torun merita una visita tranquilla: il viaggiatore deve quasi assumere il ritmo della città per aggirarsi tra le strade, entrare nelle bellissime chiese fermarsi ad uno dei ristoranti della piazza.

Prima di giungere a Danzica una breve sosta merita Chelmno e la sua grande piazza centrale con al centro un palazzo comunale dalle insolite forme manieriste e, seppur dalla strada, bisogna fermarsi a guardare il profilo della città di Gniew dal quale emergono con prepotente forza il castello dell’Ordine Teutonico fronteggiato dalla chiesa intitolata a S. Nicola di Bari. La Danzica che noi abbiamo visto è un immenso mercato che occupa l’intero centro storico. E’ possibile trovare di tutto: dai tappi di bottiglia ai mobili ai cimeli giusti per ogni tendenza politica. Se tutto ciò all’inizio può divertire, alla lunga stanca e rende difficilmente visitabile una città, anch’essa notevolmente ricostruita. Aulica e ben restaurata è la zona del centro, particolare è la Dlugie Pobrzeze che corre lungo la Stara Motlawa, ancora oggi percorsa da imbarcazioni che, insieme alla vecchia gru ripristinata, ricreano il fascino dell’antica Danzica.

La città, come avrete capito, è molto bella, tuttavia utilizzate i mezzi pubblici o lasciate il vostro in un posteggio a pagamento, la zona dell’interessante Museo Nazionale, notevole è il Giudizio Universale di Hans Memling, per esempio, è cosparsa dai frammenti dei vetri rotti ad auto.

Stando da queste parti, è impossibile non recarsi a Malbork ove è il più grande castello in mattoni d’Europa. Uno spettacolo unico è vederlo dall’altra sponda dei fiume perché appare in tutta la sua complessa forma di cittadella fortificata.

Anche questa struttura ne è uscita male dalla guerra e, invece di lasciare una immensa area di rovine, si è preferito una ricostruzione filologica, ma, vi assicuro, molte cose sono rimaste integre: dai fantasiosi capitelli gotici, ai pavimenti in terracotta nuda o maiolicata o invetriata, alle sculture dei camini, sino a consistenti brani di affreschi.

L’unica giornata di vero brutto tempo, con una pioggia insistente, ci ha colto nel trasferimento da Danzica al confine lituano. Di conseguenza ci siamo fermati solo ad Olsztyn dove, sotto un battente acquazzone, solo io sono andato a fotografare il castello teutonico, ma, per chi decidesse di visitare solo la Polonia e quindi di dedicare più tempo a questa zona, consiglio vivamente di recarsi nei pressi di Torun a Golub Dobrzyn ove è l’unico castello teutonico di questa regione rimasto completamente intatto, alla fortificata Frombork, sul Baltico, città natale di Copernico e alla medievale Lidzbark Warminki.

Il paesaggio polacco non è molto vario, è piuttosto piatto, ma le continue foreste con alberi dai fitti rami che spesso, in alto, coprono la strada, risultano sorprendenti. Tuttavia la zona dei laghi, che si estende verso il confine est, risulta molto varia e bella, ricca di possibilità escursionistiche sia a piedi che con canoe. Certamente il cattivo tempo e le previsioni non proprio rosee ci hanno indotto a proseguire il viaggio Ad Augustow abbiamo intravisto la Puszcza, ovvero quanto rimane dell’antico sistema forestale lituano, e poi, attraverso strade ora sterrate, ora in cattivo stato, ma tutte in rifacimento, abbiamo raggiunto il confine che, ingannevole come la maga Circe, ci ha fatto sperare in un rapido passaggio essendoci una breve fila.

L’attesa è stata di due ore, non perché i controlli dei mezzi fossero rigorosi, ma perché un poliziotto, con un atteggiamento che ricordava quello di tempi ormai andati, ha trattenuto il mezzo dei nostri amici in un posteggio in attesa non si sa bene di che cosa. Noi eravamo, invece, fermi tra le due frontiere e, solo quando la nostra bambina ha cominciato a dare veramente fastidio a tutti correndo e gridando, i nostri amici sono stati liberati. Incidenti che capitano.

Dal confine lituano in poi non abbiamo avuto più alcun problema di questo genere, finanzieri e poliziotti in entrata ed in uscita, dopo normali controlli, ci hanno sempre augurato ora il benvenuto ora il buon proseguimento.

Così la Lituania ci ha accolto ad ora tarda e presto è si è fatto buio. Abbiamo puntato su Trakai perché sapevamo che Vilnius non possiede camping (nelle repubbliche baltiche non sono poi così diffusi). Subito ci ha piacevolmente sorpreso la qualità delle strade più larghe e senza gli orribili binari polacchi che, senza molte curve, infilano velocemente numerosi boschi. Poco dopo ci ha colpito la presenza costante della polizia stradale, ma i lituani ti avvertono con segnalazioni luminose, poi la mancanza, nei centri minori, della illuminazione stradale. Le case appaiono quindi come il più diffuso ricordo delle repubbliche: ovvero un lumino in forma di abitazione tipica.

Il camping che cercavamo, per fortuna, era ben indicato e siamo quindi giunti in un bellissimo parco naturale in riva ad un lago. Già in Polonia era possibile vedere le cicogne, ma nelle Repubbliche Baltiche questi volatili sono in notevole numero ed è possibile vederli a distanza ravvicinatissima.

Nei camping dei paesi baltici abbiamo incontrato, qualche volta, orde di camper e caravan tedeschi riuniti in folti gruppi che avevano l’unico merito di sporcare notevolmente i poco attrezzati bagni e comportarsi in modo scorretto: al mattino a Trakai due dei camper dell’autocolonna (si riesce a farsi del male anche con questo tipo di vacanza) al centro del camping scaricavano, prima di andar via, le acque grigie direttamente sul prato! Trakai era capitale della nazione nel secolo XIV, sorge lungo la riva del lago Galvé al cui centro, su un isola, è il restaurato castello di Vytautas. Sia se voi arrivate con il bel tempo sia con le brume, il paesaggio vi sembrerà incantato contornato com’è dalle colorate case di legno degli abitanti.

La distanza da Vilnius necessita l’uso del camper. La capitale lituana non mi è sembrata particolarmente malavitosa, ma, purtroppo, dopo aver posteggiato in centro, mi è stata sottratta l’autoradio: avevo lasciato uno sportello aperto, ritengo che mi sia andata bene! Il centro di Vilnius è quasi tutto restaurato, ma, se si guarda bene, ci si accorge che si è preferito ripristinare le facciate dei palazzi: non è insolito, infatti, che i tetti di alcune case siano addirittura non perfettamente integri. Nel vedere questa città ho provato una certa invidia nel notare il rigore del restauro: niente pitture plastiche, niente anticorodal! Se si potesse trasferire questa cultura in Italia, nei bellissimi paesi del Sud! Una breve visita la merita Kaunas che nel passato regime non era visitabile, qui, oltre alla vista del bel palazzo del Comune e della piacevole passeggiata che si può fare per la via principale, si possono concludere ottimi acquisti a prezzi ragionevoli. Samovar otto-novecenteschi, francobolli introvabili e quant’altro è nel negozio d’antiquariato prospicente la piazza (attenti alla testa nello scendere le scale), tovaglie, abiti di lino per donne e bambine sono nella via principale ove si possono incontrare anche simpatiche signore anziane che vendono mele da loro coltivate.

Il paesaggio verso la costa si fa più vario: lievi colline con boschetti si alternano a prati ove pascolano cavalli tra piccoli specchi d’acqua, ma per trovare i camping bisogna arrivare almeno a Palanga. La Lituania si sta aprendo ora al turismo plen air di conseguenza la scelta dei camping va fatta con un certo criterio: molto spesso un’area recintata con pochi WC chimici passa per un luogo attrezzato, ma verso la città esistono luoghi più confortevoli.

Palanga dalle guide è presentata come la Rimini del Baltico, ma quanta differenza! Niente spiagge affollate, forse per il clima, ma semplicemente attrezzate dal Comune, niente cementificazione selvaggia: piccole villette, spesso di legno, sono circondate dal verde e risultano molto più confortevoli dei bungalows dei campeggi che ne ripetono la tipologia. Il mare sul Baltico bisogna cercarlo: una fascia di folto verde è rispettata anche nelle città.

Indubbiamente la penisola di Neringa merita una visita, noi siamo andati il giorno dell’eclisse e un cielo terso e luminoso ci ha premiato. L’ingresso al parco naturale penalizza i mezzi ricreazionali che pagano una cifra notevole, più dei pulman più grandi (chissà da chi hanno imparato), in buona sostanza non vogliono che si dorma nelle piazzole di sosta. La bellezza del posto vale, comunque, il sacrificio. Il verde, su questa sottile terra, dilaga, ma quello che maggiormente colpisce sono le altissime dune di sabbia che si estendono verso la costa di Klaipéda. E’ veramente uno spettacolo da non perdere. Arrivati a Nida, un paesino immerso nel verde con case in legno tenute benissimo e continue piste ciclabili sul mare, bisogna andare a vedere le dune verso il confine russo: si estendono a perdita d’occhio e di lì è possibile vedere il mare da un lato e dall’altro. Nei pressi del passaggio russo abbiamo incontrato dei ragazzi romani che ci hanno parlato molto bene dell’altra parte, loro soggiornavano a Kaliningrad, – è più ruspante – ci hanno detto – ma la natura è incontaminata – allora io ho volto gli occhi alle brutte industrie, forse in disarmo, che si intravedevano sulla costa di fronte.

Qui siamo nel cuore della produzione dell’ambra e si vede: discrete bancarelle sono raggruppate in una piazzetta dinanzi ad una gelateria, ma gli oggetti più belli sono in una gioielleria all’ingresso di Nida, in una casa di legno, dove mia moglie si è lasciata tentare.

E’ qui che ho dovuto realizzare la seconda aspettativa di mia figlia: il bagno nel Baltico. Il Baltico non è molto salato né, per fortuna, molto freddo, fu per me molto più difficile bagnarmi nell’oceano nel sud della Spagna. Così dopo una ristoratrice nuotata con la piccola Iris ci siamo dati ai soliti giochi con la sabbia per poi tornare al campeggio.

Il giorno dopo, visitato il museo dell’ambra, abbiamo passato di volata il confine lettone.

La Lettonia appare subito più povera, tuttavia i paesaggi sono bellissimi, Azipute con i ruderi del suo castello costituisce un’ottima sosta per il pranzo, ma Kuldica è da visitare. Il centro è tutto costituito da case in legno dalle forme più disparate, bella la larga cascata del fiume.

I camping qui non sono affatto diffusi, così ci siamo portati verso Jurmala, la stazione balneare di Riga, ove vi sono, immerse nel verde, case in legno in stile liberty. L’unico campeggio aperto è il Nemo, il Pumpuri, pur essendo direttamente sul mare, è in completo abbandono. Questo camping è collegato ad una discoteca che chiude i battenti alle ore 2 così mia figlia ha passato, ballando, la prima notte della sua vita in discoteca. Malgrado ciò non abbiamo avuto alcun problema, i ragazzi erano molto corretti e non si vedevano altro che bevande analcoliche.

Il giorno dopo abbiamo effettuato il giro dei palazzi voluti dall’intraprendente Johann Biron, amante della giovane zarina Anna, realizzati da Bartolomeo Rastrelli, architetto del Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo. Quello di Jelgava ospita l’università ed è in ristrutturazione, prossimamente diverrà sede di un museo. Merita di essere visto al di là del fiume. Giacché eravamo lì abbiamo visto la chiesa ortodossa dello stesso architetto ed un palazzo che mostra come Rastrelli abbia segnato la cultura locale. Attenzione, le chiese ortodosse segnarono il predominio della Russia sulle Repubbliche Baltiche ed oggi sono luogo di coagulo delle comunità russe rimaste dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica. E’ buona norma, una volta in queste nazioni, comprare delle carte particolareggiate, noi, infatti, non l’abbiamo fatto fidandoci dell’atlante del TCI molto sommario per queste zone e così, per spostarci alla vicina Rundale, abbiamo effettuato un giro di molti chilometri per giunta in sterrato. E sì, in Lettonia può capitare di trovare strade in questo stato, ma ricordatevi che c’è sempre una alternativa asfaltata. I lettoni sono molto gentili, ma ci si capisce molto poco e i ragazzi sono un po’ burloni, non vi fanno assolutamente sbagliare strada, ma possono, per gioco, dirvi che i chilometri sono molto di più.

Comunque sia il Rundales Pils non si può perdere: capolavoro di Rastrelli, e capolavoro di restauro. Infatti il governo lettone si sta impegnando in una azione veramente encomiabile di recupero filologico delle molte le residenze nobiliari.

Per la notte successiva ci siamo fermati a Riga in un’area di sosta custodita che mai avremmo individuato, nemmeno passandoci davanti, se l’ufficio turistico di Jurmala non ce l’avvesse indicata.

Riga è una città dalle molte facce: il centro conserva, malgrado le trasformazioni, il fascino dei secoli XVII e XVIII ed è piacevole perdersi nel dedalo di stradine ricco di botteghe, locali, caffè e poco appariscenti bancarelle per effettuare acquisti o per sedersi ad un tavolino. Ma il fenomeno che per me rende Riga una città dal particolare fascino è la particolare interpretazione dei suoi architetti dello stile Jugendstil. Già passeggiando per il centro si ha il sentore di questo fenomeno: gli inserimenti moderni nel contesto antico sono quasi sempre di buon livello e recano belle decorazioni, passeggiando per il lungofiume e notando certi particolari degli arredi urbani la sensazione diviene certezza, ma non bisogna fermarsi perché la vera esplosione di questo stile, con realizzazioni di stupefacente bellezza ove la fantasia degli architetti, primo tra tutti Michail Osipovic Ejzenstejn padre del famoso regista della Corazzata Potemkin, si ha nel quadrilatero che si affaccia sulla Elizabetes iela.

Un’altra visita di particolare interesse è quella agli hangar costruiti per i dirigibili Zepelin tedeschi oggi trasformati in mercati coperti. Ogni hangar è dedicato ad una tipologia di merce che, sui bianchi banconi maiolicati, è sistemata in modo da formare una piramide. Ovviamente questa visita deve divenire una occasione per acquistare i prodotti tipici della zona.

Bello ed interessante è la visita al museo etnografico che si apre in un ampio parco posto su un lago, così, visitando edifici in legno funzionanti, qui trasportati, nella chiesa si recita ancora la messa, si è in un ambiente naturale piacevole. Il museo è sulla strada che porta al Gaujas Nacionalais Parks che presenta elementi di interesse anche culturale.

Superata Sigulda si estende un ambiente naturale vario e di particolare interesse, in questo luogo si svolgono le gare di sport invernali. Vi sono numerosi castelli in questa zona, alcuni allo stato di rudere, altri molto ricostruiti, che possono divenire una meta per piacevoli escursioni a piedi.

Ma tutto il parco è bello, punteggiato com’è da numerosi laghi, e una visita alla possente fortezza di Cesis può essere una occasione per attraversarlo e magari dormire in uno spartano camping in riva ad un lago per fare al tramonto una gita in barca. Il giorno dopo siamo partiti per l’Estonia raggiungendo Parnu che è nota soprattutto per la sua spiaggia dalla quale si possono ammirare splendidi ed infuocati tramonti. Poi ci siamo diretti verso Virtsu da dove si prende il traghetto per l’isola di Saareema. Quest’isola non presenta la stessa bellezza naturale di Neringa, tuttavia lo spettacolo naturale è egualmente di grande interesse per le coste frastagliatissime, la penisoletta di Tagamoisa in particolare, mentre al largo di Kihelkonna, per chi ha pazienza, si possono ammirare rare specie di uccelli che trovano riparo nell’inaccessibile isoletta di Vilsandi. Da vedere è ancora il cratere generato da un meteorite e la cattedrale di Kaarma, la più antica dell’Estonia, costruita con una particolare roccia dolomitica che si cava sull’isola – oggi si realizzano vari oggetti, sulla mia scrivania è un portapenne dal particolare colore bianco panna -, ma di grande interesse è la fortezza vescovile di Kuressaare, la meglio conservata di tutto il Baltico. Il pregevole restauro ha messo in luce e reso fruibili, con tecniche veramente ottimali, le strutture più antiche. Anche se ci si è abituati, le case in legno continuano ad essere interessanti e sontuose.

In questo centro, in uno strano mercatino in pieno centro, ho acquistato un maglione. Su panche stabili vengono esposti molti manufatti in lana da signore che non hanno molto l’aria di commercianti. Non c’è da trattare molto, ma un piccolo sconto lo si può ottenere. I prezzi, comunque, sono molto più contenuti rispetto ai mercatini e negozi di Tallin dove le guide consigliano di acquistare. A proposito di questi maglioni, si dice che i motivi decorativi, che variano a seconda dei paesi, servissero per riconoscere le provenienze dei cadaveri dei marinai morti durante la pesca! A me non spiace di essere di Saaremaa.

Dopo una rapida visita al castello di Haapsalu, che ingloba la cattedrale gotica ed il battistero, ci siamo diretti a Tallin dove abbiamo penato non poco per trovare il campeggio.

Tallin è una splendida città, forse la più bella del Baltico. E’ interamente fortificata. I suoi vicoli, le sue piazze, gli innumerevoli scorci da cui si possono ammirare i bellissimi palazzi ben restaurati, interessanti sono i portoni di legno intagliato, rendono la visita viva e sempre desto l’interesse. Anche la parte alta della città, Toompea, è interessante caratterizzata com’è dalla cattedrale e dalla chiesa ortodossa di recente fabbricazione.

Anche a Tallin non mancano segni di un discreto jungendstil che, però, mai raggiunge i livelli visti a Riga. In questa città il mare è un elemento presente, quantomeno nella parte nuova: dal lungomare si può vedere il porto che si sovrappone con un bel colpo d’occhio alla città vecchia.

Se non si vuole arrivare al confine russo per vedere la fortezza di Narva, ci si può fermare nel Parco Nazionale di Palmse dove, oltre ad un paesaggio che integra fitte zone boscose al mare, si possono vedere e visitare interessanti complessi architettonici che costituivano e costituiscono ville al mare di agiate famiglie ora all’estero. Esempi molto belli sono quella di Palmse e quella di Sagadi.

Oramai la febbre di raggiungere Capo Nord aveva preso il gruppo, compreso mia figlia che, saputo di Rovaniemi e della casa di Babbo Natale, si preparava giornalmente all’incontro ripetendosi l’elenco dei regali da chiedere. Io, personalmente, ero scettico volendo ancora rimanere in quelle zone, ma, come si sa per il camperista, la strada nuova è meglio della vecchia, così, un bel giorno, con un veloce catamarano abbiamo aperto un capitolo completamente diverso del nostro viaggio che, dopo 15.000 chilometri, doveva riportarci a Bari.



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