La lunga strada verso il Baltico
Partenza da Sermide(Mantova) con BMW completa di borse dedicate e borsa morbida assicurata al robusto portapacchi in alluminio bavarese, Kawasaki con borsa sul serbatoio e zaino aggrappato al sellino posteriore con ragno elastico.
Da esperti (o vecchi, fate voi…) motociclisti di lungo corso, le lunghe percorrenze non ci fanno paura, così, pur non essendo partiti alle prime luci dell’alba, ma alle 9,30 dopo abbondante colazione, ci siamo fatti circa 800 km, fermandoci per la prima notte tra Vienna e Bratislava, vicino Eisenstadt, sulle rive del bel lago Neusiedler, ai confini tra Austria, Slovacchia e Ungheria.
Venerdì mattina, belli ricaricati, partiamo verso la successiva meta, Varsavia. Passiamo per Bratislava, città in via di grande trasformazione, con un delizioso centro storico, che abbiamo già visitato in passato, e ci dirigiamo verso nord, su un’autostrada che attraversa un paesaggio piacevole, fatto di campagne e boschi, entrando poi in una zona collinare, dove, a Trencin, l’autostrada termina, e la statale comincia a salire verso i monti Tatra, che fanno parte del gruppo dei Carpazi occidentali. Qui è un paradiso per le moto, strade statali piuttosto ampie, con curve dolci e traffico non eccessivo (ma attenzione ai camion, quelli vecchi di epoca comunista emettono gas venefici) che ci portano a Zilina, Martin e Ruzomberok, da dove si prende la strada per Cracovia, anche se fino alla frontiera non si fa menzione nè di Cracovia nè della Polonia. Attenzione quindi a conoscere i nomi dei paesi slovacchi verso la frontiera! In questa zona la proverbiale affidabilità e solidità della bicilindrica bavarese viene spesso messa in discussione, il boxer tossisce e starnuta, si riprende e poi sobbalza, tenendoci in apprensione per il prosieguo dell’avventura. Decidiamo così di non fermarci a visitare Cracovia per mancanza di tempo, e puntiamo decisi verso Varsavia. In Polonia sembra che il tenore di vita sia migliore di quello slovacco, soprattutto nella zona montuosa meridionale, ricca di belle ville in stile nordico, con tetti molto spioventi, bei giardini ricchi di fiori e traffico regolare. Le cose cambiano in pianura. Vicino a Cracovia il traffico è a livello italiano, quindi tremendo, e molti polacchi, pur non avendo famosi piloti da emulare, conducono le loro auto come se lottassero per la pole position, nonostante la presenza di molte pattuglie con radar, peraltro sempre preannunciate da lampeggi degli altri automobilisti.
Non c’è autostrada da Cracovia a Varsavia, e non sarebbe neppure un dramma, dato che il traffico fuori città è tutto sommato scorrevole, se non fosse per i numerosi camion e pullman che ammorbano l’aria e i nostri poveri polmoni, ormai abituati a euro 2, 3 e 4. Qui direi che siamo a euro -1200, come minimo. La sera, una sera soleggiata e di aria frizzantina, arriviamo a Varsavia, dove ci fermiamo all’Hotel Ibis Centrum, ulica Solidarnosci, nuovissimo e confortevole, nonostante le sole 3 stelle, ed economico, meno di 60 euro la camera, singola o doppia che sia: davvero consigliabile, da non perdere la colazione a buffet, con scelta vastissima e croissant leggeri e gustosi.
La sera a Varsavia è vivace, molta gente in giro, locali aperti fino a tardi, taxisti non ladri, e questo ammetterete che è raro. Decidiamo di fermarci anche il sabato, per vedere di sistemare il bicilindrico sofferente, così posso consigliarvi alcuni locali. La sera il Cinnamon, un disco bar ristorante in pieno centro, vicino al Teatro dell’opera, in uno dei nuovissimi complessi residenziali e commerciali in stile americano, tutto cristallo, acciaio e cemento, che stanno rapidamente sostituendo i terribili parallelepipedi eretti dal socialismo, che ai polacchi pare faccia ancora venire l’orticaria…
Dicevo del Cinnamon, dove si mangia, piuttosto bene, a suon di musica, fino a mezzanotte, quando la cucina chiude e la gente inizia a ballare, non disdegnando di salire sui tavoli. Il posto è frequentato da turisti, inglesi, tedeschi, americani, ma anche da molti ragazzi e soprattutto ragazze locali, con costosi vestiti spesso italiani. Dopo il polacco, la lingua ufficiale è l’inglese, ed è necessario conoscerla, se si vuole avere un minimo di colloquio.
Un altro posto da consigliare è il ristorante Chianti, in via Foksal, nel centro nuovo, in zona pedonale, dove il cuoco-proprietario, italiano, serve piatti raffinati, ma gustosi e abbondanti, portati al tavolo da ragazze carine e molto gentili, per circa 20 euro di spesa. Dovete toccarvi per crederlo…
Il mattino dopo lo abbiamo passato alla concessionaria BMW, dove inutilmente abbiamo sperato di riparare la moto, e visitando la città vecchia (Stare Miasto), peraltro completamente ricostruita dopo la devastazione della seconda guerra mondiale. Non è male, ma la troppa concentrazione di frotte di turisti e l’invadenza dei ristoranti all’aperto non sono mai stati di mio gusto.
Credo sia più interessante visitare gli antichi palazzi reali, rappresentati da alcune ville che sorgono in città, circondate da vasti giardini, alcune di queste progettate da architetti italiani, che nel 17° e 18° secolo hanno molto lavorato, e bene, in Polonia, Lituania, Russia.
Di fronte all’Hotel Ibis c’è un taxista che ci si è rivolto in italiano, così abbiamo deciso di fare un giro con lui. Una persona squisita, che abbiamo scoperto essere professore di matematica in un liceo, e che fa il taxista per arrotondare lo stipendio di 400 euro al mese (straordinari compresi) . E non è neppure tra quelli che stanno male, lo stipendio medio di operai e impiegati è di 250-300 euro al mese.
Ci ha raccontato molte interessanti cose su Varsavia, i polacchi, e anche gli italiani, che conosce piuttosto bene, essendo stato numerose volte nel nostro paese. Se passate di là, chiedete di Woitek, ha una Mercedes E270 penultimo tipo, e fatevi portare in giro da lui.
La domenica, sotto una bella pioggia fredda, avviamo le moto e puntiamo a nord, verso la Lituania. Niente autostrade, ma una statale diritta e veloce che porta a Bialystok, città che non abbiamo visto, essendo scivolati via lasciandola da parte, e poi in Masuria, bella regione ricchissima di laghi e canali, con vegetazione abbondante, e zone di boschi di conifere fittissimi. Il centro principale che attraversiamo è Augustow, graziosa cittadina con diversi hotel turistici. Da Augustow, dopo poche decine di km, si arriva alla frontiera con la Lituania, e qui la prima sorpresa, quando verifico che il più meridionale degli stati baltici è più povero della Polonia, mentre mi sarei aspettato il contrario. Il primo centro abitato è Marijampolè, città grigia ricca di stabilimenti dell’epoca socialista. Avanti verso Vilnius, la capitale. La periferia non fa presagire nulla di buono, ed invece, giunti in centro, abbiamo la sorpresa di trovare un ambiente molto pulito, rinnovato, particolare. La via principale, intitolata a Gedimino, un antico condottiero lituano, era fino a pochi anni fa dedicata, guarda caso, a Stalin e poi a Lenin. In pochi anni tutto è cambiato: l’asfalto è stato sostituito da lastroni in porfido, i marciapiedi lastricati con cubetti di granito, l’arredo urbano sovietico sostituito con lampioni, panchine parapetti di costruzione italiana (Neri). Insomma, una città salotto, con un bel centro storico pedonale pieno di bar e ristoranti all’aperto, molto frequentati da giovani locali e stranieri. Qui a Vilnius non c’è l’Hotel Ibis, così siamo stati al Novotel, stessa catena ma categoria superiore, 4 stelle, e comunque buon rapporto qualità-prezzo. Mi pare che la doppia sia costata 130 euro.
Le persone sono cordiali, tre giovani ci hanno meticolosamente aiutato a trovare l’hotel, pur non essendo stati interrogati, e danno l’impressione di preferire nettamente l’inglese al russo, nonostante la vecchia grande madre sia a poche decine di km.
Il giorno dopo, lunedì, decidiamo di cambiare meta: Tallinn è troppo lontana per il recalcitrante propulsore teutonico, così ci diamo come traguardo Riga, capitale lettone, sull’estuario del fiume Daugava. Il freddo e la pioggia gelida ci hanno accompagnato per tutti i 300 km che separano le due capitali , e per aiutarci non sono mancati diversi tratti di strade sterrate, per via degli innumerevoli cantieri che ci sono in tutte le zone ex comuniste.
Arriviamo a Riga nel tardo pomeriggio, e l’accoglienza è niente male. Un nubifragio senza soluzione di continuità ci impedisce di trovare il centro città, e abbiamo vagato per un’ora in una sterminata periferia di desolante squallore. Quella che sarebbe dovuta essere la perla del Baltico non poteva presentarsi in modo peggiore. Dopo molte richieste di informazioni, spesso inutili, dato che Riga è lettone, ma la maggioranza degli abitanti è russa, e non parla inglese, finalmente arriviamo nei pressi della stazione ferroviaria, dove troviamo un albergo che ci eravamo segnati. Una signorina, neppure troppo gentile, ci dice che è tutto prenotato, e aggiunge che difficilmente potremo trovare una camera a Riga. Due poveri anziani motociclisti, zuppi d’acqua, con una moto saltellante, in una città che subito è parsa ostile, hanno dovuto fare ricorso a tutte le residue forze per darsi coraggio. Finalmente, seguendo l’antica regola che negli alberghi più lussuosi trovi sempre una stanza, abbiamo riservato la suite(!!!) all’Hotel Radisson SAS, con vista sulla Daugava e sulla città vecchia, che si trova dall’altra parte del fiume. La nostra suite, in realtà, aveva la vista principale sui compressori dell’impianto di climatizzazione, e Riga vecchia si intravedeva solamente in secondo piano…
Per fortuna anche il prezzo era alla fine inferiore a quello di due singole nello stesso hotel, così ci siamo parzialmente consolati.
La sera è andata decisamente meglio. Dopo aver provato in alcune occasioni le delizie della cucina nordica, dopo aver sbiancato con l’alito la visiera dei caschi, nonostante massiccio ricorso a spazzolino e dentifricio, abbiamo deciso di fare a meno di aglio e cipolla, inesorabilmente presenti in ogni piatto da queste parti, e ci siamo diretti verso Antonio, ristorante italiano nel centro storico. Credo che i migliori chef italiani siano quasi tutti emigrati all’estero, infatti anche qui abbiamo gustato piatti deliziosi, su tutti i tagliolini fatti in casa con zafferano e gamberi, che consiglio caldamente. Il tutto con prezzi pari a meno della metà di quelli italiani.
Il giorno dopo, martedì, abbiamo preso la via del ritorno, in direzione Varsavia, dove ci siamo fermati un altro giorno per tentare di risolvere i problemi della BMW, per fortuna con esito migliore, anche se non del tutto. Trovato l’amico taxista Woitek, che mi ha accolto come un fratello, abbiamo visitato ancora la città, che pur non essendo bellissima, ha un fascino particolare, e si rivede volentieri.
Dalla capitale abbiamo preso la via di Wroclaw (Breslavia) e quindi di Jelenia Gora, ultima città polacca ai piedi dei Tatra, prima della frontiera con la Repubblica Ceca.
La sera siamo arrivati a Praga, con uno splendido colpo d’occhio notturno, ma anche con strade infestate da turisti rumorosi e perlopiù ubriachi. La via principale è piena di locali di dubbia moralità, e di persone di moralità ancora più dubbia che molestano il turista in ogni modo, per convincerlo ad entrare in un locale dove probabilmente verrà sensibilmente alleggerito dei suoi averi.
I taxisti qui sono poco onesti, e concordano la cifra prima di iniziare il viaggio. Conviene quindi chiedere a due o tre, e scegliere chi fa il prezzo più basso, si può risparmiare oltre la metà. Noi abbiamo fatto così, ma, una volta giunti a destinazione, il turpe individuo ha corretto al rialzo la cifra pattuita. Non volendo cedere ho iniziato una vivace discussione, al termine della quale gli ho messo in mano la cifra inizialmente concordata, minacciando di rivolgermi alla polizia. Fate molta attenzione, quindi, e pagate con corone ceche, dato che pagare in euro significa infliggere un altro duro colpo al vostro portafoglio, ed alle certezze di Prodi in materia di forte moneta unica europea universalmente accettata.
Il ritorno a casa è stato veloce e piacevole, per la nuova e scorrevole autostrada ceca verso Nurnberg e Regensburg, e da qui per le proverbiali autobahn tedesche, che ci hanno portati a casa senza problemi.
In Polonia, ai confini con la Lituania, abbiamo conosciuto un motociclista solitario, che era in viaggio da qusi tre mesi. Partito da Newcastle, Inghilterra del nord, aveva viaggiato per Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Polonia, ed era diretto in Estonia, Finlandia, per poi scendere in Romania, Bulgaria, Grecia, Croazia, Italia. Lavorava come programmatore di computer, mi ha detto che aveva punti di vista diversi dal proprio datore di lavoro, così si è licenziato, ha venduto l’automobile, la tv, lo stereo e altri effetti personali, e si è messo in viaggio. In 100 giorni ha percorso oltre 18.000 km. Gli ho augurato che i suoi soldi possano non finire mai, e ora che sono qui alla mia scrivania penso spesso a lui.
Credo che tutti proviamo un po’ di invidia.
Se avete altre curiosità, scrivetemi. Saluti a tutti voi. Luca