Java on the road

Cronaca di un viaggio in auto in lungo e in largo per l'isola di Java. Per la nostra terza visita di Java avevamo da tempo deciso di noleggiare un auto, grazie anche alle nostre amiche di Jakarta Sonia e May, che condividono con noi queso viaggio, in modo da poter effettuare un giro sigificativo dell'isola di Java, da Jakarta verso Java...
Scritto da: dabr70
java on the road
Partenza il: 16/08/2007
Ritorno il: 27/08/2007
Viaggiatori: fino a 6
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Cronaca di un viaggio in auto in lungo e in largo per l’isola di Java.

Per la nostra terza visita di Java avevamo da tempo deciso di noleggiare un auto, grazie anche alle nostre amiche di Jakarta Sonia e May, che condividono con noi queso viaggio, in modo da poter effettuare un giro sigificativo dell’isola di Java, da Jakarta verso Java Orientale, visitando o rivisitando alcuni dei posti più significativi di questo straordinario paese. Il tour in Indonesia è stata la conclusione del nostro viaggio, iniziato con una settimana circa di vacanza in Thailandia e Singapore.

Guidare in Indonesia.

Per guidare in Indonesia occorre la Patente Internazionale. Per ottenere la patente internazionale occorre rivolgersi alla Motorizzazione oppure ad una agenzia di pratiche automobilistiche; presso una agenzia, dopo aver portato due fotografie formato tessera, con circa 75-80 euro nel giro di un paio di giorni avrete la vostra Patente Internazionale (validità tre anni).

Guidare in Indonesia non è facile, non tanto per la guida a sinistra (a questo ci si abitua in breve tempo), quanto per il fatto che il traffico sia in città che fuori città è molto disordinato, caotico, non ci sono regole chiare, non esistono o quasi cartelli stradali con indicazioni e divieti ed anche per le direzioni spesso ci si trova costretti a chiedere agli incroci. I sensi unici non sono chiaramente indicati e si passa senza soluzione di continuità da tratti a senso unico a tratti a doppio senso di marcia e viceversa, con il rischio di trovarsi quindi improvvisamente contomano, senza alcun cartello che avvisi. Esistono solo brevi tratti autostradali (Jalan Tol) attorno alle grandi città, ma con caselli di pagamento durante il percorso stesso (e non solo alle uscite). In particolare le autostrade attorno a Jakarta – un’autostrada attraversa anche la città – sono perennemente intasate ed il traffico è lentissimo, soprattutto nel tratto da/per l’aeroporto. Nei tratti stradali a quattro corsie, i camion ed i veicoli lenti occupano qualunque corsia (molto spesso anzi i camion occupano la corsa più centrale, per evitare la corsia percorsa da biciclette e motorini), per cui occorre fare lo slalom tra i camion da una parte, e gli angkot (piccoli mezzi per il trasporto locale), biciclette, motorini, carretti dall’altra, con gli angkot ed i pullman che si possono fermare in qualsiasi momento anche in mezzo alla carreggiata per far scendere o salire le persone. Le strade poi, a parte le autostrade ed alcuni tratti di strada a 4 corsie, sono davvero difficili, a volte dissestate, strette, e soprattutto le indicazioni sono molto carenti. In alcuni tratti delle strade soprattutto all’interno di Java potete incontrare delle bande di persone che per un certo tratto bloccano una delle due carreggiate con dei grossi bidoni metallici, obbligando quindi le auto a rallentare; tali persone chiedono poi dei soldi per far defluire le macchine. Le nostre amiche a seconda della situazione ci consigliavano di dare o non dare soldi a queste persone, che a volte erano anche quasi incappucciate e non proprio rasscuranti. Insomma, c’era da aver paura. L’importante è rimanere calmi. Particolare attenzione occorre prestare nelle città, nelle ore di punta del traffico, quando orde di motorini sfrecciano e sfiorano le auto da qualsiasi lato, motorini che portano famigle intere; abbiamo contato fino a 5 persone su un motorino. Altra cosa da ricordare: occorre sempre tenere in auto una scorta di banconote da 1000 rupie (circa 8 centesimi di euro!). Infatti per qualsiasi parcheggio, per qualsiasi manovra, per qualsiasi cosa mentre si viaggia spesso occorre dare delle mance alle persone che ti aiutano a parcheggiare, che ti aiutano a rientrare sulla strada, che ti guardano la macchina. L’esperienza di fare un tour in Indonesia con una auto a noleggio è stata divertente ed interessante e ci ha fatto vedere le cose da una angolazioen diversa. Tuttavia, considerando tutto, per le prossime volte preferiremmo spostarci utilizzando gli aerei (tantissme linee a basso costo), i treni ed i pullman. Magari saremo un po’ meno indipendenti e più legati ad orari, ma sicuramente ci stresseremo di meno. D’altra parte anche nelle cità gli spostamenti possono essere fatti tramite taxi che sono convenientissimi.

Il viaggio.

siamo arrivati a Jakarta il giorno 16 agosto, giovedì, verso le ore 15, provenienti da Singapore con volo Valuair prenotato via internet, volo low-cost, ottimo e puntuale. La prima parte del nostro viaggio infatti ha riguardato la Thailandia e Singapore e non è descritta qui.

Questa era la nostra terza volta in Indonesia per cui abbiamo sbrigato velocemente le pratiche di immigrazione (acquisto del visto all’arrivo, 25 Dollari USA a persona, controllo passaporti, ritiro bagagli). Nell’atrio arrivi erano già ad aspettarci Sonia e May e l’auto noleggiata, una grosso Suzuki, modello APV (sembrava un furgone portavalori), nero, con 8 posti, anche se noi eravamo solo in 4, aria condizionata ben funzionante – anche troppo -, radio, ma nessun altro optional (niente ABS, niente AirBag, niente lettore CD), il tutto abbastanza caro, considerando gli standard indonesiani, circa 40 euro al giorno. La benzina (Pertamina Solar) d’altra parte costa pochissimo (4500 rupie al litro, pari circa a 0.40 euro).

Abbiamo trovato il solito traffico sull’autostrada, dall’aeroporto ed entrando a Jakarta. La prima meta era casa di May, un po’ fuori Jakarta; abbiamo infatti conosciuto la famiglia di May (compresa la nipotina Kinanti di pochi mesi) e la mamma ci ha offerto delle dolcissime banane fritte (pisang goreng). Abbiamo ripreso l’autostrada verso Bogor. La prima meta era in realtà la cittadina di Ciawi sulle colline/montagne sopra Bogor, nei cui pressi avevamo prenotato un cottage per la notte. Per la prima volta in Indonesia abbiamo trovato un posto con una temperatura accettabile ed un clima fresco. In effetti eravamo a circa 500 metri di altezza al nostro resort Gunung Geulis Club, resort formato da una serie di cottage immersi nel verde e nel fresco del bosco, con tanta pace, campi da tennis, green per il golf ed altro. Peccato limitarci a passare una sola notte! Costo del cottage per 4 persone, compresa la colazione 50 euro circa complessivamente. Abbiamo cenato in un elengante ristorante di Ciawi, spendendo per 4 persone l’equivalente di 15 euro (e sarebbe stata una delle cene più costose!). Il traffico comunque era tantissimo in quella zona, anche perché il giorno dopo era il 17 agosto, Festa dell’Indipendenza, e migliaia di macchine erano già sulle strade in direzione dei posti di montagna. In serata stessa siamo saliti al Puncak Pass (a circa 1500 metri di altezza!), con una strada che saliva e saliva per molti chilometri, tutti i fila, tra i soliti carrettini che preparavano cibi, piccoli banchi di frutta, bancarelle lungo tutta la strada. Arrivati in cima effettivamente… Faceva un bel freschetto. L’indomani, venerdì 17 agosto, Hari Merdeka, Festa dell’Indipendenza, ovunque abbiamo trovato feste, sfilate di bambini e carri carnevaleschi, giochi all’aperto e questo ha rallentato parecchio i nostri spostamenti. La strada tra Bogor e Bandung è una delle più belle di Java, con la salita al Puncak Pass, prima tra campi di riso e tabacco, poi alberi ad alto fusto. Se immaginiamo un passo di montagna, con la nostra mentalità europea, immaginiamo verdi pascoli, casette con i fiori, fresche montagne. Qua è tutto diverso e non sembra di essere ad alta quota: lungo la strada una interminabile fila di banchetti, di venditori di frutta, di venditori di abbigliamento, warung, kaki lima… Ristorantini, mendicanti, persone in mezzo alla strada che vengono acqua, frutta fresca, bevande calde, vari tipi di krupuk (krupuk sono sfogliatine fritte di vari tipi, di gamberi, di soia, di mais, di spinaci) . Per il giorno di festa abbiamo comunque incontrato file interminabili di auto. Nella direzione opposta, il traffico era stato bloccato e file di auto attendevano la riapertura della strada, apertura prevista un paio di ore dopo.

Dopo il Puncak Pass iniziava la discesa verso Bandung, attraversando villaggi in festa. Questo tratto di strada è rinomato anche per la presenza di numerosi “outlet” di abbigliamento, presi d’assalto da orde di gitanti (Cianjur, Ciranjang, Cibotat). Noi non ci siamo fermati, ma abbiamo capito che i prezzi erano davvero convenienti. Poco prima di Bandung, arrivati a Padalarang, abbiamo trovato un tratto di autostrada, con i soliti caselli che le interrompono. Bandung è la terza città dell’Indonesia, ha circa 2 milioni di abitanti, ed è considerata la città più all’avanguardia per quel che riguarda la moda, le università e la tecnologia. E’ circondata da montagne altre fino a 3000 metri e quindi è un po’ più fresca rispetto a Jakarta o le altre città delle pianure. Un paio di settimane prima le nostre amiche erano riuscite a trovare non senza difficoltà una sistemazione per la notte, presso un albergo in periferia (Cherry Homes Hotel), al prezzo di circa 20 euro per camera doppia, compresa una colazione all’indonesiana (ovvero con riso fritto, caffè o thé e frutta). Abbiamo girato un po’ in auto per Bandung, passando per il quartiere di Dago, una zona collinare, molto affollata e con un panorama sulle campagne e le montagne circostanti. Abbiamo poi mangiato in un ristorante specializzato in pollo fritto (ayam goreng), appartenenti ad una nota catena indonesiana, ma abbiamo assaggiato anche altre cose particolari e gustose. Siamo poi usciti da Bandung, dirigendoci verso le zone montuose. Ovunque abbiamo trovato code infinite e traffico. La prima meta del pomeriggio è stato il Kampung Daun, un piccolo villaggio inserito in un boschetto, pieno di piccoli ristoranti tradizionali, piccoli negozi e banchi che vendevano oggetti di artigianato, dolcetti di riso, frutta. E comunque anche questo piccolo villaggio era pieno di indonesiani, soprattutto giovani, saliti fin lassù in occasione della giornata di festa. Abbiamo continuato quindi la nostra salita in auto fino a Lembang, un posto di montagna molto noto, per l’altezza e per l’aria fresca. Tuttavia, a parte qualche alberghetto carino, non era nulla di eccezionale: i soliti centri commerciali, i soliti warung lungo la strada e tanta tante gente ovunque. Per fare i 20 km di ritorno a Bandung ci abbiamo messo un’ora e mezza! Ci siamo allora diretti in una strada di Bandung chiamata Cihampelas, rinomata per gli outlet di jeans e vestiti e per alcuni centri commerciali. Ci siamo fermati per mangiare qualcosa presso una pasticceria con dolci indonesiani e giapponesi. Io ho ordinato un dolce al durian (il frutto puzzolente dall’inconfondibile odore, che può essere trovato ovuneque dalla Thailandia all’Indonesia); ebbene, non sono riuscito a mangiarlo: l’odore nauseabondo e la strana consistenza del frutto (molle, un po’ burroso, un po’ viscido) hanno prevalso su qualsiasi mia velleità di provare questa cosa nuova. Il giorno dopo, sabato, abbiamo affrontato il trasferimento verso Semarang (circa 400 km), prima attraverso Java Centrale (Sumedang ed altri paesi lungo la strada), poi lungo la strada statale che collega Jakarta a Surabaya (passando da Cirebon, Tegal, Pemalang, Pekalongan, Kendal). Anche questo trasferimento è stato particolarmente pesante, soprattutto per la prima parte del tragitto, quando abbiamo incontrato diverse feste di paese e quindi le strade bloccate. In un paese siamo stati fermi circa due ore in attesa che le sfilate ed i cortei fossero finiti. Da Cirebon a Semarang invece, la strada è quasi tutta a quattro corsie, anche se spesso ci sono gli attraversamenti delle città. Lungo il percorso comunque abbiamo comprato della frutta tipica indonesiana molto buona e dolce (come i lengkeng) e vari tipi di krupuk. Per alcuni tratti dalla strada si vedeva anche il mare (il Mare di Giava), ma il litorale non è attrezzato come i nostri litorali. Gli indonesiani, come altri popoli asiatici, non hanno la passione per il mare e le spiagge come possiamo avere noi europei. Non hanno il concetto di vacanza al mare, di spiaggia, di bagni, etc. Queste cose sono solo per gli stranieri. A Java poi le località turistiche marine sono proprio pochissime e nessuna sulla costa settentrionale dell’isola, costa che durante la stagione secca (da aprile a ottobre) è particolarmente arida, assolata e calda. Abbiamo impiegato circa 9 ore per fare meno di 400 km e arrivare a Semarang. Anche quest’anno abbiamo prenotato l’Horison Hotel, uno dei migliori hotel di Semarang, situato al centro della città (Simpang Lima), ottimo albergo con servizio di car-valet per il parcheggio dell’auto, ristoranti, bar, piscina, aria condizionata, colazione da favola… Il tutto a 40 euro circa per camera doppia, ovvero 20 euro a persona. Mentre le nostre amiche, distrutte per non avendo guidato sono andate in camera, noi dopo una doccia rinfrescante ci siamo tuffati nel tradizionale mercato notturno del sabato sulla Simpang Lima, un mercato che dura dal tardo pomeriggio del sabato alle nove di mattina della domenica. Abbiamo comprato camicie e pantaloni batik, magliette ed altro, tutto a prezzi inverosimilmente bassi (ed occorre sempre contrattare). Abbiamo fatto due giri della piazza, per dare un’occhiata a tutti i venditori e avremmo voluto veramente comprare di tutto e restare di più. Al centro della piazza infatti c’erano ancora i bambini che giocavano, con i tipici giochi che si organizzano per la Merdeka.

Il giorno successivo, domenica, in mattina siamo finalmente andati a trovare i “nostri” bambini all’istituto; ovviamente tutti ci hanno fatto grandi feste e grandi sorrisi, come sempre. Quindi siamo andati a visitare il tempio cinese buddhista di Sam Poo, veramente suggestivo e bello. Qua davvero abbiamo trovato poca gente ed abbiamo potuto goderci il tempio in santa pace. Pranzo in una delle food court del grande centro commerciale Plaza Simpang Lima: i food court sono dei ristoranti tipo fast-food, dove si possono ordinare le varie specialità della cucina indonesiana classica, scegliendo da dei tabelloni illuminati. I prezzi sono ovviamente bassissimi, anche se sono cari per gli indonesiani (un piatto completo ed una bibita a circa un euro o poco più). Nel pomeriggio abbiamo partecipato invece alla Messa nella chiesa cattolica di Sanktus Enrikus, nella zona di Ngalyan, vicino all’istituto, assieme ai bambini e le maestre. Ovviamente eravamo i soli occidentali presenti e tutti ci guardavano incuriositi, tutti con i vestiti migliori. Vedendo le persone abbiamo dedotto che i cattolici qua a Semarang sono mediamente più ricchi ed agiati rispetto alla popolazione mussulmana. La Messa è molto suggestiva ed un po’ diversa dalla nostra. In serata siamo andati in becak in un localino a mangiare i “loenpia”, specialità di Semarang, una specie di involtini primavera, ma fatti anche con carne di pollo ed altri tipi di verdure, buonissimi.

Abbiamo approfittato della giornata di martedì per stare a Semarang, visitare la scuola che seguiamo a distanza, e nel pomeriggio portare un po’ di bambini a giocare in centro.

Martedì, escursione a Yogyakarta. Già due anni fa restammo affascinati da questa città e dai magnifici templi che la circondano. QUesta volta avendo poco tempo a disposizione abbiamo visitato il Kraton, l’antico palazzo del sultano, i vicoletti circostanti in becak ed abbiamo girato un po’ per la Malioboro, la strada principale di Yogya, che in pratica è un mercato. Anche qui sarebbe stato da comprare tutto, ma ci siamo limitati a comprare molto oggettini in legno e batik. Anche per questa gita i tempi di percorrenza sono stati esasperanti: per circa 120 km abbiamo impegnato quasi 4 ore, sia all’andata che al ritorno.

In serata, proprio mentre in becak stavamo andando ad un ristorantino… Grande acquazzone. Il povero guidatore di becak era tutto bagnato, mentre noi stavamo ben protetti da un telone di plastica trasparente. Il ristorante situato in una stradina della vecchia Semarang, nonostante l’aspetto, si è rilevato ottimo: abbiamo preso varie specialità di mie goreng (spaghetti fritti), nasi goreng (riso fritto). L’igiene sembrava non essere la più accurata, ma quello era lo standard dei ristorantini indonesiani. In effetti in quei giorni non abbiamo avuto alcun problema fisico dovuto all’alimentazione.

L’indomani, mercoledì, ci aspettava un altro bel trasferimento, per arrivare a Bojonegoro (in Java Occidentale), 190 km da Semarang: abbiamo impiegato ben 6 ore, affrontando una strada davvero disastrosa, in certi punti stretta, avendo incontrato carri, camion, pullman.. Di tutto. Questa era la vera Java: distese di campi di riso e tabacco, alternate a boschi, e poi fimiciattoli, fossi, paesini, scuole, motorini, biciclette, cavalli, muli… Attraversamento di cittadine molto simili, con le solite bancarelle, soliti venditori di frutta, bevande, krupuk… L’Hotel Kudus di Bojonegoro, il migliore della città, non era all’altezza delle sue pretese (20 euro per camera doppia compresa colazione miserella), ma ci siamo adattati ugualmente. Nel pomeriggio abbiamo dapprima visitato l’Istituto Santa Anna, dove abbiamo conosciuto la superiora Suor Monica e poi ci hanno accompagnato a visitare due bambini che seguiamo da tempo. Siamo così entrati nei vicoletti stretti della città e nelle casette delle famiglie indonesiane, semplicissime e poverissime, alcune di queste senza acqua né corrente elettrica. Ma i bambini per l’occasione era stati vestiti a festa, con gli abiti migliori. Nella casa della mia bambina non c’era nulla, siamo entrati e ci siamo seduti per terra su un tappetino di stuoia. Ci siamo tutti commossi tanto. Abbiamo fatto delle foto alle famiglie ed abbiamo lasciato alcuni regalini portati dall’Italia. Ora la nostra speranza è di poter tornare presto a ritrovare questi bambini e le loro famiglie. Il giorno dopo invece abbiamo visitato in mattinata la scuola Sankt Paulus, dove studiano più di 400 bambini (scuole elementari e medie). Abbiamo conosciuto i guru (maestri) dei nostri bambini ed abbiamo fatto le ultime foto con loro e li abbiamo salutati. Quindi siamo ripartiti alla volta di Semarang, dove dopo altre ore di auto ovviamente siamo arrivati distrutti. Fortunatamente ci aspettava la nostra bella camera all’Hotel Horison ed una cena in un ristorante indonesiano, apparentemente squallido e poco pulito, ma abbiamo mangiato bene, come al solito, spendendo cifre irrisorie.

Il giorno dopo siamo ripartiti alla volta di Bandung, ripercorrendo la lunga strada fatta pochi giorni prima; pernottamento all’Hotel Ilos, molto carino, pulito e conveniente (18 euro per camera doppia più colazione indonesiana). In serata abbiamo fatto un giro per Bandung (Jalan Asia Afrika, il mercato notturno, l’alun-alun) andando a mangiare degli specialissimi dolci fatti con cocco e cioccolata, veramente buoni, in un locale pieno di giovani (San Francisco). Il nostro viaggio volgeva al termine. Sabato ci siamo spostati a Bogor, rifacendo le code chilometriche al Puncak Pass e giù verso Ciawi a passo d’uomo. A Bogor abbiamo visitato il Kebun Raya, ovvero il Grande Giardino, un orto botanico famoso in Indonesia e sede anche di una residenza presidenziale. L’attrazione principale del parco è costituita dalla Rafflesia, il fiore più grande del mondo, che però ha un tempo di fioritura brevissimo, per cui abbiamo visto solo un fiore marcio che sembrava un arbusto rinsecchito. Comunque il resto dell’orto botanico è molto bello, ben tenuto. Direi che è il parco più bello che ho visto in Indonesia, nazione in cui il concetto di parco non è molto ricorrente. Bogor è comunque una città abbastanza ordinata e sicuramente più fresca e con un’aria più leggera rispetto alla vicina Jakarta, verso la quale ci siamo diretti.

Mentre ci stavamo avvicinando al “Grande Durian” (Jakarta, appunto) in autostrada, non avendo prenotato alcun albero, Sonia ha iniziato a chiamare un po’ di alberghi, ma tutti dicevano di essere completi. Arrivati in città, ci siamo recati fisicamente in alcuni alberghi ed in effetti restavano solo poche camere (le suites presidenziali). Dopo alcuni giri ecode nel traffico abbiamo trovato posto all’Hotel Millennium, un magnifico albergo, 4 stelle, con piscina, ristoranti, garage coperto, davvero bello ed elegante; il costo della camere era promozionale, veramente irrisorio dato il livello dell’hotel. Costo della camera doppia… 400.000 rupie, pari circa a 35 euro (per due persoe!), compresa la prima colazione. Abbiamo preso le camere per due notti. Nei due giorni che ci restavano abbiamo girato sempre in auto per centri comemrciali (ottimo il Plaza Semanggi e l’elegantissimo Plaza Senayan), andando a mangiare in posti carini, non troppo commerciali, conosciuti da Sonia e May. Domenica mattina in particolare abbiamo raggiunto la zona della vecchia città cinese (i quartieri di Glodok e di Kota), la zona dei grandi magazzini Mangga. Jakarta è una città diversa dalle altre grandi città orientali. Non ha un vero centro, non ha un sistema di trasporti efficiente ed integrato, non ci sono templi da vedere o antichi edifici, a parte qualche edifizio in stile coloniale (come tutta la zona attorno al parco del Monas, sede di uffici governativi e minsiteri), non ha una zona dove passeggiare, tuttavia ha un grande fascino ed è in continua trasformazione. L’abbiamo trovata già “cambiata” rispetto all’anno scorso; siamo sicuri che nel giro di qualche anno potrà confrontarsi con le altre capitali orientali, pur mantenendo tutte le caratteristiche, positive e negative, di una città indonesiana.

E così siamo arrivati a lunedì, 26 agosto, giorno della nostra partenza. Dopo un ultimo salto ad un centro commerciale per comprare le ultime cose (incensi profatussimi e CD di musica leggera indonesiana che ormai adoriamo), sempre con la nostra fidata macchinona siamo arrivati in aeroporto con un buon anticipo. Qui abbiamo salutato, tutti molto commossi, le nostre amiche, con la promessa di rivederci prestissimo in Italia o ancora in Indonesia. Ci siamo quindi avviati ai primi controlli di sicurezza ed al check-in. Ci aspettava un lunghissimo viaggio.

Jakarta-Kuala Lumpur, con Air Asia, alle 14.50.

Kuala Lumpur-Bangkok, sempre con Air Asia alle 20.20 Bangkok-Roma, con China Airlines, alle ore 3.25 con arrivo a Roma, martedì 27 alle ore 10.20 circa.

I voli low-cost, prenotati un paio di mesi prima via internet, sono stati perfetti e sempre in orario. A Bangkok siamo stati in attesa un po’ di ore, approvigionandoci al convenientissimo emporio Famili Mart di biscotti, succhi di frutta, acqua, anche per spendere gli ultimi bath thailandesi.

L’Indonesia è e resta nel nostro cuore, con i suoi colori, gli odori forti e indescrivibili, i sapori intensi,il caldo avvolgente, la luce dei cieli equatoriali, con tutti gli amici che abbiamo laggiù, con i sorrisi e le voci dei nostri bambini. Torneremo presto.

Per qualsiasi domanda o curiosità… Contattateci: dabr70@ibero.It



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