Israele, Palestina, Giordania
Il giorno seguente visitiamo “La Torre di Davide”, un museo vicino a Porta di Giaffa dove viene spiegata molto bene la storia di Gerusalemme. Il pomeriggio invece è consacrato quasi esclusivamente al mercato: ci siamo addentranti nel Suq e ci siamo immersi nei colori, negli odori del mercato arabo… Ma abbiamo anche visitato il Santo Sepolcro: quello che ci è colpito dei luoghi santi è la devozione dei pellegrini. Sono questi ultimi a conferire all’ambiente un’atmosfera intensa. Il 30 luglio andiamo a visitare il Muro del Pianto. Si entra uomini e donne separatamente: bisogna avere la testa coperta, meglio anche le spalle. Poi andiamo a visitare il quartiere ebraico. E’ la parte della città tenuta meglio, c`e` un abisso fra le condizioni della zona ebraica e gli altri quartieri – arabo, cristiano, armeno. Il quartiere ebraico è molto grazioso, gli edifici, molto ben tenuti, sono tutti molto antichi, di pietra bianca. Il mercato è molto ordinato, all’occidentale. Adiacente al mercato ebraico vi è quello arabo: passare da uno all’altro sarebbe come fare un salto dall’Europa al Medio Oriente. Decidiamo di rimanere nel quartiere ebraico e ci dirigiamo verso la casa dove si svolse l’Ultima Cena. Oggi viene gestita dagli israeliani che vi consentono l’accesso a tutti, ma è pur sempre proibita ogni forma di culto Nel pomeriggio ci dirigiamo verso la parte ovest della città, quella israeliana di nome e di fatto. C’è un lungo percorso pedonale in cui ci imbattiamo in chitarristi improvvisati, gruppi di giovani, soldati e soldatesse in congedo, sempre armati di tutto punto, coloni armati di mitra nell’indifferenza generale (non nella nostra però!). Che pentolone di contraddizioni questa città, dove le differenze convivono in pace – solo in apparenza! Il 31 è una giornata consacrata al turismo, ma non solo. Al mattino usciamo dall’ostello (il “Petra Hostel” a Porta di Jaffa; oltre alle stanze, è possibile dormire sul tetto…Esperienza da provare!) per recarci dal nostro fornitore ufficiale di falafel e spremuta d’arancia – questa è la nostra colazione tipo qui – ma il suo gazebo è chiuso. Ci guardiamo intorno e tutti i negozi sono chiusi. Ci voltiamo e diamo un’occhiata all’ingresso del quartiere arabo, dato che il Petra Hostel si trova due metri all’interno del Suq: è deserto. Ci dicono che c’è uno sciopero: “Oggi scioperiamo per via dei fatti di Cana”. Infatti il giorno prima c`e` stata la strage a Cana e gli arabi di Gerusalemme si sono mobilitati. A Porta Damasco c’è l’entrata principale del Suq: anche questa è deserta, salvo qualche donna, probabilmente venuta da fuori Gerusalemme, che vende foglie di menta o frutta. Entriamo nel Suq: si respira un’atmosfera surreale, le stesse strade che nei giorni precedenti erano caotiche e rumorose ora sono deserte, silenziose, inodori, statiche. Decidiamo di visitare il museo archeologico delle mura del Tempio, adiacente al Muro del Pianto, ai piedi della Spianata. La Spianata delle Moschee si trova su una collina, un tempo lì si trovava il tempio di Re Salomone. Intorno alla collina fu eretto un muro di sostegno, per paura che il peso del tempio potesse farla franare. E’ questo il Muro del Pianto dove oggi si recano a pregare gli ebrei. Terminata la visita del museo archeologico ci rechiamo sulla Spianata. Questo è uno dei luoghi più contesi dalle tre grandi religioni monoteiste. Un tempo su questa collina si ergeva il tempio di Re Salomone, abbattuto dai Romani. E’ su questa collina che si dice che Abramo portò Isacco per sacrificarlo a Dio. La roccia su cui si sarebbe dovuto consumare il sacrificio è importante anche per i musulmani, infatti è da lì che, secondo la tradizione, Maometto ascese al cielo. Sulla Spianata si trova anche la moschea di Al-Aqsa, terzo luogo santo per i musulmani dopo la Mecca e Medina.
Poi si riparte, diretti verso la zona del Gethsemani, sul Monte degli Ulivi. Qui si trova la tomba di Maria. Poco più in là è situato il cimitero ebraico: migliaia e migliaia di tombe di pietra occupano questo lato della collina. E’ un paesaggio arido, brullo, privo di vegetazione, che non può lasciare indifferente lo sguardo. Tra il monte degli Ulivi e quello su cui è situata la parte vecchia di Gerusalemme corre una valle, la Valle del Cedron. La sera usciamo per recarci a Gerusalemme Ovest. Le strade sono popolate anche la sera, i giovani la fanno da padroni mentre la musica dei locali anima le strade. Questa sera si mangia israeliano. Al ristorante chiediamo quali siano dei piatti tradizionali, ma bene o male lo sono un po’ tutti: gli ebrei vengono da tutto il mondo e hanno portato con sè tante tradizioni diverse che hanno fatto proprie. Fra i tanti piatti riconosciamo il baccalà, molto familiare per noi veneti!. Si mangia bene e si paga poco, il massimo per dei viaggiatori stanchi e affamati. Il giorno seguente ci rechiamo al museo di Gerusalemme, famoso, in particolare, per ospitare al suo interno i rotoli di Qumran. Ma è di sera che avviene il fatto più interessante della giornata: arrivati nei pressi del Petra Hostel ci imbattiamo in una folla di manifestanti. Sono tanti, molti sono vestiti di arancione, o sventolano bandiere, sempre arancioni. Sono coloni. Il loro movimento è nato in occasione del ritiro israeliano dalla striscia di Gaza. Dopo un’iniziale diffidenza, veniamo a sapere da dei ragazzi le ragioni della protesta: parlano del ritiro avvenuto un anno fa e ci spiegano che ci sono persone venute da tutto il Paese per commemorare l’evento. Si dirigono al Muro Occidentale: la piazza è piena e l’atmosfera elettrica… Da Gerusalemme è possibile organizzare anche un viaggio in Giordania: noi ci siamo serviti di un’agenzia israeliana che ci ha organizzato, impeccabilmente, tre giorni nel sud della Giordania: per passare la frontiera ci dobbiamo recare ad Eilat, nel sud di Israele. Arriviamo ad Eilat con un pullman di linea (da Gerusalemme circa 5 ore di viaggio attraversando il deserto di Giuda e poi quello del Negev) e, dopo un tuffo nel Mar Rosso, ci fermiamo a dormire per la notte. Il giorno seguente si parte per la Giordania: prima tappa il deserto! Prima però, bisogna superare i controlli della frontiera: quelli necessari per uscire da Israele, poi per entrare in Giordania. Per uscire da Israele si devono pagare 35 euro di tassa! La tassa di entrata in Giordania è di 5 euro, decisamente più ragionevole. Alla frontiera giordana ci incontriamo con Ahmed, che sarà la nostra guida durante il viaggio. Ahmed ha studiato italiano ed è stato all’università di Reggio Calabria per un mese per praticare la lingua. Giordania vuol dire “Fiume Santo”, il Paese conta 4 milioni e mezzo di abitanti, di cui 2 milioni sono palestinesi. Solo il 5% della popolazione è di origine beduina. Veniamo a sapere che anche Ahmed proviene da una famiglia beduina. Il popolo beduino ha cambiato progressivamente il proprio stile di vita, passando dal nomadismo a una vita seminomadica all’interno di villaggi di nuova costruzione messi a disposizione dal governo giordano. In compagnia della nostra simpatica guida ci rechiamo verso Wadi Rum, villaggio beduino in pieno deserto. Visitiamo i resti di un antico tempio nabateo, poi ci rechiamo nel deserto. La sabbia è di un rosso vivo e il paesaggio è da mozzare il fiato. Il percorso verso Petra è lungo ma il paesaggio merita. Alla fine arriviamo a Wadi Mussa – Valle di Mosè – un villaggio limitrofo a Petra. La leggenda vuole che Mosè, arrivato nella regione, colpì una roccia con il proprio bastone. La roccia si ruppe e l’acqua prese a sgorgare. Il giorno seguente è interamente dedicato alla visita di Petra. Petra è una città nabatea scavata completamente nella roccia. La si visita attraversando una gola molto stretta lunga circa due chilometri, all’interno della montagna. Percorriamo i primi ottocento metri a cavallo, fino all’inizio della gola, chiamata Siq, dopo di che ci inoltriamo a piedi nella città. Il percorso è lungo e suggestivo. All’improvviso si raggiunge “il Tesoro”, il più famoso monumento di Petra, che appare alla vista in tutto il suo splendore una volta usciti dalla gola. E’ qui che sono state girate le scene finali di “Indiana Jones e l’Ultima Crociata”! Sarebbe bello rimanere qui più a lungo però dobbiamo tornare indietro, il cammino è lungo e nel pomeriggio dobbiamo ripartire, si torna a Gerusalemme.
Sulla strada del ritorno facciamo una breve sosta ad Aqaba, porto franco al confine con Israele. Poi ci dirigiamo alla frontiera.
Dalla parte giordana i controlli si svolgono senza problemi. E’ una volta arrivati alla frontiera israeliana che cambia la musica. I controlli sono molto rigidi, i soldati israeliani ci guardano con sospetto: arriviamo da un paese arabo. Ce la facciamo in tempo per riprendere un pullman che ci porta a Gerusalemme in piena notte… Il giorno dopo è la volta dei Territori palestinesi: data la vicinanza, ci rechiamo a Betlemme. Nei pressi di Porta Damasco c’è la stazione dei pullman di Gerusalemme Est, è da qui che partono gli sherut diretti nei Territori palestinesi. Una curiosità è che le targhe delle automobili sono diverse a seconda che siano israeliane o palestinesi: le auto israeliane hanno targa gialla, mentre quelle palestinesi verde. Dalla stazione dei pullman di Gerusalemme Est prendiamo uno sherut con targa gialla che ci accompagna fuori città. Un viaggio “standard” nei Territori palestinesi si compone delle seguenti fasi, indipendentemente dal tragitto: volendo andare da una città A a una città B si deve 1) uscire dalla città A in taxi e raggiungere l’immancabile check point. 2) Scendere dal taxi e superare il posto di blocco a piedi, dopo essere stati ispezionati dai soldati. 3) Una volta dall’altra parte del posto di blocco si prende un secondo taxi o sherut che si dirige verso la città B. 4) Arrivati a uno dei check point situati intorno alla città B si scende e si attraversa il posto di polizia a piedi, superando nuove ispezioni. 5) Dall’altra parte si sale su un terzo mezzo di trasporto che porta fino in centro città. In questo modo un tragitto di pochi chilometri può richiedere tempi molto lunghi. Arriviamo a Betlemme e decidiamo di visitare il Suq. Proseguiamo diretti alla Basilica della Natività, dove nacque Gesù. Qui si recano i cristiani di tutto il mondo, ma quest’anno ci sono pochi turisti..
Una volta usciti dalla Basilica parliamo con i soldati dell’ANP – Autorità Nazionale Palestinese – di guardia davanti all’entrata. Gli chiediamo dell’assedio. Nell`aprile-maggio 2002, in seguito a scontri fra soldati israeliani e miliziani palestinesi, Tzahal, l’esercito dello Stato ebraico, ha cinto d’assedio la Basilica della Natività per 39 giorni. Nel corso dell’assedio 8 persone sono state uccise dentro la Chiesa.
Betlemme è una delle città palestinesi dove la qualità della vita è più elevata, grazie soprattutto alla presenza internazionale. Visitando altre parti dei Territori, racconti come quello dell’assedio alla Natività diventano il pane quotidiano. Rientriamo a Gerusalemme, questa volta attraversando il check point israeliano. E’ un posto di blocco nuovo di dimensioni imponenti, nei pressi del muro di separazione.
Il giorno dopo, nostro ultimo giorno, si va sul Mar Morto. Decidiamo di noleggiare una macchina, cosa complicatissima in Israele! Attraversiamo il deserto di Giuda, dove si racconta che Gesù abbia passato quaranta giorni e quaranta notti e finalmente raggiungiamo il Mar Morto. Il clima che troviamo qui è molto simile a quello di Padova! Fa caldissimo e al contempo c’è una forte umidità. Desideriamo tutti entrare in acqua per “uscire” da un’aria tanto opprimente. L’acqua del Mar Morto è così salata che si ha l’impressione di poterci camminare sopra. C’è addirittura chi fa la foto mentre se ne sta “sdraiato” sull’acqua a sfogliare il giornale. Una volta che ci si immerge fa quasi più caldo di prima, è veramente un posto infernale questo! Il paesaggio però è suggestivo: sulla riva opposta ci sono le montagne della Giordania che sembrano uscire da uno specchio d’acqua e il luogo ha un suo fascino intrinseco.
Poco più a sud si trovano le rovine di Masada, importanti per gli ebrei: la fortezza sorgeva su una rocca a 400 metri di altitudine rispetto al Mar Morto, nella Giudea sud-orientale. I Romani la cinsero d’assedio per tre anni. Quando alla fine riuscirono ad entrarvi, scoprirono che i suoi abitanti si erano suicidati in massa. La camminata è molto lunga ma ne vale la pena: da lassù il panorama è mozzafiato! Torniamo a Gerusalemme e dormiamo un paio d’ore prima di svegliarci per recarci a Tel Aviv e prendere l’aereo. Non sapevamo nulla di quanto fosse successo in Inghilterra nel corso di quella mattina (siamo ripartiti proprio il 10 agosto!). All’aeroporto siamo stati perquisiti per quasi tre ore. La cosa si è rivelata stressante, comunque si è trattato di un ultimo sforzo. Alla fine siamo partiti per l’Europa, “la nostra casa tanto sicura”, e il viaggio è diventato solo un ricordo, intenso, splendido!