Viaggio in Terra Santa sulle orme di Gesù di Nazareth

Alla scoperta dei luoghi e dei misteri della fede cristiana.
Scritto da: timsah
viaggio in terra santa sulle orme di gesù di nazareth
Partenza il: 26/08/2018
Ritorno il: 03/09/2018
Viaggiatori: 30
Spesa: 2000 €
Quest’estate ho deciso di partecipare a un pellegrinaggio in Terra Santa, organizzato dalla parrocchia di mia sorella. In verità si tratta di una scelta insolita per me. Sono abituata infatti, ai viaggi fai da te, quelli che preparo con mesi di anticipo, cercando il momento più opportuno per acquistare il volo e poi, studiando l’itinerario fin nei minimi particolari, leggendo mille recensioni prima di prenotare gli alberghi e facendo anche una selezione accurata dei ristoranti dove assaporare la cucina locale.

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Questa volta però, ciò che fa sopratutto la differenza è lo spirito con il quale parto non quello del semplice turista bensì del pellegrino, di colui che vuole vedere e conoscere luoghi nuovi accompagnato dalla fede. Vado così, a “scatola chiusa”, lasciando che sia tutta una scoperta per me, innanzitutto dal punto di vista spirituale.

ROMA / TEL AVIV / NAZARETH

La partenza è fissata per il 26 agosto. Siamo un gruppo di circa 30 persone, accompagnati da 2 sacerdoti, don Michele e don Andrea; viaggiando tutta la notte, in pullman dalla Calabria, arriviamo all’alba a Fiumicino dove altri pellegrini si aggiungono a noi in aeroporto. Dopo il disbrigo delle formalità alla dogana dove le autorità israeliane ci sottopongono ad una specie di interrogatorio alle cui domande rispondiamo con tranquillità, ci imbarchiamo sul volo El Al, la compagnia di bandiera israeliana, diretto a Tel Aviv. L’aereo è molto grande, ha 2 piani, il catering a bordo non è male, trasmettono un film in inglese e le 3 ore (di volo) trascorrono velocemente. Arriviamo nel tardo pomeriggio (il fuso orario in Israele è di un’ora in più rispetto all’Italia) all’aeroporto Ben Gurion dove ad attenderci ci sono la nostra guida, don Vito, un sacerdote italiano di stanza in Qatar che conosce bene la Terra Santa avendovi soggiornato per molti anni e Roberto, che curerà la parte storico-archeologica del nostro viaggio.

La prima tappa è Nazareth, che dista circa 1 ora e mezza da Tel Aviv, dove alloggiamo presso l’hotel Galilee: la struttura è datata e le stanze sono spartane ma siamo in pellegrinaggio e non ci si può aspettare di soggiornare in un resort; in tutto l’albergo c’è il wi-fi gratuito anche se la connessione è più veloce nell’hall rispetto che nelle camere. La prima colazione (più salata che dolce) e la cena a buffet, che vengono servite in una sala al primo piano, sono tutto sommate discrete. Sebbene stanchi per via del viaggio io, mia sorella e alcuni dei pellegrini “più giovani”, dopo cena, andiamo a piedi fino alla Basilica dell’Annunciazione (10 minuti dall’albergo). L’impatto è forte: ci troviamo nel quartiere arabo, le strade sono sporche, le abitazioni malandate, dai locali e negozi ancora aperti fuoriesce quel odore tipico, a tratti pungente, di spezie e aromi orientali. L’atmosfera però, non è pesante e nelle persone che incontriamo non avvertiamo alcuna ostilità. L’indomani attraversando il quartiere ebreo, non potremo fare a meno di notare la differenza: qui è un susseguirsi di case curate con bei giardini e di vie ampie ed asfaltate, gente fa jogging e passeggia il cane: proprio un altro mondo!

NAZARETH/HAIFA (Monte Carmelo e Monastero di Stella Maris)/ Monte Tabor (bAsilica della Trasfigurazione)/ Nazareth (Basilica dell’Annunciazione, casa e chiesa di San Giuseppe)

Stamattina la sveglia suona alle 6.30 e così sarà per il resto del viaggio: oggi è prevista in primis la salita al Monte Carmelo, in verità in programma già ieri, all’arrivo, ma che abbiamo dovuto rinviare essendo atterrati con un’ora di ritardo.

Dopo la prima colazione partiamo quindi, in direzione di Haifa (o Caifa) dove sulle alture della città sorge il monastero carmelitano di Stella Maris. La tradizione vuole che detto santuario sia stato fondato su una grotta che fu dimora del profeta Elia. All’interno il soffitto e la cupola presentano numerosi affreschi tra i quali quello raffigurante Elia e il carro di fuoco con il quale si dice che sia sceso dal cielo mentre sotto il coro si trova una statua in bronzo del profeta.

Successivamente ci dirigiamo ad un balcone panoramico dal quale ammiriamo le Terrazze Bahai, note anche come Giardini pensili di Haifa, ovvero dei giardini intervallati da terrazze che circondano il Mausoleo del Báb, il fondatore della religione Bahai. Un vero spettacolo!

Lasciamo Haifa alla volta del Monte Tabor, il luogo in cui avvenne la Trasfigurazione di Gesù. Salendo attraverso una strada tortuosa si arriva fino alla Porta del Vento, un resto della fortezza musulmana del XIII secolo, le cui mura circondavano tutto l’altopiano della vetta.

Un lungo viale fiancheggiato da cipressi porta alla Basilica della Trasfigurazione, considerata come una delle chiese più belle della Terra Santa, e al convento francescano. Davanti alla chiesa si trovano le rovine di un monastero benedettino del XII secolo, e tracce della fortezza saracena. La facciata ha un grande arco chiuso tra due torri e frontoni triangolari alle coperture. All’interno la navata centrale, separata da quelle laterali da archi a tutto sesto, si trasforma in una scala tagliata nella roccia che scende verso una cripta decorata con grandi mosaici in cui predominano i colori dell’azzurro e dell’oro; rappresentano l’Incarnazione, l’Eucarestia, l’Agnello e la Resurrezione; in alto, molto elevato, si staglia il presbiterio, dietro al quale c’è un’abside con la scena della Trasfigurazione di Gesù rappresentata su un fondo completamente dorato. È tutto molto suggestivo e l’atmosfera invita alla meditazione.

Accanto alla Basilica nella sede della comunità di recupero per tossicodipendenti “Mondo X”, è stato preparato per noi un ottimo pranzo italiano: spaghetti al pomodoro, tacchino al forno con patate e verdure, frutta e caffé, con prodotti tutti rigorosamente a Km 0.

Dopo avere ascoltato la Messa nella cripta della Basilica, partiamo in direzione di Nazareth per visitare la Basilica dell’Annunciazione.

La chiesa, in stile moderno, è stata edificata sulle rovine di numerose chiese precedenti. Sormontata da una cupola a forma di giglio rovesciato, la sua originalità è data dal fatto che, a parte il porticato esterno nel quale trovano posto numerosi dipinti e mosaici della Madonna realizzati in paesi diversi, consta di 2 piani: quello superiore è dedicato a “Maria Madre della Chiesa” mentre in quello inferiore, in un’area recintata, è ubicata la Grotta dell’Annunciazione, tradizionalmente identificata con la casa di Maria. Si ritiene che la casa fosse costituita di una parte scavata nella roccia (la grotta) e di una parte in muratura. Quest’ultima non è più presente in loco: secondo la tradizione, fu trasportata tra il 1291 e il 1294 a Loreto nelle Marche, dove è conservata nella basilica della Santa Casa. All’interno della grotta si trovano attualmente l’altare barocco della vecchia chiesa e un moderno tabernacolo. Sospeso sulla grotta vi è un baldacchino, decorato da rilievi in rame dorato, raffiguranti la scena dell’Annunciazione. Fermarsi un attimo in preghiera davanti alla Grotta è emozionante se si pensa che in questo luogo la Madonna con il suo “Si” all’annuncio dell’Arcangelo Gabriele, ha cambiato la storia dell’umanità.

Fuori dalla Basilica visitiamo il Museo Francescano con gli scavi archeologici che hanno messo in luce parte dell’antico centro abitato di Nazareth e la chiesa di San Giuseppe costruita nel luogo in cui si dice sorgesse la casa e il laboratorio artigianale di san Giuseppe, quella casa cioè nella quale Gesù ha vissuto fino ai 30 anni.

È suggestivo compiere il breve tragitto tra la casa di Maria e quella di Giuseppe pensando a quante volte questo stesso cammino è stato compiuto da Gesù sia da bambino sia da adolescente.

Dopo cena torniamo nuovamente alla Basilica dell’Annunciazione per prendere parte alla recita del Rosario in diverse lingue: l’Ave Maria viene alternativamente recitata in arabo, (Salam Maria), in ebraico (Shalom Maria), in inglese, in italiano e in spagnolo. La chiesa è gremita di pellegrini e la funzione è coinvolgente.

NAZARETH / CANA / MONTE DELLE BEATITUDINI / TAGBA (CHIESA DEL PRIMATO DI SAN PIETRO E CHIESA DELLA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI E DEI PESCI) / CAFARNAO (SINAGOGA E CASA DI SAN PIETRO) / LAGO DI TIBERIADE / NAZARETH

Questa giornata sarà molto impegnativa perché le cose da vedere sono molte e fa un caldo soffocante. Prima tappa Cana, a circa 8 km da Nazareth lungo la strada che conduce a Tiberiade, dove si ritiene che Gesù abbia compiuto il suo primo miracolo quando trasformò l’acqua in vino durante un matrimonio. In questo posto oggi sorge una chiesa francescana caratterizzata da cupole verdi. L’interno è minuscolo e in una cappella laterale ascoltiamo la Messa durante la quale le coppie che fanno parte del nostro gruppo, rinnovano le promesse di matrimonio. È bello vedere la commozione nei loro occhi e sento la mancanza di mio marito che non è potuto venire con me in questo viaggio! Mannaggia…

Successivamente ci dirigiamo sul Monte delle Beatitudini. Il luogo è magnifico: immerso in un lussureggiante parco sorge il Santuario a pianta ottagonale con vetrate istoriate che ricordano le Beatitudini mentre intorno all’altare sono rappresentate le 4 virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) e le 3 virtù teologali (lode, speranza e carità).

All’esterno in un piccolo spiazzo attrezzato, facciamo un momento di meditazione leggendo il passo del Vangelo che ricorda il Discorso della Montagna; le parole di Don Michele sono talmente belle e toccanti che non tutti riesco a trattenere le lacrime e ci pervade un senso di calma e tranquillità.

Scendiamo dal Monte per spostarci a Tagba, che significa “sette sorgenti”, dove a poche centinaia di metri l’uno dall’altra sorgono 2 chiese cattoliche. Visitiamo per prima quella del Primato di San Pietro, una cappella francescana al cui interno è incorporata la roccia, nota come la “Mensa Christi”, dove Gesù avrebbe mangiato con i suoi apostoli i pesci che avevano appena miracolosamente pescato. Nel lato della chiesa affacciato sul lago Tiberiade vi sono alcuni gradini scavati nella roccia che secondo alcuni sarebbero il luogo in cui sedette Gesù aspettando che i discepoli rientrassero dalla pesca.

Non possiamo andare via da questo luogo senza avere prima toccato le acque di quel lago dove Gesù predicò a lungo.

Poco lontano da Tagba, a Kinneret, pranziamo in un kibbutz, il “St. Peter’s Restaurant”, dove assaporiamo il pesce San Pietro, dalla carne bianchissima e saporita, grigliato alla perfezione e accompagnato da patate e verdure al buffet.

Rifocillati siamo ora pronti per continuare il tour a Cafarnao, un villaggio lacustre dove Gesù trascorse il periodo più significativo della sua predicazione in Galilea. I Vangeli narrano che questi all’inizio della sua vita pubblica, si trasferì qui dopo essere stato cacciato da Nazareth; sempre qui avrebbe predicato nella sinagoga, guarito diversi malati, tra cui la suocera di Pietro e il servo del centurione e chiamato a sé i primi discepoli, i pescatori Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni e l’esattore delle tasse Matteo.

La Sinagoga di Cafarnao è formata da 2 strutture sovrapposte e da una facciata rivolta a sud verso Gerusalemme. È anche conosciuta come Sinagoga Bianca perché realizzata con pietra calcarea di colore chiaro. A pochi passi di distanza si trova una chiesa moderna, dalle pareti in vetro, sospesa sulle rovine di una chiesa del V secolo che in parte nascondono la Casa di San Pietro dove si ritiene che abbia abitato per qualche tempo anche Gesù.

La casa fu identificata dagli archeologi grazie alla presenza di alcuni attrezzi da pesca ivi rinvenuti, ma, soprattutto, per il ritrovamento di alcuni graffiti, raffiguranti Gesù e l‘Apostolo Pietro, databili al II secolo d.C.

Ritorniamo nuovamente a Tagba per visitare la Chiesa della Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci, sotto il cui altare è collocata la pietra dove si suppone che Gesù effettuò il miracolo. Tra i mosaici presenti all’interno, risalenti al V secolo e ritenuti tra i più belli tra quelli che si possono ammirare in Israele, fa spicco quello famosissimo che commemora il miracolo con la raffigurazione di una cesta di pani con due pesci ai lati.

Per concludere la giornata attraversiamo in barca il Mare di Galilea, detto anche Lago di Tiberiade, il più grande lago di acqua dolce d’Israele. Situato a 213 m. sotto il livello del mare, ha una profondità massima di 43 m: si tratta del lago d’acqua dolce più grande della Terra sotto il livello del mare, superato per dimensioni solo dal Mar Morto che è però un lago d’acqua salata.

Secondo i Vangeli Gesù fu visto molte volte predicare in diverse località poste sulle rive di questo lago. Ne solchiamo le acque, verdi e calmissime, ascoltando solo il rumore del vento, quasi sentendo la Sua presenza in mezzo a noi.

Rientrati in albergo, dopo cena festeggiamo gli sposi che stamattina hanno rinnovato le promesse matrimoniali con una grande torta, offerta da Don Vito, e un bicchiere di vino di Cana, dal sapore dolce e liquoroso. Per concludere una passeggiata per le vie di Nazareth ci predispone a una bella dormita.

NAZARETH (FONTANA DELLA VERGINE) / BURKIN (GROTTA DEI 10 LEBBROSI) / SEBASTE (SCAVI ARCHEOLOGICI E TOMBA DI SAN GIOVANNI BATTISTA) / SICHEM (POZZO DI GIACOBBE) / BETLEMME

Iniziamo la giornata ascoltando la Messa nel giardino del convento delle Clarisse dove venne ospitato Charles de Foucauld, il religioso francese proclamato beato da Papa Benedetto XVI nel 2005, che a lungo dimorò in Terra Santa.

Successivamente visitiamo la fontana della Vergine, ubicata all’interno della chiesa greco-ortodossa di San Gabriele. Qui, secondo il vangelo apocrifo di S. Giacomo, Maria ricevette l’annuncio dall’Angelo. Questa sorgente, essendo vicina al villaggio, era probabilmente quella dalla quale attingevano l’acqua Gesù e Maria. L’attuale luogo di culto fu edificato nel 1750 da alcuni monaci, sulle rovine di un santuario crociato distrutto dai musulmani. L’interno è riccamente decorato con scene bibliche. Attraversando la chiesa si accede a una cripta, in fondo alla quale sgorga l’acqua della fonte. Le pareti della cripta sono decorate con quattro archetti rivestiti con marmo e smalto. Una nicchia a lato dell’altare conserva la sorgente che scaturisce direttamente dalla roccia.

Lasciata Nazareth, attraversiamo la Galilea e entriamo in Palestina passando da Afule a Jenin: normalmente non è questa la strada seguita dagli itinerari turistici perché considerata pericolosa ma Don Vito conosce bene i posti essendovi stato sacerdote per tanti anni. A Burkin infatti, davanti alla “sua chiesa”, ci accoglie una famiglia di ex parrocchiani che ci offre da bere come a dei vecchi amici; quindi, passando per le vie del villaggio, giungiamo alla grotta dei 10 lebbrosi, trasformata in chiesa nel periodo bizantino: secondo la tradizione, dopo essere stati guariti, solo 1 dei lebbrosi tornò da Gesù e lodando Dio a gran voce, si prostrò ai suoi piedi, ringraziandolo. All’interno della chiesa oltre alla grotta, è presente un seggio episcopale in pietra e una parete decorata da icone, risalente al medioevo.

A seguire ci rechiamo a Sebaste, conosciuta anche come Samaria, capitale del Regno di Israele. Sotto un sole cocente visitiamo il sito archeologico dove immerse tra gli ulivi, riaffiorano le vestigia dell’antica città: ci sono la basilica civile, il teatro, il foro, lo stadio, la strada colonnata, le porte monumentali di epoca erodiana e romana, la torre ellenistica ed i resti del tempio dedicato all’imperatore Ottaviano Augusto. Secondo la tradizione cristiana a Sebaste i discepoli di Giovanni avrebbero portato e sepolto il corpo del profeta dopo la sua decapitazione per ordine di Erode nella fortezza di Macheronte (Mc 6,14-29). Una chiesa venne costruita sulla tomba nel periodo bizantino (V secolo), ricostruita nel periodo crociato (XII secolo) e trasformata subito dopo in moschea, dedicata al profeta Yahia, nome musulmano di San Giovanni Battista. Noi però, riusciamo a vederne solo l’esterno perché è chiusa. Per pranzo ci fermiamo nell’unico ristorante di Sebaste dove gustiamo piatti tipici locali: ci viene servita una specie di maxi pizza tagliata a spicchi con cipolle caramellate e pezzi di pollo, accompagnata da verdure di stagione, salsine varie tra le quali l’humus a base di ceci, che non manca mai, e pane arabo; per dessert assaggiamo il kanafef, un dolce tradizionale arabo a base di pasta sottile, imbevuta in acqua di rose, zucchero e formaggio, guarnito con pistacchi.

Ora ci aspetta Sichem, situata ai piedi del monte sacro di Garizim, dove nella cripta di una chiesa ortodossa si trova il Pozzo di Giacobbe, luogo in cui avvenne l’incontro di Gesù con la samaritana. L’edificio esistente già ai tempi di San Girolamo, è stato distrutto e ricostruito più volte. L’attuale presenta elementi moderni misti a quelli della tradizione bizantina e orientale. Nella navata centrale è esposta un’anfora, considerata da secoli una reliquia della samaritana che offrì acqua al Messia. Quest’anfora era stata portata a Roma dai crociati, ma poi è stata restituita alla sua terra d’origine in occasione della costruzione della chiesa. In uno scrigno collocato di fronte all’iconostasi sono conservate reliquie (frammenti del cranio) della samaritana stessa, la quale, secondo una tradizione locale, si chiamava Photiné, “luminosa” in greco. Sempre di fronte all’iconostasi si trovano i due ingressi alla cripta con il suo pozzo profondo 32 metri, dal quale è possibile ancora oggi attingere acqua fresca.

Giungiamo a Betlemme al tramonto ma prima di andare in albergo, ci fermiamo a fare shopping in un negozio di souvenir gestito da cristiani.

L’hotel Nativity, che ci ospiterà per le prossime 4 notti, si presenta più elegante di quello di Nazareth. La hall è molto ampia, ci sono salottini, una piccola palestra e un negozietto; fuori, vicino al parcheggio, un giardinetto invita a scambiare quattro chiacchiere sotto gli ulivi. La cena e la prima colazione, a buffet, sono servite in una sala accanto alla reception e qualitativamente sono molto simili a quelle già consumate nel precedente albergo.

La mia stanza è al 6 piano: è arredata con mobili in legno scuro, il letto è comodo e ha un balcone dal quale ammirare il panorama della città.

Usciamo dopo cena ed è come avere un déjà vu: lo spettacolo è quello già visto a Nazareth (strade sporche, case malandate, odori e profumi speziati). Ormai non ci facciamo più caso e camminiamo diretti verso la Basilica della Natività. La guardiamo solo dall’esterno ma ha un certo fascino avvolta com’è in una luce dorata e già pregustiamo il momento in cui andremo a visitarla.

NAZARETH / GERUSALEMME (MONTE SION: IL CENACOLO, LA BASILICA DELLA DORMIZIONE E SAN PIETRO IN GALLICANTU) / GIORDANO (QASR AL YAHUD) / QUMRAN / MAR MORTO (KALIA BEACH) / GERICO (L’ALBERO DI ZACCHEO, IL MONTE DELLE TENTAZIONI E LA CHIESA DEL BUON PASTORE) / DESERTO DI GIUDA / BETLEMME

La mattina prendiamo il via da Gerusalemme, e più precisamente dal Monte Sion, un’altura che si trova a sud della Città Vecchia, oltre la Porta di Sion. Visitiamo per primo un edificio che comprende al piano di sopra, il Cenacolo, la stanza venerata dai cristiani come il luogo in cui si svolse l’Ultima Cena, e al piano di sotto, una piccola sala di preghiera in cui molti ebrei credono sia sepolto re David. Il Cenacolo inizialmente faceva parte di una chiesa costruita nel 390, poi venne conservato all’interno di una chiesa crociata e successivamente venne convertito in moschea nel periodo ottomano. Oggi si presenta come una sala austera che conserva l’architettura gotica con la quale fu restaurata nel XIV secolo. Su un muro è presente una costruzione per la preghiera musulmana mentre sulla parete di fondo, si trovano la scala e la porta che conducono alla cappella della discesa dello Spirito Santo. Probabilmente questa stanza non è proprio quella in cui si svolse l’Ultima Cena ma potrebbe essere il luogo dove il giorno di Pentecoste, gli Apostoli ricevettero lo Spirito Santo e dove avvennero le apparizioni del Risorto. La lettura del passo del Vangelo che rievoca il momento dell’istituzione dell’Eucarestia, è di una bellezza infinita: mi sembra di assistere alla scena di quel “prese il pane e rese grazie, lo spezzò… e poi prese il vino e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli…” Quanta emozione!

Sempre sul Monte Sion a pochi passi dal Cenacolo, sorge la Basilica della Dormizione, nel luogo dove secondo la tradizione, la Madonna cadde in un “sonno eterno”. L’interno è ricco di mosaici tra i quali spicca nell’abside, quello dorato che rappresenta Maria con il Bambino Gesù. Il pavimento è decorato con nomi di santi e di profeti e simboli dello zodiaco. Nella cripta ci raccogliamo in preghiera davanti alla statua in pietra di Maria addormentata sul suo letto di morte.

Ci spostiamo quindi, alla chiesa di San Pietro in Gallicantu, il cui nome deriva dal ricordo dell’episodio evangelico del pianto di Pietro subito dopo aver sentito il gallo cantare dopo aver negato per tre volte di conoscere Gesù, come Gesù stesso gli aveva preannunciato durante l’Ultima Cena. Infatti, sul tetto della chiesa si erge un gallo dorato in cima a una croce nera proprio in ricordo di tale profezia. Scavi archeologici compiuti in questo sito hanno portato alla luce le rovine di un monastero cristiano bizantino e di una grotta nel sottosuolo. Il luogo è indicato come quello in cui sorgeva il palazzo di Caifa, sommo sacerdote ai tempi di Gesù, e si crede che la grotta sia stata la cella usata per la detenzione durante il Suo processo. Nella grotta ci sono diverse immagini di croci che risalgono ai primi secoli del cristianesimo. A pochi metri dalla chiesa ci sono i resti di una scalinata risalente al periodo romano, che potrebbe essere stata percorsa da Gesù dopo l’Ultima Cena per dirigersi verso il Getsemani.

Per il momento la nostra visita di Gerusalemme si conclude qui perché adesso tocca andare sul Giordano.

A circa 40 minuti di viaggio si trova infatti, il sito conosciuto in Arabo come Qasr al Yahud (castello degli Ebrei). Questo è molto probabilmente il luogo nel quale Gesù fu battezzato da Giovanni Battista subito prima di cominciare il suo ministero pubblico. Il sito era già conosciuto come luogo sacro nel quarto secolo d.C. come testimoniano i resti di molte chiese bizantine e i bei mosaici presenti nella zona. Scale di marmo portano a una piscina battesimale unica. Ci uniamo ad una gran folla di pellegrini per rinnovare le nostre promesse battesimali, bagnandoci nelle acque del fiume.

Nonostante il caldo torrido il nostro giro prosegue con la visita al sito archeologico di Qumran, famoso in tutto il mondo per avere custodito i Rotoli del Mar Morto per quasi 2.000 anni quando vennero ritrovati accidentalmente nel 1947, da un pastore beduino dentro alcune giare di terracotta nascoste in una grotta sul fianco del dirupo. I testi sono di grande significato religioso e storico, in quanto comprendono alcune delle uniche copie superstiti note dei documenti biblici prodotte prima del 100 a.C. La maggior parte dei documenti sono in ebraico, alcuni in aramaico e altri in greco e sono stati scritti per lo più su pergamena o su papiro. Gli originali sono conservati presso l’Israel Museum di Gerusalemme. Gli studiosi ritengono che i Rotoli appartenessero agli Esseni, una comunità di asceti, ritiratasi nel deserto per sfuggire alla decadenza dei costumi che secondo loro, stava corrompendo gli altri ebrei.

Dopo avere assistito alla proiezione di un video che offre una breve panoramica storica del sito, ci addentriamo tra le rovine. Da una passerella sopraelevata in legno vediamo i resti dell’acquedotto, i canali e le cisterne che servivano alla comunità per l’approvvigionamento idrico oltre alle vasche per i bagni rituali ed il refettorio dove probabilmente vennero compilati alcuni Rotoli.

Pranziamo al ristorante posto all’interno del sito archeologico prima di trasferirci al Kalia Beach, lungo la Road 90, sul Mar Morto. Si tratta di un lido molto bello ed ben organizzato, attrezzato con spogliatoi, punti ristoro, docce, ombrelloni e lettini. Dopo tutta la fatica della mattinata ed il caldo sofferto, bagnarsi nelle acque del Mar Morto è una sensazione sorprendente. La sua salinità speciale fa galleggiare con il minimo sforzo ed inoltre l’acqua è curativa per la pelle. Abbiamo l’impressione di immergerci in olio aromatico e una volta usciti notiamo che la pelle rimane talmente liscia che è come essersi cosparsi di crema idratante. Facciamo anche i fanghi con l’argilla che prendiamo direttamente in mare o sulla riva, scavando delle buche con le mani.

Ma la nostra giornata non è ancora terminata per cui abbandonate a malincuore le calde acque del Mar Morto, andiamo a Gerico, “la più antica città del mondo abitata ininterrottamente dall’uomo”, dove i turisti si recano per compiere l’ascesa al Monte delle Tentazioni e per ammirare i resti archeologici di Tel al – Sultan, l’antica Gerico.

Noi l’attraversiamo in pullman per vedere l’Albero di Zaccheo, un sicomoro che si dice abbia 2.000 anni, il quale deve il nome al ricco pubblicano di bassa statura che vi si arrampicò per vedere Gesù tra la folla, e per fotografare il Monte delle Tentazioni, il luogo in cui si dice che Gesù abbia resistito alle tentazioni di Satana dopo avere digiunato 40 giorni nel deserto; quindi, visitiamo la chiesa del Buon Pastore, che ricorda la famosa parabola narrata nel Vangelo del samaritano che soccorse un uomo malmenato e derubato sulla strada tra Gerico e Gerusalemme.

Al ritorno attraversiamo il Deserto di Giuda. Lasciata la strada principale, ci addentriamo; quello che si presenta di fronte a noi, è un paesaggio arido la cui sabbia assume sfumature dorate, illuminata dalla luce del tramonto. Saliamo fino ad un punto panoramico dominato da una croce dal quale ammiriamo uno scenario stupendo fra gole e dirupi deserti in fondo ad uno dei quali, il canyon di Wadi Qelt, in lontananza, si staglia nettissimo il monastero ortodosso di San Giorgio. Siamo nel nulla più totale, nel silenzio più assoluto che caratterizza questa vasta distesa di dune. Il suo aspetto, nonostante si presenti così ostile, ha comunque un proprio fascino, quello di un luogo dal sapore storico là dove un misto di emozioni e suggestioni ci invadono l’animo. Rigenerati dall’immensità del Deserto, riprendiamo il cammino verso Betlemme. Dopo cena ci godiamo la quiete del giardino dell’hotel prima di andare a dormire.

BETLEMME/GERUSALEMME (MONTE DEGLI ULIVI, EDICOLA DELL’ASCENSIONE, CHIESA DEL PADRE NOSTRO, CHIESA DEL DOMINUS FLEVIT, TOMBA DELLA MADONNA, ORTO DEGLI ULIVI, BASILICA DELL’AGONIA, VIA CRUCIS, BASILICA DEL SANTO SEPOLCRO, MURO DEL PIANTO) /BETLEMME

Al mattino di buon’ora, giungiamo a Gerusalemme, al Monte degli Ulivi,: è questo il cimitero usato senza interruzioni da più tempo al mondo, tanto da esservi sepolte circa 150.000 persone oltre ad essere costellato da chiese e siti che ricordano gli eventi che portarono all’arresto di Gesù ed alla Sua ascesa al cielo. Partiamo con il visitare l‘Edicola dell’Ascensione che secondo la tradizione si trova nel luogo in cui Gesù ascese al cielo; fu costruita in epoca bizantina, rielaborata dai crociati e poi trasformata in moschea. Attualmente si presenta in forma rotonda inserita in un complesso ottagonale le cui mura includono anche un minareto. All’interno, sul pavimento di pietra, si può vedere quella che sarebbe l’impronta di un piede di Gesù. Poi percorriamo la breve distanza che ci separa dalla Chiesa del Padre Nostro, costruita sulla caverna dove si dice che Gesù compose la preghiera del Padre Nostro per i suoi discepoli. Le mura del chiostro e della chiesa sono coperte dalle versioni della preghiera nelle lingue più conosciute, secondo una pratica d’epoca crociata affermata nei resoconti dei pellegrinaggi contemporanei. Continuiamo con la visita alla Chiesa del Dominus Flevit, il cui nome ricorda il pianto di Gesù davanti alla città di Gerusalemme (all’interno stanno dicendo messa per cui non entriamo e da una terrazza panoramica lasciamo spaziare lo sguardo su tutta la città) e con quella della Tomba della Madonna, che si trova all’interno di una chiesa ortodossa molto suggestiva. Secondo la tradizione dopo la sua morte, Maria sarebbe stata sepolta dai discepoli in questo luogo prima di essere assunta in cielo. Appena entrati scendiamo verso il basso attraverso una grande scalinata fino ad arrivare al sepolcro. I classici lampadari ortodossi illuminano fiocamente l’ambiente dandogli un aspetto mistico. A seguire c’è l’Orto degli Ulivi (il Getsemani), il luogo in cui Gesù venne arrestato. Qui si trovano gli ulivi più antichi del mondo, di cui 3 risalgono addirittura a 2.000 anni fa; quindi, sarebbero stati testimoni degli eventi biblici che si svolsero sul posto. Direttamente a ridosso dell’Orto degli Ulivi è ubicata la Basilica dell’Agonia, così chiamata in ricordo delle ultime ore di Gesù prima di essere tradito e arrestato, conosciuta anche come Chiesa di tutte le Nazioni. Ascoltiamo la Messa seduti intorno all’altare maggiore dove è visibile nel pavimento la roccia dell’agonia di Gesù, protetta da un basso recinto in ferro battuto. Nell’abside maggiore un grande mosaico ricorda l’episodio evangelico che da nome alla chiesa mentre quelli delle absidi laterali, rappresentano il bacio di Giuda e la scena dell’arresto.

Riprendiamo il pullman per spostarci nella Città Vecchia nella quale entriamo attraverso la porta di Damasco. Pranziamo all’Abu Shukri, un locale tipico situato proprio all’inizio della via Dolorosa, quella che vide Gesù dirigersi verso il Calvario caricato dalla croce del Suo supplizio. Per il primo pomeriggio infatti, abbiamo in programma la Via Crucis, partendo dalla chiesa della Flagellazione dove la tradizione cristiana colloca due momenti della passione di Gesù, ovvero la flagellazione e la condanna a morte. Si tratta però, di un percorso per così dire “accidentato” perché diverse stazioni si trovano nel suq arabo. Siamo stati avvertiti per cui non ci aspettiamo una stradina deserta e caratteristica, atta ad un profondo raccoglimento, ma l’impatto con la confusione del mercato è decisamente superiore ad ogni aspettativa. Uno zig-zag fra la gente e la confusione degli oggetti dai colori sgargianti, appesi agli innumerevoli negozi, non ci lasciano il tempo per concentrarci e raccoglierci.

Giungiamo per così dire “storditi” alla Basilica del Santo Sepolcro, al cui interno si trovano le ultime cinque stazioni della Via Crucis. Entrando vediamo proprio davanti a noi la Pietra dell’Unzione che commemora il luogo in cui il corpo di Gesù fu preparato per la sepoltura. Salita una ripida scala, arriviamo alla Cappella del Calvario, dove sono poste le stazioni della Via Crucis che vanno dalla decima alla tredicesima. È suddivisa in 2 cappelle più piccole: una latina ed una greco-ortodossa. Quest’ultima poggia sulla roccia che sostenne la Croce. Un disco d’argento sotto l’altare ricopre il punto dove era piantata la Croce. Ci mettiamo in fila per toccare, sotto una teca di vetro, la roccia della sommità del Calvario. Scese le scale e superata la centrale Cappella dei Crociati, raggiungiamo la Rotonda all’interno della quale sorge, al centro, l’edicola del S. Sepolcro, che è la XIV ed ultima stazione della Via Crucis. Ci tocca fare la fila per entrare. Dall’ingresso, in stile orientale, accediamo prima nella Cappella dell’Angelo, dove un frammento della pietra che chiudeva il sepolcro è incastrata in un piedistallo al centro del vestibolo. Dopo chinandoci per passare attraverso una porta angusta, entriamo nel S. Sepolcro. Possiamo soffermarci in preghiera solo pochi minuti dinanzi alla pietra originaria della deposizione del corpo di Gesù, che è stata ricoperta da un rivestimento marmoreo, prima di essere invitati ad uscire. Sfiorare con la mano quella pietra è un momento intensissimo. Fuori dal S. Sepolcro don Vito ci accoglie con gli auguri di “Buona Pasqua” per festeggiare il Risorto.

Scendiamo quindi, nella Cappella del Ritrovamento della Santa Croce, che è il punto più profondo della Basilica. Una cancellata segnala il punto tradizionale del ritrovamento delle reliquie. Le pareti conservano deboli tracce di affreschi del XII secolo, mentre nel soffitto si riconoscono i tagli a blocchi dell’antica cava di pietra. L’intonaco delle pareti, fatto con materiale idraulico ricco di cenere, tipico del tempo di Cristo, mostra che il sotterraneo era usato, in quel tempo, come cisterna.

All’uscita, prima di rientrare in albergo, ci rimangono due cose da fare: un giro nel suq per acquistare qualche ricordino e successivamente la visita al Muro del Pianto, dove arriviamo a piedi attraversando il quartiere ebraico.

Il Muro Occidentale o Muro del Pianto è il luogo più santo per la religione ebraica. Secondo le credenze ebraiche, si tratterebbe del muro che sorreggeva la parte esterna della spianata su cui sorgeva il Secondo Tempio nonché il punto più vicino al Sancta Sanctorum. Mentre il Tempio fu distrutto, la struttura di sostegno fu conservata e, secondo i testi rabbinici, non fu mai abbandonata dalla presenza divina. Il nome Muro del Pianto, tratto dall’Antico Testamento, si riferiva al santuario interno al Tabernacolo, e più tardi al Tempio di Gerusalemme, dov’era conservata l’Arca dell’Alleanza. Essendo il Tempio un luogo santo, era accessibile unicamente al Grande Sacerdote durante la festa di Yum Kippur. Gli ebrei così iniziarono a raccogliersi in preghiera presso questo muro esterno.

Superati i controlli di sicurezza, accediamo alla grande spianata dove sono riuniti i fedeli, suddivisi in due settori, quello maschile e quello femminile, secondo la tradizione che prevede la non “promiscuità” nelle sinagoghe e nei luoghi di preghiera.

È sabato, il giorno di festa per gli ebrei. Li osserviamo pregare con molto interesse: sia gli uomini sia le donne stanno a piedi uniti con le mani giunte poste all’altezza del cuore e, in precisi momenti, si inchinano ed oscillano il tronco. Questo dondolio che si chiama “shokelin”, è una pratica che gli ebrei osservano per pregare non solo con le labbra, ma con tutto il corpo. Solo gli uomini portano un copricapo, la “kippah”, in segno di umiltà, a significare di essere certi che c’è qualcuno sopra di loro, e i “tefillin” o filatteri ovvero due astucci sulla testa e sulla mano contenenti brani della Torah strette al corpo con stringhe di cuoio nere che ricordano i legami col Signore tramite l’alleanza; inoltre, solo gli uomini indossano scialli ed intonano canti. Avvicinandoci al Muro notiamo dei rotolini di carta infilati nelle fessure delle pietre: infatti, secondo una diffusa credenza, le preghiere e i desideri inseriti nel Muro avrebbero maggiori probabilità di essere esauditi.

Ora la giornata volge al termine e non ci resta che tornare a Betlemme. Cena, passeggiata e… buona notte.

BETLEMME/HEBRON (LE TOMBE DEI PATRIARCHI) /BETLEMME (CAMPO DEI PASTORI, CARITAS BABY HOSPITAL, CAPPELLA DELLA GROTTA DEL LATTE, BASILICA DELLA NATIVITÀ)/ GERUSALEMME BY NIGHT

Stamattina ci rechiamo ad Hebron, la città che per gli ebrei, i cristiani e i musulmani è la culla della religione organizzata. Sulla strada, appena fuori Betlemme, vediamo le Vasche di Salomone, 3 grandi bacini che sono stati fondamentali nei gravi periodi di siccità patiti da Gerusalemme, ora lasciati all’incuria, i quali dovrebbero essere a breve restaurati con fondi donati dal consolato degli Stati Uniti.

I pellegrini si recano da millenni ad Hebron per visitare il luogo sacro delle Tombe dei Patriarchi (Patrimonio dell’Umanità dal 2017) ovvero un complesso architettonico di grotte sotterranee in cui sono sepolti Abramo, Isacco e Giacobbe con le loro mogli (tranne Rachele, sepolta a Gerusalemme). Inoltre, secondo la tradizione islamica, Adamo ed Eva vissero qui dopo la cacciata dal Giardino dell’Eden. Purtroppo questo patrimonio comune non è servito a migliorare le relazioni tra i popoli delle tre grandi religioni monoteiste e Hebron è da tempo teatro di atti di violenza religiosa. Quel che distingue Hebron da altre città palestinesi è la presenza di coloni ebrei nel centro cittadino ed in altre aree periferiche. La città si presenta di fatto, divisa in due. Molte strade sono chiuse da barricate e inaccessibili ai palestinesi e la città è presidiata dai soldati israeliani.

Questa divisione la ritroviamo anche nella Tomba dei Patriarchi che da un lato è una moschea e dall’altro una sinagoga. Per accedervi passiamo un check point: entriamo in primis nella sinagoga e dietro delle grate, scorgiamo i cenotafi, simili a tende decorate, che commemorano i Patriarchi; successivamente entriamo nella moschea dove ci viene chiesto di togliere le scarpe e alle donne di indossare un mantello con cappuccio per coprire il capo. Nella grande sala si trova il cenotafio di Abramo e in una piccola nicchia accanto alla porta, è visibile l’impronta di un piede che per i musulmani è quella di Maometto mentre per gli ebrei appartiene ad Adamo.

Prima di rientrare a Betlemme, ci fermiamo nel villaggio di Beit Sahur, a 2 km circa dal centro città, dove si trova il Campo dei Pastori, il luogo in cui si dice che l’Angelo annunciò la nascita di Gesù ad un gruppo di pastori e nella grotta bizantina che ospita una cappella, ci soffermiamo a leggere il passo del Vangelo che ricorda l’episodio.

Sebbene sia da poco passato mezzogiorno, andiamo a pranzo al ristorante La Tenda, un posto molto caratteristico che ricorda una tenda beduina con comodi divanetti, cuscini e tappeti a profusione. Nel primo pomeriggio, facendo una variazione all’itinerario, ci rechiamo presso il Caritas Baby Hospital, l’unico ospedale pediatrico in Cisgiordania e nella striscia di Gaza, dove viene prestata un’assistenza medica di base a tutti i bambini, vittime del conflitto israelo-palestinese, indipendentemente dalla loro religione e dal territorio al quale appartengono. Ci accoglie suor Gemma, una missionaria italiana, alla quale ogni anno la parrocchia che ha organizzato il nostro viaggio, invia le offerte raccolte durante il periodo di Natale. Suor Gemma ci fa visitare gli ambulatori e da una vetrata, vediamo i piccoli ricoverati assistiti dai familiari. Andiamo via dall’ospedale con un nodo alla gola al pensiero di quei bambini malati ma al contempo contenti perché abbiamo potuto constatare con mano come le donazioni vengano effettivamente impiegate per una buona causa.

Continuiamo con la visita alla Cappella della Grotta del Latte, dall’interno tutto bianco, dove la leggenda vuole che Maria e Giuseppe si fermarono per allattare Gesù durante la fuga in Egitto. Una goccia di latte caduta sul pavimento trasformò la roccia rosa in pietra bianca. Un corridoio interno collega la Grotta con la Cappella del SS. Sacramento dove vi è l’Adorazione Eucaristica continua tutto il giorno.

Tornando indietro verso la piazza principale di Betlemme, eccoci alla Basilica della Natività, che fu voluta dall’imperatore Costantino nel 326 d.C. e che è stata dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità nel 2012. Il portale consiste in una semplice porta di epoca ottomana chiamata Porta dell’Umiltà. Per entrare dobbiamo chinare la testa: in origine l’ingresso era molto più largo ma i crociati ne ridussero le dimensioni per impedire le irruzioni a cavallo. Accediamo nell’ampia navata dove recenti restauri hanno portato alla luce, sotto l’attuale pavimento, l’originale mosaico realizzato all’epoca di Costantino. In fondo una scala scende alla Grotta della Natività dove una grande stella d’argento a 14 punte si trova nel luogo in cui si dice sia nato Gesù. In un angolo della grotta vediamo la Cappella della Mangiatoia o “capanna” in cui è rappresentata la scena della Natività e nella cappella antistante l’Altare dell’Adorazione dei Magi.

È commovente inginocchiarsi a baciare la stella proprio nel punto dove ha giaciuto Nostro Signore appena nato.

In una cappella laterale, nella chiesa di Santa Caterina, che si trova di fianco alla Basilica della Natività, ascoltiamo la Messa solenne; i nostri sacerdoti la celebrano secondo la liturgia propria della notte della Vigilia di Natale: non poteva essere altrimenti trovandoci a Betlemme!

All’uscita c’è ancora un po’ di tempo a disposizione per qualche compera prima di rientrare in hotel per la cena. Non dobbiamo tardare però, perché stasera per concludere in bellezza, abbiamo in programma il giro di Gerusalemme by night. Partiamo dal Palazzo del Parlamento (il Knesset) che si trova su una collina nella zona occidentale della città. Nel parco adiacente facciamo una foto di gruppo dinanzi al grande candelabro a sette bracci, la menorhà, che secondo alcune tradizioni, simboleggia il rovo ardente in cui si manifestò a Mosè la voce di Dio e secondo altre simboleggia i sette giorni della creazione del Mondo. Poi, entriamo nella Città Vecchia percorrendo a piedi le strade del suq che ora sono deserte e tranquille fino ad arrivare quasi alla Basilica del Santo Sepolcro; passeggiamo nel centro pedonale di Ben Yehuda e facciamo un giro intorno alle mura. Infine, da un punto panoramico diamo un ultimo sguardo a Gerusalemme tutta illuminata: il nostro non è un addio bensì un arrivederci!

BETLEMME/GERUSALEMME (MUSEO DELL’OLOCAUSTO)/EIN KAREM (CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA E CHIESA DELLA VISITAZIONE)/ABU GOSH (CHIESA DI NOSTRA SIGNORA DELL’ARCA DELL’ALLEANZA)/ TEL AVIV/ROMA

Siamo arrivati al giorno della partenza ma altre visite sono previste prima di ritornare in Italia.

Lasciata Betlemme ci rechiamo al Museo dell’Olocausto di Gerusalemme dove rimaniamo meno di un’ora: i vari padiglioni, tutti in stile molto moderno, sono disposti su una intera collina ma non abbiamo tempo per entrarvi. Ci limitiamo a percorrere il Viale dei Giusti, dove sono piantati più alberi, ognuno a ricordo di un uomo “giusto” che durante lo sterminio si è comportato con umanità, a rischio della propria vita, nei confronti degli ebrei perseguitati, fino ad arrivare alla Hall of Remembrance, dove sul pavimento di basalto nero di una grande sala, considerata come sinagoga, sono scritti tutti i nomi dei campi di concentramento; nel mezzo vi è un fuoco perennemente acceso; successivamente visitiamo il Memoriale dei bambini, una cupola bianca, in mezzo a un giardino fiorito, che ospita il ricordo del 1,5 milioni di bambini ebrei sterminati nei campi nazisti. Una notte stellata con una voce che annuncia il nome, l’età e la nazionalità di ogni bambino ucciso è il commovente ricordo di quello che la ferocia umana è arrivata a compiere. Non ci sono altre parole da aggiungere.

Successivamente ci dirigiamo a Ein Karem, che significa la “Sorgente della Vigna”, una località situata dopo pochi chilometri. Qui sorgono la Chiesa di San Giovanni Battista al cui interno, in fondo alla navata destra, una scala conduce ad una grotta naturale in cui si ritiene nacque Giovanni Battista e la Chiesa della Visitazione o del Magnificat, sulla collina opposta. Tra la chiesa di S. Giovanni a quella della Visitazione, vi è una sorgente chiamata dai pellegrini del XIV secolo la “fontana della Vergine”. Secondo la tradizione qui Maria avrebbe incontrato la sua parente Elisabetta e avrebbe intonato un inno di lode, il Magnificat, un canto di riconoscenza a Dio. La Chiesa della Visitazione si trova sul luogo in cui secondo la tradizione abitava la famiglia di Zaccaria e in cui abitò la Madonna quando andò a trovare sua cugina. Questa chiesa è stata costruita su due livelli, sui resti di chiese più antiche. In quello inferiore in una nicchia è custodita la pietra (pietra del nascondimento), dietro la quale si sarebbe nascosto Giovanni Battista per sfuggire alla strage ordinata da Erode il Grande con l’intento di colpire Gesù (la strage degli innocenti). Sulle parete vi sono scene che commemorano gli eventi. Sulla facciata della chiesa, un bel mosaico riproduce Maria su un asino, scortata da angeli, sulla strada che va da Nazareth ad Ein Karem. Nel giardino, sulle mura, dipinto su piastrelle di maiolica blu, è possibile leggere il Magnificat in tutte le lingue del mondo e una statua in bronzo riproduce Maria e Elisabetta unite in un abbraccio.

Per ascoltare la nostra ultima Messa in Terra Santa, ci spostiamo nel villaggio arabo – cristiano di Abu Gosh, nel cui punto più alto sorge la Chiesa di Nostra Signora dell’Arca dell’Alleanza (Notre Dame de l’Arche de l’Alliance), affacciata sul magnifico scenario delle colline di Gerusalemme. Nel cortile della chiesa ci accoglie una grande statua della Vergine Maria, visibile da ogni direzione in tutto il complesso.

Dopo avere pranzato nel villaggio di Neve Ilan, lungo la strada che porta a Tel Aviv, all’Elvis Road Side Restaurant, un simpatico diner intitolato al famoso cantante Elvis Presley, dove è inutile dirlo, a farla da padrone sono gli hamburger e le patatine fritte, partiamo in direzione dell’aeroporto. L’ultima sosta è prevista al sito archeologico di Nicopolis che viene identificato come l’Emmaus di cui parla il Vangelo, ma lo troviamo chiuso.

Tiriamo dritto e andiamo a Ben Gurion dove ci aspetta una lunga fila per il check in. Un volo notturno ci riporta a Roma e poi, nuovamente in pullman fino a Cosenza.

Durante il viaggio ripenso alle tante emozioni vissute, a quel senso di pace e serenità provato nei giorni trascorsi in Terra Santa, a quella palpabile presenza di Gesù riscontrata in ogni luogo visitato e nei visi delle persone che ho incontrato. Il meraviglioso cammino che ho percorso è stato a tratti faticoso, soprattutto dal punto di vista fisico, ma appagante.

È stato come vedere un film a velocità raddoppiata: un’overdose di posti, per lo più tra loro vicini, accompagnata da un’infinità di notizie religiose, storiche, geografiche e archeologiche acquisite in pochissimo tempo. Perciò, scrivere un diario di viaggio si è reso per me necessario per chiarire meglio, riprendere e dare un ordine preciso ai vari luoghi ed avvenimenti e per fissare nella memoria il ricordo di questa profonda esperienza di vita.



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