Irlanda, ma che ansia!
Indice dei contenuti
ORGANIZZAZIONE: voli prenotati 3 mesi prima sul sito Ryanair, soggiorno di 6 notti a Dublino prenotato su AIRBNB, di 3 notti a Galway su Booking.
GUIDE UTILIZZATE: guide Touring e Lonely Planet, pagina Facebook Ireland travel tips per info pratiche, foto e consigli.
INFORMAZIONI UTILI
TRASPORTI: bene il servizio di autobus, DART e LUAS nonché il collegamento ferroviario Dublino-Belfast. Poco puntuali gli autobus a lunga percorrenza es. BusEyreann o Expressway: calcolate sempre dai 20 ai 40/50 minuti di ritardo negli arrivi.
LEAP VISITOR CARD: assolutamente necessaria per spostarsi a Dublino se alloggiate in zone periferiche. Esiste da 1, 3 o 7 giorni, il calcolo delle ore parte dalla prima timbratura. Acquistabile in aeroporto oppure negli uffici turistici di Suffolk street / O’Connell street, la ricarica si può effettuare in qualsiasi esercizio commerciale ove compaia il simbolo verde della rana. Diverse le modalità di obliterazione a seconda dei mezzi di trasporto. La Leap visitor card consente l’accesso anche agli AIRBUS da e per l’aeroporto, non inclusi i bus Hop-on, hop off.
CORRENTE ELETTRICA: 220, con presa a 3 fori, necessario l’adattatore.
ORARIO: – 1 rispetto all’Italia, il sole nel mese di luglio tramonta alle 11 p.m.
GUIDA A SINISTRA: se non guidate l’auto, attenzione comunque agli attraversamenti stradali ed anche a salire/scendere le scale: noi italiani sbagliamo sempre!!!
Bene, esaurite le premesse passiamo a descrivere i nostri 10 giorni un po’ troppo ansiosi in terra d’Irlanda
DAY 1: THE NIGHTMARE
È il primo mattino del 3 luglio quando prendiamo il treno dalla nostra città, Forlì, diretti all’aeroporto di Rimini. E’ l’1.30 a.m. del 4 luglio quando arriviamo davanti alla porta del nostro Airbnb di Rathmines, Dublino. Tutto quello che è successo “in between” è da dimenticare.
Per risparmiare qualcosa avevamo pensato di spezzare il nostro volo d’andata in Irlanda prenotando le singole tratte Rimini-Stansted e Stansted-Dublino: grandissimo errore!
Il nostro volo, invece di partire alle 13.35 come previsto, parte alle 16, impedendoci di prendere il volo Ryanair Stansted-Dublino delle 17.30. Ciò che succede durante le 5 e passa ore che trascorriamo nell’aeroporto londinese è talmente assurdo che adesso ci fa sorridere, sul momento molto meno.
Per prima cosa ci mettiamo in fila al desk reclami di Ryanair dove una hostess simpatica come un pugno nello stomaco ci spiega che il ritardo del nostro volo da Rimini è inferiore alle 2 ore, quindi non verremo re-imbarcati sul volo successivo. Se vogliamo raggiungere Dublino dovremo acquistare un nuovo biglietto. E’ però possibile farlo dall’Ipad del banco informazioni, posto davanti all’uscita. Peccato che al momento della conferma del volo non vengano riconosciute le mie password, me le sono trascritte nel portafogli per non dimenticarle…niente. Fra parentesi il costo della stampa del biglietto è di 5 £ a foglio, vabbè quando si è alle strette non si bada a queste cose, ma è comunque un furto.
Senza speranza torniamo al desk della Ryanair, dove adesso la fila è lunghissima. Acquistiamo i biglietti per il volo di Dublino delle 22.30 e ci mettiamo il cuore in pace. Mangiamo qualcosa poi entriamo nella zona delle partenze ed iniziamo ad aspettare. Aspetta aspetta del nostro volo non si hanno notizie, ormai nella hall di attesa non ci sono tantissime persone, ho il terrore di non riuscire a prendere neanche questo volo e comincio a rompere le scatole ai vicini di posto. Ed è così che conosciamo Hettie, una simpatica signora dublinese che sarà il nostro angelo custode per questo interminabile viaggio. Le spiego cosa ci è successo (fra parentesi anche i nostri smart phones non funzionano, visto che siamo in Gran Bretagna e il wifi dell’aeroporto non esiste proprio) ed evidentemente le nostre espressioni parlano per noi. Per prima cosa ci fa telefonare all’host del nostro Airbnb, poi consultandosi con la sorella ci indica il modo migliore per arrivarci, offrendoci anche di farci venire a prendere ed ospitare dalla sorella stessa nel caso il nostro alloggio non fosse stato più disponibile. Una volta sbarcati a Dublino, Hettie ci accompagna passo passo, dal controllo passaporti al nastro del ritiro bagagli, per poi depositarci davanti al posteggio dei taxi. Grazie dolcissima Hettie, sei stata per noi preziosissima!
Dopo un viaggio di una ventina di minuti siamo a Rathmines, periferia sud di Dublino. Sono le 1.30, noi siamo distrutti e crolliamo sul letto a una piazza e mezzo. Che ansia, però!
DAY 2: DUBLIN, AT LAST
Poche ore di sonno e alle 7 siamo già svegli. Beviamo subito un caffè solubile fornito dalla casa, poi usciamo a far colazione al Modà, un bar carino a pochi metri dall’airbnb, segnalatoci dal nostro host. Una bella colazione ce la meritiamo proprio! Francesco sceglie salmone e uova strapazzate, io scones e marmellata. Il cameriere del locale è un ragazzo italiano con cui facciamo 2 chiacchiere poi ci dirigiamo al supermercato Aldi per un po’ di spesa, giusto il necessario per la colazione a casa e qualche eventuale cena. Portiamo tutto nel nostro mini appartamento, poi via, alla scoperta di Dublino. Proprio di fronte a casa nostra c’è la Public library, così come a New York, che coincidenza, si vede che devo ricordarmi del lavoro anche in vacanza… Entriamo a dare un’occhiata, è davvero carina e ben organizzata ma non possiamo passare la mattinata qui, così ci incamminiamo lungo la vivace Rathmines road, direzione centro. Dopo circa 1 km e l’attraversamento del Grand Canal, cominciano a vedersi, ai lati dei marciapiedi, le indicazioni turistiche della città, noi proseguiamo e ci troviamo all’entrata della George’s street arcade, mercato coperto in mattoni rossi in stile vittoriano, esternamente bellissimo, tutto abbaini, finestre a bifora e torrette, dentro un po’ meno, le tante bancarelle e negozietti di paccottiglia sono abbastanza anonimi e li by-passiamo tranquillamente. Proseguiamo fino al Powerscourt centre, bellissima townhouse georgiana appartenuta ai Visconti Powerscourt, splendidamente trasformata in un centro commerciale con negozi di lusso. Bellissima la parte centrale con ristoranti e caffetterie. Ormai siamo in pieno centro, eccoci a Grafton street, la via dello shopping, già piena di turisti e di tantissimi teenagers, soprattutto italiani, in gita con le scuole di lingue. Scusate se non provo entusiasmo per questa via, ma mi sembra uguale a tante vie pedonali di tante altre città europee, nulla di più. Percorriamo Suffolk street ed arriviamo alla statua di Molly Malone, posizionata davanti alla St. Andrew church e non più in Grafton street dove l’avevo vista nel 2000.
Eccoci varcare il portone del Trinity college, il centro del centro di Dublino. Tralasciamo la visita alla Long room e al book of Kells, già visti nel mio precedente viaggio. Fa caldo e cosa c’è di meglio che sedersi in una panchina all’ombra guardandosi intorno per entrare nel mood di questa città? E’ bello vedere come questo tempio del sapere sia parte integrante della città, chiunque può entrarvi, sedersi sulle sue panchine, stendersi sui prati o mangiare alla caffetteria, oltre che visitarne le attrazioni turistiche. Da non perdere le tante sculture disseminate nel parco, fra cui “Sphere within sphere” di Arnaldo Pomodoro e “Cactus provisoire” di Calder. Visitiamo la Science Gallery, costruita nel 2008 e ad ingresso libero, poi, dirigendoci verso Merrion square, ci imbattiamo nella National Gallery of Ireland, sempre ad ingresso libero, come si fa a non entrare? La collezione è davvero notevole, copre un arco temporale che va dal Medioevo al 21. Secolo. “La donna che scrive una lettera” di Vermeer e “la cattura di Cristo” di Caravaggio i miei preferiti. Usciamo direttamente su Merrion square, la più famosa delle piazze georgiane di Dublino, con le case a schiera dalle porte colorate ed il monumento ad Oscar Wilde, forse l’abitante più illustre del quartiere. Eccolo qua, il nostro Oscar, lo sguardo beffardo e l’abbigliamento impeccabile nonostante la posa scomposta nella statua di Danny Osborne dal titolo “The Quare in the Square in Merrion Square Park“.
Provate a guardarlo da entrambi i lati, l’espressione cambia! Di fronte alla statua 2 colonne con alcuni dei suoi famosi aforismi.
Torniamo in centro, acquistiamo le Leap visitors cards nel tourist office di Suffolk street poi ci immergiamo per un attimo nel colorato mondo di Temple bar per poi attraversare il Liffey dal Millennium bridge ed approdare nel quartiere Bloom, che è un po’ la Little Italy di Dublino, con tanti locali dai nomi inequivocabilmente italiani. Il tempo di un giretto, con sosta davanti al Clarence hotel, proprietà degli U2, e siamo di nuovo a Temple bar, dove riusciamo a trovare 2 posti liberi nel cortile interno del Temple bar pub e con grande soddisfazione beviamo la nostra prima Guinness e sidro. Cheers!
Per cena ci spostiamo all’ O’Neill pub, di fronte alla statua di Molly Malone, che ci aveva consigliato l’amica Elisa: il fish and chips è buonissimo e smisurato, ottima scelta. Quando usciamo sono quasi le 10, ma il sole splende ancora: su Grafton street ci fermiamo ad ascoltare un gruppo di 15 ragazzi che cantano a cappella, davvero bravi! Per non sentirci in colpa decidiamo di tornare a casa a piedi: anche i quartieri periferici sono animati, con ristoranti e soprattutto pub belli e pieni di gente. Ci ripromettiamo di provarli, nei prossimi giorni.
DAY 3: DUBLIN NEW AND OLD
Questa mattina colazione at home con latte, caffè, biscotti e muesli, poi inauguriamo la nostra Leap card prendendo, alla fermata di fronte a casa, l’autobus 15 che in una decina di minuti ci scarica a Dame street. Giriamo un po’, ritrovandoci in una Temple Bar diurna quasi irriconoscibile: ci godiamo i tanti negozi dai muri dipinti e le facciate dei pub ravvivate da cascate di gerani e petunie colorate. Lo stridio dei gabbiani è la colonna sonora che ci accompagnerà per tutta la vacanza, altro che musica celtica!
Continuando a passeggiare vediamo l’atrio del City hall, poi entriamo nel cortile del Castello. Non ci interessa visitarlo, quindi proseguiamo fino a raggiungere i Dubb Linn Gardens, di forma circolare e ben curati. In fondo ai giardini si trova la Chester Beatty library, recensita ovunque entusiasticamente come uno dei migliori piccoli musei al mondo, scopriamo se è vero! L’entrata gratuita e la presenza di brochure in italiano segnano già un punto a favore di questa collezione, donata alla città di Dublino dal magnate canadese Alfred Chester Beatty. Esteso su 2 piani, il museo ha come tematica la bibliologia e le religioni e contiene oggetti di particolare pregio appartenenti ad entrambe le discipline: manoscritti, papiri, miniature, icone, solo per fare qualche esempio. Il giardino pensile offre una bella vista sui dintorni e permette di vedere chiaramente i motivi celtici disegnati dai sentieri dei Dubb Linn Gardens sottostanti. Tornati al piano terra decidiamo di fermarci a pranzo nella caffetteria/ristorante “The silk road”, organizzata a self-service: il menù etnico è invitante, la scelta di dolci e dolcetti davvero notevole.
Una cosa che mi piace molto, qui in Irlanda, sono le caffetterie dei musei/biblioteche e luoghi pubblici in generale. Belle a vedersi, ben organizzate, con menù allettanti e prezzi onesti. A quando in Italia?
Ci sediamo ai tavolini sparsi nell’atrio del museo: l’accostamento fra vecchio e nuovo, il lunghissimo lucernaio che illumina la zona, il delizioso bookshop, fanno di questo luogo un posto estremamente piacevole, in cui si desidererebbe fermarsi a lungo, quindi il nostro giudizio conferma quello di tanti altri viaggiatori.
Quando usciamo il cielo è grigio e dopo aver attraversato un quartiere ancora più grigio di palazzi governativi finalmente arriviamo a St. Stephen’s Green, uno dei parchi georgiani della città. Dopo una piccola sosta usciamo sul lato nord, proprio di fronte all’hotel Shelbourne, con le magnifiche statue-lampade di bronzo in stile Liberty che adornano la facciata. Da Kildare street torniamo in zona Trinity college, passando davanti alla National Library of Ireland, poi, seguendo la segnaletica molto efficace, ci dirigiamo al Natural history museum, pieno zeppo di adolescenti. Questi musei non mi fanno impazzire, direi che è nella media con quelli visti in altre città europee.
Ci fermiamo a bere un the poi prendiamo per la prima volta la LUAS, metropolitana di superficie, che ci porta dall’altra parte del fiume, in zona Spire, su O’Connell street. Con i suoi 120 metri la Spire è il monumento più alto di Dublino, posta di fronte al General post office, altro monumento simbolo della città. Ad essere sincera non mi fa impazzire. O’Connell street e le sue traverse sono un’altra zona di shopping della città, a noi però interessa vedere le architetture della nuova Dublino, sorte nella zona dei Docks. E’ qui che nei primi anni 2000 tante multinazionali hanno creato i loro quartieri generali, modificando l’aspetto di questa parte della città, soprannominata da qualcuno Silicon Docks. Dopo la Custom house in stile neoclassico ecco apparire l’ardita architettura del Convention center, quasi di fronte al quale è attraccata la Jeanie Johnston, replica dell’omonima nave che salpò proprio da qui per portare tanti irlandesi oltreoceano negli anni terribili della Grande Carestia. Le statue del “Famine memorial”, poco distante, rendono bene l’idea degli uomini e donne stremati che si imbarcavano nella speranza di una vita migliore. Quante analogie con gli avvenimenti attuali…
In questa zona ci sono anche i 2 ponti costruiti sul Liffey negli anni 2000, il pedonale O’Casey ed il Samuel Beckett a forma di arpa celtica progettato da Calatrava. Lo attraversiamo e in breve siamo nella Grand canal Plaza, dominata dal Grand Canal theatre, opera inconfondibile e molto ad effetto di Libeskind. Questa zona high-tech contrasta molto col resto di Dublino, ma ci piace. Ci sediamo a guardare i tuffi di un gruppo di allegri ragazzotti, poi imbocchiamo Pearce street che ci riporterà in zona Trinity, inizio e fine di tutti i nostri giri dublinesi.
Siccome ci piace cenare nei pub, abbiamo deciso di fermarci nel primo che ci ispiri, peccato che siano tutti pieni zeppi! Alla fine entriamo all’Old Storehouse Traditional, dove stasera suonano dal vivo 2 ragazzi, molto bravi. Mentre aspettiamo i nostri fish&chips e hamburger, dal tavolo vicino al nostro si alza una bimba di una decina d’anni ed inizia a ballare un ballo irlandese con le scarpette da tip-tap: fuori programma inaspettato e gradito! Quando usciamo sono le 10 p.m. ma il sole è ancora alto. Leap card alla mano prendiamo l’autobus 15 su Dame street ed in meno di 10 minuti siamo a Rathmines.
DAY 4: GENTE DI MARE
Oggi è prevista una gita fuori porta a Howth, paesino di mare sulla baia di Dublino, raggiungibile comodamente in 25 minuti con la DART dalla Connolly station. Il cielo è plumbeo ma non fa freddo, ci stupiamo che sebbene questa sia considerata una località turistica in giro non ci sia praticamente nessuno. Camminiamo verso il faro, in cima al molo: di fronte a noi l’Ireland eye, isolotto ormai disabitato che ospita un antico monastero: nei mesi estivi una barca dovrebbe effettuare collegamenti ad ogni ora, oggi però non ne vediamo.
I gridolini eccitati di un gruppo di bambini ci fanno avvicinare alla balconata: un gruppetto di foche si sta esibendo in tuffi rallegrando un po’ l’atmosfera della grigia mattinata. Sperando in qualche raggio di sole scendiamo verso un secondo faro con un bel tetto rosso, risalente al periodo georgiano. Una foca testarda fa capolino dall’acqua, seguendo attentamente il percorso della barchetta di un pescatore, sperando in una inaspettata merenda.
Noi torniamo verso il paese, sovrastato dalla torre Martello, sede dell’Hurgy Gurdy museum of vintage radio, sembra vicina, proviamo a raggiungerla. Nel frattempo entriamo nella chiesa dell’Assunzione, gotica all’esterno e moderna all’interno. Saliamo lungo la strada principale del paese, fiancheggiata da bei villini con vista panoramica, la torre però sembra scomparsa. Visto che si è fatta ora di pranzo, ci fermiamo in un pub vicino alla chiesa: molto carino, come tutti quelli visti finora. Io ordino le cozze e Francesco merluzzo e gli immancabili sidro e Guinness. Tutto buonissimo, peccato essere gli unici clienti! I camerieri sono comunque sempre gentili. Sulla via del ritorno visitiamo i resti della St. Mary Abbey, risalente al 1042, epoca dell’invasione vichinga. La chiesa è circondata da un cimitero in stato di semi abbandono.
Quando ormai non ci pensavamo più, ecco la torre Martello, più vicina di quanto credessimo: la raggiungiamo con una piccola salita, vedere il museo non ci interessa, il panorama sulla baia di Howth invece è bello, ora che è uscito il sole.
Verso le 15 riprendiamo la Dart e una volta a Connolly station ci informiamo sui treni per Belfast, dove vorremmo recarci domani. Una ragazza davvero gentile ci spiega che questa è l’unica stazione da dove si parte per Belfast con i treni Enterprise: ci fornisce gli orari e tutte le informazioni che ci servono e ci saluta. Non facciamo paragoni con il personale ferroviario italiano, please…
Usciti dalla stazione ci dirigiamo verso un ufficio turistico che abbiamo visto su O’Connell street, alla ricerca di un orario degli autobus: non potendo caricare ulteriori app sui nostri smart phones, è difficile per noi capire, le volte che dobbiamo fare gite fuori porta, quale sia l’autobus che ci porti alle varie stazioni o autostazioni.
L’impiegata del tourist office, italiana, ci rimanda ad un altro ufficio, sempre su O’Connell street, non prima di aver cercato di convincerci a noleggiare le bici per andare al Phoenix park.
Scopriamo che entrambi gli autobus che passano davanti a casa arrivano sia alla Connolly station che all’autostazione di Busaras, perfetto, allora adesso via verso il Phoenix park, senza bici ma con la LUAS.
Scendiamo alla fermata Museum, passando di fronte a Smithfield, dove avevo alloggiato nel mio 1° viaggio a Dublino. Il Museo davanti alla fermata sono in realtà le Collins barracks, un tempo caserme e ora sede della sezione “Decorative Arts and History” del National Museum of Ireland, l’orario di apertura è terminato, peccato.
Cammina cammina raggiungiamo l’immenso Phoenix Park, superiore per estensione persino al Central Park di New York, ma non ugualmente iconico, secondo noi. Rimaniamo nella parte del “People garden” di fronte all’obelisco per Wellington, impossibile visitarlo tutto. Ci stendiamo sull’erba a riposare, poi riprendiamo la LUAS e l’autobus che ci riporta a Rathmines.
Alla sera cena casalinga con spaghetti al pomodoro, sorvoliamo sulla bontà, ma con i pochi ingredienti a disposizione si fa quello che si può…
Finiamo la serata al Blackbird pub vicino a casa, affollatissimo sia all’interno che all’esterno: 2 birrette e poi a nanna, domani la sveglia suonerà all’alba.
DAY 5: BELFAST
Ci svegliamo presto e con l’autobus 15 arriviamo alla Connolly station: in biglietteria facciamo il biglietto di a/r in giornata per Belfast al prezzo di 20€ a testa. Superiamo il tornello dedicato ai treni Enterprise e cerchiamo di avvicinarci al binario dove il treno è già presente…impossibile. Qui in Irlanda, durante la fase di “preparazione” del treno, i passeggeri devono aspettare esclusivamente all’interno della sala d’aspetto, buono a sapersi.
Il treno è nuovo e pulitissimo, parte in perfetto orario alle 9.35 ed alle 11.45 siamo a Belfast. La stazione, oggetto di lavori di ristrutturazione, non ci sembra un granchè, ci incamminiamo verso il centro e ci imbattiamo subito nel St. George market, grande mercato coperto di epoca vittoriana aperto solo dal venerdì alla domenica. L’atmosfera è simpatica, ci sono sia banchi di street food con i prodotti tipici del posto che di oggettistica, con cose handmade molto carine. Al centro del mercato un gruppo sta cantando e suonando musica degli U2.
Visto che abbiamo fatto colazione all’alba ed è ormai ora di pranzo, cominciamo a guardarci intorno per decidere cosa mangiare. In previsione di questa gita ci siamo portati dall’Italia delle sterline avanzate da un nostro precedente viaggio a Londra, peccato che qui le guardino con disprezzo ed orrore e le restituiscano schifati. E chi lo sapeva che esiste una Bank of Northern Ireland che emette sterline diverse da quelle inglesi? Meno male che esiste il nostro caro e vecchio Euro, ad una bancarella compriamo 2 scones giganti e con il resto il nostro pranzo, ovvero riso e curry per Francesco ed il tipico Belfast bap per me.
Consumiamo il nostro pasto seduti ad un tavolino e assistendo al passeggio della gente, abitanti del luogo, più che turisti.
Purtroppo non tutti i venditori accettano gli €, quindi devo rinunciare all’acquisto di una bellissima cover fatta a mano per il mio telefono, pazienza!
Soddisfatti del pranzo, riprendiamo la strada verso il centro: anche qui, come a Dublino, le indicazioni per i vari monumenti/luoghi non mancano, in pochi minuti siamo davanti all’Albert clock, costruito (con autotassazione dei cittadini) sul modello del Big Ben londinese in onore del marito della regina Vittoria, all’epoca appena scomparso. La statua di Albert, rivolta verso il centro città, ringrazia!
In fondo alla piazza dell’orologio c’è il Big Fish, un pesciolone azzurro di 10 metri, costruito nel 1999 e decorato di piastrelle di ceramica con immagini e scritte relative alla storia di Belfast. Il tempo di scattare qualche foto ed attraversiamo il ponte che porta al Titanic quartier. Lo so, siamo turisti controcorrente, ma non abbiamo intenzione di visitare questo museo che è diventata l’attrazione principale di Belfast da quando è stato costruito, nel 2012. Ci limitiamo a guardarlo da lontano e poi torniamo indietro, questa zona portuale non ci entusiasma più di tanto.
Già di fronte all’Albert clock ci sono dei bei murales, e tanti ne vedremo soprattutto sotto le “entries”, vecchie strade coperte nel cuore di Belfast. Dopo una sosta caffè proseguiamo la nostra passeggiata verso il City hall, davanti al quale si sta svolgendo una pacifica manifestazione di protesta, per la visita è meglio ripassare fra un po’.
In breve raggiungiamo Great Victoria street con la Grand Opera House, teatro vittoriano di ispirazione orientale, ma soprattutto il magnifico Crown liquor saloon, forse il pub più bello visto in Irlanda. La cosa che ci è piaciuta di più, a parte le bellissime vetrate e le lampade di vetro soffiato, sono gli ambienti appartati creati per i clienti, non per niente opera di artigiani italiani! Il mosaico della corona, all’entrata, si dice sia stato voluto dal proprietario per fare dispetto alla moglie, fedele lealista. Chiunque entrasse doveva calpestare la corona, che affronto!
Di fronte al pub incontriamo un gigantesco risciò pieno di ragazze che festeggiano un addio al nubilato. Si chiama Wee toast, tanti ne incontreremo in giro per la città.
Torniamo al City hall ed entriamo nella lobby, tutta in marmo bianco con pavimenti a scacchi black/white e vetrate colorate. La statua della regina Vittoria invece troneggia nel centro del giardino.
È ora di dirigerci verso il Cathedral quartier dove ci accolgono stradine strette ed entries con murales bellissimi. Entriamo nella Cattedrale di St. Anne, un anziano sacrestano ci fa passare anche senza biglietto per dare un’occhiata veloce. Quando gli riveliamo la nostra provenienza dice che in Italia le persone sono simpatiche ed il vino buono… Salute!
Cerchiamo Commercial street, un vicolo bellissimo con le case dalle facciate bianche e gerani rossi alle finestre. Nell’androne che porta a un cortile interno ci sono murales strepitosi con tutte le celebrities irlandesi (confesso di riconoscere solo George Best, Bono e The Edge) ed un soffitto pieno di ombrelli colorati: le foto si sprecano. All’angolo della via il Duke of York Pub, uno dei più antichi di Belfast. Gironzolando per i vicoli, capitiamo davanti al Merchant hotel: una meravigliosa panchina ci consente di riposarci e osservare il passeggio. Innumerevoli gruppi di addio al nubilato o festeggiamenti di compleanni sfilano davanti a noi: le ragazze, allegre e visibilmente alticce, si scattano selfie a raffica, ma gli uomini che fine hanno fatto? Tornando verso il centro facciamo un passaggio veloce al Victoria square, nuovo centro commerciale con un’imponente cupola trasparente.
Sotto un cielo grigio ma non piovoso raggiungiamo la stazione: il treno è puntuale ed in 2 ore e ½ ci riporta a Dublino.
Anche Belfast non ci ha fatto impazzire e non penso che la visita al Titanic Museum avrebbe fatto la differenza. Piuttosto ci sarebbe piaciuto visitare la zona ovest della città con i murales di Falls road (cattolici) e quelli lealisti di Shankill road ed il Peace wall, così carichi della storia dolorosa di questo paese, ma il tempo ci è mancato.
DAY 6: SUNDAY SUNNY SUNDAY
Oggi è domenica, nostro ultimo giorno pieno a Dublino. Fa molto caldo, niente di meglio che una gita ai Botanic Gardens, situati nella zona nord della città. Dal tabaccaio ricarichiamo la nostra Leap card, poi, rientrando a casa, finalmente conosciamo il nostro host Bernard che ci informa che l’autobus per i Giardini, l’83, passa proprio dalla fermata di fronte, ottimo! Attraversiamo tutta la città e dopo 25 minuti siamo a destinazione. L’ingresso è libero, cosa aspettiamo ad immergerci in questo paradiso di colori e odori? Le bianche serre vittoriane in ghisa, progettate dallo stesso architetto dei Kew Gardens di Londra sono imponenti all’esterno e stupefacenti all’interno: piante e fiori meravigliosi, piccoli ruscelli, fontane, insomma da vedere! Tutti i giardini, che si estendono su 2000 ettari, sono magnificamente allestiti e curati: a noi è piaciuta molto la sezione di piante e fiori irlandesi, molto semplice e selvaggia. A poca distanza un’entrata del cimitero di Gasnevin, dove fra gli altri sono sepolti l’eroe nazionale Michael Collins, il mecenate Chester Beatty e lo scrittore Brendan Behan. Ci siamo talmente persi fra i viali del parco da non renderci conto che sono le 14.30 e forse è il caso di mangiare qualcosa. Eccoci davanti alla bella caffetteria tutta in legno: io ordino un felafel wrap, Francesco filetto di merluzzo con patatine, tanto per cambiare. Dopo pranzo cerchiamo un angolino tranquillo per una bella e meritata siesta.
Dopo il riposo torniamo nell’edificio della caffetteria per vedere una mostra di pittura: i quadri di Gordon Byrne hanno per soggetto le magnifiche serre del Giardino Botanico, alcuni non sono niente male.
Questa gita ci ha comunicato un gran senso di pace, dopo gli stress dei giorni scorsi, ci voleva proprio! Riprendiamo l’autobus a 2 piani fino a College Green, giriamo un po’ per una affollatissima Grafton street poi diamo un’occhiata ad alcuni pub considerati imperdibili dalla guida Touring: il Duke, sulla omonima via ed il The oak e Turk’s head in Parliament street. Quest’ultimo è veramente insolito, con gli interni ispirati allo stile di Gaudì.
A forza di vedere pub ci è venuta fame, scegliamo un pub famoso, il Porterhouse, proprio su Grafton street: io prendo un’insalatona, Francesco… provate a indovinare… poi Guinness e sidro as usual.
DAY 7: HEAD TO GALWAY
Oggi si parte! Colazione, bagagli, qualche acquisto per il viaggio da Aldi, poi via col bus 15 direzione Connolly station. Alla fermata conosciamo un arzillo ragazzo di 89 anni che ci racconta la sua vita, nella quale c’è stato posto anche per un viaggio a Venezia, molto costoso!
Monete alla mano per acquistare il biglietto, scopriamo che la nostra Leap card ha ancora il credito per quest’ultima corsa, meglio così! Da Connolly all’autostazione di Busaras sono pochi passi, alle 11.30 saliamo sul bus Eireann per Galway. I biglietti li abbiamo comprati on-line dall’Italia, 15 € a tratta a testa. Da sapere che tali biglietti si possono utilizzare su tutte le corse giornaliere da Dublino a Galway, anche se sul sito, al momento della prenotazione, si deve selezionare un preciso orario di partenza.
Il viaggio è comodo e prevede alcune fermate, arriviamo a destinazione con 40 minuti di ritardo. Ciò significa che dovremo anticipare il ritorno verso l’aeroporto di Dublino, non possiamo rischiare di perdere nuovamente il volo… che ansia!
Eccoci a Galway, graziosa cittadina del Connacht, scelta per poter visitare le Cliffs of Moher e le isole Aran. Nonostante abbia solo 80mila abitanti, Galway è una città molto vivace: vi si svolgono festival della letteratura (maggio), del cinema (luglio), delle ostriche (settembre) e delle arti per bambini (ottobre)… tanta roba! È qui che nacque Nora Barnacle, moglie di James Joyce: nella loro casa è stato allestito un piccolo museo, che purtroppo non abbiamo visitato. Inoltre, Galway è stata eletta capitale europea della cultura per il 2020 non male, vero?
Il nostro b&b, Copper Beech guest house, prenotato su Booking, si trova su College road, “la via dei b&b”, come ci spiega la signora a cui chiediamo indicazioni su come raggiungerlo: in effetti la schiera di villette riconvertite in alloggi per turisti si perde a vista d’occhio. Un veloce check in, riposino, poi usciamo: il Quartiere latino, formato da Quay street e Shop street è il centro della movida di Galway, pieno di negozi, bar, ristoranti e tanta musica suonata dagli artisti di strada.
Ceniamo al “Front door”, pub molto bello: io provo la Irish stew, Fra un bel piatto di pesce. Tutto ottimo! Dopo cena raggiungiamo lo Spanish Arch e lo oltrepassiamo per una passeggiata verso il mare, ma tira troppo vento e rientriamo in centro per ascoltare una eclettica band che canta cover, e suona un numero imprecisato di strumenti. Brava, soprattutto la cantante.
DAY 8: CLIFFS OF MOHER
Stamattina ci gustiamo il nostro primo Irish breakfast: caffè, uova, bacon, pomodori, porridge bianco e nero, salsicce per Fra, yogurt, muesli, macedonia di frutta, pane, marmellata e toast per me… più che una colazione un pranzo!
Usciamo e la giornata è splendida: all’ufficio turistico domandiamo come raggiungere le Cliffs of Moher, alla risposta che il bus partirà fra 10 minuti ci fiondiamo all’autostazione, per fortuna vicina, facciamo il biglietto (24.50 a/r) e alle 10 partiamo. Il viaggio è piacevole e ci porta fra i bellissimi paesaggi del Burren: montagne rocciose, mare, villaggi bianchi degni dei migliori quadri di Hopper, castelli. Insomma, un incanto. Come sempre l’autobus accumula ritardo, dovremo rimanere alle Cliffs meno del previsto, purtroppo. Pagato l’ingresso (8 €) ci guardiamo attorno: le scogliere, in questa giornata limpida, si stagliano davanti a noi in tutto il loro imponente splendore. Senza perdere tempo puntiamo verso nord, oltrepassiamo la O’Brien tower e procediamo per il sentiero che ci porterà sul punto più alto delle Cliffs, Knockardakin, 214 mt. sul livello del mare. Inutile dire quanto sia bello il panorama da qui!
Di malavoglia rientriamo per mangiare qualcosa al self service del centro visitatori: io insalata di gamberoni, Fra salmone. Quando usciamo ci avviamo verso la scogliera di sinistra, ma il nostro bus dovrebbe arrivare a minuti, quindi torniamo indietro.
In realtà l’autobus arriverà con 50 minuti di ritardo, ormai è un’abitudine. Se ve la sentite di guidare a sinistra su strade a volte strettissime, vi consiglio di noleggiare l’auto, guadagnerete tempo per esplorare posti di una bellezza indicibile, qui sul Wild Atlantic way.
Rientrati al b&b, facciamo il check in per il volo di dopo domani, andiamo alla reception per chiedere una stampa, ma un anziano scontroso e sbrigativo ci dice che la stampante è rotta e ci indirizza “downtown”. Grazie anche a lei, riproveremo domani.
In centro esploriamo zone nuove e cerchiamo un pub per cenare: la partita Francia-Belgio ha fatto il tutto esaurito, riusciamo però a trovare posto da Dail, dove vediamo il finale di partita e mangiamo merluzzo al forno. Quando usciamo i turisti francesi festeggiano, noi ci fermiamo ad ascoltare il gruppo di ieri sera, attrezzati con kway e sciarpe il vento ci fa un baffo!
DAY 9: NO ARAN NO PARTY
Oggi ci svegliamo presto: vogliamo chiedere al tipo della reception di stamparci le carte d’imbarco prima che venga servita la colazione. Scendiamo e incontriamo ancora il cerbero di ieri, che ci dice che il breakfast inizia alle 8.30, sappiamo leggere, grazie. Finalmente arriva il titolare a cui facciamo la fatidica domanda, ci risponde “dopo”, un dopo che non arriverà mai… Vabbè, godiamoci la colazione, oggi uova e bacon anche per me, poi via all’ufficio turistico, dove però non possono stamparci niente e ci rimandano ad un Internet point vicino al centro dove in 5 minuti abbiamo le nostre carte stampate, ma ormai il bus per le Aran è partito, addio.
La giornata è grigia, ci consoliamo pensando che alle Aran non sarebbe stato poi così bello, ma il rimpianto di non averle potute vedere è grande.
Visitiamo il museo, gratuito e ben organizzato poi pranziamo in una pasticceria tutta rosa con 2 fantastiche fette di lemon meringue e chocolate cake: quando si è tristi i dolci aiutano sempre! Ci avviamo poi a piedi verso Salthill, borgo di mare non lontano da qui. Sul lungomare un Famine memorial ricorda tutti coloro che fuggirono dalla grande carestia fra il 1847 e 1850. Arriviamo fino al Mutton lighthouse, sospeso in un isolotto sul mare, poi inizia a piovere, per la prima volta in 9 giorni, un vero record. Tempo di indossare i kway e non piove più.
Rientrati a Galway camminiamo per il centro scoprendo canali, castelli, vecchi mulini, murales, ma soprattutto tanti pub, uno più bello dell’altro. Tanta gente per strada e tanti artisti: chi suona, chi canta chi balla, insomma Galway è una vera sorpresa.
Stasera c’è l’altra semi finale dei Mondiali, Inghilterra-Croazia, e noi vogliamo vedercela al pub. Scegliamo il Front door, dove riusciamo miracolosamente a trovare 2 sgabelli in zona bar, 2 birre e forza Croazia. Al nostro arrivo l’Inghilterra è in vantaggio ma i croati non si perdono d’animo, pareggiano poi ai supplementari Mandzukic sigla la vittoria. Gli irlandesi, notoriamente anti-inglesi, sono contenti e festeggiano con pinte di birra, olè. Sfortunatamente le cucine dei pub hanno chiuso alle 21, quindi la nostra cena si riduce ad una Guinness, una Orchard thieves e qualche biscotto… meglio stare leggeri.
Rientrati al b&b prepariamo i bagagli: visto il ritardo cronico dei bus abbiamo deciso di anticipare la partenza di domani alle 7.30, saltando anche il delizioso Irish breakfast, peccato.
DAY 10: FAREWELL IRELAND
Alle 7.30 del mattino alla fermata dell’autobus ci siamo solo noi ed un gabbiano appollaiato sull’insegna del binario. Partiamo puntuali ma arriviamo a Dublino con più di 30 minuti di ritardo. Di tempo questa volta ne abbiamo, una volta passati tutti i controlli ci beviamo l’ultimo sidro Orchard thieves, delizioso. Peccato che il nostro volo parta con quasi 2 ore di ritardo, scali questa volta non dobbiamo farne, qui di chi se ne frega.
CONCLUSIONI
Col senno di poi, consigliamo di vedere l’Irlanda in auto, noi non lo abbiamo fatto per scelta ma le capitali viste, Dublino e Belfast, ci hanno parecchio deluso, mentre ci sono piaciuti molto i paesaggi, godibili solo con auto al seguito.
Abbiamo mangiato sempre bene spendendo relativamente poco, abbiamo adorato la Guinness e il sidro e trovato fantastici tutti i pub, sia per gli arredi che per l’atmosfera. Gli irlandesi, tranne qualche eccezione, sono amichevoli e chiacchieroni, soprattutto davanti a una pinta di birra.