Impressioni di una giornata alle Cinque Terre
Entro in una chiesetta e c’è, appeso al soffitto, un modellino di veliero, che, pian piano, volta la prua verso di me. Buon augurio per i pescatori? Ex voto dello scampato a un naufragio? O parroco con l’hobby del modellismo? Che bello sentirsi la regina scalza di questo paese silenzioso e assolato, ma ho deciso di percorrere il Sentiero Azzurro che collega le Cinque Terre, e devo prendere il largo, o meglio, l’alto per Vernazza, visto il dislivello in gradoni che affronto col fiatone e gli occhi che accarezzano l’uva affacciata a balconi di filari su un mare le cui uniche macchie sono meduse giganti.
Cammino in mezzo a piante di limone mentre sulla testa pendono rami neri di more tentatrici: un vero supplizio di Tantalo… Ma ecco, a queste ci arrivo! Saluto una farfalla travestita da limone un po’ acerbo un po’ maturo, guardo fiori rosa viola rossi e mi si apre di fianco l’insenatura di Monterosso. Me ne sto qui con i sensi ostruiti di bellezza: gli occhi pieni di mare trasparente, in bocca more mature, e nel naso erbe e salsedine. Monterosso-Vernazza Tempo percorrenza: h 1.30; tempo personale: 1h. Per inesperti come me è un sentiero un po’ tagliagambe all’inizio, ma poi va decisamente meglio.
Vernazza si allunga pigra a racchiudere il suo mare personale. E’ aristocratica, elegante. Scendo le ultime scale, sento odore d’aglio e so che è pesto. Poi vedo dei ragazzini buttarsi dal molo e non resisto: primo, secondo tuffo! E successiva, meritata focaccia.
All’ufficio informazioni mi hanno consigliato di aspettare che passino le ore più calde per andare a Corniglia, ma siccome hanno pure detto che il tratto più duro del Sentiero Azzurro è quello che ho già fatto, non do retta, e vado. Sul sentiero per Corniglia agavi e generosi fichi d’india a picco sul mare e anche…Una pesca rubata! Passo sotto un soffitto di fichi profumatissimo e poi vedo reti intrecciate annodate agli olivi, amache pronte ad esser sciolte per accogliere il riposo breve di chicchi d’olio. Vernazza-Corniglia Tempo percorrenza: h 1.30; tempo personale: 45 min. Mi sa che il tempo ufficiale è quello delle lumache in infradito (ce ne sono un sacco!) Corniglia è una lingua rosa su un alto mento dalla barba verde, è ripida e raccolta: le vie ombrose si aprono su locali freschi di pietre. E’ più silenziosa di Vernazza, che forse un po’ troppo starnazza di turisti (non ho resistito alla rima interna!). Scendo un sacco di scale e arrivo al mare dove la spiaggia è un monte di massi su cui arrampicarsi evitando di calpestare bagnanti e asciugamani. Però il tuffo dal masso più alto vale la fatica: il fondale è un mosaico di scogli e alghe, e sott’acqua mi circonda un largo smeraldo verdeblu.
Il sentiero per Manarola è, in confronto agli altri, decisamente più brutto: parte con una serie di baracche in rovina (forse ex bottegucce per turisti) e prosegue con lunghi steccati reticolati a delimitare un vegetazione in fin dei conti più misera. C’è però la vista costante sul mare coi suoi mille sassi tondi in trasparenza, e pure un ponte simil-tibetano! Corniglia-Manarola Tempo percorrenza: h1; tempo personale: 40 min. Facilissimo, ma comincio a essere stanca.
Manarola è meno preziosa, affastellata com’è sembra trattenersi a stento dal franare in acqua. Qui non mi va di fare il bagno, c’è un po’ puzza di marcio. Mi avvio poi per Riomaggiore, lungo la famosa Via dell’Amore, che inizia con un tunnel che puzza di pipì (a ricordare che tante storie finiscono nel cesso? che romantico!) Il sentiero, o meglio, la passeggiata per vecchiette col bastone, si snoda per lo più sotto un porticato (forse volevano evitare i colpi di calore alle suddette vecchiette) ricoperto dei soliti graffiti amorosi, porticato che sottrae gran parte del fascino ai pur meritevoli strapiombi di roccia corrugata che affondano in un verde cristallino. Però che sòla! Manarola-Riomaggiore Tempo percorrenza: una volata A Riomaggiore, che vista da fuori sembra un ombelico famelico di case, sono proprio stanca. Giro un po’ coi colori della mattina impressi sulla pelle, il calore delle more ancora in gola, e il mare, il mare da portare via, da far bastare per tutto l’inverno.