È la più piccola regione d’Italia, ma è proprio qui che potrai vivere straordinari sentieri immersi nella natura e nella pace
Immerso nella natura e nella pace, un trekking in Valle d’Aosta è la soluzione ideale per scoprire la più piccola, e allo stesso tempo la più alta, regione d’Italia. Una vera full immersion in una natura idilliaca che spinge oltre i confini, geografici e dell’immaginazione.
Indice dei contenuti
Trekking in Valle d’Aosta. Diario di viaggio
Giorno 1 – Sentiero dell’Eve Verta
Parto con calma dalla mia città natale e arrivo verso mezzogiorno alla mia prima destinazione, ovvero al “Sentiero dell’Eve Verta”.
Grazie alle indicazioni del sito ufficiale della Valle d’Aosta www.lovevda.it (e dalla traccia GPS scaricata da esso, vi spiegherò meglio in fondo alla recensione, sezione “Vari”) arrivo al santuario di Plout e lascio l’auto nel piccolo parcheggio.
In primis do un’occhiata al paesino (piccolo, con poche case e nessun bar o ristorante… Quindi, se ne avete bisogno, fate in precedenza scorta di acqua e cibo). Poi torno sui miei passi fino al santuario e, tenendolo alle mie spalle, attraverso il parcheggio fino a raggiungere una strada asfaltata che procede in discesa e costeggia le case del paese mantenendole alla sinistra. Dopo pochi metri trovo un bivio: a destra la strada diventa sterrata e vi sono presenti i cartelli “Strada Cavour Vallone di Saint Martin, Acqua Verdi e Eve Verta” con tanto d’indicazione “3c 4” sul cartello giallo. Quindi prendo questa direzione.
Dopo alcuni metri in mezzo ai prati entro nella foresta. A un tratto mi trovo alla destra del sentiero un albero con un grosso foro al cui interno è stata inserita una statua mentre intorno all’albero si trovano delle piastre metalliche con delle scritte. Foto di rito e poi proseguo fino ad arrivare a un bivio dove una strada scende e l’altra sale. Prendo quella in salita e proseguo fino a che la strada si fa asfaltata.
Mi trovo un nuovo bivio; seguo sempre le indicazioni “3c” e all’ennesimo bivio proseguo in salita seguendo le indicazioni “Eve Verta” (numero 4).
Continuando trovo un cartello giallo indicante “Eve Verta” ma con la segnaletica 11c. Proseguo per la strada e dopo svariati minuti arrivo a un paio di ponti. Li attraverso entrambi e dopo il secondo c’è di nuovo l’indicazione per “Eve Verta” (però cammino 4).
Passo l’ennesimo ponte e continuo per svariati minuti fino a che non trovo alla mia destra una costruzione diroccata. Proseguo iniziando a percorrere una successione di tornanti finché alla sinistra mi si para davanti la mia meta: l’Eve Verta, ovvero un ruscello col fondo verde turchese.
È impossibile non vederlo perché l’acqua scende fra le rocce del ruscello fino ad attraversare la strada che sto percorrendo. Ma l’obiettivo non è proseguire per la strada ma salire tra le rocce per ammirare da vicino questo inusuale spettacolo della natura.
Infatti incomincio la salita e trovo, dopo pochi passi, il ruscello verde turchese con accanto un altro circondato da rocce rosso ruggine. Costeggio quello turchese fino a superarlo e sopra di esso trovo una pozza il cui fondo è sempre di tale colore.
Resta il fatto che, seppur le zone turchesi siano poche e ridotte, le foto fioccano perché è veramente uno degli spettacoli della natura più strani e curiosi che mi sia mai capitato di vedere.
Volendo potrei continuare a salire alla sinistra della pozza ma alcuni ragazzi mi hanno detto che troverei solo rocce rosse, quindi torno indietro ripercorrendo lo stesso percorso dell’andata.
Due soli appunti: online c’è scritto che per raggiungere questo ruscello ci vuole un’oretta. Però io, vuoi perché cammino piano, perché mi godo il paesaggio e perché faccio foto a iosa, alla fine ho impiegato un’oretta e mezza per raggiungerlo (quindi, per l’A/R, circa tre orette).
Poi, mettete in conto che l’andata è tutta in salita (chiariamo: nulla di proibitivo o pericoloso, però sappiate che è un pelo faticoso perché ci sono comunque circa 400m di dislivello, quindi sono consigliati i bastoni).
Infine, non aspettatevi le cascate del Niagara in quanto comunque il ruscello è piccolo. Idem la pozza. Però è tutto talmente particolare che, per quanto sia di dimensioni ridotte, merita di essere ammirato e fotografato.
Giorno 2 – Veynes-Roian, eremo di Saint Julien, Fenis
Anche se la giornata è uggiosa, il meteo non dà pioggia. Quindi mi arrischio a fare qualche sentiero montano.
Destinazione: il sentiero “Veynes-Roian lungo il Ru Pompillard”. Parto alle dieci. Questa volta vado a Veynes, una frazione di Saint-Christophe, a venti minuti da Nus. Il sentiero non è visibile dalla strada quindi, venendo da Saint Christophe, attraverso Veynes (quindi percorro la strada asfaltata in salita) fino a che, alla sinistra, trovo prima di una curva un piccolo parcheggio. Qui c’è l’inizio del sentiero. Lascio l’auto e poi incomincio la camminata.
Dopo pochi minuti arrivo a un bivio con una panchina sotto un albero e i soliti cartelli gialli. Seguo il “Percorso 26”, in salita, fino a che non mi trovo davanti un trivio; non c’è l’indicazione per il “Sentiero 8” quindi nel dubbio seguo la strada davanti a me, sterrata e in piano. Poco dopo nuovo incrocio: seguo la strada con l’indicazione “Roisan 6,1 km” e un bollino blu col numero 3.
Poco dopo altro bivio: prendo sempre quello in piano (quindi dritto davanti a me). Dopo alcune curve arrivo, dopo un’oretta dalla partenza, alla fantomatica galleria di 150 metri, ovvero il motivo per cui mi aveva incuriosito questo sentiero.
Il primo impatto è deludente perché è più corta di quanto avessi immaginato. D’altro canto, però, percorrendola l’ho trovata un’esperienza interessante in quanto è comunque una galleria scavata nella roccia in cui si cammina nel buio. Ovviamente ogni tanto accendevo la torcia del telefono per guardare dove mettono i piedi, più che altro per non inciampare in qualche buca o trovarmi qualche animale che la stava usando come tana, e intanto facevo qualche foto d’atmosfera.
Attraversata, proseguo sul sentiero. Da qui in avanti seguo sempre le indicazioni per Roisan col bollino e il numero “3” (a prescindere che ci sia accanto il simbolo della bicicletta o del trekker).
Faccio una ventina di minuti su questo sentiero sterrato in piano alla ricerca di qualche scorcio panoramico ma infine prendo atto che: per raggiungere Roisan a piedi ci vuole ancora almeno un’ora, sta iniziando a piovere e in fondo non m’interessa fare tutta questa sfacchinata per visitare un paesino sperduto. Ergo, opto per tornare subito indietro e valutare di compiere un altro sentiero in zona.
Così torno sui miei passi fino ad arrivare nuovamente alla galleria. Questa volta, consapevole che non ci sia nessuna buca o animale feroce ad attendermi, la percorro senza accendere la torcia, in completa oscurità, cosicché l’esperienza è ancora più curiosa. Infine, dopo un’altra ora di camminata, raggiungo la mia auto.
Opinione su questa escursione: promossa. Facile da compiere, non servono neanche i bastoni né le scarpe da trekking ma semplici scarpe da tennis, è per lo più in piano, non ci sono punti critici né difficoltosi o sfiancanti e si è quasi sempre immersi nel bosco.
Ma andiamo adesso alla mia prossima meta: l’eremo di Saint Julien. Quindi salgo in auto. Destinazione: Fenis. Venticinque minuti dopo giungo al parcheggio gratuito di questo paese. Peccato che inizi a piovere a dirotto e, mi dicono quelli del posto, il sentiero per l’eremo è consigliato farlo nelle belle giornate, soprattutto perché c’è una vista panoramica spettacolare dall’alto. Quindi ripiego sul fare un giretto veloce per il paese ammirando il suo castello (anche perché oltre a questo c’è giusto una strada con qualche negozio).
Poi torno alla mia auto e al mio appartamento con l’obiettivo di sfruttare queste ore pre-cena per studiarmi i sentieri dei prossimi giorni.
Per la cronaca: alla fine in tutta la vacanza non riuscirò a vedere l’eremo ma se volete delle info le trovate qui: Le Côteau – Eremo Saint-Julien
Giorno 3 – Lago di Joux, Pont D’Ael – Eissogne
Date le condizioni favorevoli, oggi si va al lago di Joux.
Raggiungo Vens (un paesino a più di 1.700 metri) dove si trova un parcheggio accanto alla chiesa. Lascio l’auto e qui noto un cartello giallo con le indicazioni “Sentiero 19 – lago di Joux”. Però prima faccio un giro nel paesino (nulla di che, ma almeno c’è un bar e un ristorante). Poi vado verso l’inizio del sentiero. Per raggiungerlo, tenendo la chiesa alle mie spalle, vado a destra dove si trova una stradina che costeggia tutte le case fino ad arrivare a un incrocio dove ci sono altre indicazioni per il “Sentiero 19” (in salita). Lo prendo e m’incammino.
Per svariati minuti continuo a salire fino a che raggiungo un punto pianeggiante dove si trova un bivio: il sentiero corretto è quello di sinistra ma prendo prima quello di destra, il quale dopo qualche passo mi conduce a un piccolo spiazzo panoramico con tanto di panchina e di binocolo che punta verso la valle.
Torno poi al bivio e al sentiero di sinistra. Lo prendo e, dopo pochi passi, mi trovo in uno spiazzo erboso con una casetta ma soprattutto con una piccola chiesa adorabile. Vi entro e l’interno è semplice: alcune panche di legno, un altare e un libro dove lasciare una dedica. Foto di rito e poi esco.
Attraverso lo spiazzo e, dopo aver oltrepassato alcuni alberi, a un tratto mi trovo davanti il lago di Joux. È piccolo, recintato e circondato da alberi e montagne. Peccato per i pilastri della corrente che gli passano intorno rovinando il panorama incantevole.
Dato che l’intero sentiero è ad anello, trovo in un angolo del lago il cartello per raggiungere Vens, il quale punta su una strada in discesa sufficientemente larga per permettere anche alle auto di passare. Appena prendo la strada, a destra trovo un piccolo sentiero in discesa che attraversa il bosco con il cartello giallo “19 Vens 15 minuti”. Così incomincio il cammino verso Vens. Durante la discesa i punti dove fare le foto sono parecchi perché il panorama è veramente notevole.
Camminando, a un tratto mi ritrovo al bivio che avevo preso appena sopra le case di Vers. Solo ora mi accorgo che entrambi i sentieri di questo bivio conducono al lago; semplicemente io avevo preso quello di sinistra (quindi avevo visto prima la chiesa e poi il lago) mentre seguendo l’indicazione del “Sentiero 19” avrei fatto il contrario.
Comunque, giunto in paese mi fermo un attimo al bar per prendere un caffè.
Per la cronaca, l’intero sentiero ad anello l’ho percorso in circa un’ora e mezza. Mio consiglio per affrontarlo: portarsi i bastoni e le scarpe da trekking perché l’andata è tutta in salita.
Poi, recupero l’auto e in una quarantina di minuti raggiungo Pont d’Ael, vicino a Aymavilles, perché voglio fare il sentiero “Pont D’Ael – Eissogne”. Quando entro a Pont d’Ael trovo alla sinistra un piccolo parcheggio. Quindi vi lascio l’auto e parto in esplorazione.
Dal parcheggio entro in paese e già lì trovo le indicazioni per il ponte; infatti mi basta attraversare Pont d’Ael per arrivare dopo qualche minuto a questo ponte/acquedotto di epoca romana. Posso scegliere se passarvi sopra oppure dall’interno attraversando un corridoio (quest’ultimo è a pagamento e costa 5€). Lo attraverso da sopra trovandomi subito un bivio con varie segnaletiche gialle. Prendo il sentiero a destra, il “2A”, che conduce a “La Camagne” in quaranta minuti di cammino. Su questo sentiero ci passa appena una persona, non è coperto dagli alberi e bisogna stare un minimo attenti perché non ci sono corrimano “anticaduta”.
Comunque, lo percorro fino ad arrivare all’ingresso della galleria. L’attraverso ed è sufficientemente illuminata da non aver bisogno costantemente di mantenere la torcia accesa (anche se a volte la uso per vedere dove metto i piedi perché ci sono delle pozze d’acqua). A metà galleria trovo un enorme foro sulla parete che dà sulla valle e da cui precipita l’acqua di una cascata. Il tutto è talmente incantevole che merita più di una foto. Tra l’altro, scopro che la cascata è la stessa che ho visto mentre mi stavo avvicinando al paese in auto.
Continuo poi la passeggiata fino a uscire dalla galleria. Qui trovo un sentiero sterrato, stretto e in discesa che mi condurrebbe fino a valle, a Eissogne.
Peccato che questo paese (che tra l’altro non ha attrattive particolari) è decisamente lontano da dove mi trovo adesso e dista parecchio a piedi da Vers. Senza contare che ho compiuto questo sentiero solo per ammirare la galleria e il suo “foro”, quindi raggiungere Eissogne è una camminata superflua. Così faccio giusto qualche passo in discesa per ammirare il paesaggio e poi torno sui miei passi, attraversando nuovamente la galleria e raggiungendo di nuovo Vers. Da qui recupero poi l’auto e in 35 minuti sono a Nus.
Per la cronaca, dal ponte romano ho impiegato una mezz’oretta ad arrivare alla galleria. Quindi, se fate il mio stesso tragitto, tra andata e ritorno starete in ballo un’oretta.
Giorno 4 – Le Buillet-Sarral, Les Combes-Croix de Bouque
Nuova mattinata di trekking. Anche se il tempo è uggioso non dovrebbe piovere fino a sera, quindi parto per compiere il sentiero “Le Buillet-Sarral”. Destinazione: La Buillet. Vi arrivo in auto in 45 minuti.
Trovo il paesino alla destra mentre alla sinistra c’è la “Strada comunale Bioley”. Percorrendola, pochi metri dopo c’è un piccolo parcheggio che dà sulla valle; qui lascio l’auto e inizio la mia avventura di oggi. Il parcheggio si trova accanto a tre case ma soprattutto di fronte a una strada asfaltata in salita con l’indicazione “Soressamont”.
Incomincio a percorrerla a piedi superando curve su curve fino a trovarmi davanti la stazione dell’acqua (una semplice costruzione) e alla sua sinistra una strada sterrata da cui ci possono passare anche le auto (ma bloccata da una sbarra verde che non permette l’accesso alle auto ma ai trekker sì in quanto è l’unica via che conduce alla meta di questo sentiero: il paese di Sarral).
Così oltrepasso la sbarra e incomincio a incamminarmi per questa strada che costeggia inizialmente tutta la recinzione della stazione dell’acqua (al cui interno c’è un piccolo bacino, insignificante dal punto di vista fotografico). Giunto alla fine della recinzione trovo i cartelli gialli con le indicazioni “Sarral 6 1 ora”. Continuo per questo sentiero e a ogni incrocio seguo le indicazioni per “Sarral sentiero 6”.
Circa un’ora dopo esco dalla boscaglia e mi trovo infine a Sarral (che da quello che vedo da lontano e intuisco ha solo quattro case messe in croce). Non lo visito neppure ma procedo per la strada asfaltata che conduce a Rheme Saint Georges. Però, dopo pochi passi a sinistra, trovo un sentiero sterrato con l’indicazione “Introd” ma che in realtà conduce direttamente a Rheme Saint Georges (potrete anche optare per proseguire sulla strada asfaltata ma volete mettere camminare nel bosco piuttosto che in mezzo alle auto?).
Ecco perché prendo quello sterrato e in pochi minuti raggiungo la “periferia” del paesino.
In primis, appena uscito dal sentiero sterrato, proseguo per pochi passi alla mia destra, cosicché do un’occhiata al municipio e al monumento ai caduti. Poi prendo la prima stradina in salita e raggiungo il centro del paese. Lo visito in pochi minuti in quanto sostanzialmente è una strada principale con alcune secondarie che conducono alle abitazioni. Ciò che mi ha stupito di più è che il paese possiede una chiesa e una scuola materna/elementare ma paradossalmente neppure un ristorante/bar.
Dopo aver ammirato il paesaggio circostante decido di tornare alla mia auto, quindi faccio la stessa strada dell’andata ma in senso inverso.
Arrivo alla mia auto alle 12:50 (quindi tutto il percorso, A/R, con passo moderato e fermandomi spesso per ammirare il paesaggio e fare foto l’ho compiuto in circa tre ore).
Mangio qualcosa al volo e poi riparto.
Ma, prima di proseguire col diario, tiro le somme sul sentiero appena compiuto: una piacevole passeggiata facile da completare (perché per lo più è in piano e quelle poche salite presenti non sono per nulla faticose o impegnative). Questo sentiero lo si fa per passare un paio d’ore immersi nella natura e nel silenzio, non certo per la meta o per vedere qualcosa di particolare (anche perché il bacino idroelettrico è solo una banale vasca recintata mentre Rhemes Saint Georges è il classico paesino senza lode né infamia).
Ed ora, passiamo al secondo cammino di questa giornata: “Les Combes-Croix de Bouque”.
In una ventina di minuti arrivo a Les Combes.
Lascio l’auto all’inizio del paese (dove ci sono alcuni parcheggi sulla strada) e subito dopo vi entro a piedi seguendo il cartello giallo con le indicazioni “Numero 4 Croix de Bouque”.
Il paese è molto piccolo ma mi ha piacevolmente sorpreso, sia per la sua atmosfera da borgo d’altri tempi sia perché si trova il museo (chiuso; riapre a giugno 2025) dedicato a Papa Giovanni Paolo II.
Arrivo fino al museo e ci giro intorno trovandomi davanti la statua del Papa. Da qui prendo una strada asfaltata, in salita, la quale dopo pochi metri diventa sterrata, s’immette nella foresta e presenta l’indicazione “Croix de Bouque 55 minuti”.
La percorro spedito (anche quando trovo un paio di bivi che, scopro dopo, si ricongiungono nello stesso punto) fino a quando arrivo a una bacheca con le foto del Papa e un cartello “15 minuti” con una freccia che punta a sinistra, quindi proseguo in salita fino a giungere alla croce. Per la cronaca, dal parcheggio dove ho lasciato l’auto a qui ho impiegato un’oretta.
Devo ammettere che la vista è spettacolare, con la croce che domina la valle (anche se ci sono un po’ di nuvole a bassa quota a rovinare il tutto ma le foto fioccano comunque).
Tra l’altro, dietro alla croce, a pochi passi ci sono delle panchine per sedersi ma soprattutto un altare con una statua del Papa. In più, osservando il paesaggio sottostante mi accorgo che riesco a scorgere anche il sentiero che ho fatto stamattina e la centrale idroelettrica che spicca tra gli alberi. Resto a fissare il paesaggio per alcuni minuti e infine inizio la discesa fino a giungere a Les Combes (quindi per compiere l’intero A/R c’ho impiegato circa due ore e mezza, con annesse soste e pit stop per fotografare).
In paese scopro in una strada secondaria un bar/ristorante, quindi sosta caffè e poi torno a Nus (impiegandoci circa una cinquantina di minuti per giungervi).
Considerazioni finali su quest’ultimo sentiero: possiede 400m di dislivello (rispetto a quello di stamattina che ne aveva solo cento) ma non è eccessivamente impegnativo. Vale decisamente la pena percorrerlo: il panorama dalla croce è veramente spettacolare. Anzi, vi dirò di più: ci tornerei volentieri in un’altra occasione solo per ammirarlo in una bella giornata di sole. Dev’essere il top!
Vi consiglio però di portarvi dietro i bastoni e le scarpe da trekking perché il sentiero all’andata è tutto in salita.
Giorno 5 – Percorso della fata, ponte di Betenda
Nuovo sentiero da percorrere anche oggi: il “Percorso della fata”.
In quaranta minuti arrivo a Rey, una frazione di Ollomont.
Giuntovi, accanto al paese c’è un torrente e sottostante alla strada un parcheggio. Lascio lì l’auto e poi attraverso il ponte.
Inizio a seguire per “Aria Museale Les Rey”, in leggera salita (in pratica attraverso le case del paese), dove si trova anche “La Locanda delle miniere”. Ci passo dietro perché ci sono le indicazioni per il “Sentiero 1” (quello che io dovrò percorrere). Continuo per alcuni minuti in salita sulla strada sterrata fino a che giungo a un incrocio dove a sinistra c’è la scultura in legno di un minatore. Prendo quella strada e, dopo pochi passi, trovo un bivio: a destra si sale seguendo il “Sentiero 1” mentre a sinistra c’è una strada sterrata. Il navigatore mi suggerisce di seguire quest’ultima quindi procedo fino a che trovo su una roccia una freccia gialla dipinta e il numero “1”, quindi proseguo su quella strada.
Dopo svariati minuti su questo sentiero pianeggiante percorro un tratto in cui c’è una parete rocciosa alla destra e un “precipizio” boschivo alla mia sinistra (precisiamo: anche se a volte manca il corrimano, questo pezzo non è particolarmente pericoloso. Però ovviamente bisogna stare attenti).
Successivamente trovo davanti un torrente modesto e facilmente guadabili. Proseguo oltre e, attraversato successivamente un sentiero questa volta pianeggiante e più sicuro del precedente, dopo circa un’ora dalla partenza arrivo a ciò che mi aveva incuriosito di questo sentiero: una galleria di 700 metri poco illuminata e di cui non si vede il fondo. La percorro, torcia alla mano, giungendo all’uscita. Che dire di questa galleria? Adrenalinica perché, al di là dell’essere poco illuminata, ci può passare giusto una persona, possiede un rivolo artificiale a livello petto che segue tutta la galleria mentre a sinistra, accanto ai miei piedi, è presente un altro rivolo. Bisogna quindi camminare a ridosso di quello a livello petto per evitare d’immergere le scarpe nell’altro. Poi, ci sono delle lampadine accese sul percorso ma la galleria in tanti lunghi tratti non è illuminata (ed è proprio questo il bello: camminare nel buio più totale scorgendo giusto la luce di una lampadina in lontananza).
Chiusa parentesi galleria, torniamo alla mia escursione. Uscito dalla galleria, e dandole le spalle, trovo alla destra un sentiero sterrato da cui, dopo pochi passi, posso ammirare un panorama mozzafiato sulla valle, con enormi prati verdi, una chiesetta che spunta tra di essi e le montagne tutt’intorno (in pratica, un panorama da cartolina).
Questo sentiero conduce poco dopo a una strada asfaltata e ad alcune case abitate. Mi fermo qualche minuto qui a riposare e a pranzare al sacco (perché non ci sono ristoranti e bar) e infine torno sui miei passi ripercorrendo lo stesso sentiero dell’andata per tornare alla mia auto.
Per la cronaca, tutto il sentiero (A/R e breve pausa pranzo) l’ho percorso in tre ore.
Conclusioni su questo percorso: innanzitutto c’è un dislivello di 100 metri ma in realtà è solo il primo tratto in salita; il resto è tutto in piano. La passeggiata in mezzo al bosco è piacevole e ombreggiata. In un paio di punti ci sono dei piccoli fiumiciattoli ma facilmente superabili. La galleria mi è piaciuta un sacco e merita di essere percorsa lentamente per godersi l’atmosfera da film horror. E il panorama prima del paesino è da fotografare assolutamente. Quindi sentiero pienamente promosso.
Ma torniamo alle mie escursioni: recupero l’auto e parto da Rey per il prossimo sentiero “Al ponte di Betenda”, il quale parte da Oyace.
Giungo a destinazione (o, per essere più precisi, al parcheggio di fronte alla posta che dà su un parco giochi). Qui trovo l’ormai famigliare cartello con l’indicazione di procedere sul sentiero in salita con la freccia gialla. Quindi si parte.
Prendo la strada asfaltata in mezzo alle case, la quale mi conduce alla statale. La percorro per svariati metri, sempre in salita (tra l’altro, per la cronaca, sulla statale c’è un parcheggio dove lasciare l’auto nel caso non troviate posto dove l’ho lasciata io).
Continuo a salire finché trovo due cartelli con scritto “Torre Tornalla 30 minuti” e “Parco giochi”. In realtà entrambi vanno nella stessa direzione, ovvero un sentiero in salita che conduce dopo pochi passi a un bivio; qui o si va dritti o a destra. Il mio obiettivo è a destra.
Dopo una breve salita, nuovo bivio: a destra si va al parco giochi mentre a sinistra si procede per la torre. Ovviamente vado a sinistra.
All’ennesimo bivio vado a destra seguendo la solita indicazione e proseguo per qualche minuto. Dopo una salita leggermente impegnativa arrivo a destinazione, ovvero alla torre che domina sulla valle (il panorama è spettacolare e merita decisamente più di una foto). Tra l’altro, intorno alla torre ci sono delle adorabili sculture di legno.
Mi rilasso un po’ e poi riparto perché voglio fare il giro ad anello consigliato dal sito della Valle d’Aosta.
Quindi inizio la discesa e ripercorro lo stesso percorso dell’andata fino a che non trovo il bivio incrociato in precedenza, dove a destra su una roccia c’è dipinta una freccia gialla mentre a sinistra il sentiero da cui sono giunto all’andata. Quindi ora prendo quello a destra.
Continuo a scendere per qualche minuto finché non arrivo all’Alpeggio Betenda (il quale in realtà sono due case diroccate). Dietro la seconda giro subito a sinistra e dopo pochi passi mi trovo un torrente da attraversare. Peccato che non ci sia un ponte, quindi bisogna fare qualche acrobazia sulle rocce e giungere sull’altra sponda (comunque niente di trascendentale o pericoloso in quanto ci sono delle travi di legno e un ammasso di rocce su cui passare).
Lo attraverso e riprendo la passeggiata. Dopo alcuni saliscendi, nuovo bivio; seguo sempre l’indicazione “L’anello della Tour d’Oyace” quindi vado a destra. Poco dopo giungo a un ponte su un torrente con altre sculture in legno. Lo attraverso e proseguo per la strada fino a un nuovo bivio. Per fortuna ci sono sempre le indicazioni per l’anello e per Oyace, quindi proseguo immergendomi di nuovo nel bosco.
Dopo aver superato altri saliscendi soft, foreste e piccoli prati arrivo infine a una strada asfaltata che mi conduce su un ponte. Attraversandolo trovo a destra l’indicazione per Oyace. Da qui proseguo sempre sulla strada asfaltata, in salita, finché non trovo un cartello che consiglia di entrare nel bosco per proseguire il sentiero ad anello. Ma il tragitto consigliato dal sito della Valle d’Aosta è quello che porta sulla strada asfaltata fino a Grenier, quindi seguo quest’ultimo fino a Vernosse.
Attraverso il paese e mi trovo a un bivio asfaltato: entrambi conducono al parcheggio dove ho lasciato l’auto (semplicemente una strada mi fa percorrere la statale dove passano le auto mentre l’altra mi fa attraversare Grenier, ovvero un paese con due case messe in croce). Percorro quest’ultima finché si ricongiunge all’altra. Poi proseguo in salita sulla statale per alcune centinaia di metri fino a che, alla destra, trovo l’indicazione che punta verso una stradina sterrata in salita, la quale mi conduce alla piccola chiesa di Oyace. Vi entro; è la tipica chiesa montana con il pavimento di legno e l’atmosfera molto intima. Dopodiché proseguo e, dopo pochi passi, arrivo al parcheggio. Così recupero la mia auto e in quaranta minuti di strada sono di nuovo a Nus.
Per la cronaca: se da Oyace volete solo andare a vedere la torre e tornare da dove siete saliti, per l’A/R c’impiegherete in tutto circa un’oretta. Se invece fate il mio stesso giro ad anello starete in ballo circa due ore e mezza.
Giudizio sull’escursione? La vista dalla torre è spettacolare. Il percorso è stato tutto sommato piacevole e rilassante. Ci sono tanti punti panoramici (compreso quello sopra il torrente e in mezzo al bosco) e sculture di legno che meritano una foto. Quindi promosso anche questa.
Giorno 6 – Druges e miniere di Servette
Ultimo giorno di ferie in Valle d’Aosta. Ma, ovviamente, prima di tornare a casa voglio fare un ultimo sentiero. Quindi oggi ho scelto di percorrere il sentiero “Druges – Miniere di Servette”.
Raggiungo Druges Damon, un paesino sperduto tra le montagne a una quarantina di minuti da Nus. Superatolo, percorro in auto una strada sterrata che mi conduce a un parcheggio accanto all’area picnic, la quale è circondata da una recinzione di legno, ha varie casotte e il cartello all’ingresso “Parc pique nique Les Droges”.
Lascio l’auto qui e do prima un’occhiata all’area pic nic: l’ingresso è a pagamento ma in questo periodo dell’anno l’area è chiusa, quindi accessibile gratuitamente. Entro giusto per vedere com’è: carina.
Comunque, bando alle ciance, è ora di partire. Alla destra della casotta/biglietteria c’è una strada sterrata dove ci può passare anche un’auto. Ma a me interessa ciò che la costeggia a sinistra, ovvero un sentiero sterrato e stretto con il solito cartello giallo “16 Servette”. Tra l’altro, su una parete della casotta/biglietteria c’è un enorme cartellone che mostra il tragitto che andrò a compiere e i punti d’interesse che toccherò. Lo fotografo perché mi tornerà utile sia per capire dove devo andare sia per non perdermi nessun punto d’interesse. Così incomincia la mia passeggiata.
Per svariati minuti percorro questo sentiero sterrato e stretto fino a che arrivo a un bivio con il cartello giallo “16 Sorvette”. Da qui incomincia la salita. Dopo pochi passi c’è il primo punto d’interesse, ovvero la Fonderia Treves.
Continuo a salire per questo sentiero che adesso si fa più largo fino a che trovo un bivio con un sentiero stretto con un cartello al cui interno c’è un pallino giallo senza numero e la freccia che indica di proseguire a sinistra; lo evito e proseguo invece per la strada maestra, ovvero quella dove ci passerebbe anche un’auto.
Sul sentiero trovo dei cartelli esplicativi dove viene narrata la vita dei minatori e più avanti un trivio dove: giù si va alla stazione intermedia della teleferica, dritto verso il villaggio minerario mentre a sinistra è un’incognita perché non ci sono indicazioni. In primis vado alla stazione intermedia, quindi incomincio a scendere fino a raggiungerla. Qui, tra l’altro, si trova anche uno spiazzo da cui si può ammirare un paesaggio spettacolare sulla valle e sulle montagne innevate, quindi fioccano le foto. Poi torno sui miei passi e prendo il sentiero in salita verso il villaggio minerario.
Pochi passi in salita e nuovo bivio: giù si va alla casa del guardiano mentre su al ricovero dei minatori, alla galleria, al piazzale e a un’altra teleferica. Quindi in primis vado a destra a vedere la casa del guardiano (tanto sono solo pochi passi). Come tutte le altre costruzioni viste in questo sentiero, questa è una normalissima, piccola casa fatta di pietre.
Torno indietro e riprendo la salita.
Pochi passi e nuovo bivio: destra ricovero dei minatori e sinistra galleria. In primis mi faccio il ricovero dei minatori, il quale scopro essere una casa a due piani ristrutturata (non capisco se ci viva ogni tanto qualcuno o se viene adibita per qualche altro scopo. Boh). Comunque, anche da qui la vista sulla valle è spettacolare, quindi foto a iosa. Poi giro intorno alla casa e incomincio a salire, cosicché, dopo pochi passi, trovo un bivio (i cui sentieri comunque conducono entrambi all’ingresso della miniera).
La miniera è chiusa e si può solo vedere l’ingresso (francamente non ho capito dove si possa comprare il biglietto o prenotare la visita guidata perché sui siti web che ho guardato le informazioni sono tutte molto confuse e nebulose). Ciò nonostante, tirando le somme: sentiero promosso perché il panorama da qui è spettacolare, i punti d’interesse sono interessanti e i cartelloni con le spiegazioni sulla vita dei minatori dettagliati.
Ah, per la cronaca, dall’area picnic alla miniera c’ho messo circa un’ora e mezza per arrivarci. Quindi adesso mi aspetta la discesa verso l’auto e infine il ritorno a casa. Vacanza conclusa, aimè.
Trekking in Valle d’Aosta. Informazioni utili
- Come vi ho detto in precedenza, ci sono dislivelli tra i 100 e i 400 metri, quindi non sottovalutate questo parametro, specialmente se avete intenzione di fare un’intera settimana a camminare alternando sentieri impegnativi a quelli più soft. Ovviamente consigliati i bastoni (che salvaguardano le vostre gambe ed energie) in quanto tornano molto utili in certi sentieri. Gli scarponi da trekking sono consigliati anche se in alcune escursioni basterebbero le scarpe da tennis (però in altre sono una sicurezza in più). Quindi, a questo punto, metteteli sempre.
- Se voleste fare come me queste escursioni a inizio ottobre, tenete d’occhio le temperature perché alle nove del mattino mi sono trovato circa 7-10 °C. Quindi partivo con felpa pesante e giubbotto impermeabile (tenendo a volte questo abbigliamento addirittura per tutto il giorno).
- Avete letto i miei tempi di percorrenza sui sentieri. Sappiate che sono tempi di chi ha passeggiato con calma godendosi il panorama e fermandosi più volte per fare foto. Ma se volete rispettare i tempi forniti dal depliant/sito ufficiale della Valle d’Aosta sappiate che dovrete avere un’andatura più sostenuta e spedita.
- Infine, qui sotto vi lascio la lista in ordine temporale (quindi dal primo sentiero che ho fatto fino all’ultimo) dei sentieri che ho percorso con il link della pagina ufficiale della Valle d’Aosta corrispondente dove si trovano anche le mappe gps da scaricare sul cellulare (sotto la dicitura: “Scaricate i tracciati gpx kml”). Io le ho usate quando ero insicuro sul sentiero da seguire ma anche paradossalmente sul punto di partenza dove lasciare l’auto. Quindi, per evitarvi complicazioni inutili (e soprattutto per non perdervi nei boschi), vi consiglio di scaricarle. Sono pure gratis, quindi che volete di più dalla vita? Infine, sappiate che per aprire le mappe ho usato Mappy.cz (ma potrete usare anche altre app di trekking).
- Lunedì: sentiero dell’eve verta: Plout – Eve Verta (acque verdi) (lovevda.it)
- Martedì: Veynes-Roisan lungo il Ru Pompillard: Veynes – Roisan lungo il Ru Pompillard (lovevda.it)
- Mercoledì: Vens-Lago di Joux – Letanz Dessous: Vens – Lago di Joux – Letanz Dessous (lovevda.it), Pont d’Ael-Eissogne: Pont d’Ael – Eissogne (lovevda.it)
- Giovedì: Le Buillet-Sarral (Rheme-Saint-Georges): Le Buillet – Sarral (Rhêmes-Saint-Georges) (lovevda.it), Introd-Les Combes-Croix de Bouque: Les Combes – Croix de Bouque (lovevda.it)
- Venerdì: Rey-Chatelair o il percorso della fata: Rey – Châtelair o il percorso della fata (lovevda.it), Al ponte di Betenda: Al ponte di Betenda (lovevda.it)
- Sabato: Druges-Miniere di Servette: Druges – Miniere di Servette (lovevda.it)