Corsica in cinque giorni

Un saluto a tutti i turisti per caso ed un ringraziamento particolare a tutte le persone che con le loro esperienze di viaggio mi hanno permesso di trascorrere cinque giorni alla scoperta dei luoghi e della gente di questo affascinante angolo di Mediterraneo. Secondo viaggio all’estero in piena solitudine, totale libertà e senza alcuna...
Scritto da: Max_74
corsica in cinque giorni
Partenza il: 17/06/2009
Ritorno il: 22/06/2009
Viaggiatori: da solo
Spesa: 500 €
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Un saluto a tutti i turisti per caso ed un ringraziamento particolare a tutte le persone che con le loro esperienze di viaggio mi hanno permesso di trascorrere cinque giorni alla scoperta dei luoghi e della gente di questo affascinante angolo di Mediterraneo. Secondo viaggio all’estero in piena solitudine, totale libertà e senza alcuna organizzazione, solo una semplice carta stradale scaricata da internet (sulla quale avevo evidenziato le località descritte nei vostri racconti) a farmi da guida. Con me tanta voglia di conoscere e di comprendere ma, soprattutto, tantissima improvvisazione! Ma vediamo com’è andata… Mercoledì 17 giugno (Bastia – Oletta) Arrivo alle 13 nel porto di Bastia (che dal traghetto non mi fa una bella impressione) e sbarco in terra còrsa con la mia fedele opel corsa blu (mi accorgo solo ora del gioco di parole!). Qualche minuto per orientarmi e via di filato, in direzione nord, alla conquista del “dito”. Dopo pochi chilometri raggiungo Pietranera e poi Erbalunga (davvero pittoresco questo borgo nel quale però non mi fermo se non per qualche rapida foto). Il viaggio è iniziato da poco e già sono felicemente fuori dalla civiltà: la strada si fa più tortuosa ed i paesaggi sempre più naturali in un alternarsi di capi e rade con le immancabili torri di avvistamento (ne incontrerò più di un centinaio!). Le spiagge sono davvero allettanti ma la giornata è nuvolosa, così procedo speditamente verso nord. Breve sosta carburante (esclusivamente self service nell’isola) e primo contatto con gli abitanti del posto, sorridenti e semplici e, quindi, per me, adorabili. A Macinaggio termina la costa orientale e la strada comincia a salire tra una fitta e verde macchia mediterranea (che mi farà graditissima compagnia per quasi tutto il viaggio). Mi inerpico fino al paesino di Rogliano che spunta dalla vegetazione come un piccolo presepe, attirando la mia attenzione: il villaggio è pressoché deserto con le sue casette in granito, i tetti di scisto e l’immancabile cimitero, ma mi piace. Mi rimetto sulla strada principale e ritorno a salire fino al bivio per Barcaggio, la spiaggia più a nord dell’isola; la raggiungo dopo un’impegnativa discesa e mi ci fermo godendomi la baia davvero incantevole di fronte alla piccola isola di Giraglia (con tanto di faro). Risalgo e riprendo la strada maestra, supero il belvedere su Cap Corse (sovrastato da inquietanti pale eoliche) e piombo sulla costa orientale del dito. Passo Centuri e Pino (dopo una breve escursione alla Marina di Centuri) fino a raggiungere le grandi spiagge di Albo e Nonza con i loro ciottoli dal caratteristico colore grigio-verde. Dopo una breve visita al piccolo borgo di Nonza (con annessa torre di avvistamento) riprendo la strada per Saint Florent (San Fiorenzo in còrso) che raggiungo in serata. Il posto è decisamente turistico e troppo francese per i miei gusti: dopo aver vanamente vagato alla ricerca di un ispirante alloggio per la notte decido di inoltrarmi nell’entroterra. Una decina di chilometri e raggiungo Oletta, altro caratteristico presepe, dove al primo “chambres d’hotes” utile mi imbatto nel simpatico Raymond, còrso dal comprensibilissimo italiano, che mi offre una soddisfacente sistemazione (nonostante qualche ragnetto di troppo). Stanco ed affamato mi precipito nella vicina trattoria “A Magina” dove affettati còrsi, frittelle al “broggiu” (formaggio tipico), pasticcio di melenzane ed un buon bicchiere di vino (serviti con la proverbiale “abbondanza” francese) non riescono, tuttavia, a saziare il mio appetito. Un po’ contrariato chiedo l’”addition” e vado a nanna.

Giovedì 18 giugno (Oletta – Galeria) Primo risveglio còrso, saluto Raymond e mi rimetto in viaggio. Supero Saint Florent e mi inerpico sul deserto delle Agriate (desert des Agriates), un suggestivo altopiano granitico scarsamente vegetato e pressoché disabitato. Dopo una serie interminabile di curve raggiungo la superstrada per Calvi (una delle poche a scorrimento veloce nell’isola). Poco dopo sono al bivio per la spiaggia degli Ostriconi che vedo dall’alto ma che decido di non raggiungere (il sole è già alto e l’idea di risalire il sentiero mi scoraggia): il posto è davvero bello come dicono ed in una seconda vita mi ci farò sicuramente un bel bagno! Riprendo la superstrada, supero il bell’arenile di Lozari ed arrivo a L’Ile Rousse (Isola Rossa in còrso). Una decina di minuti nel traffico del centro e mi rifiuto di proseguire: lascio alle mie spalle il caratteristico isolotto “rosso” e ritorno sui miei passi. Al bivio per Belgodere abbandono la superstrada e mi lancio alla scoperta dei borghi della Balagne. Un percorso inesauribile fatto da curve e saliscendi mi guida tra fitti ulivi e macchia mediterranea. Passo Belgodere, Speloncato (dove mi fermo per rifocillarmi in un caratteristico bar), Feliceto e Muro: tutti pittoreschi gruppi di case addossate alle rupi che spuntano improvvisamente dal verde. E’ ormai pomeriggio quando raggiungo nuovamente la superstrada e mi dirigo verso Algaiola. Qui decido di fermarmi per il mio primo bagno còrso: raggiungo l’estremità orientale della spiaggia, sotto le rocce, e ci resto per più di due ore godendomi un meritato relax. Riparto che sono ben cotto ed arrivo rapidamente a Calvi. Parcheggio l’auto e mi addentro nella pittoresca cittadella: rimango affascinato dai bastioni che percorro per tutta la loro lunghezza divertendomi ad entrare ed uscire dalle torrette di guardia. Il borgo è carino e ben tenuto (oltre che poco affollato), lo visito rapidamente e poi riparto. La strada che da Calvi conduce a sud è la più panoramica dell’isola, un lungo serpentone tra rocce e mare con scorci mozzafiato: supero il capo della Revellata ed il capo Cavallo ed in serata raggiungo Galeria, isolato e tranquillo borgo marinaro adagiato in una deliziosa baia. Qui trovo comoda e cordiale ospitalità presso l’hotel ristorante “Sole e Mare” dove socializzo con l’intera famiglia di proprietari, corsi con origini napoletane ed algheresi. Ceno con i soliti affettati e l’immancabile bicchiere di vino rosso e faccio conoscenza con lo spezzatino di cinghiale (le sanglier) in salsa di miele e castagne, tipico piatto locale. Dopo una lunga chiacchierata con la piacevole signora Anna (alla quale mi accomuna qualche riserva nei confronti degli “ingombranti” francesi) stramazzo nel mio comodo letto, non prima di aver dato uno sguardo al più bel cielo stellato dell’isola.

Venerdì 19 giugno (Galeria – Coti Chiavari) Sveglia presto, una ricca colazione, saluti e partenza in direzione Ajaccio. La strada è sempre tortuosa e panoramicissima attraverso una fittissima e profumatissima macchia. Supero l’incantevole baia di Girolata (con i suoi graniti rosa che si specchiano nel mare) ed imbocco il bivio per Gratelle: un ripido ed accidentato stradello mi conduce ad una piccolissima baia dove mi concedo un breve ma piacevolissimo bagno mattutino in quasi totale solitudine. Risalgo e mi riporto sulla strada principale. Dopo un po’ prendo il bivio per Bussaglia, spiaggia decisamente più grande, ma superati un paio di speroni rocciosi mi ritrovo in un’incantevole caletta dove rifaccio il bagno. Mi rimetto in viaggio, supero Porto (caratteristica la torre sull’isolotto ma non scendo a vedere di più) e mi inerpico per la strada che porta alle “calanches”, tipiche guglie granitiche (secondo me nulla di eccezionale) per osservare le quali si forma una lunga colonna d’auto e pullman che supero dopo quasi mezz’ora! Giunto a Piana prendo il bivio per Arone. Poche centinaia di metri ed imbocco la discesa per la cala di Ficajola: la strada è ripida ed impegnativa e mette a dura prova i freni della mia auto ma la ricompensa è adeguata. Un breve sentiero a valle del parcheggio (gratuito) mi conduce nella deliziosa baia dove faccio un bel bagnetto e resto un po’ a crogiolarmi al sole. Riprendo la strada per Arone (panoramica e molto piacevole) che raggiungo ma dove non sosto: la spiaggia è molto grande ed affollata e preferisco rimettermi in viaggio. Ritorno a Piana e riprendo la superstrada per Ajaccio. La costa si fa meno impervia e la strada più scorrevole: supero rapidamente Cargese (che forse meriterebbe una breve sosta) e Sagone ed a Tiuccia ricomincio a salire. Arrivo ad Ajaccio in un’oretta e la città di Napoleone mostra decisamente il suo lato francese: rondò, palazzoni ed un gran traffico. Giro a vuoto per tre quarti d’ora cercando di trovare qualcosa che attragga il mio interesse ed alla fine decido di uscirne puntando in direzione ovest verso il capo della Parata. In breve lo raggiungo e, dopo un facile sentiero sotto l’ennesima torre, mi godo la bella veduta sulle davvero suggestive isole Sanguinare. Riparto e riattraverso nuovamente Ajaccio che mi lascio di corsa alle spalle (al rientro scoprirò che forse sarebbe valsa la pena visitare la casa natale di Bonaparte, ubicata poco dietro la cittadella in quel che resta del centro storico). Supero Porticcio (che delude un po’ le mie aspettative) e raggiungo l’Isulella dove mi concedo il mio ultimo bagno del giorno. Riparto in cerca di una sistemazione per la notte ma la costa non offre molte alternative (siamo a giugno ma c’è già il tutto esaurito!). Arrivo a Portigliolo e mi inoltro fino al belvedere della Castagna (posti davvero incantevoli) ma la zona è troppo vip per i miei gusti così vado oltre. A tarda sera mi arrampico fino al paesino di Coti Chiavari, panoramico sull’intero golfo, ultimo villaggio prima del nulla. Qui un gruppo di simpatici ragazzotti del posto mi indica la fittacamere Sylvie che giunge poco dopo ad offrirmi il pernottamento in un intero appartamento in perfetto stile còrso (edificio in granito con ante azzurre e pavimento a scacchi bianco neri). Una rapida sistemata e sono subito a cena nella vicina trattoria “Les Platanes”, gestita dagli stessi ragazzi di cui sopra (davvero bravi), dove prendo vino, una bella insalatona ed il mio secondo spezzatino di cinghiale. Sazio e soddisfatto vado a nanna.

Sabato 20 giugno (Coti Chiavari – Bonifacio) Giornata ventosissima, faccio colazione al vicino bar e mi intrattengo a chiacchierare piacevolmente con Sylvie, affermata restauratrice còrsa, che parla un ottimo italiano. Resterei ancora un po’ sul suo adorabile terrazzo ma devo ripartire. Riprendo la strada principale e dopo la solita interminabile serie di curve tra vegetazione rigogliosa raggiungo la spiaggia di Cupabia: breve bagno nella parte più affollata e poi un po’ di relax nelle calette oltre le rocce dove finalmente posso fare un po’ di tranquillo nudismo. Riparto e raggiungo Porto Pollo che non desta il mio interesse. Mi rimetto in viaggio in direzione sud ma prima mi addentro fino al sito archeologico di Filitosa che però non mi ispira e, quindi, non visito. Raggiungo Propriano riprendendo la strada principale: il paese è in bella posizione al centro del golfo di Valinco, un rapido giro e riparto in direzione Belvedere. La strada, panoramica sulla costa, termina nella pittoresca baia di Belvedere Campomoro (con torre all’estremità): il villaggio è piccolo ma mi sembra un po’ esclusivo così riparto subito. Sulla via del ritorno imbocco il bivio per Grossa, paesino isolato che raggiungo dopo circa mezz’ora di curve inghiottite dal verde. Proseguo in direzione Sartene e prima di riportarmi sulla superstrada decido di fare una puntatina alla baia di Tizzano. La strada è tutta in discesa e raggiungo rapidamente l’ampia spiaggia: il vento è forte ed il mare agitatissimo, mi riposo un po’ ma non oso bagnarmi. Riparto che è pomeriggio ed a ritroso raggiungo Sartene. Parcheggio e mi addentro nel centro storico: caratteristici gli edifici, tutti rigorosamente in granito, e le stradine, collegate da pittoresche scalinate, mi piace. Impiego poco a girarla tutta e dopo una sosta al bar della movimentata piazza (dove ho la fortuna di ammirare un matrimonio locale) riparto. Riprendo la superstrada in direzione Bonifacio e dopo una mezz’ora di curve veloci imbocco la sterrata per la baia di Roccapina (l’indicazione è ben nascosta all’altezza dell’hotel “Coralli”): il percorso non è molto accidentato (nonostante la polvere) e la spiaggia, ampia e sovrastata dall’immancabile torre, è davvero bella. Approfitto di un breve momento di sole per un rapido bagno e poi mi ritiro. Ancora qualche curva e raggiungo la costa meridionale dell’isola, bassa e frastagliata. La superstrada corre a scorrimento piuttosto veloce tra la macchia e gli affioramenti granitici in un paesaggio assai simile a quello della dirimpettaia Gallura (per chi l’ha vista). Una rapida sosta alla caratteristica spiaggia della Tonnara (qualche chilometro dopo il bivio per Figari) e la strada torna a salire tra i graniti. Imbocco il bivio per l’eremo della Trinità, qualche curva e mi ritrovo in un posto magico, in perfetta solitudine: mi arrampico sulle grosse rocce arrotondate dal vento e mi godo un panorama mozzafiato su Bonifacio e sulle sue bianche falesie calcaree. Resto un po’ in contemplazione prima di ripartire. Riprendo la superstrada ed in pochi minuti sono ai piedi della cittadella fortificata di Bonifacio: un autentico miracolo dell’uomo e della natura. Decido di visitarla sfruttando le ultime ore di luce disponibili. Imbocco uno degli accessi alle mura e mollo l’auto. I bastioni attraggono subito la mia attenzione: seguo le indicazioni del cammino di ronda e percorro per intero il circuito delle fortificazioni, dal fiordo alla falesia. Gli scorci di mare dalle feritoie, il tramonto ed il rumore del vento che soffia fortissimo da ovest, agitando il mare sugli scogli, mi regalano emozioni fortissime. Un po’ stordito lascio la passeggiata e mi dirigo nel borgo, caratteristico ma, a mio avviso, non eccezionale: poche strade, strette e piene di negozi e ristoranti non lasciano alcun segno. Decido, pertanto, che è tempo di trovare un alloggio per la notte. Rimango a girare un bel po’ nei paragi di Bonifacio ma senza fortuna (tutto esaurito) fino a quando, ormai ad oscurità inoltrata, riesco a sistemarmi in un residence sulla strada per Santa Manza, “U Paradisu”, con tanto di divertentissima doccia idromassaggio. Per la cena ritorno a Bonifacio dove mangio ravioli al “broggiu”, vino e melenzane alla bonifacese (pasticcio di melenzane tritate) al “Cafe de la Poste”: nulla di eccezionale ma è un modo per riposare e socializzare con il simpatico proprietario del posto (còrso ma ancora una volta affetto da italiana devozione).

Domenica 21 giugno (Bonifacio – Ghirone) Partenza di buon ora, giornata che minaccia pioggia ed io che non intendo rinunciare al mio spirito esploratore. Comincio dalla baia di Santa Manza che non mi entusiasma: la esploro rapidamente senza fermarmi e punto verso Capo Pertusato, in direzione Bonifacio. Arrivo fino al sentiero per il faro, che percorro per un bel po’ (tra rocce e macchia bassa), prima di rinunciare tornando sui miei passi. Dal vicino belvedere mi godo uno splendido panorama sulla bianca falesia di Bonifacio che per l’occasione è anche illuminata da un inatteso sole. Scendendo dal capo prendo il bivio per Piantarella, piccola spiaggia dalla quale partono le escursioni per le vicine isole Lavezzi. Faccio colazione con gelato e succo presso l’unico punto di ristoro presente e mi incammino, superando le rocce, verso punta Sperone e relative spiagge. A metà strada il cielo si fa scuro ed i primi tuoni mi suggeriscono di rientrare. Faccio appena in tempo a salire in auto che si scatena un bell’acquazzone che mi accompagnerà per buona parte della mattinata. Lascio Bonifacio alle mie spalle prendendo la superstrada in direzione Porto Vecchio. La strada è veloce ed in breve raggiungo il bivio per Rondinara. La pioggia si fa meno intensa e poco dopo arrivo al parcheggio a pagamento della spiaggia dove, tuttavia, non ritengo opportuno fermarmi. Risalendo noto l’accesso della “base naturalistica”, lascio l’auto all’ingresso e con un breve sentiero arrivo ugualmente in spiaggia, ma dalla parte dello stagno (con tanto di famiglia bovina al seguito). Intanto ha smesso di piovere così posso godermi in completa solitudine quella che rimarrà, a mio avviso, una delle spiagge più belle dell’isola. Riprendo la superstrada e raggiungo la vicina baia di Santa Giulia, anche questa obiettivamente bella e con un grande stagno alle spalle. La trovo, tuttavia, più accessibile e meno incontaminata e non ci resto a lungo. Sempre in superstrada raggiungo il bivio per Palombaggia. La strada procede tortuosa prima di portarsi in vista della costa. Nel frattempo, il sole è tornato a farsi vivo così improvviso una sosta alla spiaggia di Tamaricciu dove mi concedo un rapido bagno nelle acque gelide dopo la pioggia. Riparto poco dopo (non prima di aver passeggiato un po’ sulla sabbia bagnata) e raggiungo la grande pineta di Palombaggia. Da qui una breve sosta nella vicina spiaggia: bella e caratteristica per le sue scogliere di granito rosa scuro (quasi rosso), su una delle quali mi fermo ad osservare l’orizzonte che si schiarisce. Mi rimetto in viaggio e raggiungo facilmente Porto Vecchio che trovo un po’ deludente rispetto alle aspettative (mi sembra un po’ la brutta copia di Sartene): mi fermo in piazza a prendere un pessimo frappè e poco dopo sono nuovamente in cammino. Percorro la strada costiera attraverso la modesta spiaggia di S. Cipriano e quella, più esclusiva, di Pinarello, dove mi fermo per qualche minuto. Intanto il sole è tornato a splendere, colgo l’occasione per godermi un ultimo bagno (ultimo della giornata e del mio viaggio) nella baia di Fautea (sotto l’omonima torre), ad un passo dalla superstrada: il vento è forte ma la spiaggia è davvero bella (oltre che per nulla affollata), ci rimango fin quando il sole mi riscalda e poi riparto. Raggiungo Solenzara poco dopo, ultimo rifornimento di carburante (e di snack al cioccolato), e lascio la costa orientale dell’isola per addentrarmi tra le montagne còrse. Prendo il bivio per Bavella e comincio ad inerpicarmi tra la vegetazione che cambia ad ogni curva lasciando il posto a sempre più fitte foreste di larici. Le caratteristiche pareti di granito tutte a guglie e pinnacoli si fanno sempre più vicine: uno spettacolo davvero affascinante. Dopo circa tre quarti d’ora supero il valico (1218 m s.L.M) e raggiungo Zonza al termine di una impegnativa discesa. Quindi prendo il bivio per Aullene dove arrivo dopo un po’ di saliscendi. La strada torna a salire in direzione del col de la Vaccia, tra curve e maiali selvatici in libertà. Raggiungo e supero i paesi di Zicavo e Cozzano, ormai solitario in marcia. Da qui mi arrampico fino al col de Verde (1289 m) in un paesaggio che diventa sempre più alpino, per poi ridiscendere con impegnativi tornanti fino al villaggio di Ghirone dove decido, davvero stanco, di fermarmi per la notte. Sistemazione obbligata all’hotel “Le Kyrie”, non proprio eccellente (i servizi delle camere sembrano fermi agli anni ’60), e piccolo diverbio con il proprietario (un còrso un po’ troppo aggressivo per i miei gusti). Ceno alla trattoria “A Stazzona” poco più giù, dove accanto all’immancabile vino, divoro un abbondante spiedino di vitello con ottimi contorni di verdure pasticciate al “broggiu”, servito da un adorabile ragazzotto (evviva la compensazione!).

Lunedì 22 giugno (Ghirone – Bastia) Lascio Ghirone di buon mattino e subito riprendo a salire fino ai 1311 metri s.L.M. Del col de Sorba. La discesa è ancora più impegnativa con tornanti strettissimi, ma sono solo ad eccezione di qualche ciclista. Dopo un’oretta raggiungo la superstrada per Corte, scorrevole e di più semplice guida. Superata Venaco raggiungo la storica capitale della nazione corsa: Corte è al fondo di una valle verdissima, arroccata su uno sperone granitico (tanto per cambiare) circondata da monti dalle cime ancora innevate. Mi fermo a visitarla. Il centro storico si sviluppa ai piedi della scenografica cittadella (sede di un museo chiuso proprio di lunedì) e lo trovo assai gradevole, peggio conservato di quelli precedentemente visitati, ma sicuramente più ruspante e meno artefatto. Lascio Corte e prendo la strada per Castirla da dove imbocco quella per Calacuccia. La strada si insinua nelle gole del torrente Golo (caratteristiche per le nude pareti di granito a strapiombo) e sale fino alla stazione sciistica. Il posto non mi entusiasma più di tanto anche perchè il lago visto in cartolina non è altro che un bacino artificiale di scarso interesse: ridiscendo il tortuoso percorso e mi reimmetto sulla superstrada a Francardo. Rapidamente sono a Ponte Leccia e da qui, passando per Pietralba, raggiungo l’innesto con la strada per Saint Florent, già percorsa qualche giorno prima. La ripercorro ed a metà strada imbocco il bivio per Saleccia: dopo un breve tratto di sterrato sono costretto a fermarmi (il percorso è troppo accidentato per un’utilitaria) ed a rinunciare ai miei propositi di un ultimo bagno in terra còrsa. Arrivo a San Fiorenzo poco dopo e ne approfitto per dare uno sguardo al piccolo borgo tralasciato al mio arrivo: le casette a picco sul mare sono davvero caratteristiche e dedico loro una malinconica passeggiata. Riparto per Bastia con largo anticipo rispetto alle previsioni. Un ultimo sguardo panoramico dal col de Teghime e, poi, sull’enorme stagno costiero di Biguglia e, per le ore 15, la Corsica e la spropositata Bastia (che non visito) sono alle mie spalle.

Insomma, un viaggio che pur risultando più impegnativo del previsto si è rivelato ugualmente pieno di emozioni e belle soddisfazioni. Ho cercato di vivermi l’isola, la sua natura incontaminata (in alcuni punti davvero strabiliante), la sua cultura ed i suoi abitanti nella maniera più spontanea possibile, nonostante le “ingombranti” contaminazioni francesi e, più in generale, continentali, spesso stridenti con le orgogliose radici mediterranee dei còrsi…Un tentativo di entrare in sintonia con l’ambiente cercando un compromesso tra il turista ed il ricercatore che alla fine è risultato più che soddisfacente. Non ho incontrato particolari difficoltà a guidare sulle tortuose ed ardite strade dell’isola (che pure ho percorso audacemente), fatta eccezione per le volte in cui mi son imbattuto in automobilisti còrsi (davvero velocissimi), ai quali ho imparato a dare sempre strada, o in corrispondenza dei numerosi cantieri, quasi mai segnalati e delimitati. Più opportuno forse sarebbe stato scegliere un auto a noleggio (per quanto mi riguarda, mi avrebbe aiutato senz’altro a contenere le mie ansie sui percorsi più sconnessi e dissestati) o magari (ad esserne capaci) una bella moto (che resta a mio avviso il mezzo più affascinante per vacanze “on the road”). Quanto alle indicazioni stradali (spesso ridotte alla sola dicitura còrsa a causa della cancellazione, con tanto di crivellatura, di quella francese) si sono rivelate quasi sempre precise e rispondenti alle indicazioni della mappa. Contenuti i costi di viaggio, con quattro rifornimenti ed 80 euro di diesel. Della costa cosa dire: incantevoli le spiagge ed il mare quando poco affollati (e già giugno si è rivelato critico da questo punto di vista). Bella soprattutto la costa occidentale e quella meridionale, decisamente meno quella orientale tra Solenzara e Bastia (che ho evitato). Il cibo non sempre esaltante (non è certo l’Italia) e talvolta poco abbondante (con costi mai inferiori ai 30 euro), comunque più che accettabile, e confortevoli sono risultate pressoché tutte le sistemazioni in cui ho pernottato, non sempre pulitissime e funzionali ma, nel complesso, di costo relativamente contenuto (entro i 50 euro). Quanto ai còrsi della costa li ho trovati molto simili agli italiani, quelli dell’interno più introversi ed a volte un po’ ruvidi ma, comunque, estremamente semplici e tutti ugualmente ospitali e disponibili. Girare l’isola è, dunque, possibile in meno di una settimana (rinunciando ovviamente a soste lunghe e prolungate) purché accompagnati da una buona dose di sana follia e da una discreta capacità di adattamento.

Ringraziandovi per lo spazio concessomi auguro a tutti voi una felice estate! MAX



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