Sacro o… Sagrantino? In Umbria c’è il “borgo ringhiera” dalla vista straordinaria, ma la sua vera attrazione la si trova nel bicchiere

Circondato dai vasti vigneti dell'Umbria, è nel borgo di Montefalco che nasce l'antico Sagrantino, vino prezioso come il suo territorio
Manuela Titta, 20 Ott 2024
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Montefalco è tra i Borghi più belli d’Italia, soprannominato la Ringhiera dell’Umbria dal 1568 per la sua posizione, dalla quale si gode una vista straordinaria. Grazie ai vari belvedere, è possibile spaziare dalle valli del Clitunno, al Tevere, al Topino, ma vi si scorgono anche Spello, Assisi, Foligno e Perugia. Circondato da vigne e uliveti, Montefalco deve il suo nome alla caccia al falcone, attività particolarmente amata da Federico II di Svevia che soggiornò qui nel XIII secolo. Come tutta l’Umbria, ogni angolo racconta secoli di storia, con reperti artistici e patrimonio culturale, a testimonianza dei ricchi trascorsi del comune.

Montefalco, l’identità di un territorio attraverso il suo prodotto più celebre

montefalco

Come in molte altre zone d’Italia, la storia vitivinicola di questa regione è molto antica, ma la sua vera identità è storia recente: è a partire dal secondo dopoguerra che si delinea un vero e proprio percorso di valorizzazione del territorio. I vitigni autoctoni sono particolarmente apprezzati, perché la loro storia è indissolubilmente legata all’ambiente: dal greco autòs (stesso) e chtòn (suolo, terra), con autoctono si intende lo stretto legame con la zona geografica. Il vitigno autoctono incarna tutte le peculiarità della zona di origine ed è per questo che il Sagrantino, proprio del comune di Montefalco, ci racconta come l’uomo abbia plasmato il territorio. La parola Sagrantino richiama la funzione sacrale alla quale era destinato il vino prodotto con questo vitigno, benché fosse consumato anche nei momenti della vita domestica. Questo vitigno sembra essere arrivato in zona intorno alla metà del ‘400 grazie ai frati francescani: come accennato prima, è fondamentale il fattore umano, che trasforma una pianta in una grandiosa storia di eccellenza.

La limitata produttività nel corso dei secoli ne ha fatto un vino in versione rigorosamente passita fino al 1925, anno in cui compare la versione secca. L’appassimento sui graticci di canne era il modo di custodire questi piccoli, neri e dolcissimi acini da cui si ricavava il vino rigorosamente invecchiato per le grandi occasioni. Un vitigno che risultava essere un vero e proprio arredo urbano a Montefalco, perché i tralci si arrampicavano come fossero abbellimenti per le mura delle case.

Montefalco Sagrantino: uno dei vini più prestigiosi del panorama vitivinicolo italiano

vite con uva sagrantino di montefalco

La storia recente del Montefalco Sagrantino DOCG (denominazione arrivata nel 1992) inizia negli anni ‘70, quando questo vino monovitigno si trasforma in un prodotto d’eccellenza guadagnando notorietà. La forte identità territoriale è l’anima di questo vino rosso di grande struttura che riesce a guadagnare i mercati internazionali, grazie alle sue inimitabili caratteristiche. La DOCG si riferisce ad entrambe le versioni, secco e passito: il vino da uve sagrantino in purezza richiede un periodo di invecchiamento di almeno trentatre mesi, di cui almeno dodici in botti di rovere, a cui segue un periodo di affinamento in bottiglia. È un prodotto che non teme i segni del tempo grazie ai suoi antiossidanti naturali. Il suo colore è di un rosso rubino intenso, con sfumature violacee, riflessi granati man mano che invecchia. Il profilo olfattivo è molto complesso, dal profumo ampio che sprigiona sentori di frutti rossi, tra cui mirtillo e visciola, tra i fiori spicca la violetta; tra gli aromi terziari conferiti dalla maturazione in botte spiccano la vaniglia, la liquirizia, la cannella, il cioccolato e il tabacco. Nella versione passita le note fruttate richiamano le confetture dei frutti citati, a testimonianza della concentrazione dei profumi, con sentori speziati dolci.

Un vino morbido e caldo, l’assaggio denota subito la spiccata astringenza, data dai tannini: molto intenso e persistente, di grande corpo e struttura; va servito ad una temperatura di 16-18 °C in ampio calice, in modo da consentire al vino un’adeguata ossigenazione per sprigionare tutti i suoi aromi.

Grandi sapori per un grande vino

Il Montefalco Sagrantino DOCG secco si abbina perfettamente con gli arrosti: la carne rossa, il capretto, l’agnello, la cacciagione, la selvaggina da pelo e da piuma. Da tradizione si accompagna anche con le zuppe contadine di legumi e cereali, oppure con preparazioni a base di tartufo, altra eccellenza umbra.

Il passito, con una temperatura di servizio ideale a 12 °C, si esalta con preparazioni dolci a pasta non lievitata: la pasticceria da forno e crostate con confetture di frutti rossi. Altri dolci da abbinare sono gli stinchetti di marzapane, anche detti ossi dei morti, preparazione tipica del mese di novembre a forma di tibia (osso di stinco), questi dolci si trovano dalla ricorrenza dei Santi fino a Natale. L’attorta è un dolce tipico fatto con pasta sfoglia ripiena di mele, arrotolata su se stessa a forma di spirale: tra gli altri ingredienti ci sono il cacao amaro o il cioccolato fondente grattugiato, le noci tritate, la scorza di limone grattugiata, rhum o alchermes.

La cucina umbra, dove i protagonisti sono la carne e i legumi

pappardelle al ragù

I prodotti della terra e la lunga tradizione sono gli ingredienti della cucina di Montefalco e dell’Umbria, in generale una cucina semplice, ma non per questo povera. Di sicuro le materie prime hanno un’importanza fondamentale, caratterizzando le ricette che ruotano intorno alle preparazioni a base di carne. Il sugo di cinghiale è il condimento perfetto per la pasta all’uovo, la carne di cinghiale è molto utilizzata in Umbria, un ingrediente prelibato dal sapore deciso: il condimento per la pasta può essere sia un ragù che un sugo ricavato dalla cottura in spezzatino. La marinatura della carne nel vino rosso e aromi permette di ammorbidirla e di togliere il sapore selvatico: questi animali vivono nel sottobosco nutrendosi di radici e tuberi, pertanto la carne risulterà magra e saporita.

Altro tipo di carne utilizzato per il sugo è la lepre, stiamo ancora parlando di selvaggina dal sapore aromatico e deciso, anche qui la sua preparazione richiede tempo. Le pappardelle condite con questo sugo risultano essere un gran piatto, perfetto per i giorni di festa. Come secondo piatto citiamo la lepre alla cacciatora: anche qui si procede con la marinatura nel vino e spezie per almeno 24 ore, una volta scolata si mette in un tegame e quando sono evaporati i liquidi residui, si procede alla lenta cottura con cipolla, prosciutto crudo, filetti d’acciuga, rosmarino, capperi, vino bianco e peperoncino.

I Palombacci all’umbra, ricetta che prevede l’impiego della colomba selvatica: durante la cottura allo spiedo o al forno viene raccolto il liquido, ponendo la leccarda sotto l’animale. Questo liquido verrà impiegato per la cottura delle interiora, utilizzando un tegame di terracotta: ulteriori ingredienti per questa preparazione sono il vino rosso, con aggiunta di aceto, aglio e olio. Questa lenta procedura di circa tre ore consente di ottenere un liquido di cottura nel quale verrà immerso il palombaccio una volto cotto e fatto a pezzi: il risultato finale sarà dato dalla succulenza della carne insaporita dalla salsa.



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