Dall’alto della Loggia, lo sguardo sulla Riviera: vino e alloro sono gli elementi di questo incredibile borgo delle Marche
Ci sono posti dove sembra di poter spiccare il volo e abbracciare tutto ciò che si scorge da lontano, posti dove lo sguardo si perde in un susseguirsi di colori e di dettagli che sembrano messi lì apposta per essere ammirati. Ci sono posti perfetti, dove ci lasciamo andare alle emozioni: questi luoghi ci accolgono e ci cullano, ci proiettano in un’altra dimensione per godere degli spazi, dei colori e delle forme che dipingono uno scenario meraviglioso. Succede questo quando ci addentriamo nelle stradine di Grottammare, uno dei posti più belli delle Marche, con il suo favoloso affaccio sul mare: dall’alto della Loggia, lo sguardo sulla Riviera diventa un’esperienza carica di sorprese.
Indice dei contenuti
‘’Vecchio incasato”
Il Borgo Antico di Grottammare, è il nucleo medievale arroccato sulla collina a ridosso del mare: ricco di edifici storici, si presenta al visitatore con una raffinata eleganza negli elementi architettonici che lo rendono particolarmente prezioso. Ma sono i dettagli che affascinano, perché lo sguardo si posa sui singoli elementi: la cura che si vede nella conservazione di questo luogo, la bellezza dei locali che accolgono le persone e gli affacci straordinari sul mare, rendono questo posto magico. Dalla Chiesa di San Martino, al Teatro dell’Arancio, alla Chiesa di Santa Lucia, Grottammare mette a disposizione la bellezza in tutte le sue declinazioni. Percorrendo Viale degli Aranci, ci addentriamo in un sentiero con vista panoramica: le mura e le porte medievali che definiscono il borgo, cingono questo luogo rimasto immutato, a testimonianza della sua ricca storia.
Tra arte e gusto, l’appuntamento da non perdere a Grottammare
Nel prossimo weekend, a partire da venerdì 19 luglio, Borgo diVino in Tour, andrà ad impreziosire Grottammare, famosa anche per le coltivazioni di alloro, con la sua festa dedicata al buon vino e al buon cibo: da Piazza Peretti con la sua magnifica Loggia che affaccia sulla riviera, si snoderanno i banchi d’assaggio. Questa è un’occasione unica per apprezzare ancora di più questo magnifico scenario: sarà un susseguirsi di proposte che guideranno i visitatori in un percorso dedicato al gusto, con una splendida offerta di assaggi tra etichette locali e nazionali. Vediamo nel dettaglio come sono rappresentate le Marche.
Le Marche nel calice: i vini assolutamente da non perdere
Le Marche vantano vitigni autoctoni che si stanno affermando per le loro grandi caratteristiche: il Verdicchio domina la scena ormai da qualche tempo, e si è imposto grazie a un lavoro corale fatto da imprenditori che hanno saputo tracciare la strada del successo. Simbolo delle Marche, è un antico vitigno a bacca bianca che, nel corso del tempo, ha tirato fuori le sue grandi potenzialità, dando vita a vini di notevole longevità. Il nome è dovuto al colore del grappolo con le sue sfumature verdi: il Verdicchio si trova nelle due espressioni dei Castelli di Jesi e Matelica, due diverse interpretazioni che permettono di cogliere tutti i pregi di questo vitigno che si trova sul mercato anche nella versione spumantizzata e passito.
Offida Pecorino DOCG
Il territorio di Arquata del Tronto, comune del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, è stato protagonista della riscoperta del vitigno autoctono Pecorino: tra gli anni ‘80 è ‘90 è stato intuito il grande potenziale di questa vitigno a bacca bianca, molto resistente ed adatto ai terreni impervi e condizioni climatiche difficili. Il nome è sicuramente legato alla tradizione pastorizia della zona, sta di fatto che uno degli abbinamenti ideali è proprio con l’omonimo formaggio tipico della zona. Il pecorino è un vino molto versatile perchè si può abbinare con carni bianche, con la galantina che è una ricetta tipica delle Marche e ovviamente con i piatti di pesce. La sua valorizzazione ha portato all’Offida Pecorino DOCG, denominazione del 2011: è un bianco di carattere, con profumi marcati e prevalenza di sentori erbacei, note fruttate di fiori gialli, acidità decisa, piacevolmente sapido, un vino dalla notevole struttura e di grande persistenza.
Vernaccia di Serrapetrona DOCG
La Vernaccia di Serrapetrona, un vino spumante DOCG dal 2004 è ottenuto principalmente dal vitigno autoctono vernaccia nera, con una vinificazione che prevede ben tre fasi di fermentazione: la prima al momento della vendemmia per un 60% delle uve raccolte, la seconda ottenuta dalle rimanenti uve lasciate appassire per diversi mesi, la terza con metodo Martinotti Charmat.
La parte più affascinante di tutto questo processo è sicuramente il periodo di appassimento, valorizzato dall’iniziativa Appassimenti Aperti: nel mese di novembre è possibile accedere ai locali dove sono ubicate le uve, collocate a doppio grappolo sui graticci in attesa di sovramaturare, come spiegano bene i vignaioli del posto a tutti i visitatori. Nel mese di gennaio termina questa fase di appassimento e si procede alla seconda fermentazione: la terza riguarderà entrambi i vini, quello ottenuto al momento della vendemmia e quello ottenuto dalle uve appassite. Il metodo Martinotti Charmat consente una presa di spuma piuttosto veloce, che lascia intatte le caratteristiche originarie del vitigno, regalandoci uno spumante senza eguali, nella versione secca o dolce. La Vernaccia di Serrapetrona DOCG è di colore rosso rubino non troppo intenso, con perlage fine e persistente, dal profumo aromatico e vinoso: ricorda la frutta rossa matura, le confetture, i fiori appassiti, ha gusto morbido ed equilibrato, con un piacevole retrogusto amarognolo. È perfetto nell’abbinamento con un grande prodotto della tradizione, il Ciauscolo, IGP, un salame a grana fine data dalla doppia macinatura delle carni di maiale, morbido, molto saporito e profumato.
L’offerta gastronomica a Grottammare (e non solo)
Ad accompagnare le degustazioni di vino che delizieranno la tre giorni di Grottammare ci saranno una serie di proposte gastronomiche e, ovviamente, non possono mancare le olive ascolane.
Oliva Ascolana del Piceno DOP
Questo prodotto tipico rappresenta uno dei finger food più famosi d’Italia, una creazione geniale che esalta l’oliva Tenera Ascolana, apprezzata fin dai tempi dei romani, per le sue dimensioni e il suo sapore. I latini, infatti, conoscevano già le “Ulivae Picenae” che provenivano dall’odierna Ascoli e zone limitrofe. Queste olive da tavola avevano dei pregi evidenti e le prime notizie sulla farcitura risalgono al 1600: vista la loro grandezza venivano denocciolate e riempite di erbe. Per la ricetta di oggi dobbiamo aspettare il XIX secolo, quando la farcitura a base di carne venne elaborata nelle cucine nobiliari. Servono carni fresche con almeno il 40% di manzo, poi maiale e per finire un massimo di 10% pollo: questo indica proprio che la ricetta viene da un ambiente dove si disponeva di materie prime preziose. Le olive vanno abbinate ad un vino bianco fermo strutturato e deciso: benissimo un Verdicchio, un Pecorino, ma anche un Falerio, altro autoctono che dà vita vini dalla buona acidità, fresco, armonico e dalla buona persistenza.