60 anni di vagabondaggio e genio: la vita del conte-alchimista si scopre visitando questa magnifica rocca tra Emilia-Romagna e Marche

Francesco De Luca, 06 Dic 2024
60 anni di vagabondaggio e genio: la vita del conte-alchimista si scopre visitando questa magnifica rocca tra emilia-romagna e marche

Giuseppe Giovanni Battista Vincenzo Pietro Antonio Matteo Franco Balsamo è un nome fin troppo lungo da ricordare, motivo per cui, fin dapprincipio, ci limiteremo a indicarlo come conte di Cagliostro.

Giacomo Casanova, il celebre “sciupafemmine”, lo definiva “un genio fannullone”, mentre la Chiesa lo tenne nel mirino a lungo, fino a condannarlo e rinchiuderlo nella rocca di San Leo, sperduta al confine fra Marche ed Emilia-Romagna. Qualche attenzione in più, però, il conte se la merita, se non altro per la sua vita turbolenta e il suo fascino da avventuriero, per le sue conoscenze mediche e la sua vocazione alchemica, per il suo carattere misterioso e l’indole bohème.  

L’esistenza di Cagliostro – in neanche sessant’anni di vita –, fu fin da subito contraddistinta da un continuo vagare: i piedi in mare e di sponda in sponda, il cuore nel mondo, l’anima un po’ santa e un po’ dannata, stretta fra il pubblico e il privato, strattonata dall’avventura e dalla voglia di tornare. Le parole che Carlo V d’Asburgo – l’imperatore nel cui regno non tramontava mai il sole –, scrisse per sé, per il conte valgono forse anche di più: “La mia vita è stata soltanto un lungo viaggio”.

E allora, con queste buone premesse, viaggiamo un po’ anche noi, partendo dal luogo natale e dai primi “vagabondaggi”, dagli arresti rocamboleschi agli incontri con i più importanti personaggi dell’epoca.

I primi anni: fra Sicilia, Italia ed Europa

palermo
Cagliostro nacque nella bella Palermo nel 1743

È il 2 giugno, ma siamo ancora lontani dalla Festa della Repubblica; il conte nasce nell’anno del Signore 1743, in una Palermo amministrata e influenzata dal regime borbonico. Fin da subito, il suo carattere e la sua indole non lasciano spazio all’immaginazione: la sua vita sarà in movimento, non si discute. Fuggendo e vagabondando fra istituti e conventi, dai padri Scolopi agli Ospedalieri di San Giovanni di Dio, il giovane apprende ben presto i rudimenti dell’arte medica, entrando in contatto, soprattutto, con l’erboristeria.

I primi soggiorni a Roma, all’età di appena 25 anni, sono piuttosto turbolenti: nella Capitale, Cagliostro, oltre a subire il primo arresto a causa di una rissa, si guadagna da vivere falsificando documenti e millantando false onorificenze, fra cui quella di colonnello. Ed è proprio questo il momento in cui – spinto principalmente dalla pressione delle istituzioni per la sua attività di falsario –, che egli comincia, insieme alla moglie, fedele compagna e ottima falsaria, a girovagare per l’Italia e l’Europa.

Dapprima in Lombardia, poi in Francia, dove farà la conoscenza di Giacomo Casanova, poi in Spagna; quindi, a Londra, in cui si stabilirà per due anni, fra il 1776 e il 1777, non prima, tuttavia, di aver pellegrinato fra Germania, Malta e Belgio. È il soggiorno londinese, però, quello più significativo per Cagliostro; qui, infatti, fra le acque del Tamigi e i fumi della city of London, entra per la prima volta in contatto con la Massoneria, e, dunque, con l’universo esoterico.

Dall’alchimia agli ultimi anni di Cagliostro

roma, piazza navona
La vita di Cagliostro prosegue viaggiando per molte città d’Europa, in particolare a Roma

Il vizio di dire bugie, sia chiaro, al conte non passò mai del tutto; egli continuò, anzi, a spacciarsi per altre persone, attribuendosi qualità e onorificenze di vario genere: colonnello, guida spirituale, mago guaritore. È però dal periodo massonico, quello londinese appunto, fra il 1776 e il 1777, che l’idea di presentarsi come alchimista, taumaturgo, o, perché no, Gran Maestro delle più disparate logge massoniche, incomincia a impossessarsi di lui.

Visti dal versante antropologico, l’indole e il savoir-faire del conte suggeriscono un grande spirito d’adattamento, nonché, una spiccata capacità di apprendere quel “quanto basta” ad essere messo in pratica con grande destrezza e disinvoltura. Insomma, mossi i primi passi nella massoneria, Cagliostro non sta più nella pelle; gli anni successivi corrono veloci, e si alternano con la permanenza in Russia, Polonia, e, infine e ancora, in Francia.

Gli attributi, e, addirittura, i miracoli, sono svariati e fra i più fantasiosi, trainati, ora, dal titolo di alchimista e taumaturgo: trasformare il piombo in oro; evocare le anime dei morti; preparare pozioni e altri intrugli; sono solo alcuni degli assi nella manica di Cagliostro.

Coinvolto, nel 1785, nel celebre Scandalo della collana, che vide protagonista Maria Antonietta, allora consorte del re Luigi XVI, la fortuna iniziò lentamente ad abbandonare il nostro avventuriero.   Fra l’altro, ironia della sorte, per una delle prime, o, forse, proprio per la prima e unica volta, Cagliostro non c’entrava un bel niente con il furto della collana. Arrestato e incarcerato nella Bastiglia – che, quattro anni dopo, nel 1789, sarebbe stata espugnata dal popolo francese –, egli fu infine rilasciato e costretto ad abbandonare la Francia.

Di lì in poi, gli ultimi anni di vita si dividono fra la Svizzera e l’Italia, in particolare a Roma, fra Campo de’ Fiori, Trastevere e Piazza di Spagna.

Non passò molto tempo, però, prima che il conte, ingannato da due guardie pontificie in borghese, venne definitivamente arrestato e costretto al confino nella rocca di san Leo, al confine Marche-Romagna, baluardo del potere papale. A san Leo egli passò gli ultimi quattro anni di vita, in una cella talmente piccola da permettergli a malapena di muoversi.

È lecito e curioso pensare che, alla fine, a mo’ di contrappasso, l’instancabile avventuriero finì in carcere e venne condannato proprio per essersi fidato di due bugiardi; proprio lui, che si era guadagnato da vivere mentendo.

Le guardie, infatti, che, spacciandosi per due semplici civili, si erano mostrate entusiaste ed interessate ad apprendere i rudimenti della massoneria, erano state ben accolte da Cagliostro, il quale, ingenuamente – e magari, visto il “periodaccio”, anche con grande gioia –, non aveva esitato a farle entrare nella sua loggia segreta. E per lo Stato Pontificio avere una loggia massonica non era come falsificare; non c’era infatti scampo: pena di morte o condanna a vita.



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