Angeli e Demoni in salsa turca: il sito archeologico più pericoloso al mondo è (anche) la tomba dell’apostolo Filippo
Non un santo qualsiasi – ammesso che, di santi qualsiasi, ne esistano –, bensì uno dei 12 apostoli; Filippo nasce a Betsaida, in Palestina, all’inizio del I secolo dopo Cristo, la stessa città che, qualche anno prima, aveva dato i natali ai fratelli Pietro e Andrea.
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L’apostolo in questione, la cui celebrità non fu certo alla pari di quella di Giovanni, Pietro o Giuda, destò comunque attenzione nel cuore e negli occhi di Gesù, che, fin da subito, lo individuò come un interlocutore dotato di grande intelletto e sensibilità; fu infatti a Filippo, che Cristo, prima di ricorrere al miracolo della moltiplicazione, chiese dove fosse possibile acquistare il pane per sfamare più di 5000 uomini.
Alla richiesta di Gesù, però, il quale, chiaramente, lo mette alla prova, Filippo non si agita; anzi, la sua reazione la dice lunga: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo”. E, allora, il figlio di Dio, più che soddisfatto della risposta dell’apostolo, procede con il miracolo; alza la testa al cielo, e, con soli 5 pani e 2 pesci, sfama uomini, donne e bambini, che, quel giorno, dovevano essere più o meno 5000.
Il mistero di Hierapolis, dove pagani e cristiani si incontrano
Qualche tempo dopo, prima di arrivare a Hierapolis – punto di riferimento del nostro articolo –, Filippo, assieme alle sue due figlie vergini, attraversa per diversi anni il territorio della Scizia – una grande regione storica oggi corrispondente, grossomodo, a parte dell’Ucraina, Russia e Iran – dove porterà avanti la sua opera di evangelizzazione.
Il viaggio dell’apostolo, però, lungi dall’essere circoscritto alla Scizia, continua, e fa tappa a Hierapolis, città localizzata al centro dell’odierna Turchia; qui, la predicazione di Filippo si fa più intensa, energica e appassionata, toccando non solo i cuori dei “poveri” e della classe media, ma arrivando anche alle orecchie delle alte gerarchie.
È a causa della moglie del proconsole della città, infatti, attirata dal messaggio e dalle parole di Filippo, che questi viene condannato e inchiodato a testa in giù, una sorte che, alla lontana, ricorda quella che, qualche tempo prima, aveva subito in croce san Pietro, il successore di Cristo per eccellenza.
A seguito del martirio, il corpo dell’apostolo viene seppellito proprio a Hierapolis – probabilmente da alcuni civili che egli aveva convertito –; nei secoli a venire, poi, la sua tomba diventerà meta di pellegrinaggio, attirando l’attenzione di fedeli, Padri della Chiesa e viaggiatori d’ogni tipo.
A Hierapolis, riconosciuta Patrimonio UNESCO dal 1988, paganesimo e cristianesimo si intrecciano dunque armoniosamente, contando da una parte le grandi vestigia greco-romane, come il teatro o la porta di Frontino, mentre, dall’altra, nientedimeno che la tomba di un personaggio che conobbe direttamente Gesù; non è un caso, infatti, che il suo nome significhi “città-santa”. A Hierapolis, però, non si conserva solo un mondo fatto di cielo, di santità e di antiche rovine; qui, infatti, all’ingresso dei teatri, dei templi e delle tombe dei santi se ne affianca uno non troppo comune, eppure, noto sin dall’antichità: quello dell’Ade, dell’inferno, insomma, il regno dei morti.
Il Ploutonion, dove le porte dell’Ade si aprono
Se la residenza degli dèi è ben individuata, il Monte Olimpo in Grecia, fra la Tessaglia e la Macedonia, che, con i suoi quasi 3000 metri, cattura il cielo e sfiora le nuvole, anche gli inferi hanno una loro dimora.
Il Ploutonion di Hierapolis, un nome minaccioso e complesso, si riferisce, in realtà, a un santuario dedicato a Plutone, il signore e dio dell’Ade.
Il fascino di Plutone è forte, a tratti calamitico; egli, infatti, non è solo il guardiano dei morti, ma anche colui che conserva le ricchezze della terra, che tutela la prosperità, e che, per questo, ricopre un ruolo da protagonista nella celebrazione dei più importanti riti misterici dell’antichità: i misteri eleusini.
I diari di viaggio e gli antichi geografi ce lo confermano; tutti i luoghi di culto in cui si riteneva fossero situate le porte dell’Ade erano accomunati da specifici fattori naturali: acque sulfuree, laghi stagnanti, terra che ribolliva, insomma, quasi come se, dal sottosuolo, qualcuno o qualcosa fosse dotato di vita propria e cercasse continuamente di comunicare con “i vivi”.
Quello di Hierapolis, fra i vari menzionati nell’antichità – uno fra tutti, quello del Lago d’Averno in Campania, che l’Eneide ricorda come il luogo in cui Enea discese negli inferi e incontrò il padre, Anchise –, è il più celebre, e, soprattutto, quello che non ha mai smesso di attirare, sia nel periodo avanti che dopo Cristo, grandi masse di curiosi, fedeli e pellegrini; e questo perché, come detto, a Hierapoliscoesistono le massime espressioni della religione pagana da una parte, e cristiana dall’altra.
Nonostante l’impressione e il fermento che la vista del Ploutonion di Hierapolis doveva scatenare agli occhi dei visitatori, rapiti ed estasiati, come direbbe Virgilio, “dal muggire della terra”, dai suoi odori sulfurei e dal ribollire delle acque, l’ubicazione del luogo è rimasta sconosciuta fino a non troppo tempo fa.
È stato infatti grazie alla Missione archeologica italiana diretta da Francesco D’Andria, della Scuola di specializzazione in archeologia dell’Università del Salento, portata avanti fra il 2013 e il 2015, che, letteralmente, seguendo il corso delle sorgenti termali di Hierapolis e scandagliando le fonti antiche, l’ubicazione del Ploutonion è stata individuata con certezza.
A confermare definitivamente l’ipotesi del luogo – dove ancora le acque fumano e la terra sembra respirare –, interviene un fatto unico e straordinario: un’iscrizione dedicatoria, in greco, a Plutone, affissa proprio sopra al portale d’ingresso al tempio.