In Norvegia fino a Capo Nord
La mia mente di bambino iniziò a fantasticare, immaginando le epiche imprese di questi due ragazzi in jeans e capelli lunghi sulle strade del nord per raggiungere un luogo ai miei occhi lontanissimo e desolato. Da allora decisi che un giorno ci sarei andato anch’io, lassù dove la terra finisce.
Ci sono voluti più di quarant’anni, ma alla fine la decisione è stata presa. Io, nato il giorno dello sbarco sulla luna, avrei celebrato degnamente i miei 50 anni a Capo Nord assieme a Claudio, lo storico compagno di viaggi fedele dai tempi del primo Interrail datato 1987.
Domenica 28 luglio 2019 UDINE – BERGEN
Dopo giornate intere passate a studiare l’itinerario migliore compatibilmente con i giorni a nostra disposizione (una decina), ho deciso di raggiungere la Norvegia in aereo e di percorrerla in treno verso nord fino a Bodø, ultima stazione della rete ferroviaria norvegese. Da lì, tramite un’auto a noleggio, avrei raggiunto Capo Nord, visitando prima le isole Lofoten.
Pertanto, una volta raggiunta Treviso in treno, abbiamo volato con Ryanair su Hamburg. Una comoda coincidenza ci ha permesso poi di salire a bordo di un Canadair della compagnia norvegese Wideroe diretto a Bergen.
Questa soluzione a mio avviso è ottima, perché consente di raggiungere Oslo in treno e di proseguire poi verso nord lungo la strada ferrata. Diversamente, giungendo direttamente a Oslo e volendo poi recarsi a Bergen utilizzando il treno, bisogna necessariamente rientrare nella capitale facendo il percorso inverso: da Bergen il proseguimento verso nord è infatti possibile soltanto in auto o traghetto.
Bergen è una delle città più piovose d’Europa ma ci ha accolto nel pomeriggio di domenica con un bel sole. Dall’aeroporto il trasferimento in città avviene rapidamente con un comodo pullman diretto alla stazione dei bus, che si trova nei pressi della stazione dei treni. Fin dall’inizio è stato chiaro che non avremmo avuto bisogno di denaro contante, abbiamo acquistato il biglietto grazie ad un moderno distributore che si trova sotto la pensilina esterna utilizzando la carta di credito. La Norvegia si avvia infatti a diventare un paese dalla moneta virtuale, ogni tipo di acquisto può essere effettuato utilizzando bancomat o carta di credito. Sulle porte dei bagni delle stazioni c’è il POS dove avvicinare la propria carta per un veloce accesso contactless e molti esercizi espongono la scritta no cash.
Il fatto che non si utilizzi il contante non deve però spingere ad usare la carta di credito con troppa leggerezza. La Norvegia è un paese caro, con vette inarrivabili per quanto riguarda la ristorazione. Il primo assaggio lo abbiamo avuto al mercato del pesce di Bergen, dove per quattro spiedini di mare e due birre piccole si è pagato l’equivalente di 80 euro.
Abbiamo passeggiato nel quartiere di Bryggen, un gruppo di case in legno originariamente sede delle attività dei commercianti tedeschi facenti parte della lega anseatica. Gli edifici sono stati distrutti più volte e sempre ricostruiti, particolarmente graziose sono le colorate case frontali che si affacciano sull’acqua, sedi di botteghe e negozi.
La presenza della luce serale di luglio ci ha consentito di salire su una delle cime che sovrasta la città utilizzando la Fløibanen, la spettacolare funicolare che giunge sul monte Fløyen, dal quale si gode un panorama bellissimo della zona. Questo luogo ci ha fatto apprezzare al tramonto l’incantevole posizione di Bergen, situata tra mare e monti, ma gli oltre 2200 mm. di pioggia annui non la rendono propriamente il luogo ideale dove vivere.
Soddisfatti dell’impatto con la Norvegia siamo scesi in città e ci siamo diretti verso l’hotel, una di quelle strutture smart in voga da quelle parti: check-in automatico e sacchetto della colazione su richiesta. Abbiamo usufruito di queste soluzioni altre volte durante il viaggio, con un bilancio tutto sommato positivo sui servizi offerti e sui costi.
Lunedì 29 luglio 2019 BERGEN – OSLO
La seconda tappa è stata pianificata nei minimi dettagli. Ho voluto raggiungere Oslo in treno effettuando una deviazione per vedere uno dei fiordi più rinomati della Norvegia, il Nærøyfjord.
Per svolgere l’intero tragitto in una giornata bisogna partire al mattino dalla stazione dei treni di Bergen e raggiungere Voss. Già in stazione ci siamo resi conto che eravamo in buona compagnia, perché una lunga coda si era formata al varco di accesso del binario. La maggior parte di questi passeggeri è scesa con noi a Voss ed è salita sui bus di un famoso tour operator norvegese che svolge l’itinerario da cui ho tratto ispirazione. Io e Claudio siamo saliti su un bus di linea che portava alla stessa destinazione, Gudvangen, dove ci attendeva un traghetto diretto a Flåm. I viaggiatori che avevano acquistato il pacchetto del tour operator sono partiti con un modernissimo e silenzioso traghetto elettrico, mentre il nostro era decisamente più datato e rumoroso ma proprio per questo esprimeva un certo fascino.
Il Nærøyfjord è spettacolare perché è stretto ed è circondato da montagne che sovrastano le tranquille acque di questo ramo del Sognefjord. La navigazione dura un paio d’ore e termina a Flåm, località famosa perché collegata a Myrdal dalla Flåmsbana, una ferrovia di 20 km. che sale dai 2 m s.l.m. della cittadina sul fiordo fino a 865 m. Il dislivello è elevato ma non viene fatto uso di cremagliera per tutto il percorso.
Il convoglio, composto da carrozze d’epoca, era zeppo di gente proveniente da ogni parte del mondo e per quanto il tragitto sia interessante il tutto è organizzato come un viaggio kitsch su un trenino turistico. Emblematica la sosta di fronte ad una bellissima cascata: tutti a terra ad ammirare i rumorosi balzi d’acqua quando all’improvviso è partita una musica onirica ad alto volume mentre una ballerina vestita di rosso danzava lontana, tra le rocce.
A Myrdal ci si ricollega alla linea Bergen – Oslo, pertanto dopo aver atteso il successivo treno proveniente dalla costa atlantica abbiamo trascorso cinque ore a bordo, fino all’arrivo nella capitale avvenuto oltre la mezzanotte.
Anche questo biglietto ferroviario, come tutti quelli utilizzati durante il viaggio, era stato acquistato online con largo anticipo. Sul sito delle ferrovie norvegesi i biglietti sono disponibili tre mesi prima della partenza, con una tariffa minipris estremamente vantaggiosa.
Martedì 30 luglio 2019 OSLO
Dopo un lunedì intenso ci attendeva una breve visita della capitale. E’ stato l’unico giorno di cielo grigio e in parte piovoso, ma questo non ci ha impedito di vagare attraverso Oslo, notevolmente cambiata rispetto alla nostra breve visita di oltre trent’anni fa con zaino in spalla. Una città che si è modernizzata e dove in pieno centro circolano soltanto auto elettriche, un luogo in cui il nostro principale ricordo degli anni ‘80 era l’edificio in mattoni rossi del municipio che tuttora caratterizza lo skyline della città e che ricorda alcune opere nostrane del ventennio.
Abbiamo visto alcune zone interessanti (Municipio, Teatro dell’Opera, area pedonale, Palazzo Reale) e molto altro ci sarebbe ancora da vedere in questa capitale green, dal museo d’arte moderna progettato da Renzo Piano al museo ospitante L’urlo di Munch passando per il parco Vigeland. Ma questo è un buon pretesto per ritornarci, con qualche ora di tempo in più a disposizione.
In serata ci aspettava il treno notturno diretto a Trondheim. Per guadagnare tempo avevo infatti deciso di prenotare due posti a sedere sul treno che senza fermate ci avrebbe portati a destinazione il mattino seguente. Non potevo sapere che il maltempo avrebbe causato un’interruzione della linea ed un pesante disservizio.
Mercoledì 31 luglio TRONDHEIM
Prima delle cinque del mattino Claudio mi ha svegliato bruscamente e in pochi minuti abbiamo dovuto abbandonare il treno e salire su un pullman, che dopo un paio d’ore ci ha portati alla stazione di un paesino posto sulla linea Oslo-Trondheim, oltre il punto in cui si era verificato il problema tecnico. Siamo saliti nuovamente su un convoglio che ci ha portati finalmente a destinazione con oltre due ore di ritardo.
Trondheim è stata una piacevole sorpresa, favorita da una splendida giornata di sole. E’ una cittadina con un gradevole centro pedonale e una bella cattedrale gotica, delle colorate case con palafitte sul fiume Nidelva e una suggestiva fortezza situata su una collina. Un ottimo bacalao ha reso ancor più gradevole la sosta. Generalmente ho mangiato bene in tutta la Norvegia, cibo caro ma buono. Salmone, merluzzo, zuppe di pesce, fish and chips, ma anche ottimi hamburger in locali selezionati tramite l’applicazione telefonica dedicata.
Giovedì 1 agosto TRONDHEIM – BODØ
Alle 7.30 è partito il treno che in dieci ore circa ci ha portati a Bodø, all’interno del Circolo Polare Artico. Ho scelto appositamente di effettuare questo tragitto di giorno per godermi lo spettacolo dal finestrino. Mi ha stupito vedere la zona di Trondheim zeppa di fattorie e campi di grano, guardando la cartina del paese mi pareva di essere troppo a nord per le coltivazioni agricole e gli allevamenti di bestiame. Invece il microclima della regione e la Corrente del Golfo consentono a queste latitudini attività tipiche di luoghi più meridionali.
Ad un certo punto del viaggio il capotreno quotidianamente informa i passeggeri tramite il microfono di bordo che il treno sta per attraversare il Circolo Polare Artico. Il convoglio rallenta e poi fischia nei pressi di un cippo che segnala l’inizio della parte più settentrionale del Paese. Dentro di noi cresceva l’entusiasmo, per me era come entrare in un territorio mitologico, sognato dapprima sulle cartine geografiche e poi esplorato virtualmente grazie al web in anni più recenti.
Emozionante il transito nella zona di Bodø, con il binario unico che si snoda lungo la costa del fiordo a pochi metri dall’acqua. Appena giunti in stazione dopo 700 km. di bosco, parchi naturali, fiumi e costa marina, ancora estasiato da tanta bellezza, mi sono avvicinato ai respingenti che indicavano a tutti i passeggeri un fatto inequivocabile: il termine della linea ferroviaria norvegese. Per salire più a nord bisognava da quel momento utilizzare altri mezzi.
Venerdì 2 agosto ISOLE LOFOTEN
Ritirata l’auto la sera precedente da un autonoleggio presso l’aeroporto di Bodø, ci siamo diretti di buon’ora verso il porto, dove alle 7 salpava il traghetto per le isole Lofoten. Partire con il ferry da Bodø destinazione Moskenes è un’ottima soluzione per vedere le isole, perchè consente di sbarcare direttamente all’estremità meridionale dell’arcipelago e di risalirlo poi interamente in auto fino a giungere nei pressi di Narvik. Diversamente, arrivando in auto o bus da Narvik e volendo raggiungere il villaggio di Å i Lofoten, situato all’estremità meridionale delle Lofoten, bisogna poi ripercorrere lo stesso lungo tragitto in direzione inversa.
Una volpe si è tranquillamente avvicinata all’auto mentre ci apprestavamo ad entrare nella pancia del traghetto, una visione forse comune da quelle parti ma per noi decisamente inusuale. Dopo un paio d’ore di navigazione, all’orizzonte sono apparse le inconfondibili sagome delle Lofoten, le cui vette erano immerse nelle nubi. E dopo tre ore e mezza siamo finalmente giunti nella parte più selvaggia e affascinante delle isole, dove il cielo plumbeo, le case di legno verniciate di rosso (le famose rorbuer) e le ripide montagne spoglie creavano un ambiente molto suggestivo. E’ stato emozionante girovagare inizialmente a piedi e poi seguendo la tortuosa strada E10 guidando la nostra utilitaria con targa norvegese, fermandoci quando possibile per scattare qualche immagine da condividere subito o da far vedere al rientro in Italia.
Seguendo le indicazioni della guida siamo usciti dalla strada principale per dirigerci verso il villaggio di Eggum, sulla sponda atlantica. E’ stata un’ottima idea perchè ci siamo ritrovati in un luogo selvaggio e in quel momento poco frequentato, nei pressi dei resti di un radar che i tedeschi avevano costruito per intercettare i nemici. Mare grigio come il cielo, vento, un tappeto di erba verde e pecore erano gli unici elementi che ci circondavano mentre esploravamo a piedi la zona. Dopo circa un chilometro abbiamo incontrato l’installazione Head, un’interessante opera d’arte raffigurante una testa che cambia aspetto a seconda dell’angolazione da cui la si osserva.
Uno spartano ostello ci ha ospitati nei pressi di Svolvær, il principale centro delle isole. Il giorno dopo sarebbero iniziate le lunghe tappe al volante, percorse alternandoci alla guida ogni 100 km. circa.
Sabato 3 agosto ISOLE LOFOTEN – TROMSØ
Per rispettare il programma e giungere a Stoccolma il 7 agosto abbiamo impostato tre tappe in auto di 400/500 km., da percorrere su strade spesso tortuose e con ferrei limiti di velocità. Nei pressi dei centri abitati c’è spesso l’autovelox, preceduto dalla segnaletica che ne riferisce la presenza. Colpito dai resoconti dei turisti che hanno infranto i limiti di velocità e poi subíto pesanti ripercussioni economiche, gli autovelox sono presto diventati un’ossessione per Claudio, che ha visto la presenza degli stessi come una sfida per adottare una guida impeccabile.
La prima delle lunghe tappe ci ha portati da Svolvær a Tromsø, una cittadina di circa 70.000 abitanti situata in una posizione bellissima, su un’isola circondata dall’acqua e da una corona di vette innevate. Tromsø in estate è la porta d’accesso a Capo Nord e in inverno è la base per escursioni con slitte trainate da cani, ma soprattutto è una delle zone migliori per osservare la famosa aurora boreale.
Siamo entrati in città attraverso un lungo ponte costruito sul ventoso braccio di mare che separa la terraferma dall’isola di Tromsoya e una volta lasciata l’auto ci siamo addentrati in questa strana cittadina per trascorrere un bel sabato sera tra ristopub e bar. Pare che nei week end estivi la gente esca di casa tardi e resti fuori fino al mattino, grazie al fatto che c’è sempre luce. Quando siamo arrivati noi il sole di mezzanotte già non si vedeva più da un paio di settimane, ma c’era comunque un chiarore crepuscolare che impediva alle ombre della notte di prendere il sopravvento anche solo per poco tempo e rendeva surreale l’atmosfera.
Domenica 4 agosto TROMSØ – CAPO NORD
Di buon mattino è iniziata la tappa più lunga, quella che ci avrebbe condotti alla fine del continente europeo. Circa cinquecentocinquanta chilometri da percorrere, che comprendevano due fiordi da superare in traghetto e un tunnel sottomarino di sette chilometri che separa l’isola di Mageroya (dove si trova Capo Nord) dalla terraferma. Si fa riferimento a Capo Nord (Nordkapp) come al punto più estremo del continente europeo, ma a tal proposito due considerazioni sono da fare: la prima è che il punto più a nord del continente sarebbe Knivskjellodden, un promontorio dell’isola di Mageroya raggiungibile soltanto a piedi, situato vicino a Capo Nord a una latitudine di 71°11’08”; la seconda è che siccome sia Knivskjellodden che Capo Nord si trovano su un’isola, il punto più a nord dell’Europa continentale è in realtà Capo Nordkinn (Kinnarodden), a est dell’isola di Mageroya. Ma la strada e le infrastrutture turistiche si trovano a Capo Nord, che sarà pure solo il punto convenzionalmente indicato come più settentrionale del continente, ma per tutto quello che rappresenta è un mito.
Dopo essere giunti ad Alta costeggiando il mare tra paesaggi inaspettatamente ricchi di verde e fiori colorati la strada E6 svolta verso l’interno e sale verso un altopiano dove il paesaggio cambia. Gli alberi scompaiono e lasciano spazio alla tundra, la strada corre dritta fino all’orizzonte visivo e la sensazione è quella di trovarsi molto a nord. Attraversato questo territorio si giunge nuovamente su un fiordo, ma questa volta su un ramo del mar di Barents. Il paesaggio è molto diverso da quello atlantico, più selvaggio e aspro, non ci sono più gli effetti sul territorio che fino a pochi chilometri più a ovest la Corrente del Golfo esercita sulla costa atlantica.
Ci siamo trovati così sulla E69, la strada europea che porta a Capo Nord e che costeggia per circa 80 km. il mare fino a giungere al tunnel sottomarino che conduce all’isola di Mageroya. Da venti anni quest’opera dell’ingegno permette di arrivare a Capo Nord senza imbarcarsi sull’ennesimo traghetto. Si tratta di un tunnel di sette chilometri che scende fino a oltre 200 metri sotto il livello del mare e che personalmente mette un pò di ansia, ci si trova infatti a guidare al buio lungo una discesa che pare porti al centro della terra. Ad un certo punto finalmente la strada risale fino a sbucare sull’isola, dove all’uscita abbiamo visto un ciclista sfinito steso sul bordo della strada. Non so quale sia lo stato d’animo di chi si tuffa pedalando in quel buco nero, probabilmente conforta il fatto di trovarsi a pochi chilometri dalla meta.
Siamo giunti così ad Honningsvåg, il centro maggiore di Mageroya, dotato pure di un piccolo aeroporto. Ci siamo diretti all’ostello, una struttura grande e spartana utilizzata in passato dai pescatori che si trova un pò fuori dal paese, dove abbiamo lasciato i bagagli per risalire subito in auto e affrontare gli ultimi trenta chilometri, i più lunghi del viaggio.
Infatti, come avevo già sperimentato nell’ultima tappa del cammino di Santiago, l’avvicinarsi dell’agognata meta crea una dilatazione temporale per cui i chilometri sembrano più lunghi, in quanto ci si concentra troppo sulla distanza mancante. Tundra, cielo plumbeo e uggioso, branchi di renne erano il perfetto scenario per l’arrivo al promontorio dove la strada finisce. Finalmente ecco apparire la sagoma della struttura dove si trovano negozi, bar, ristorante e altre attrazioni turistiche, preceduta da un casello dove una solerte norvegese richiede il pagamento di circa 27 euro a testa per l’ingresso al sito. Parcheggiata rapidamente l’auto, la cui strumentazione segnava una temperatura di 4 gradi, ci siamo diretti con entusiasmo verso il globo. La struttura metallica costruita nel 1977 si trova sulla punta del promontorio, 300 metri sopra il mare. In quel momento dei raggi di sole hanno penetrato le nubi basse rendendo dorate le rocce e il mare, una meraviglia che abbiamo contemplato per alcuni minuti, quasi soli davanti all’orizzonte infinito.
Ho pensato a tutte le persone che sono arrivate lì prima di me, ai due vicini di casa che erano in quel luogo nel 1978 e all’emozione provata dai primi esploratori. Giuseppe Acerbi fu uno dei primi uomini a giungere a Capo Nord e nel diario della sua visita, avvenuta nel 1799, così scrive: “Là tutto è solitario, tutto lugubre, tutto sterile. Niuna foresta sulla cime di quei monti, niuna verzura sulle grigie asperità di quegli scogli. Non un uccello terrestre rompe col suo volo la pacatezza dell’aria, niuna voce vi si ode fuori del muggito delle onde marine e del fischio delle tempeste. Un oceano immensurabile, un cielo senza orizzonte, un sole senza riposo, notti senza risveglio. La infecondità, il silenzio, la desolazione, ecco i tratti di questo quadro sublime e tremendo, ecco il Capo Nord”.
Da lunedì 5 agosto a martedì 7 agosto MAGEROYA – NARVIK – STOCKHOLM
In una settimana Capo Nord era stato raggiunto, risalendo via terra l’intera Norvegia. Iniziava il lungo viaggio di rientro, che dopo una sosta notturna in un accogliente lodge a Lyngseidet ci ha portati a Narvik, dove abbiamo riconsegnato l’auto noleggiata. Da questa cittadina parte un binario costruito e gestito dalle ferrovie svedesi per collegare il porto alla città mineraria svedese di Kiruna, binario che poi scende verso sud fino a giungere a Stoccolma. Siamo saliti a bordo del famoso treno che ogni giorno si inerpica sulle montagne che separano la Norvegia dalla Svezia, attraversa la Lapponia, scende lungo la penisola scandinava e dopo diciotto ore di viaggio e circa 1500 chilometri arriva nella capitale svedese. E’ un tragitto affascinante durante il quale, sorseggiando un the nella sgangherata carrozza ristorante, ho ripercorso mentalmente tutte le tappe del viaggio, mentre all’esterno scorrevano gli alberi della foresta lappone.
A Stoccolma mi sono fermato due notti, così come a Copenaghen, raggiunta con l’ennesimo viaggio in treno per prendere il volo che mi ha riportato in Italia, a Bologna.
Ma questa è un’altra storia, una parentesi mondana al termine di un viaggio dell’anima.