Arcumeggia e Legro, borghi dipinti
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Arcumeggia – la prima galleria all’aperto d’Italia
Arcumeggia è un borgo senza tempo, uno di quei luoghi dove tutto sembra fermo e pare che non debba succedere mai niente. E’ un piccolo accrocco di case di montagna situato tra la Valcuvia e la Valtravaglia, frazione di Casalzuigno a 25 km da Varese. Abitanti solo 65, fino a poco tempo fa nessun bar o ristorante e nessuna locanda per dormire, mancanza a cui sopperisce oggi la Locanda del Pittore, che offre anche sei camere dedicate ad artisti famosi. Arrivarci non è facile: appena lasciato l’abitato di Casalzuigno, la strada si inerpica sul Monte Nudo. Sono 5 km di tornanti strettissimi a una sola corsia, spesso con ritornante, che comportano seri problemi di transito quando si incrocia un veicolo.
Questo luogo in apparenza anonimo possiede in realtà qualcosa di speciale: Arcumeggia è il primo borgo dipinto d’Italia. Sui muri delle case che si affacciano su stretti vicoli sassosi un gruppo di pittori famosi ha dato il proprio contributo per creare uno stupefacente museo a cielo aperto, ideato perché l’arte raggiunga tutti e sia un bene fruibile da tutti senza costrizioni di ordine pubblico o privato. Qui non pagherete il biglietto di ingresso per trovarvi davanti a un Sassu o a un Treccani, che pure di valore sul mercato ne hanno parecchio.
L’idea è nata nel 1956, quando l’Ente Provinciale per il Turismo di Varese organizzò una mostra permanente di pittura (“Pittori in vacanza”) e inaugurò la “Galleria all’aperto dell’affresco”, con l’intento di chiamare artisti da tutta Italia ad affrescare le pareti delle case del borgo. Maestri famosi hanno aderito con entusiasmo: Gianfilippo Usellini, Giovanni Brancaccio, Giuseppe Montanari, Aligi Sassu, Giuseppe Migneco, Remo Brindisi, Achille Funi, Ernesto Treccani…. Gli affreschi sono stati realizzati in gran parte tra il 1956 e il 1990, ma se n’è aggiunto qualcuno anche dopo, gli ultimi tra il 2001 e il 2006.
Mentre lavoravano, i pittori erano ospiti degli abitanti, ai quali per ringraziamento hanno dedicato vere e proprie ‘chicche’ come la mattonella di Gianfilippo Usellini in via degli Allievi, che recita in dialetto “Severin béf pòc vin”, e l’affresco di Innocente Salvini proprio all’ingresso del borgo “La ripartizione della polenta in famiglia”.
Il dipinto più famoso, quello con cui si raffigura di solito il museo all’aperto di Arcumeggia, è “I corridori” di Aligi Sassu, che descrive con impressionante vividezza un momento di competizione tra Bartali e Coppi (la fotografia è allegata al diario). In totale i quadri sono 35, ed essendo il borgo davvero minuscolo si possono vedere tutti in poco tempo.
Persino le edicole della via Crucis, appena fuori dalla chiesetta del paese dedicata a Sant’Ambrogio, sono affrescate e mosaicate. Notevole è pure la Casa del Pittore che conserva i bozzetti e le prove degli affreschi e ospita corsi estivi di pittura organizzati dall’Accademia di belle arti di Brera.
Arcumeggia è un villaggio colorato di cui ci si innamora, aggrappato alla montagna con le case addossate le une alle altre, con le strade di ciottoli, con le fontane da cui l’acqua zampilla notte e giorno, con le meravigliose opere che tanti grandi maestri hanno voluto lasciarci in dono.
Legro – il cinema messo al muro
Legro, 400 abitanti, è una piccola frazione di Orta San Giulio abbarbicata sulle colline cusiane che portano al Mottarone. Ha sempre vissuto all’ombra di Orta, che è meta di turisti provenienti da tutto il mondo e richiama instancabili romantici. Legro invece non ha particolari attrattive, o meglio non ne aveva fino a quando la attivissima Pro Loco locale ha proposto un’iniziativa geniale: dipingere i muri delle case con episodi di film famosi. Ecco quindi artisti provenienti da tutta Italia e dall’Europa cimentarsi nel raccontare, attraverso una serie di affreschi dipinti sui muri delle case, i film girati nel passato sul Lago d’Orta. Gli affreschi sono stati dipinti tra il 1998 e il 2004. Il modello arriva da Arcumeggia, provincia di Varese, capostipite dei “paesi dipinti d’Italia”.
Gli affreschi sui muri si notano subito, appena scesi dal treno alla stazione di Orta Miasino. Il primo che si vede, secondo molti il più bello, raffigura una scena di “Riso amaro”, un film del 1949 di Giuseppe De Santis con Silvana Mangano e Vittorio Gassman che racconta una storia nata tra le mondine temporanee che venivano assoldate all’inizio della stagione di raccolta del riso nelle campagne vercellesi.
Girare tra le case affrescate è un vero piacere, una riscoperta di film d’autore ingiustamente dimenticati, flash di episodi che raccontano momenti della nostra storia ormai raramente proposti nei palinsesti delle tv. Scoprirete “La maestrina” di Giorgio Bianchi (1942), “Orta mia” (1960) e “I racconti del maresciallo” (1967) di Mario Soldati che ha vissuto qui vicino per alcuni anni, “Addio alle armi” di Charles Vidor (1957), “Il balordo” (1978) di Pino Passalacqua, “La stanza del vescovo” (1977) di Dino Risi, “Una spina nel cuore” di Alberto Lattuada (1986). Anche autori stranieri hanno voluto dare il loro contributo: su una parete troverete immagini di uno sceneggiato televisivo tedesco del 1980 (“Jacob und Adele”). In totale sono 45 gli affreschi che ci riportano a flashback di storia del cinema e a momenti di vita del secolo scorso.
Tutti gli affreschi sono dipinti su muri di proprietà privata, ma se volete fare la foto basta suonare il campanello e i gentilissimi proprietari vi consentiranno di entrare e fissare sulla X-card un ricordo indelebile della visita a questa borgata così originale.
Gli studenti del Liceo Artistico di Omegna hanno voluto dare il loro contributo artistico al paese, dipingendo con la tecnica dei writers una serie di graffiti lungo la via Lunati, a destra uscendo dalla stazione. Questa iniziativa è contestatissima da una parte della cittadinanza della borgata. In particolare è biasimato un murale che raffigura l’isola San Giulio che esplode sopra un vulcano (effettivamente discutibile). Molto bello invece il murale degli studenti che ricorda Pasolini.
Orta San Giulio e Isola San Giulio
Venire da queste parti senza dedicare un po’ di tempo alla visita di Orta San Giulio sarebbe imperdonabile.
Sulle stradine di acciottolato che scendono verso il lago hanno già sparso il sale, perché di notte qui va sottozero e ghiaccia, e bisogna stare attenti a non scivolare sulle pietre. Il fumo azzurrino delle stufe sale lento dai camini posti sui tetti di tegole rosse, formando volute e spirali che disegnano arabeschi nell’aria cristallina. Sullo sfondo Isola San Giulio illuminata dalla luce di taglio del sole che sorge dietro il Mottarone.
Non c’è quasi nessuno in Piazza Motta ad aspettare il motoscafo che fa servizio di linea verso l’isola. Sono solo le 8 e un quarto: al Piccolo Bar mi dicono che la prima partenza è alle 9, e che bisogna essere almeno in tre. C’è un ragazzo inglese che ha intuito che anch’io voglio andare sull’isola: speriamo che arrivi il terzo. Non c’è fretta. Nell’attesa c’è tempo per osservare con calma la piazza su cui si affacciano tra portici e ippocastani le case a colori pastello e tanti simboli della cittadina: il Palazzo della Comunità della Riviera di San Giulio, o Broletto, con lo stemma azzurro di Orta che stacca sulla parete affrescata, i ristoranti chiusi (chissà se apriranno a mezzogiorno), la bottega di articoli regalo, la raffigurazione di Cristo sopra la gelateria Eliot e la bottega di artigianato tessile Penelope, la facciata spettrale dell’Albergo Orta che pare abbandonato con l’insegna blu ormai sempre meno blu, la salita Motta pavimentata in sasso con in cima la parrocchiale di Santa Maria Assunta e le viuzze che si diramano a raggiera verso il lungolago e verso la collina. C’è il tempo anche per fare delle bellissime foto all’Isola San Giulio che in queste giornate di inizio dicembre, nitide e terse, riflette i caldi colori delle ville e del bosco nello specchio di acque tranquille del lago.
Intanto è arrivata una coppia di signori di Napoli: abbiamo raggiunto il numero minimo di persone per andare sull’isola.
La piccola Isola di San Giulio sembra un gioiello uscito dalle mani sapienti di un cesellatore antico. E’ occupata quasi per intero dall’abbazia benedettina Mater Ecclesiae, che essendo di clausura non si può visitare. Oltre alle monache, poche persone vivono stabilmente dall’isola, le cui abitazioni e le bellissime ville che si affacciano sul lago sono in realtà quasi tutte delle seconde case. Il percorso di visita dell’isola è il sentiero della meditazione e del silenzio, che costeggia il monastero aprendosi ogni tanto a vedute su Orta a est e su Pella a ovest, sull’altra sponda del lago. Ciò che rende questa passeggiata veramente particolare sono il silenzio e il senso di pace che sembrano nascere dal profondo dell’isola. Qui tutto è un richiamo alla meditazione, comprese le numerose citazioni multilingue riportate sui cartelli lungo il percorso: “Ascolta l’acqua, il vento, i tuoi passi” – “Il silenzio è musica e armonia” – “Il saggio sbaglia e sorride”. Le ha scritte Madre Anna Maria Canopi, badessa del monastero dell`isola.
Da una delle strette vie che scendono al lago osservo una barca di pescatori che prova a prendere lucci e persici con l’antica tecnica della tirlindana, che non vedevo più praticata da decenni. Neri cormorani li seguono con interesse: questi killer ittiofagi trapiantati dall’Oriente sono arrivati anche qui.
La Basilica di San Giulio, principale attrattiva visitabile dell’isola, apre alle 9 e mezza. E’ una chiesa in stile romanico barocco costruita tra il XII ed il XVIII secolo dove in una cripta sono conservate le spoglie del santo. All’interno, tra i raggi di sole che filtrano dalle aperture, stupiscono i bellissimi affreschi sulle navate laterali. Raffigurano momenti della storia ecclesiale della Valcuvia e dei santi maggiormente venerati nella zona. Particolarmente realistica la raffigurazione del martirio di San Lorenzo, arrostito sulla graticola dall’imperatore Valeriano. L’elemento più famoso dell’interno è l’ambone (tribuna sopraelevata per la lettura dei testi sacri o per le prediche), in serpentino proveniente dalle vicine cave di Oira, che assume tonalità che vanno dal verde scuro al grigio-nero secondo la luce che lo colpisce.
L’isola è piccola si può vedere in un’ora. Dal molo davanti alla basilica ogni mezz’ora ripartono i motoscafi verso Orta. Nei periodi di alto afflusso turistico chiaramente ce n’è di più.
Altri borghi dipinti
Arcumeggia ha fatto da pioniere e pilota all’esperienza dell’arte sui muri delle vie di paese. Oltre a Legro, che ha scelto la strada dell’affresco a tema cinematografico, ce ne sono altri 27 solo in Lombardia e molti altri in tutta Italia. I più noti: Calcio in provincia di Bergamo, Cadorago (CO), Parlasco (LC), Guidizzolo (MN), Balbido (TN), Bagnasco (CN), Valloria di Prelà (IM), Saludecio (RN), Matelica (MC), Vietri sul Mare (SA), Castelsilano (KR), Orgosolo (NU).
Grazie per l’attenzione. Andate a vedere qualcuno di questi villaggi dipinti.
Luigi
Luigi.balzarini@tin.it