Romania fuori dagli schemi
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È da questa suggestione culturale, alla ricerca delle testimonianze di questa impronta centro-europea, che nasce la curiosità di conoscere qualcosa di più su questo frammento di storia europea (popolazioni tedesche che si sono stabilite in Romania fin dal 1200), per poi provare a organizzare un viaggio in Romania, perché l’Europa può continuare a stupirci con la sua ricchezza, qualche volta un po’ nascosta, se non misconosciuta.
Le testimonianze di chi ci ha preceduto ci convincono che la meta è interessante per quelli che sono i nostri canoni di viaggiatori. Per cominciare a tracciare un itinerario scegliamo come filo conduttore luoghi e beni dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Questa opzione ci porta a individuare tre regioni ricche di testimonianze artistiche, storiche ed etnografiche, cui si aggiungerà, strada facendo, una componente bucolica che possiamo definire come “la dolce campagna rumena”. Le tre regioni sono il Maramures, la Bucovina e la Transilvania.
Oltre a tutte le informazioni che si reperiscono in rete, ci affidiamo alla solita Lonely Planet (che si rivela ancora una volta deludente) e prima di partire leggiamo il libro Lungo la via incantata di William Butler che, immediatamente dopo la caduta del comunismo, ha visitato il paese e ha poi vissuto diversi anni tra il Maramures e la Transilvania, condividendo la vita quotidiana con i contadini, gli zingari, le popolazioni di lingua tedesca, oltre a occuparsi della tutela di alcuni beni storico-artistici. Pur se l’autore, a mio avviso, ha un atteggiamento eccessivamente romantico e nelle sue affermazioni/giudizi a volte sembra non tenere conto di un semplice senso di realtà, il racconto della sua esperienza fornisce una chiave di lettura utile al viaggiatore.
Il Maramures
La nostra amica Laura ci aveva consigliato: non perdetevi il Maramures.
La regione si trova al confine con l’Ucraina e ha una chiara impronta agricola, di un’agricoltura ancora non meccanizzata: il fieno viene falciato a mano e raccolto in grandi covoni che caratterizzano il paesaggio, si pratica l’allevamento brado e nei villaggi si incontrano senza problema galline che razzolano per la strada. I campi sono raggiunti con carretti tirati da uno o due cavalli e non è raro, a sera, incontrarli pieni di fieno, con i contadini appollaiati in cima.
Le tradizioni sono molto sentite e la domenica le donne si recano alla funzione religiosa indossando gli abiti tradizionali, gonne colorate, camicia immacolata e foulard in testa, senza disdegnare scarpe moderne, tacco dodici. Ma abbiamo incontrato qualcuno che calzava le opinḉi, così simili a quelle dei pastori ciociari che oggi scendono in città nel periodo natalizio per suonare la zampogna.
L’artigianato del legno è presente e ancora molto importante. Le fattorie, i poderi presentano importanti cancelli di legno intagliato, tipici di questa regione – non li abbiamo incontrati altrove – con una porta grande che consente di far entrare il carro e una più piccola per le persone. Ed è ancora la costruzione in legno che caratterizza le chiese tradizionali, dichiarate Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, che in alcuni casi presentano significativi dipinti all’interno, con scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, semplici e con un chiaro intento didattico per i fedeli. I cartigli in caratteri cirillici le rendono quasi dei fumetti. In alcuni casi ricordano la pittura sognante di Chagall. Alcune di queste chiese prevedono l’ingresso a pagamento, altre a offerta libera. Gli orari di apertura sono diversificati, spesso è prevista una pausa all’ora di pranzo. A volte un numero di telefono affisso alla porta d’ingresso consente di chiamare il custode con le chiavi. Noi ne abbiamo visitate diverse nei villaggi di Desesti, Budesti, Calinesti, Ieud, Barsana, Botiza, Surdesti. In alcuni di questi villaggi sono presenti piccoli “musei” che espongono oggetti tradizionali: lavori in legno, ricami colorati, giacche in pesante lana cotta, ceramiche, tappeti tessuti a mano. Spesso si tratta di iniziative private di persone che allestiscono a questo scopo un paio di stanze della loro casa e ti invitano con gentilezza a entrare. Poi cercheranno di venderti qualche oggetto e dopo la prima esperienza si riesce a scantonare e a declinare le loro offerte. Il senso dell’ospitalità è comunque molto spiccato e in qualche caso ci è stato offerto qualcosa da mangiare che la padrona di casa stava preparando: un’ottima pasta lievitata e fritta, ancora calda, per esempio.
La visita del Maramures richiede calma, tempo e curiosità. È importante avere una propria auto e una mappa particolareggiata per poter girare da un villaggio all’altro, seguendo non solo le indicazioni di una guida, ma anche le particolarità su cui cade l’occhio più o meno inconsapevolmente.
Ancora un luogo protetto dall’UNESCO è il Cimitero Allegro di Sapanta, vicinissimo al confine con l’Ucraina. È la realizzazione concreta di una Spoon River, che Edgar Lee Master aveva immaginato e creato come prodotto letterario: le croci in legno sono dipinte con colori vivaci e riportano non una fotografia, ma una semplice, quasi infantile, rappresentazione pittorica del defunto, spesso raffigurato nella sua attività lavorativa (il contadino, l’insegnante, la tessitrice, il prete) e poi un commento scritto che riassume i tratti salienti della sua vita o del suo carattere. E peccato non riuscire a comprenderne il significato che, ci hanno assicurato, è spesso molto umoristico.
Una parentesi più tragica, ma di grande interesse, è rappresentata dal Memoriale per le vittime del comunismo che è stato organizzato a Sighet Marmatiei, in quello che una volta era il carcere, anzi uno degli innumerevoli carceri del paese, istituiti per i detenuti politici. L’esposizione offre un interessante spaccato delle vicende politiche che hanno caratterizzato la Romania dalla fine della seconda guerra mondiale alla caduta del comunismo, partendo dal ribaltamento dei risultati elettorali del 1946, che nella realtà non avevano dato la vittoria al partito comunista, e dalla decapitazione di una classe dirigente e intellettuale che avrebbe ostacolato il consolidamento del regime comunista, indispensabile per la realizzazione concreta delle sfere d’influenza sancite dagli accordi di Yalta. Nelle sale e nelle celle che si susseguono sono presenti innumerevoli documenti e cartelloni esplicativi con immagini tratte dagli archivi. Il tutto è in rumeno, ma al visitatore straniero viene fornito un libretto in varie lingue (anche in italiano) con la descrizione del contenuto, sala per sala. Di grande impatto visivo sono le statue in bronzo presenti nel cortile, uomini e donne rappresentati nella sofferenza claustrofobica della mancanza di libertà.
Partendo da Viseu de’ Sus, la valle del Vaser può essere risalita a bordo di treni a vapore, lungo la ferrovia che era stata costruita per trasportare a valle i tronchi di legno. Il paesaggio che si attraversa è molto suggestivo, una stretta valle rocciosa, verdissima, accanto al corso del fiume. Ma l’attrattiva è molto conosciuta e quindi affollatissima (opportuno prenotare il giorno prima). Proprio per sfuggire alla folla turistica, una volta giunti alla fine del percorso in treno, potrebbe essere consigliabile addentrarsi a piedi nel bosco lungo i sentieri segnalati che partono dal capolinea. Noi abbiamo dovuto rinunciare per la pioggia.
Nella nostra esperienza i giorni passati nel Maramures sono stati arricchiti dalla scelta di soggiornare al Village Hotel a Breb. Si tratta di una struttura composta da tre o quattro case tradizionali di campagna, ristrutturate mantenendone l’impronta originaria e arredate con mobili e suppellettili originali: pavimenti in legno scricchiolante, tappeti di lana di pecora, tovaglie e centri tavola di cotone pesante, ricamati a colori vivaci. Ogni casa ha una sua cucina a disposizione degli ospiti, cui vengono forniti i prodotti per la colazione, compreso il latte di mungitura con il suo strato di panna, le uova freschissime e la marmellata fatta in casa. Ma il valore aggiunto di questa sistemazione è dato dalla gestione di Duncan, simpatico inglese buon conoscitore del posto, e della sua factotum Julia sempre pronta a offrire indicazioni, consigli, supporto. La presenza di spazi comuni, dove incontrare gli altri ospiti, e la possibilità di cenare presso famiglie del villaggio, cucina contadina e prodotti locali, completano il quadro. Noi abbiamo trascorso una serata indimenticabile con Penny e Andrew, una coppia di simpatici australiani, e Mark, australiano anche lui.
La Bucovina
Anche la Bucovina (regione di Suceava) si trova nella parte nord della Romania, al confine con l’Ucraina, spostata a Est rispetto al Maramures. Ci conduce in questa Regione la presenza di chiese e monasteri dipinti, non solo all’interno, ma anche all’esterno, che caratterizzano questa zona. Molti di questi sono inseriti nel Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO e sono sparsi in un’area abbastanza ampia, attorno alla città di Guru Humorului, dove abbiamo alloggiato allo Hilde’s Residence, ottima struttura, piccola, con una chiara ed efficiente impronta tedesca.
Abbiamo visitato quattro monasteri: Humor, Voronet, Sucevita e Moldavita, costruiti tra la metà del ‘400 e la fine del ‘500. Avevamo intenzione di visitare anche la chiesa di Arbore, ma a fine giornata … abbiamo avuto difficoltà a trovarla, scontrandoci ancora una volta con le scarse e confondenti indicazioni stradali rumene. I monasteri visitati hanno tutti una struttura simile: sono fortificati, protetti cioè da una cinta muraria con torri di guardia, corpo in muratura e tetto spiovente con tegole di legno; la ripartizione degli spazi interni, tipica delle chiese ortodosse – abbiamo imparato – in nartece, navata e santuario, protetto dall’iconostasi e inaccessibile se non al prete officiante.
I dipinti coprono tutta la superficie muraria, sia all’interno che all’esterno, anche se proprio all’esterno alcuni sono andati persi per l’azione combinata di vento, pioggia, neve. La cura che gli viene riservata è importante e in un paio di monasteri abbiamo incontrato squadre di restauratori al lavoro. Gli affreschi hanno alcuni temi ricorrenti: il Giudizio Universale, l’albero della Vita, i santi e martiri tipici del culto ortodosso. La pittura risente fortemente dell’influenza bizantina, anche se a Sucevita abbiamo notato una matrice più naturalistica che porta a supporre un contatto con la pittura italiana. I monasteri sono molto famosi e molto frequentati, per cui può capitare di trovarli affollati. Sono comunque luoghi di culto e se ne percepisce la spiritualità. In un paio di occasioni abbiamo incontrato all’interno suore salmodianti. Interessante il richiamo alla preghiera, osservato in un pomeriggio, con una suora che percorreva il perimetro esterno intorno alla chiesa percuotendo ritmicamente una lunga asta di legno leggero, con un bastoncino ugualmente di legno.
L’emozione. Percorrendo la strada che da Guru Humorului porta al Monastero di Humor notiamo all’interno, sulla destra, un po’ in alto rispetto al livello stradale, un antico cimitero ebraico, protetto da una semplice rete di metallo. Ci ripromettiamo di dargli un’occhiata al ritorno. Non è stato facile trovarne l’accesso, ma alla fine ci siamo imbattuti in un cancello in ferro a due battenti, ciascuno sormontato da una stella di David. Entriamo sul vialetto e ci vengono incontro due piccoli cani che abbaiano contro i due intrusi. Li segue, dopo poco, un’anziana signora con cui riusciamo a scambiare qualche parola in tedesco: è lei la custode del cimitero e fa parte di quella che una volta, prima della seconda guerra mondiale, era l’importante comunità tedesca della città, maggioritaria rispetto a quella rumena (2000 famiglie tedesche, 900 ebree e 800 rumene). Oggi non ci sono più tedeschi nella zona: la guerra, le deportazioni in Transnistria per contribuire forzatamente alla ricostruzione post bellica, l’esodo dopo la caduta del comunismo. E lei, con un figlio che lavora in Italia, custodisce questo cimitero un po’ cadente, invaso dalle erbacce, e la memoria di una storia triste e difficile.
La Transilvania
Alle sue città, più o meno grandi, ai villaggi sassoni, alle chiese fortificate dedichiamo all’incirca una settimana, itineranti da un luogo all’altro, macinando molti chilometri in auto.
Le città che vogliamo segnalare sono Sighisoara, piccola con un centro storico medievale all’interno delle mura, ben preservato, invaso da frotte di turisti e pieno di ristorantini e negozietti di souvenir. Bella, ma un po’ artefatta.
Sibiu ci è rimasta nel cuore. Ha un bellissimo centro storico di stampo asburgico, pur con le sue specifiche caratteristiche romene, e una città bassa che ospitava gli artigiani e le loro attività produttive. Un bellissimo mercato alimentare di frutta e verdura, colorato e vivace. Vi abbiamo fatto tappa per tre giorni, utilizzandola come punto di partenza per le nostre escursioni nelle vicinanze e questo ci ha consentito di viverla in diverse ore della giornata, in situazioni e luci che ogni volta ne esaltavano qualche aspetto particolare: con la luce morbida del tramonto o, dopo una pioggia che aveva ripulito l’aria, riflessa nelle tante pozzanghere.
Cluj Napoca, punto di partenza e di arrivo del nostro itinerario. La seconda città della Romania, con una vivace università e vestigia di un passato non lontanissimo che possono essere valorizzate perché torni a essere meta di visitatori. Molto bella la sua cattedrale cattolica, di rito ungherese, in un puro stile gotico con interessanti, e non stridenti, sovrapposizioni barocche.
Alba Julia ha una cittadella difensiva risalente al ‘700 molto ben preservata, costruita sul luogo dell’antico insediamento romano, come recenti scavi archeologici hanno dimostrato.
Le chiese fortificate, che si trovano sparse sul territorio tra Brasov, Sighisoara e Sibiu, e i villaggi sassoni costituiscono il vero punto di interesse di questa regione, non essendo noi attirati dal più modaiolo vampirismo transilvano: sì, abbiamo saltato a piè pari la visita del castello di Bran, legato alla fama di Vlad Tepes, alias Dracula.
Si è rivelata felice la scelta di fermarci un paio di giorni in un albergo situato proprio in uno dei villaggi sassoni, a Biertan. Questo ci ha permesso di girare questo villaggio tradizionale in lungo e in largo, apprezzando la tipica architettura delle case che si sta cercando di preservare, anche con l’aiuto di un’apposita fondazione e con canoni fissati per il recupero edilizio. Purtroppo tantissime di queste vecchie case sono oggi disabitate in seguito all’esodo della popolazione di lingua tedesca intensificatasi dopo la caduta del comunismo. Qua e là, peraltro, abbiamo percepito la forza delle piccole comunità formate dai tedeschi che hanno deciso di rimanere: la testimonianza del pastore che tiene il suo sermone domenicale nella chiesa di Sischiz in tedesco o la musica di chiara matrice tedesca che filtra dalla casa del custode della chiesa di Copsa Mare.
Le chiese fortificate, cioè circondate da mura possenti per resistere agli attacchi dei mongoli dall’est e dei turchi da sud, sono tantissime e molte rientrano nel Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. Ci hanno particolarmente colpito quelle di Harman e Prejmer, vicino a Brasov, al cui interno oltre alla chiesa sono visitabili anche i camminamenti delle fortificazioni e le strutture abitative entro la cerchia delle mura, dove a ogni famiglia veniva assegnato un locale, consentendo a tutto il villaggio di trovare rifugio all’interno della fortificazione in caso di assedio. Molto bella è anche la chiesa fortificata di Viscrì e il villaggio sassone che la circonda e poi ancora le chiese di Valea Vilor e Axente Sever, vicino a Sibiu. In alcuni di questi siti sono stati organizzati piccoli, interessanti musei che mostrano i vecchi attrezzi agricoli e quelli per l’attività tessile, i costumi tipici e la ricostruzione dei vari ambienti di una casa e di un’aula scolastica.
Una deviazione più prettamente naturalistica si può fare percorrendo la strada Transfagarasan, che attraversa i Carpazi da Nord a Sud, mettendo in comunicazione la Transilvania con la Valachia. La costruzione della strada avvenuta in poco più di quattro anni, negli anni ’70 del ‘900, è stata un’ambiziosa realizzazione di Ceausescu, utilizzando un quantitativo enorme di dinamite e causando la morte di diversi operai nel corso della costruzione. Il paesaggio del versante Nord, fino al laghetto glaciale di Balea, è suggestivo, ricco di boschi e di acqua. Anche questo è però un luogo molto conosciuto e molto frequentato, pieno di bancarelle di souvenir.
Gli incontri
I romeni sono stati una vera scoperta. Siamo riusciti a parlare con molte persone e se, avessimo conosciuto un po’ più di tedesco, la comunicazione sarebbe stata migliore. Abbiamo incontrato persone disponibili a raccontare della loro terra, orgogliose delle loro città, generose nell’offrire il cibo che stavano preparando o un bicchierino di palinca – horinca nel Maramures – un’acquavite spesso casalinga prodotta dalla fermentazione di prugne o mele. Disponibili nell’aiutarci a trovare un caricatore per le batterie della macchina fotografica che avevamo lasciato a casa, provando e verificando, con grande professionalità commerciale, che quello che ci stavano proponendo fosse proprio adatto alla nostra macchina.
Ci hanno lasciato un messaggio: fateci pubblicità in Italia, perché la Romania può essere anche una meta turistica, non solo un paese dove fare business.
Sia in Bucovina che in Transilvania abbiamo incontrato molti zingari ma non sapremmo dire quanto siano integrati con la popolazione rumena. Qualche volta, raramente, ci hanno avvicinati chiedendoci l’elemosina, con un atteggiamento che ben conosciamo.
Notazioni generali
Le potenzialità turistiche delle regioni che abbiamo visitato sono elevate, ma il rischio di un deterioramento del territorio e della conseguente perdita della sua identità è molto forte.
Gli emigrati che hanno lavorato nei paesi occidentali tornano in patria e la loro maggiore, comprensibile ambizione è quella di costruirsi una casa. Girando per il paese abbiamo visto tante nuove costruzioni, architettonicamente senza alcun pregio e dipinte nei colori più improbabili, mentre vecchie case disabitate sono abbandonate con la prospettiva che il passare del tempo ne determinerà la perdita. In quasi tutti i villaggi è stata costruita, o è in corso di costruzione, una nuova chiesa (la religiosità è molto sentita dalla popolazione), generalmente piuttosto maestosa e visibile da lontano – per esempio per una cupola dorata – abbandonando le vecchie chiese tradizionali, troppo piccole, troppo semplici…
La cura del territorio che abbiamo trovato nei villaggi sassoni, con il recupero delle architetture tradizionali delle abitazioni ovvero quella del Village Hotel a Breb nel Maramures sembra la strada da percorrere per uno sviluppo in chiave turistica che non snaturi il paese e le sue peculiarità culturali. Sono esempi da esportare in altri luoghi e altri contesti, con la consapevolezza che l’equilibrio da ricercare è fragile e va perseguito con continuità.
Notizie spicciole
La Romania è un paese con una rete infrastrutturale ancora scarsa. Le autostrade sono pochissime e le strade statali hanno in genere solo due corsie e attraversano il centro dei villaggi e delle cittadine più piccole. In questo modo gli spostamenti richiedono sempre parecchio tempo e gli itinerari vanno programmati tenendo conto di una velocità media di 50/60 km/h. La segnaletica non è particolarmente curata e in alcuni casi abbiamo penato per raggiungere la nostra meta, complice anche un sistema GPS del tutto inefficiente. I romeni sono spericolati nella guida, soprattutto nei sorpassi. La polizia è presente sulle strade e adotta sistemi di controllo della velocità non meglio identificati: noi siamo riusciti a beccarci una multa di 125 lei (ca. 40€) per eccesso di velocità!
Le città, anche quelle con un centro storico di rilievo, presentano periferie caratterizzate da tristi edifici che risalgono al periodo comunista, attorno alle quali stanno crescendo centri commerciali analoghi a quelli che si trovano in tutta Europa. Quali esempi di spiccata colonizzazione commerciale troviamo Carrefour, Leroi et Merlin, Kaufland, etc. La loro presenza assicura la disponibilità di prodotti standardizzati.
Le carte di credito sono accettate nella maggior parte delle strutture turistiche (alberghi, ristoranti), ma soprattutto per il cibo è bene avere contanti con sé. Il contante può essere prelevato agevolmente dalle postazioni ATM (Bancomat), frequenti tranne che nei piccoli villaggi.
La cucina romena non è eccelsa, ma semplice e con un po’ di attenzione si riesce a sfuggire alla carne. Gradevoli le zuppe (ciorba) e gli involtini di verza, ripieni di riso e carne, accompagnati da panna acida.
Per bere, la birra locale (Ursus) è abbastanza buona. Nei ristoranti abbiamo sperimentato anche il vino rumeno, al calice, non eccelso ma neanche disprezzabile.
Street food per eccellenza sono i “covrigi”, una specie di pretzel tedeschi, ricoperti di semi di sesamo, papavero, girasole. Vengono venduti dai panettieri che li sfornano a qualsiasi ora del giorno e quindi sono sempre caldi: buoni e a un costo irrisorio!
Notizie pratiche
La formula scelta è stata quella usuale del fly &drive.
Abbiamo volato da Roma Ciampino a Cluj Napoca (A/R) con la compagnia Wizzair (ungherese) al prezzo di ca 250€ a persona, A/R.
Per il noleggio dell’auto ci siamo avvalsi di un operatore locale che pratica prezzi molto convenienti rispetto alle compagnie di livello internazionale, ma non è stata una buona scelta perché ci hanno fornito un’auto VW Fox vetusta, senza quelle dotazioni minime che per noi sono ormai imprescindibili (es. servosterzo o chiusura centralizzata delle porte). Il costo del noleggio per 12 giorni è stato di circa 190€, compreso il navigatore, non troppo efficiente. Alla fine ci siamo affidati alla carta della Michelin, portata dall’Italia.
Per le sistemazioni alberghiere abbiamo prenotato i primi giorni già dall’Italia e poi nel corso del viaggio, con un paio di giorni di anticipo via Internet, mano a mano che l’itinerario prendeva forma. Il costo è stato in media di 60€ a notte per la doppia con prima colazione. Ecco gli alberghi dove ci siamo fermati:
Cluj Napoca: Villa Escala Hotel, piccolo albergo in una villa della zona residenziale, gestito da una coppia molto gentile, prodiga di consigli e informazioni e disponibile a chiacchierare in un ottimo inglese (www.escala-club-vila.ro)
Breb: Village Hotel Maramures (www.villagehotelmaramures.com)
Guru Humorului: Hilde’s Residence, anche in questo caso un piccolo albergo con un buon ristorante (www.lucy.ro)
Biertan: Pensiunea Unglerus, con annesso un ristorante medievale (www.biertan.ro)
Prejmer: Pensiunea Oficial, struttura molto semplice, ma pulita (www.pensiuneaoficial.com)
Sibiu: Continental Forum Hotel, si tratta di un grande hotel che occupa un palazzo di inizi ‘900, comodo in quanto a un passo dal centro della città, dotato di parcheggio (a pagamento), stanza assolutamente confortevole e prima colazione abbondante, ma il tutto un po’ anonimo, com’è usuale in questo tipo di strutture (www.continentalhotels.ro)
Per quanto riguarda il mangiare abbiamo speso una cifra variabile tra i sette e i quindici euro a pasto, apersona. I ristoranti ci sentiamo di consigliare:
A Cluj Napoca: Samsara, un ottimo vegetariano, con un buon menu, curato nell’arredamento senza essere lezioso (www.samsara.ro)
A Sibiu: Old Lisbon, ristorante portoghese, buoni piatti di baccalà, nella città bassa (www.oldlisbon.com)
La Dobrun, ristorante di cucina tipica romena, appena fuori del centro storico, in una vecchia fabbrica riattata (www.ladobrun.ro)
Syndicat Gourmet, sempre nella città bassa, piatti un po’ ricercati anche vegetariani (www.syndicatgourmet.ro)
E se avete bisogno di altre informazioni, non esitate a contattarmi.