¡a ver! Su due ruote dall’Italia alla Spagna
Da Savona a Castelfranco Veneto (km 411)
Le 4 bottiglie di CAVA sono ancora integre, la “Beer-celona” è salva, il barattolo in vetro con la terrine alle erbe di Provenza è resistito nel fagotto di biancheria in cui è rimasto avvolto per giorni e il condimento per la paella non ha farcito, per fortuna, le nostre borse impermeabili GIVI (comoda e funzionale alternativa allo zainetto e alle borse da serbatoio): è lunedì 24 agosto, sono le 3 e mezza del pomeriggio e siamo appena arrivati a casa, a Castelfranco Veneto, dopo aver percorso complessivamente 3.300 chilometri in 12 giorni e attraversato 5 Stati (Principato di Monaco, Francia, Andorra, Spagna oltre, ovviamente, all’Italia) sulle nostre 2 moto, una Kawasaki Z750 (Luigi) e una Triumph Street Triple (Barbara).
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Stiamo svuotando i bagagli e impacchettando i souvenir per parenti e amici cui andremo a far visita già prima di sera, fieri ed entusiasti, ancora in pieno stato di flow, lo stesso con cui abbiamo affrontato l’ultima tappa della nostra vacanza, da Savona, godendoci le curve dell’autostrada ligure ed evitando la pioggia di fine estate che ha minacciato, fin dalla mattina, il cielo grigio di questa tipica, un po’ melanconica, giornata di rientro.
Da Barcellona a Savona (in traghetto)
A Savona eravamo approdati domenica 23 agosto alle nove e mezza di sera dopo 21 ore di traghetto (18+3 di inspiegabile ritardo – e tutt’ora inspiegato, nonostante i reclami).
L’imbarco a Barcellona era avvenuto nella tardissima serata (oltre la mezzanotte) di sabato 22 agosto, il che ci aveva consentito di trascorrere la giornata in città. Ma quella che doveva essere una passeggiata rilassante prima del rientro in Italia, si era rivelata una “stra-cittadina” a 40°C sotto il sole, con un tasso di umidità fisicamente provante: dal quartiere El Poblenou, del nostro albergo, alla Sagrada Familia, attraverso calles desolate e quasi deserte fino a tarda mattinata; alle Ramblas nel flusso dei turisti tra i mimi artistici: alcuni in fase di vestizione e trucco, altri già in posizione sui piedistalli; una visita al mercato e … alle vetrine di Custo Barcelona; veloce sopralluogo al terminal dei traghetti e ritorno nel pomeriggio in albergo a riprendere moto e bagagli, dopo una pausa ristoratrice al Flaherty’s Irish Pub (atmosfera e clientela molto irlandese in pieno centro a Barcellona, con buone birre e ottimi piatti!).
La sera al terminal, con le nostre tute di pelle ripiegate sopra le borse, e gli stivali assicurati tra le une e le altre come a Tetris, eravamo stati messi alla prova con un paio di “false partenze”: dopo aver invitato le moto a disporsi per essere imbarcate prima degli altri veicoli, ci erano stati invece fatti passare davanti auto e camion, in un valzer impacciato di motori e in un vorticoso turbinio di fumi di scarico. A rendere il tutto ancor più teatrale ci aveva pensato una passeggera in evidente ritardo isterico che, da una vettura lanciata a velocità tra le moto in fila per imbarcarsi, come tra le chicane di un circuito di F1, imprecava “desplàzate! desplazate!” (spostati! spostati!) con mezzo busto fuori dal finestrino.
Dopo esserci finalmente imbarcati, avevamo assistito – perplessi – all’improvvisata assicurazione delle moto alle cinghie da parte di ciascun conducente in assoluta autonomia, senza alcun coordinamento né direttiva da parte dell’equipaggio.
Esausti, soltanto verso le 2 di notte ci eravamo finalmente addormentati nella sala-poltrone, rassegnati a passare una lunghissima notte e una lunghissima giornata di forzata inattività: ore che ci sono servite comunque a mettere a punto questo nostro diario di viaggio.
Da València a Barcellona (km 381)
Venerdì 21 agosto eravamo partiti da València in direzione Barcellona convinti di percorrere la N-340, detta carretera del Mediterráneo, per evitare la monotonia dell’autovia A7. Avevamo presto scoperto, però, che la N-340 correva sì lungomare, ma parallela a una strada a pedaggio e che quella indicata come A7 non era altro che la vecchia N-340; ci eravamo insomma ancora ritrovati subito in autostrada!
Dopo aver lasciato dietro di noi l’estesa periferia industriale di València, avevamo attraversato diverse località balneari intervallate, nell’entroterra, da piccoli distretti produttivi e, lungo la costa, da piattaforme in disuso e scheletri di capannoni: “eco-mostri” o archeologia industriale?!
In questo panorama un po’ dimesso, sotto un cielo lattiginoso per la cappa di umidità, nel bel mezzo di un tratto a scorrimento veloce, a 4 corsie, una famiglia con 2 bimbetti in costume e ciabatte, secchiello e paletta, si stava dirigendo a piedi verso una sottile lingua di sabbia, assolutamente non attrezzata, giusto… fronte-strada!
L’entrata a Barcellona era stata facile e l’albergo, anche se periferico e spartano (scelto in base al prioritario criterio della vicinanza al porto) aveva quello che serviva: parcheggio libero per le moto davanti all’entrata e ampia doccia!
La serata era finita al Paseig Maritim, con sangria vista-mare sotto i riflessi cangianti del Peix d’Or (opera dell’architetto canadese Frank Ghery), maxi fritto misto e, per chiudere, crema catalana (rivisitata sotto forma di semifreddo…!) al El Chiringuito de Moncho’s.
Da Madrid a València (km 360)
A València ci eravamo fermati un paio di giorni: mercoledì 19, arrivando da Madrid e giovedì 20 agosto.
La trasferta di mercoledì era stata breve e senza deviazioni di rilievo.
Arrivati a València nel pomeriggio, ci eravamo resi subito conto del motivo per cui il nostro hotel NH costava relativamente poco: era la “brutta copia” di un altro NH aperto lì accanto più di recente. D’altra parte, i servizi erano comunque molto buoni (compreso il parcheggio custodito per due moto al posto – e al costo – di un’auto, ma senza piscina interna) e posizione strategica (nonostante l’entrata quasi nascosta sul retro) nei pressi della Città delle Arti e delle Scienze e dei giardini del Túria.
Dopo un briefing organizzativo, avevamo deciso di riservare un tavolo per cena all’Alqueria del Pou, il locale con la miglior recensione di Tripadvisor entro perimetro di una passeggiata: il ristorante, dall’esterno, sembrava una vecchia osteria in mezzo ai campi. Per un disguido nella prenotazione, eravamo arrivati con oltre un’ora di anticipo, come ci aveva subito fatto capire una cameriera visibilmente indispettita: poco male, dopo uno scambio di battute con il titolare (nonostante nessuno capisse perfettamente la lingua dell’altro), avevamo ordinato intanto 2 birre (più altre 2) per ingannare l’attesa, senza sapere che poi ci sarebbero state offerte! La cena si era poi rivelata un tripudio di specialità valenziane, compresa la paella con le lumache e… il coniglio (ma con tutti quei gatti che giravano sotto il tavolo qualche domanda avevamo cominciato a farcela…), la birra (ancora!) locale la Túria e i postres, i dessert, accompagnati da un vino dolce e molto liquoroso che un camarero particolarmente intraprendente aveva preteso di farci assaggiare nonostante il nostro iniziale diniego, approfittando della nostra cedevolezza e della sua innata arte istrionica: aveva accompagnato ogni portata alla spiegazione in catalano, castigliano, inglese e francese del piatto, per poi informarsi sulla traduzione italiana (e dialettale veneta) di termini come cargol e conill.
Dopo una cena tanto impegnativa, il giovedì non era proprio iniziato con “l’oro in bocca”. Ma la tabella degli allenamenti in preparazione della Trentesima Maratona di Venezia (costruita da Luigi già la scorsa primavera) non ammetteva eccezioni: ci aspettavano 18 km di corsa… quindi: sveglia alle 7.45 e via lungo i giardini del Túria: i giardini si sviluppano su 9 km di lunghezza seguendo il corso dell’omonimo fiume deviato in seguito alle piene degli anni ‘50; sono attrezzati con aree dedicate a pesi, sbarre e altri esercizi con macchine di vario tipo e quotidianamente percorsi dagli abitanti di València (indossano tutti, o quasi, le maglie sponsorizzate della maratona o della 15 km notturna di València!).
Il pomeriggio era proseguito con la visione di un documentario 3D e a 360° all’IMAX e con una visita (deludente) al Museo della Tecnica (trasformato, di fatto, in un parco giochi con installazioni multimediali perlopiù compromesse, se non del tutto inattive).
Dopo una “passeggiata” fino al mare (quasi 8 km tra andata e ritorno sotto il sole seguendo una coppia più disorientata di noi, ma che, in costume e con il telo-mare sottobraccio, poteva sembrare quasi del posto!), concludevamo la serata all’Oceanogràfic: crudele come possono esserlo zoo e acquari, ma, allo stesso tempo, ammaliante per il fascino artistico di creature dai colori e dalle forme esotiche e commovente quanto lo è sempre la complicità tra uomini e animali (mozzafiato lo spettacolo notturno con i delfini!).
Da Saragozza a Madrid, passando per El Frasno e Santa Cruz de Grio sulla A1505 (km 344)
La domenica (16 agosto) era cominciata con la visita alla Basilica di Santa Maria del Pilar e al Museo Goya.
Eravamo quindi ripartiti in tarda mattinata, fiduciosi che in un paio d’ore al massimo avremmo coperto i quasi 300 km che separano Saragozza da Madrid, concedendoci qualche deviazione “agreste” verso i paesi di El Frasno e di Santa Cruz de Grio.
Mentre Barbara si misurava con il l’odiato sterrato di campagna, Luigi si esprimeva in virtuosismi di polvere e curve su strade bianche e sconnesse. Uno spaccato comunque singolare e affascinante sull’arida campagna castigliana: ci sono rimasti impressi nella memoria la sorpresa e la curiosità degli sguardi degli abitanti di Santa Cruz richiamati dal rumore degli scarichi (di Luigi) e la delicatezza di un’anziana signora mentre sollevava, cercando di far avanzare lentamente, sul ciglio polveroso della strada, il proprio vecchio e malandato cane stremato sotto il sole del primo pomeriggio.
Per il resto, arrivare a Madrid da Saragozza era stato facile, seguendo le indicazioni per il “chilometro zero”, la Origen de las carrateras radiales della Spagna. Ancora più facile dato che, in genere, con i gilet airbag gialli fosforescenti SPIDI addosso, gli automobilisti spagnoli ci scambiavano per la Guardia Civil, lasciandoci passare e facendoci strada anche nei peggiori imbottigliamenti. Orientarsi in centro città, invece, era stato un rebus, almeno fino a quando ci eravamo resi conto che le indicazioni principali si riferivano ai nomi dei quartieri, anziché delle vie.
A Madrid ci eravamo fermati 3 giorni, nel corso dei quali avevamo:
Fatto jogging nei parchi Casa de Campo, Parco del Retiro e Jardines de Sabatini, visitato il Teatro Real, Plaza de Oriente, il Prado (solo la selezione delle 50 principali opere merita un’intera giornata), il Real Monasterio de la Encarnación (la destinazione delle secondogenite), fatto un po’ di shopping da Agatha Ruiz de la Prada (nei limiti di quanto si può infilare, senza scrupolo di stropicciarlo, nelle borse morbide da sellino) e gustato specialità madrilene dolci (alla Chocolateria San Ginés) e salate (alla Jamoneria Julian Becerro).
Da Perpignan a Saragozza, passando per Andorra La Vella (km 466)
Dopo una disperata ricerca del divieto di accesso in stile Banksy, che Barbara ricordava di aver visto arrivando la sera prima, eravamo usciti da Perpignan attraverso la sua principale e più famosa porta d’ingresso: la Gare de Perpignan celebrata dalla rappresentazione visionaria di Dalì che si riflette ancora nella facciata psichedelica dell’edificio di recente ammodernato.
Foto di rito e ripartenza alla volta della Spagna, seguendo da subito le indicazioni per Andorra la Vella e la scia di nuvoloni che si intravedeva già in lontananza all’orizzonte. Tempo 5 minuti al massimo e già avevamo le tute addosso… i motociclisti che incrociavamo portavano infatti i chiari segni di una lunga cavalcata subacquea. Da qui in avanti era stato tutto un susseguirsi di raffiche di vento, scosci, rovesci e altri “fenomeni” meteorologici. Peccato! perché la strada era sinuosa e in gran parte votata alla guida sportiva. Intirizziti dal freddo, con le visiere appannate e segnate da rigoli di acqua, non avevamo potuto apprezzare come avremmo voluto né i paesaggi dei Pirenei né le vivaci sagre di campagna le cui propaggini arrivavano ad attraversarci la strada con festoni rosso e oro della catalogna e scie di profumi della cucina fusion iberico-francese…
Nelle stesse condizioni di freddo e con i guanti fradici, avevamo preferito prendere il tunnel d’Envalira piuttosto che affrontare il passo sul colle omonimo in colonna e (ancora) sotto la pioggia incessante…
Arrivati ad Andorra La Vella verso ora di pranzo: lo definiremmo un centro commerciale “in quota”, anche se più dimesso del Principato di Monaco.
Serata tranquilla a Plaza del Pilar, a Saragozza: mentre programmavamo l’indomani e ordinavamo un tè caldo il 15 di agosto (tanto era stato il freddo patito nella traversata dei Pirenei che ce lo portavamo ancora nelle ossa), qualche vicolo più in là la movida festeggiava Ferragosto!
Da Saintes Maries de la Mer a Perpignan (km 262)
A Perpignan avevamo deciso che avremmo fatto tappa non foss’altro che per passare davanti alla famosa stazione. In effetti, arrivando solo la sera di venerdì 14 agosto era mancato il tempo di goderci, come avrebbero meritato, i canali del piccolo ma grazioso centro storico e i molti locali a metà tra la cucina francese e spagnola.
D’altra parte, sarebbe stato impossibile lasciare la Camargue senza soffermarsi ad ammirare gli stormi di fenicotteri, i cavalli selvaggi lungo le distese paludose, le saline rosa di Aigues-Mortes sotto un cielo a tratti abbacinante e a tratti nero come la pece.
La minaccia della pioggia – una costante nei nostri viaggi – non ci aveva però dissuaso nemmeno da una pausa ad Arles, sotto i buoni auspici dei gestori dell’Hotel Lou Marqués che ci avevano salutato sulla propria pagina Facebook così: “ils partent aussi les Italiens, un rayon de soleil pour les remercier et leur souhaiter bonne route”.
Da Genova a Saintes Maries de la Mer passando per il Principato di Monaco (km 484)
Giovedì 13 agosto. Sveglia alle 6.30 e jogging verso il porto di Genova dove giace il relitto della Costa Concordia accanto a yacht e a catamarani stellari. Eravamo ripartiti subito dopo la colazione verso l’“ignoto”: tale sembrava il percorso senza cartine né navigatore sui cellulari.
Dopo una breve sosta nel Principato di Monaco (solo per la soddisfazione di aggiungere la patch di uno Stato in più alla nostra collezione) e a Nizza (costellata di semafori), il caldo asfissiante ci aveva indotto a riprendere l’autoroute fino a Aix-en-Provence. Qui eravamo usciti sotto la minaccia di nuvole cariche di pioggia sia per indossare le tute impermeabili sia per chiedere indicazioni per Saintes Maries de la Mer. Avevamo fermato un ragazzo che, con eccesso di zelo, si era prima informato sulla migliore strada da consigliare chiamando a casa, poi aveva verificato la direzione sul proprio cellulare, finendo per reindirizzarci verso l’autostrada A54 da dove eravamo appena usciti aggiungendo, però, che seguire la strada urbana sarebbe stato “plus sympathique”.
Da Castelfranco Veneto a Genova (km 390)
Finiamo dal punto in cui il nostro viaggio ha avuto inizio. Con partenza mercoledì 12 agosto, subito dopo pranzo (leggero) perché la mattina si è lavorato (Luigi) fino all’ultimo minuto o si è finito di dare un’occhiata (Barbara) al percorso su Google map. Tappa senza troppe pretese (tutta in autostrada) con due sole soste “idriche” per “ricarburare” moto e piloti. Piacevole serata a Genova con aperitivo nella città vecchia tra socievoli vagabondi e giocolieri di strada e cena tipica dalla Vegia Zena.
Barbara Cavallin Luigi Maria Polloniato