In giro tra la Provenza e Porquerolles
Sabato 16 giugno 2012
Aix en Provence – Les Baux de Provence
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Quattro del mattino: occhi ancora assonnati. Quattro adulti (due mamme e due papà), una quasi adolescente (15 anni) e due bambini (10 anni, maschio e femmina). Si parte: destinazione Provenza e l’isola di Porquerolles. La prima tappa è la più lunga: 529 km dalla Brianza ad Aix en Provence, quasi interamente in autostrada. Arriviamo nell’antica capitale dei conti di Provenza (qui è nato anche il pittore Paul Cézanne) attorno alle 10, giusto in tempo per tuffarci nei bellissimi e animati mercatini allestiti in pieno centro. La piazza dominata dal vecchio Horloge (torre campanaria del XVI secolo) è piena di bancarelle di fruttivendoli, formaggiai, pescivendoli, quella attigua ospita i venditori di piante e fiori. Sarà che il cielo è blu, ma è tutta un’esplosione di colori. Ad Aix visitiamo la cattedrale di Saint Sauveur (bello il chiostro) e la chiesa di St Jean de Malte, entrambe romaniche; facciamo un giro tra le vie della città vecchia (graziosa place d’Albertas) e percorriamo un tratto di Cours Mirabeau, il viale centrale noto per i suoi platani secolari, le numerose fontane (una con acqua calda) e i caffè. Volendo (ma noi non abbiamo tempo) si può seguire un percorso dedicato a Cézanne.
Da Aix ci inoltriamo nella Provenza più caratteristica: una settantina di km, verso Les Baux de Provence, affascinante paese medievale appoggiato su un vasto sperone roccioso (900 metri di lunghezza per 200 di larghezza), su cui sono visibili le rovine di un antico castello. Da qui si gode un magnifico panorama sui monti e le pianure circostanti, fino alla Camargue. Il sito, dice la guida Michelin (che gli dà tre stellette), attira ogni anno 1 milione e mezzo di turisti (meglio evitare di andarci ad agosto). La visita alle rovine del maniero è a pagamento (adulti 7,50 euro): l’audioguida che viene consegnata insieme al biglietto consente di gustarsela appieno. A qualche centinaio di metri dall’ingresso al vecchio borgo c’è un’attrazione assolutamente da non perdere. Si chiama Carrières de Lumières: lo scenario è una vecchia cava di pietra, le cui gigantesche pareti fanno da schermo a un suggestivo spettacolo di immagini e musiche. Fino al gennaio 2013 è in cartellone “Gauguin, Van Gogh, les peintres de la coleur”. Soldi spesi bene (adulti 8,5 euro). Info su www.carrieres-lumieres.com.
La giornata volge al termine, da Les Baux de Provence ci dirigiamo verso Graveson, un piccolo centro poco sotto Avignone, dove abbiamo prenotato l’albergo. Le strade provenzali sono bellissime e immerse nei campi. Anche i paesini più anonimi sono graziosi, hanno una propria identità urbanistica, che viene conservata anche negli edifici di nuova costruzione. Niente a che vedere con l’Italia dove la regola (in ambito edilizio… e non solo) è: ognuno può fare quello che vuole. Così, una accanto all’altra, ci sono case basse e alte, di forme e colori diversi, che si mescolano a palazzi bassi o alti, di forme e colore diversi. Noi che veniamo dalla Brianza (dove peraltro l’abusivismo è quasi sconosciuto) lo sappiamo bene. Ok, passiamo ad altro. Il nostro albergo (Le Cadran Solaire) è una stazione di posta costruita nel Settecento (qui si cambiavano i cavalli, si mangiava e si dormiva). Non è economicissimo, ma è sicuramente fascinoso. Le camere sono molto belle, il servizio curato e i gestori gentili. Info: www.hotel-en-provence.com (il sito è anche in italiano).
Domenica 17 giugno
Avignone – Abbazia di Sénanque – Roussillon – Fontaine de Vaucluse
Si parte abbastanza presto per Avignone (13 km). L’obiettivo è il palazzo dei Papi. Quando ci arriviamo (poco dopo le 9), l’imponente spianata davanti all’edificio è deserta. E’ inutile soffermarsi sulla descrizione del palazzo fatto costruire da Benedetto XII nel XIV secolo (tra guide, libri e internet si trovano tutte le informazioni del caso). In questa enorme fortezza (che fu ampliata, rimaneggiata e trasformata nel corso degli anni) vissero i Papi “in fuga” da Roma. Dal 1309 al 1377 ad Avignone risiedettero sette Pontefici. Oggi le grandi sale sono un po’ spoglie, ma l’audioguida che viene consegnata all’ingresso (biglietto intero 10.50 euro), rende bene l’atmosfera del tempo. La visita richiede almeno un paio d’ore. Da non perdere la salita sui terrazzamenti (indicata male) da dove si gode un bel panorama sulla città, sul fiume Rodano (con il Pont St Bénézet) e sulla vicina Villeneuve lès Avignon. Dal palazzo ci spostiamo al vicino Pont St Bénézet, la cui costruzione – dice la leggenda – fu suggerita da una voce celeste a un giovane pastorello (1177), che poi convinse la popolazione a darsi da fare per realizzarlo (tra lo scetticismo delle autorità politiche e religiose). Una parte del ponte è crollata nel XVII secolo, travolta dalle acque del fiume. Il ponte è visitabile (con audioguida) con biglietto singolo (adulti 4.50 euro) o cumulativo con il palazzo papale (adulti 13 euro). Per intenderci è quello della famosa canzone: “Sur le pont d’Avignon, on y danse, on y danse…”. Ce la si cava in mezz’ora-45 minuti. Scesi dal ponte, dopo un rapido pasto in uno dei caffè del centro, ci dirigiamo verso la prossima tappa del viaggio. Si tratta di un luogo simbolo, che viene ritratto sulle copertine delle principali guide sulla Provenza, ma che non risulta affollato: l’abbazia di Notre Dame de Sénanque, nell’altipiano del Vaucluse. Da Avignone sono una quarantina di km. Il navigatore ci fa fare una strada bellissima, in mezzo a campi, boschi e alture. Ad un certo punto il percorso lambisce l’abitato di Gordes, piccolo borgo medievale arroccato su una falesia, che purtroppo non riusciamo a visitare (ma è molto consigliato). Il problema è che a Sénanque ci attende una visita guidata. L’unico modo per entrare nell’abbazia è, infatti, quello di prenotare una visita (altrimenti ci si deve “accontentare” di vedere la chiesa abbaziale), peraltro disponibile solo in francese (anche se all’ingresso viene distribuita una brochure in italiano). Sénanque è un posto molto suggestivo. Il complesso, fondato nel 1148 dai cistercensi (poi ampliato, poi abbandonato, oggi ci vivono sei-sette monaci), è adagiato in una gola protetta dai monti ed è circondato da campi di lavanda (ecco perché è così fotografato nelle guide). Purtroppo quando siamo arrivati noi i fiori non erano ancora pienamente sbocciati. La visita dura poco meno di un’ora (biglietto 7 euro) e comprende dormitorio, chiostro, sala capitolare, scriptorium, refettorio e chiesa. E’ richiesto il silenzio. Per prenotare bisogna andare su www.senanque.fr. Gli edifici e i locali sono in stile romanico, sono estremamente sobri (come da regola monastica) e invitano alla pace, alla preghiera e alla riflessione. Fuori c’è un negozio dove si possono acquistare pubblicazioni, ma anche prodotti a base di lavanda. Sarà che era giugno, ma non abbiamo incontrato italiani. Da Sénanque, facciamo rotta verso Roussillon (mezz’ora di strada piacevolissima), il paese dell’ocra. Tutto è rossastro, dalle case alla terra. Il momento migliore per girare tra le vie del borgo e le zone circostanti è il tardo pomeriggio, quando un po’ di gente se ne va e il sole fa risaltare i colori. Poco fuori dal centro si può accedere ad un’attrazione di grande fascino: il Sentier des ocres. E’ un percorso tracciato in mezzo ai boschi e alle cave d’ocra, che consente di ammirare alcune straordinarie “opere” della natura. Sono previsti due itinerari (uno da 35 minuti, l’altro da 50), il biglietto costa 2,5 euro. Consigliatissimo (per chi ama la fotografia è un paradiso). Il sentiero è chiuso in caso di pioggia. Lasciata Roussillon, ci spostiamo verso Fontaine de Vaucluse, piccolo borgo che secondo la tradizione avrebbe ispirato Francesco Petrarca (“Chiare, fresche et dolci acque…), che visse qui per 16 anni. La località è nota per la sua “fontaine”, la profondissima grotta (un piccolo robot è arrivato a misurare 308 metri dal suolo) da cui il fiume Sorgue sgorga potente in certi periodi dell’anno (non quando ci siamo andati noi). Bello il contrasto tra le acque verdi e le falesie bianche. Il paese è però pieno di negozietti dozzinali e bar per turisti e non è particolarmente interessante. Forse val la pena di venirci quando la “fontaine” è in attività (primavera e inverno). Dopo una buona cena in un ristorante grazioso, si torna a Graveson (circa 70 km).
Lunedì 18 giugno
Pont du Gard – Nimes – Villeneuve lès Avignon – St Remy de Provence
Solita sveglia di primo mattino, colazione, e via verso Pont du Gard (41 km). Cosa dire di Pont du Gard? Che è meraviglioso. E’ ciò che resta di un acquedotto costruito dai romani nel primo secolo dopo Cristo per portare l’acqua a Nimes. La struttura, perfettamente conservata, sovrasta il fiume Gardon e nel punto più alto raggiunge i 49 metri. I francesi hanno saputo valorizzarla al massimo, costruendogli attorno un vero e proprio parco tematico con tanto di servizi (ristori, due negozi, mediateca…) annessi (fosse sorto in Italia, oggi sarebbe quasi abbandonato… vedi Pompei and Co.). E’ possibile scendere al livello del fiume. Ci sono anche dei ragazzi che fanno il bagno. E’ molto interessante il museo interattivo-multimediale, anche se è censurabile il fatto che il percorso espositivo sia tradotto in inglese, tedesco, spagnolo e non in italiano (ma come? Il Pont l’abbiamo costruito noi!!!). L‘ingresso costa 18 euro a macchina (con un massimo di cinque persone).
La giornata è dedicata alla Provenza romana (il nome alla regione lo hanno dato proprio i romani: per loro era una “Provincia”), quindi il navigatore fa rotta su Nimes (26 km). Dato il poco tempo a disposizione abbiamo dovuto scegliere tra Nimes e Arles: a posteriori forse sarebbe stato meglio puntare su Arles. Nimes è una grande città (quasi 135mila abitanti) e tolti i due monumenti-simbolo non ci ha fatto una grande impressione. La meta principale è l’anfiteatro (Arènes), rimasto quasi intatto e costruito tra la fine del primo e l’inizio del secondo secolo dopo Cristo. Adesso è utilizzato per spettacoli, concerti e corride; ai tempi dei romani, soprattutto per i combattimenti dei gladiatori. Un’audioguida (biglietto adulti 8 euro) davvero ben fatta riporta il visitatore indietro nei secoli, raccontando la realizzazione dell’opera, le sue funzioni, le diverse figure gladiatorie che calcavano queste scene. Molto interessante. A qualche centinaio di metri dall’anfiteatro si trova l’altro monumento importante della città: la Maison Carrée, un tempio romano ottimamente conservato che risale alla fine del primo secolo dopo Cristo (regno di Augusto). All’interno proiettano un film sui gladiatori. Le guide suggeriscono una visita anche al Jardin de la Fontaine e alla Tour Magne (l’antica torre che segnava la lunga cinta muraria di Nimes), ma disubbidiamo e decidiamo di uscire dalla città per tornare alla Provenza dei piccoli borghi. Una rapida occhiata sulla cartina e la scelta cade su Villeneuve lès Avignon (45 km). Il paese è molto carino. Le attrazioni turistiche sono la Torre di Filippo il Bello, la Chartreuse du Val de Bénédiction e il Forte di St André. Facciamo appena in tempo a entrare al forte (chiude alle 18), un complesso d’epoca medievale (all’interno del quale si trova anche un’abbazia) molto affascinante. Dalle terrazze si gode un bellissimo panorama sul Rodano e sul palazzo dei Papi di Avignone (che sorge dall’altra parte del fiume). La vista vale il prezzo del biglietto (intero 5 euro). Per cena ci spostiamo a St Remy de Provence. Prima dell’imbrunire facciamo in tempo a vedere il cosiddetto Plateau des Antiques, composto dai resti di un Mausoleo e di un Arco municipale costruiti dai romani. Nei pressi è visitabile il sito archeologico di Glanum (sono le rovine di una cittadina romana), ma ora è chiuso e sarà per un’altra volta. Così come sarà per un’altra volta una sosta alla casa natale del celebre veggente Nostradamus. Adesso è il momento di concentrarsi su una bella bistecca, accompagnata da un buon bicchiere di rosso. Quindi passeggiata rilassante (sul municipio si nota la scritta “Liberté, Egalité, Fraternité) e rotta finale su Graveson (10 minuti d’auto).
Martedì 20 giugno (mercoledì 21 e giovedì 22 giugno)
Graveson – Ile de Porquerolles
Il navigatore segna 194 km (quasi tutti in autostrada). Si parte presto. L’isola di Porquerolles (www.porquerolles.com) fa parte dell’arcipelago delle isole d’Hyéres, e si trova non lontano da Tolone. Siamo in Costa Azzurra. Ci si arriva prendendo un traghetto da La Tour Fondue (in fondo alla Presqu’ile de Giens). La macchina va lasciata in uno dei parcheggi attrezzati in loco. Il viaggio dura una ventina di minuti (andata e ritorno 18 euro). I traghetti, nella bella stagione sono uno all’ora. L’isola è un paradiso: è piccola (è lunga 7 km e larga 3), è ricca di spiagge e coste bellissime, ha un entroterra fatto di pini, viti e ulivi, ospita 114 diverse specie di volatili e, soprattutto, si gira solo a piedi o in bicicletta: non è “cosa” per quei turisti che pretendono di arrivare in riva al mare con l’automobile (sarà per questo che ci sono pochi italiani?). E non è neppure “cosa” per gli amanti della movida (non siamo a Ibiza o Formentera, qui i locali notturni “stanno a zero”). Appena sbarcati, all’ufficio turistico ci consegnano una mappa con l’indicazione dei percorsi per raggiungere le spiagge (a dir la verità la mappa non è chiarissima ma se ne trova una molto dettagliata, in vendita a 3 euro). Strutture ricettive, ristoranti, negozi di alimentari, noleggiatori di biciclette… sono tutti concentrati nell’unico villaggio. Gli alberghi sono pochi (e per questo abbastanza cari). Noi abbiamo prenotato un hotel a qualche centinaio di metri dal porto (Hotel Les Medes, www.hotel-les-medes.fr). Ci si sta bene. Per girare l’isola, nei tre giorni che ci siamo fermati (due notti), abbiamo affittato delle mountain-bike (si spendono circa 12 euro al giorno). Le spiagge, come ho già detto, sono molto belle. Per chi ha bambini la migliore è quella di Notre Dame: acqua cristallina (tipo Sardegna), sabbia bianca, fondale basso. L’acqua non è caldissima (20 gradi a giugno inoltrato). Sarà che ci siamo venuti in giugno (e in settimana), ma non c’è molta gente. Da vedere anche “les plages” d’Argent, de la Courtade e du Grand Langoustier. Sono tutte selvagge (non c’è nemmeno un baracchino per l’acqua, che va acquistata prima di incamminarsi o mettersi in sella), ma molto pulite. Tanto per dire: i fumatori possono dedicarsi al loro vizio solo al villaggio, in riva al mare e sui sentieri è vietato accendere sigarette (per evitare incendi e preservare l’ecosistema). Qui gli odiatissimi (da chi non fuma) mozziconi che sporcano molte battigie italiane sono banditi. Del resto Porquerolles è un parco naturale (Parco nazionale di Port-Cros), adeguatamente sorvegliato e conservato. Le diverse spiagge e zone costiere sono collegate da strade sterrate (più o meno ampie), ben segnalate (è impossibile perdersi). Sull’isola si trovano anche alcune antiche costruzioni (dei forti, un faro, un mulino: il Fort Sainte-Agathe e il Moulin du Bonheur sono visitabili) che ne ricordano l’antico passato militare e un bel giardino botanico (Jardin du Palmier). Da non perdere un aperitivo o una birra in uno dei baretti che si affacciano sulla centralissima Place d’Armes. Su Porquerolles c’è poco da aggiungere: bisogna andarci. Sarà un’esperienza indimenticabile. Che per noi si è conclusa nel pomeriggio di giovedì 22 giugno (500 km di autostrada fino a casa). Stanchi, ma felici.