Spazi e luce

Quando si accenna al “ mal d’Africa”, tutti ne comprendono l’intrinseco significato. Voglio invece parlarvi del “ mal del Nord “. Entrambi ti entrano nel cuore, si insinuano fin sotto la pelle e per il resto della tua vita li porti dentro, ma proprio alla radice dei pensieri. Rimangono con te, latenti, silenti ed...
Scritto da: Elena Rapisarda
spazi e luce
Viaggiatori: in coppia
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Quando si accenna al “ mal d’Africa”, tutti ne comprendono l’intrinseco significato.

Voglio invece parlarvi del “ mal del Nord “. Entrambi ti entrano nel cuore, si insinuano fin sotto la pelle e per il resto della tua vita li porti dentro, ma proprio alla radice dei pensieri. Rimangono con te, latenti, silenti ed indimenticabili.

Ci si ritrova come sospesi. Piccoli umani che cercano di non sentirsi annullati da quegli spazi. Da tutte quella neve, quel verde, quelle rocce, quell’elemento marino che è nato da ferite generate dai ghiacciai che, per millenni, sciogliendosi, hanno inferto alle colline. Poi lentamente il mare se ne è impadronito. Sono nati così i fiordi.

Le strade strette sono arabeschi che incidono superficialmente la continuità delle foreste. Da rocce cupe che spesso le delimitano, scendono cascate diamantine a formare veli di spuma. Mentre il mare, quasi massa solida ed immobile, permette alla vegetazione che si china su di lui, di usarlo come specchio.

In noi si fa strada una nuova percezione, quasi fisica: il silenzio, lo spazio, il tempo senza tempo.

Buchi di azzurro intenso si fanno strada a fatica e repentinamente fra nugoli di nubi bianche e frettolose, per sparire altrettanto velocemente. Per poi riapparire ancora: una lotta continua tra luce ed ombra.

Lontano, si staglia una vetta la cui cima, i cui fianchi brillano , quando un raggio riesce ad accarezzarli.

E’ un biancore brillante, puro: sono i grandi ghiacciai, che più a valle si trasformano in laghi di marmo .

Ed ancora foreste, e casette di legno sparse, solitarie. Con grandi vetrate per impossessarsi di tutta la luce possibile. Per immagazzinarla quasi, per quando arriverà la lunga notte nordica.

Questo è il Nord, questa la sua pura poesia. Per arrivarci si macinano letteralmente migliaia di chilometri. Per arrivare dove? Ma a Capo Nord, si intende! L’ultima tappa, oltre il Circolo Polare Artico. Dove d’estate , tra luglio e agosto, il sole non tramonta mai. A mezzanotte esso cala solo fino a toccare l’estremo orizzonte. Palla infuocata che illumina di riflessi rossastri le sempre presenti nuvole.

Intorno silenzio; Intorno , rocce; intorno, come un vuoto. E nei nostri cuori, nelle nostre menti: la realizzazione di un sogno.

La Danimarca Le favole, nel Regno più antico dell’Europa, non sono favole, ma una realtà quotidiana.

Disseminata di antichi Castelli, tra prati fioriti gialli (i fiori della senape) e rossi ( i papaveri), le sue autostrade semi-deserte,i suoi parchi curatissimi. Dappertutto domina il verde della campagna piatta e piccole e graziose villette dipinte a colori vivaci, tra una cittadina e l’altra, contornate da alberi secolari e giardini coloratissimi.

Pur essendo tanti i turisti che visitano ogni anno la Danimarca, tutto ciò che vedete e vivete è stato creato affinché i danesi possano viverlo in prima persona. Persone sorridenti, briose e spontanee, amano la loro terra e la trattano con molto rispetto.

Ovunque siete i benvenuti. Ovunque troverete disponibilità, ma attenzione, dovrete adeguarvi al loro grande rispetto verso la natura ed imparerete ad apprezzarne la sorridente ospitalità.

Per raggiungere i Paesi Scandinavi abbiamo sempre usato la roulotte e poi il Camper. E’ il modo migliore ed il più economico, visto l’alto costo di Alberghi e Ristoranti. Certo la strada è lunga, ma in tutta la Danimarca vi sono innumerevoli campeggi, (più di 500) con prezzi più che abbordabili. Molti sono piccoli , ma sempre pulitissimi e mettono a disposizione oltre ai soliti servizi, pure delle costruzioni in legno con fornelli e tavoli dove poter consumare i pasti.

Soluzione ideale e necessaria,( specialmente per chi viaggia in tenda) visto che il tempo cambia repentinamente e da un sole caldo si può, in pochi minuti passare ad una pioggia scrosciante e tutt’altro che gradevole. Chi usa fornelli, tavoli e lavelli, li deve lasciare assolutamente puliti così come li ha trovati.

E’ da queste regole basilari che inizia il rispetto verso il prossimo e l’ambiente quindi anche verso se stessi.

Durante un nostro girovagare, una volta, salendo dalla Germania invece di traghettare da Puttgarden per sbarcare a Roedby sull’isola Lolland e proseguire poi per Kopenhagen, salimmo via terra attraversando il confine a Flensburg per raggiungere la penisola dello Jutland . Andavamo alla scoperta delle radici del fiabesco mondo di Andersen. Salimmo verso il Nord dello Jutland attraversando una pianura lussureggiante e variopinta, su su verso Alborg.

Graziosa cittadina dove si trovano vecchie case in legno perfettamente restaurate. Ad Alborg si trova pure la più antica necropoli del Nord . Risale al tempo dei Vichinghi intorno all’anno 1000 d.C.

A piccole tappe visitando i tanti castelli e residenze patrizie, ci dirigemmo verso Arhus. Anche qui si trova il vecchio quartiere con innumerevoli case antiche dove viveva la borghesia del 17/18° secolo con relative botteghe d’artigiani ancora oggi attive. Le vie sono poco frequentate, il traffico automobilistico pressocchè inesistente, le persone cordiali .

Continuando verso il Sud della penisola attraversammo il ponte Federica sul breve braccio di mare che la divide dall’isola di Fyn.

Una parola in più va spesa per i castelli,( in danese detti slot) che sono, come ho detto, innumerevoli.

Essi non sono contornati da mura difensive, al massimo da fossati e si inseriscono con naturalezza nell’ampio e verde contesto dei loro parchi. Quasi tutti sono ancora abitati dai loro proprietari che, per poter far fronte alle ingenti spese di manutenzione, li aprono ai visitatori in determinate ore del giorno. Certo i danesi pagano volentieri un ingresso perché sanno che ciò servirà a mantenere integro nel tempo il loro patrimonio storico e culturale.

Peccato non sia possibile visitarli tutti, ne varrebbe la pena. Tra questi uno rimane vivo nel mio ricordo, Il Castello di Egeskov ( Egeskov Slot), vicino a Kvaerndrop a 10 km da Ringe , sull’isola di Fyn Quel giorno ci accompagnava un sole splendente e caldo. Il Castello si stagliava armonioso nel grande parco dove molti giardinieri erano costantemente occupati a tagliare inesorabilmente ogni singola fogliolina che volesse farsi strada nella perfezione della potatura di siepi ed alberi. Un prato verdissimo, curatissimo con giardini settecenteschi ed aiuole con rare specie di fiori e piante, gli faceva da cornice naturale. I proprietari, che vivono in un’ ala del Castello, continuavano la loro vita quotidiana come se non ci fosse nessuno . Ed effettivamente ai visitatori non saltava nemmeno in mente di fermarsi a sbirciarli. Qualcuno, da lontano, faceva un lieto gesto di saluto al quale rispondevano con un altro gesto accennato, ma cordiale.

E’ un castello rinascimentale, costruito su palafitte di quercia verso la metà del XVI secolo che si specchia nell’ampio fossato (un tempo era un lago) che lo circonda. Ci prese un grande senso di pace e di letizia. Quasi di grazia, in quel panorama di così largo respiro . Nella sala principale, durante i mesi estivi si tengono concerti.

La tappa successiva fu dedicata ad Odense, città natale del favoliere Andersen. Qui si può visitare la casa dove nacque e visse fino ai 14 anni. Tutta la cittadina parla di lui, ed i personaggi delle sue favole, che ancor oggi accompagnano nel sonno tanti bimbi, sono vivi e presenti nella vita della sua città.

Dopo una puntatina a Nyborg, un altro breve viaggio per mare ed eccoci sull’isola Sjaelland in viaggio verso Koebenhavn, ossia , detto all’italiana: Copenhagen. Il viaggio è breve. La Danimarca ha più isole e chilometri di coste che strade. Le autostrade sono diritte poco frequentate e…Gratuite. .

Arriviamo al campeggio sul mare. E’ la spiaggia frequentata anche dai danesi (rabbrividisco al pensiero di mettere un dito in acqua). Però è bella e il camping spazioso. Una breve passeggiata e ci si ritrova nella cittadina: il supermercato , la stazione ferroviaria alcuni bar e negozi e parecchie ville con giardini fioriti. Niente recinzioni.

Bimbi biondissimi e mamme sorridenti e ciarliere. Il giorno dopo in 20 minuti di treno siamo alla stazione centrale di Copenhagen. La conosciamo già da precedenti viaggi ed è simpatico dire ogni tanto: ti ricordi? Oppure :ecco, se vai a sinistra lì dovrebbe esserci il Palazzo Reale. Copenhagen ed i suoi abitanti, credo siano unici. La gente è veramente allegra, spontanea piena di vitalità.

Nelle strade del centro, isola pedonale, esiste un mondo variopinto e genuino che si diverte con poco. C’è in corso il Festival del Jazz: una piccolo palcoscenico tipo un vasto gazebo dove varie orchestre si alternano. Gli spettatori, dai bambini ai nonni, partecipano con entusiasmo . Ascoltano attentamente, applaudono, sorridono e chiedono dei bis. In un’altra via spontaneamente si organizza un corteo di suonatori e ballerini mentre la gente ai lati si ferma e partecipa . Ci stiamo gustando un’ottima birra quando passa un giovane padre in bicicletta che traina una carrozzella in legno su ruote che ha anche una capotina. Vedo una piccola testa tanto bionda da sembrare bianca che fa capolino da quella specie di scatola viaggiante.

Un po’ più in fondo ci sono le statue umane, immobili, bianche, blu. Ed ancora un teatrino improvvisato dove le teste delle marionette sono attaccate a dei sacchetti di tela che vengono infilati sulle mani e le dita ne fanno muovere il capo e le braccia. Sono i Pupi del Nord chiamati Kasper . E sempre tanti bimbi, e sempre sorrisi e sempre briosa partecipazione.

Non è vero che Copenhagen sia solo la città della sirenetta di Andersen.

Si, la sua statua a pochi metri dalla riva alla fine di un bellissimo parco c’è sempre e tanti la fotografano. Ma dagli anni 70, da quando la vidi per la prima volta, piano piano l’ho ritrovata attorniata da gru, dal porto. Insomma mi ha fatto un po’ pena . Povera Sirenetta sempre e per sempre, con lo sguardo rivolto verso il mare, costretta ad attendere il suo principe tra brutte costruzioni ,barconi semi arrugginiti ed un braccio di mare non più romantico!! Passiamo davanti al Castello Amalienborg che si affaccia su di una piazza con i suoi quattro edifici costruiti tra il 1749 ed il 1760. Questa è la residenza della famiglia Reale di Danimarca, una delle più democratiche ed antiche d’Europa. Non si può ovviamente visitare il loro splendido palazzo, ma non è raro incontrarli mentre in bicicletta, percorrono le strade della loro bella città.

Orami si è fatto tardi e suona il campanello dell’appetito. Stiamo avvicinandoci al porto turistico di Copenhagen, il Nyhavn, costellato da ristoranti con tavoli all’aperto lungo il canale da una parte e dall’altra le antiche case delle storiche e grandi Compagnie Marittime.

Finalmente seduti comodamente al sole, personalmente mi butto voracemente su un magnifico piatto di “ Smoerrebroed”( notissimo e gustosissimo), mentre, senza che me ne accorga, il mio amato bene mi riprende e, aihmè, mi immortala. Novella Pantagruel!.

Finalmente satolla fotografo un bimbo che si arrampica ai lati dell’ ingresso del Ristorante. Foto mal riuscita, forse per via dell’effetto “digestione”.

Se visitate Copenhagen non potete e non dovete sottrarvi al fascino di “Tivoli” il più grande parco dei divertimenti che abbia mai visto. Vi sono teatri per grandi e piccini, ristoranti, orchestre che suonano musiche per tutti i gusti. C’è il padiglione cinese; una miriade di bar e tanti fiori, alberi fronzuti , fontane che zampillano e tanta, tanta folla giovane e non, allegra e simpatica. Personalmente sono dell’avviso che Tivoli esprima al meglio lo spirito dei danesi. Si può passeggiare per ore attorniati dalla folla .

Però non è un luogo caotico. Non vi sono rumori assordanti. Senti scoppi di risa, vedi bimbi che giocano, incontri signore e vecchietti che leggono all’ombra e giovani abbracciati che gironzolano leccando un gelato. Insomma un luogo dove ci si diverte senza diventare invadenti, senza disturbare . Mi siedo sotto la statua dell’immancabile Andersen insieme ad altri e spontaneamente si inizia un colloquio un po’ in inglese ed un po’ in tedesco.

Sono ore rilassanti e serene. Come tutta la vita danese.

Vorrei ancora spendere due parole sulla loro cucina. L’eroe nazionale, se così si può dire è lo Smoerrebroed. Pane, alle volte bianco, alle volte di segala, di un marron scuro e di sapore quasi asprigno. I danesi lo consumano a tutte le ore sia come pasto principale che come stuzzica- appetito. Te lo possono presentare già pronto: fette croccanti di pane tiepido cosparse di burro e decorate artisticamente con gamberetti freschissimi, oppure al piatto, con due o tre salsine appetitose, alcune fette di pane nero, contornate da burro, aringhe, gamberetti e verdure.

Vi assicuro che quando avrete ripulito il piatto vi sentirete sazi e soddisfatti! La sera nel nostro camper dopo delle ottime penna all’arrabbiata ( ci vuole sempre un tocco italiano in cucina), mentre i nostri vicini sbirciano con evidente interesse la bottiglia di vino bianco che sta svuotandosi (nei Paesi Scandinavi il vino è solo d’importazione e se ne trovate lo pagate come un gioiello, ma in Norvegia è ancora peggio. Vedrete!), leggiamo ancora un poco. Senza dover accendere la luce, s’intende. Sono le 23 ed ancora il sole , pur se non più smagliante , illumina il cielo. Dopo alcuni giorni bellissimi però il tempo cambia. Pioggia battente, vento. Nonostante sia fine luglio la temperatura ha subito un notevole calo. E così ci riposiamo in attesa di giorni migliori.

Prepariamo l’itinerario da seguire per raggiungere la Norvegia che è lì, a due passi. Basta traghettare vicino ad Helsingoer (Elsinore) , dove sorge il Castello Kronborg. Shakespeare ambientò in quel vecchio castello-fortezza il suo Amleto. Si trova quasi a picco sul mare e veramente pare di vedere i personaggi così tragici aggirarsi per le sale. Ci sono i sotterranei che dicono siano molto interessanti. Ma mi prende l’angoscia e non scendo per quei cunicoli bui e stretti. Temo di incontrare il fantasma del re assassinato. Purtroppo quella volta il nostro viaggio verso il Nord terminò prima del tempo.

Non vedemmo più il sole, anzi, ci accompagnò una pioggia insistente e fredda.

Decidemmo di non continuare anche perché venimmo a sapere che in Norvegia nevicava e le strade potevano anche non essere praticabili. In pochi giorni fummo a casa e, dopo aver scambiato giacche a vento con costumi da bagno e sacchi a pelo con teli da mare, ripartimmo per il Sud. Ci aspettava il caldo della costa adriatica, giù fino alle Puglie. E poi lo Jonio e la Calabria. Ma il viaggio in Norvegia era solo rimandato…



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