Nemrud dag, nell’oriente d’europa

Arrivare al Nemrud Dag non è nè facile nè difficile. Quando ci sono andato io,dieci e passa anni fa,c'era il brivido dell'avventura per un sito archeologico di cui si conosceva vagamente l'esistenza ma di cui si sapeva pochino,e ci si arrivava solo seguendo qualche pullmino locale che certo conosceva meglio la strada dissestata per...
Scritto da: kurush
nemrud dag, nell'oriente d'europa
Partenza il: 01/08/1995
Ritorno il: 07/08/1995
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
Arrivare al Nemrud Dag non è nè facile nè difficile. Quando ci sono andato io,dieci e passa anni fa,c’era il brivido dell’avventura per un sito archeologico di cui si conosceva vagamente l’esistenza ma di cui si sapeva pochino,e ci si arrivava solo seguendo qualche pullmino locale che certo conosceva meglio la strada dissestata per raggiungerlo.

Oggi,a quanto sembra,sono cambiate molte cose,compresa la situazione politica della regione: la strada è finalmente asfaltata,ci sono addirittura dei parapetti che impediscono pindarici voli giù per i burroni,è cresciuto perfino qualche posto di ristoro(eccessivo chiamarlo bar),e poi si dà un nome preciso all’area,che adesso si chiama Curdistan,dove il continuo incrociarsi con camionette militari sotto il saltuario frastuono di qualche jet,turco o americano o della Nato,pronto a sganciare bombe “intelligenti” (mai capita la differenza con quelle “cretine”,mah), e tutto questo,giustamente,può creare qualche spiacevole sensazione di disagio.

Il primo “contemporaneo” d’occidente ad arrivarci fu un turco,tale Sester,che giunse casualmente in zona nel 1881. Era un geologo,aveva l’incarico di progettare vie di comunicazione fra quelle aspre zone dell’Anatolia ed i porti del Mediterraneo,Iskenderun ( Alessandretta) in primis.

Cercava dunque sassi antichi ed invece dovette accontentarsi di sbattere il muso nelle vecchie pietre di un dimenticato santuario di epoca ellenistica,ad oltre duemila metri di quota.

Questo luogo altro non era che il tumulo sepolcrale di Antioco I°,ultimo re di Commagene,che,perso ormai il potere ereditato dall’illustre predecessore Alessandro Magno,si era messo in testa di farsi una tomba coperta da un tumulo conico di sassi tirato su artificialmente nel primo secolo a.C.. Lavoro non da poco,visto che il suddetto tumulo aveva cinquanta metri di altezza e centocinquanta di diametro. Il fatto curioso,ed anomalo,è che questo cono presenta tre terrazze ( rivolte a sud est ed ovest ),su ognuna delle quali c’erano i resti di statue in pietra originariamente alte otto/nove metri,col tempo crollate per colpa di scarsa manutenzione e soprattutto di terremoti.

La disposizione delle statue,sulle varie terrazze,era sempre la stessa. Da sinistra a destra c’erano Antioco,la Fortuna,Zeus Oromasdes (appellativo di Ahura Mazda,divinità persiana), e poi Apollo,Mithra,Hermes ed Helios.

Sul terrazzo occidentale c’è anche un rilievo con dei leoni di stile vagamente ittita: hanno sul corpo diciannove stelle,forse costituiscono una simbologia astronomica.

Tutte queste statue erano con lineamenti greci ed abbigliamento orientale,oppure orientali con abbigliamento greco: sembrerebbe quasi che il sovrano,arrivato alla fine del suo dominio per l’avvicinarsi dei Romani,avesse voluto tentare l’impossibile,una fusione quanto mai prematura fra religioni d’occidente e d’oriente.

Il suo regno era stato fondato quando Tolomeo ( inizio III° secolo a.C.) approfittò della disintegrazione del regno seleucide,ed ebbe qualche importanza durante il regno di Antioco Epifane; sarebbe scomparso all’epoca di Vespasiano,nel 72 d.C.,quando la Siria fu occupata dai Romani e divenne una delle province orientali dell’Urbe.

E pensare che la dinastia aveva tutte le carte in regola per governare,da qualunque parte la si guardasse: si diceva infatti che,per via paterna,Antioco discendesse da Mitridate ( a sua volta erede di Dario il persiano ),e che,per via materna,si potesse arrivare a Laodicea,madre di Alessandro. Meglio di così…

Il modo più semplice è arrivare in aereo fino ad Ankara od anche Kayseri,prendere a noleggio un’auto,possibilmente un fuoristrada che abbia superato le revisioni in epoca recente (dopo le corse con Ben Hur,per capirci,…),e sciropparsi,da Ankara,circa seicento chilometri verso est fino a Malatya. Il trasferimento è lungo,ma non noioso,perchè prevede l’attraversamento della Cappadocia,che è un gran bel vedere.

Poi di chilometri ce ne sono altri cento verso sud fino a Galbasi,ed altri cento ancora verso est fino a Kahta; ma non è da preoccuparsi,le strade sono buone,ed i camionisti indigeni sono di una gentilezza e di un’educazione che certi loro colleghi sulla Salerno-Reggio Calabria neanche si sognano.

Ad Eski Kahta,paesetto dimenticato da Dio e dagli uomini,sarà opportuno prendere fiato e fare un esame di coscienza,perchè le terrazze del Nemrud sono belle da vedere all’alba ed al tramonto,e quindi bisogna decidere verso quale puntare.

Io consiglierei l’alba: in primis perchè arrivare prima del tramonto,specie d’estate,vuol dire veramente farsi del male,perchè su quelle pietraie ci si cucina come uova al tegamino,e poi perchè questo impedirebbe di vedere altre cose oltre alla presunta tomba di quel reuccio ellenistico dalle idee megalomani.

E’ più sicuro,paradossalmente,avviarsi col buio,inseguendo magari la polvere dei mezzi di trasporto locali per trenta/quaranta chilometri su stradacce sterrate che danno la fastidiosa sensazione (che al ritorno,col chiaro,si rivelerà esatta ) di correre sempre sul ciglio di qualche burrone di imprecisata profondità. Sarà anche opportuno portarsi dietro di che sopravvivere: il “grill” locale non è particolarmente attrezzato,e può succedere,nei momenti di maggiore afflusso turistico,di fare bizzarri scambi di biscotti contro il whisky ( caldo ) di altri poco previdenti viaggiatori.

Si dorme (?) in sacchi a pelo a ridosso di un muro per ripararsi dalle frustate di un vento che è gelido in tutti i mesi dell’anno,guardando magari uno splendido cielo stellato esente da inquinamento luminoso ed industriale,che,bontà sua,cerca di dare una risposta all’inevitabile domanda del momento : “Chi me l’ha fatto fare ? ” Poi,quando finalmente ” …Figlia di luce, sorge l’Aurora dalle dita rosate…” (ah,Omero ! “), ci si alza con fatica e ci si avventura nella penombra su viottoli di sassi già frequentati da capre che hanno lasciato ricordi organici un pò dovunque,fino alla terrazza orientale.

Seduto fra una statua e l’altra,osservo la luce che,come un mare luminoso,trabocca dalle cime più basse delle montagne circostanti: le divinità sembrano rigenerarsi ad ogni raggio che le colpisce e,quando il sole fa finalmente capolino,viene gratificato da un inatteso applauso dei pochi,infreddoliti e semiaddormantati testimoni ( niente di eccezionale,in fondo: pare che questa ” star “,nubi permettendo,conceda repliche quotidiane,più o meno alla stessa ora ). Il sacro si mescola col profano,l’occidente e l’oriente tentano una ( impossibile ? ) fusione: chi riconosce lo Zeus di origine olimpica confuso con l’Ahura Mazda persiano ? Come ci si orizzonta fra i lineamenti classici di Apollo ed il fascino orientale di Mithra,che tanti,all’inizio,confondevano con il Profeta che arrivava dalla Palestina ? Al ritorno,un pò abbacinati e forse travolti da pensieri troppo grandi per noi quasi normali turisti,discendiamo con molta prudenza le strade che all’andata avevamo percorso con orgogliosa sicurezza ( l’ho già sentita,’sta frase ; ammetto che non è mia ). Ci si ferma ai freschi rivoli di un affluente dell’Eufrate,sotto un ponte che,dati i posti magici in cui ci si trova,non può essere un ponte qualsiasi. Alcune lapidi,in latino ed in greco,ci informano infatti che esso fu eretto da Caracalla,con due colonne celebrative (per Settimio Severo e Julia Domna,padre e madre dell’imperatore ) da una parte,ed una dall’altra (anche qui,in origine,erano due,una dedicata a Caracalla stesso e l’altra al fratello più giovane,Geta ; ma quest’ultimo era stato poi eliminato dal fratello più anziano,ed allora,forse per pudore,era stata meticolosamente applicata la ” damnatio memoriae ” alla colonna a costui dedicata “).

Risalita la collina ci si imbatte nel tumulo di Karakus,dedicato stavolta alle donne della dinastia di Mitridate ( che regnò dal 36 al 20 a.C. ). Anche qui,a protezione,si innalzano solide colonne,ma queste non hanno subito maltrattamenti. Pare che là sotto ci sia la tomba della madre Isias,di cui una lapide dice che era ” la più bella di tutte le donne, la cui vita fu breve, che resterà sempre come ricordo.” Si sa,la mamma è sempre la mamma ! Kurush Se l’articolo dovesse piacere,ho a disposizione alcune fotografie del suddetto viaggio,ma elettronicamente sono una frana : a richiesta ve le invierò per posta o come mi consiglierete voi



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