Agosto in Turchia fai da te

Abbiamo volato via Bucarest con la Tarom, compagnia rumena affiliata all'Alitalia. Volo prenotato via internet (358 eur), puntuale sia all'andata sia al ritorno. L'unica perplessità mi è venuta sulla tratta Istanbul-Bucarest, dato che è stato utilizzato un ATR 42 che di questi tempi non gode di buona fama. Ma è andato tutto bene, nonostante il...
Scritto da: milanchamp
agosto in turchia fai da te
Partenza il: 12/08/2005
Ritorno il: 02/09/2005
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Abbiamo volato via Bucarest con la Tarom, compagnia rumena affiliata all’Alitalia. Volo prenotato via internet (358 eur), puntuale sia all’andata sia al ritorno. L’unica perplessità mi è venuta sulla tratta Istanbul-Bucarest, dato che è stato utilizzato un ATR 42 che di questi tempi non gode di buona fama. Ma è andato tutto bene, nonostante il tempo pessimo al decollo. Abbiamo trascorso 2 gg. A Istanbul, soggiornando all’Hotel Maya (doppia 35 eur) in zona Aksaray, vicino al capolinea del treno leggero che parte dall’aereoporto e a 5 min. Di tram dalla moschea blu. Rispetto allo scorso anno, Istanbul ci accoglie con un sole caldo che ci accompagnerà per tutta la vacanza. Tralasciando le indicazioni sulle solite ed ovvie mete turistiche, mi limito a ricordare una piacevole serata cenando in riva al Bosforo nel quartiere di Kumpaki (a poche centinaia di metri dalla fermata del tram Cemberlitas): clima allegro, un po’ di folla rumorosa ai tavoli ma un’atmosfera suggestiva che suggella degnamente l’inizio della vacanza! E il giorno dopo non poteva mancare, tra l’altro, una gita in barca sul Bosforo proprio all’ora del tramonto. Il 14 agosto voliamo a Malatya con Onur Air (volo prenotato via internet al costo di 60 eur circa): all’aereoporto un pulman della compagnia ci porta in città, lasciandoci in una piazza vicina all’Ufficio turistico e a PTT Caddesi, dove sapevo esserci parecchi hotel per tutte le tasche. Ci fiondiamo subito all’Ufficio turistico, ma è sorprendentemente chiuso nonostante un cartello indichi che siamo in pieno orario di apertura! Un tipo all’ingresso del parcheggio capisce tutto e mi porta sul retro dell’edificio, dove l’addetto all’Ufficio stava beatamente bevendo un Turkish Tea. E’ un tipo simpaticissimo: stivaloni texani (ci sono 40° e mi immagino cosa ne sarà dei suoi piedi a fine giornata), abbigliamento da hippy ma inglese “fluent” e tanta disponibilità. Mi dice subito che la gita al Nemrut Dagi parte solo a mezzogiorno (costo 50 lit. A testa tutto compreso), per poter ammirare il tramonto e l’alba del giorno successivo previo pernottamento in una pensione alle pendici del monte. Io, però, ho poco tempo e vorrei salire sul monte prima del tramonto e poi tornare indietro per sera. Mi dice che l’unico modo per riuscire nell’impresa è noleggiare un taxi e che la cosa mi costerebbe 150 lit. Chiama un tassista e riesco ad ottenere uno sconto: mi aspetterà all’hotel e sarà al nostro servizio fino a fine giornata per 120 lit! Ci precipitiamo fuori alla ricerca dell’hotel e ne troviamo uno (Hotel Yeni Kent) molto carino al prezzo di 40 lit. Cambio d’abito veloce e partenza per il Nemrut Dagi! Vi arriviamo dopo circa 3 ore, inerpicandoci su una strada panoramica e attraversando di tanto in tanto qualche mini-villaggio con 2/3 case sperdute. Avevo letto che la strada è solo per guidatori esperti e che l’ultimo tratto si percorre in prima marcia: niente di tutto ciò! Vi si arriva comodamente e ce la può fare anche chi ha solo il foglio rosa! Il tramonto sul Nemrut è spettacolare e ce lo godiamo assieme a poche decine di persone di ogni nazionalità. Il tassista aspetta i nostri comodi e a un nostro cenno ci fa salire in auto e ci riporta in città: saranno circa le 22.30, giusto il tempo per un pide prima che la pizzeria chiuda! Il 15 agosto partiamo alla volta di Sanliurfa: c’era un bus diretto alle 6.30, ma noi siamo pigri e andiamo all’Otogar dopo mezzogiorno e prendiamo un bus per Dyarbakir e poi un altro per Urfa. Arriviamo a destinazione per le 21 e prendiamo per 40 lit. Una stanza all’hotel Ipek Pasha, situato sulla strada principale poco dopo il “lussuoso” hotel Harran. Facciamo un primo giro di perlustrazione della città e ho conferma che la mia ragazza è molto apprezzata dai turchi, forse anche troppo! Un bambino le passa accanto in bici e le dà una bella manata sul deretano senza che abbiamo il tempo di realizzare l’accaduto. Il bimbo precoce, però, non la fa franca: dopo pochi metri viene infatti bloccato da un passante che lo riempie di ceffoni sotto i nostri sguardi allibiti! Poco dopo ci si accosta un’auto della polizia e ci chiede se va tutto bene: nessun problema, gli dico. Tutto sommato, meglio una manata sul culo che una coltellata per rubarci i soldi! D’altrone a Urfa turisti non se ne vedono e una ragazza in abiti occidentali estivi attira gli sguardi un po’ affamati e incuriositi di tutti i turchi! Ma anch’io mi prenderò le mie belle soddisfazioni: da una scolaresca seduta in un parco accanto a noi, sbuca infatti una fanciulla di Ankara che mi chiede da dove vengo e come mi chiamo, mentre una sua amica mi filma con una telecamera grande come un bazooka! All’indomani andiamo ad Harran in minibus per ammirare i trulli turchi (ci spiegano che le uniche “imitazioni”sono ad Alberobello e ad Aleppo e faccio buon viso a cattivo gioco). Sono le 14, furoi fa un caldo pazzesco ma dentro le abitazioni si sta bene e ci offrono di rimanere per la notte. Rifiutiamo cortesemente perché abbiamo altri programmi: tornare a Urfa, visitare il Golbasi (piscina dove nuotano le carpe sacre) e il complesso dove sorge il tempio di Abramo e poi prendere il bus notturno per la Cappadocia. Arriviamo a Goreme il 17 mattina e ci fiondiamo all’Hotel Walnut per chiedere se ha una stanza libera. Vi ero stato l’anno scorso ed è un posto davvero incantevole ed economico (18 eur la doppia): purtroppo non accetta prenotazioni per una notte sola e non ho poiuto far altro che affidarmi alla sorte. Va male, perché l’hotel è pieno e allora ripiego sull’hotel Ufuk che avevo prudentemente prenotato via internet. Non è proprio la stessa cosa, ma il prezzo è lo stesso e perlomeno ha una terrazza carina dove si può fare colazione. In più il padrone ospita un carinissimo cucciolo di Rottweiler che compensa qualche piccolo disagio nelle stanze un po’ spartane. Goreme, invece, si conferma incantevole come me laricordavo dall’anno scorso: rimango affascinato da questo paesino incastonato tra i pinnacoli di tufo e non rimpiango di esserci tornato. Affittiamo uno scooter per 35 lit. E ci dirigiamo nei posti che non saranno mete della gita di domani: Urgup, Avanos, Urchisar e Ortahisar. A fine giornata, esausti, ci concediamo una cenetta romantica e un drink sdraiati sui tappeti. L’indomani veniamo scorazzati tutto il gg. Nella valle di Hilara (con pranzo a base di pesce alla griglia sul letto del fiume) e alle città sotterranee: la gita costa 40 lit, pranzo incluso. Ci godiamo un fantastico tramonto sulla terrazza del bar di Goreme e aspettiamo il bus che ci porterà a Fethiye. 13 ore di pullman sono un massacro, ma l’Hotel Akkent (prenotato via internet) ci ripaga della fatica. Per 25 eur al gg. Abbiamo infatti stanze pulite con a/c, piscina e un fiorito e tranquillissimo garden appena fuori Calis, a 4 km. Circa dalla marina di Fethye. Al’inizio ho smadonnato perché l’hotel mi sembrava un po’ fuori mano, ma poi ci siamo ricreduti: siamo stati alla grande, godendoci in solitudine le mattinate in piscina prima di andare nella spiaggia di Oludeniz o alle gole di Saklikent. E alla sera, una camminatina di 20 min. Scarsi (ma per i più pigri c’è anche un comodo dolmus che ferma vicino all’hotel) per goderci squisite ed economiche cenette sul lungomare di Calis, oppure 10 minuti di minibus per tuffarci nel casino della caratteristica marina di Fethiye. Trascorriamo 4 rilassantissime giornate di piscina e mare (compresa una gita in barca full day alle 12 isole al costo di 20 lit) e il 26 agosto prendiamo il bus per Dalyan. Non me l’aspettavo così carina: negozietti, locali, ristoranti tipici in riva al lago con vista sulle tombe licie incastonate sui monti che sovrastano il paese. Non trovo nelle vicinanze la pensione prenotata via internet e allora mi dirigo a piedi in cerca di una sistemazione più comoda e vicina all’otogar: il Turhan Hotel fa al caso nostro. Ci accordiamo con linguaggio gestuale sul prezzo (40 lit) perché i gestori non parlano l’inglese e ci sistemiamo in questo tranquillo hotel con piscina e vista sulle montagne. L’indomani prendiamo un minibus che ci porta alla spiaggia di Itzuzu: una lunga, piatta e solitaria striscia di sabbia dove facciamo l’ennesimo bagno di sole. La persona più vicina a noi sta a 50 mt. E io mi trovo a compiangere chi trascorre le sue ferie negli affollati lidi italiani, dove addirittura rischi una multa di 2.000 eur se metti il telo dove non si può (è successo questa settimana in Basilicata). Il giorno successivo decidiamo di noleggiare un’auto per spingerci fino alla penisola di Datca, distante 180 km. Da Dalyan. Il paesaggio merita e mi ricorda le dolci e frastagliate coste di Chia in Sardegna, ma in Turchia la benzina costa 1,6 eur circa e la giterella ci è costata 130 lit.! Tutto sommato, concordiamo che era meglio tornare a Itzuzu e starcene in santa pace da soli (o quasi) come il gg. Prima. All’indomani altro minibus per Patara, ove alloggiamo alla confortevole Golden Pension (35 lit) apposta per goderci la spiaggia delle tartarughe! E’ lunga e piatta come quella di Itzuzu, ma si può salire in cima a una collinetta da dove si può ammirare uno splendido scorcio della costa dall’alto. Ovviamente ci rimaniamo fin dopo il tramonto, infischiandocene della mezzoretta abbondante di camminata al buio per raggiungere la pensione (l’ultimo minibus è alle 20!). Cenetta romantica con vino turco e poi a nanna, perché l’indomani ci aspetta il trasferimento a Kalkan, paesino suggestivo a picco sul mare. Vi arriviamo verso mezzogiorno e alloggiamo alla Zerah Pension, prenotata via internet al prezzo di 40 lit: la camera è un po’ angusta e ha un balcone carino, ma proprio in faccia alla terrazza di un ristorante. Praticamente possiamo vedere cosa si mangia e i commensali possono vederci fare la doccia! Decidiamo allora di starci solo 2 gg. Invece dei 4 programmati, anche perché scopro che il tour in barca a Kekova da Kalkan costerebbe molto di più che da Kas. Non è solo questione di distanze: il fatto è che Kalkan è un po’ la Portofino della Costa Turchese ed è quindi più cara rispetto alle cittadine vicine. Però le cene sui terrazzi dei ristoranti con vista sul porto sono imperdibili e valgono assolutamente la spesa, anche perché i camerieri ti tattano come nemmeno al Gambero Rosso! Il mattino seguente non ci facciamo mancare una giornata nella caletta di Kaputas, dove il mare è fantastico e caldo (non come a Kalkan, dove ci sono correnti siberiane!). Eleggo Kaputas la miglior spiaggia vista in questa vacanza: è una caletta che sbuca improvvisamente dopo una serie di tornanti lungo la strada che unisce Kalkan a Kas e si raggiunge scendendo una ripida scalinata. Vogliamo tornarci il giorno dopo prima di trasferirci a Kas, ma l’idea di portarci fin giù le valigie e poi riportarle in cima ci spaventa. Però siamo in Turchia, paese dove tutto è “easy” e la soluzione è a portata di mano. In cima alla scalinata fa la guardia tutti i giorni (a cosa non si sa) un soldato nel suo baracchino: gli chiedo a gesti se posso lasciare lì i bagagli e lui ovviamente annuisce e mi indica gentilmente dove sistemarli. Mi immagino i “vaffa” se l’avessi chiesto a un poliziotto italiano… Ci godiamo così in tutta tranquillità la caletta e le sue acque trasparenti e a fine giornata recuperiamo i ns. Bagagli e prendiamo l’ennesimo minibus alla volta di Kas. Non avevo previsto questa meta nel mio programma perché sapevo che le spiagge limitrofe sono scadenti, ma il paese si rivela davvero una perla e inoltre (come già detto) è assai comodo e conveniente per le gite in barca all’isola di Kekova. Per 30 lit (a Kalkan chiedevano 30 eur) prenotiamo un tour per il gg. Successivo presso un tipo simpatico all’imbarcadero e il giorno successivo salpiamo su una barchetta in cui siamo soltanto una dozzina di persone e, ovviamente, gli unici italiani. A pranzo sembra di stare a Babele: tedeschi, olandesi e turchi riuniti in un’allegra tavolata, degustando kebab turco e spiedini cotti sulla brace. Eppoi la gita è fantastica: numerosi stop per fare snorkelling in baie isolate dall’acqua turchese e gita esplorativa all’isola di Kekova, nota per il sarcofago licio che spunta dal mare. Mi chiedo cosa sarebbe costata in Italia un gita simile: facciamo 50 eur, mangiando da schifo in mezzo alla calca? Decidiamo che il pranzo in barca è stato sufficiente per la capienza del nostro stomaco e per cena ci concediamo un piatto di frutta in un bar affacciato sul mare, ammirando il sole che tramonta sulla baia di Kas. Poi cocktail romantico in un bar vista mare. Ma ormai la vacanza sta finendo e dobbiamo avvicinarci ad Antalya, dove ci aspetta l’aereo che ci riporterà ad Istanbul. L’indomani prendiamo di buon mattino il bus per Cirali, percorrendo una strada panoramica che mi fa scoprire innumerevoli calette e spiagge di cui ignoravo l’esistenza (notevole soprattutto la spiaggia di Kayaczi, vicino a Demre). Cirali è un villaggio all’apparenza spartano, costruito un po’ disordinatamente in riva al mare. Ma la vita vi scorre lenta e tranquilla, con cene in ristoranti praticamente sulla battigia e una lunga spiaggia che porta fino a Olympos e dove ci si può rilassare in tutta tranquillità sia di giorno che dopo il tramonto, in beata solitudine (ma in Turchia è forse una novità?). Alloggiamo per 55 lit. In una specie di resort, dove il silenzio dei bungalow immersi in un bel giardino viene rotto dai versi di galli e galline che i padroni lasciano pascolare tranquillamente. Prima del tramonto ci dirigiamo a piedi verso Chimera, famosa per i fuochi che furiescono dalle rocce alimentati da gas naturali. Dal villaggio saranno circa ¾ km. Di strada asfaltata che percorriamo di buona lena, ignari che alla fine del tragitto ci aspetta un trekking supplementare di 1 km. Nel buio pesto della foresta. Meno male che i turchi pensano a tutto e forniscono pile a noleggio per tutti. Il trekking è stancante, la meta appare davvero come una chimera ma alla fine si rimane soddisfatti: la visione di queste fiammelle in cima a un monte e sotto una volta stellata che quasi si può toccare è un ricordo ancora ben nitido nella mia mente. Il giorno successivo è davvero l’ultimo: lo trascorriamo salutando il mare per l’ultima volta e prendendo l’ultimo minibus, destinazione Antalya. La cittadina mi appare in tutta la sua triste confusione: albergoni allineati in riva al mare e un lungomare affollato di ombrelloni e di turisti come in Romagna. Meno male che l’ho evitata, ma quanti rimpianti per le giornate trascorse in solitudine con la mia ragazza in riva al mare! Ci dirigiamo subito in aereoporto (dall’otogar c’è un bus che porta fino alla rampa di uscita dalla strada principale, da dove bisogna trasbordare su un taxi che conduce al terminal) e torniamo mesti ad Istanbul. Giusto il tempo di un ultimo kebab in un locale trash, ma davvero turkish e poi a nanna. L’aereo per Milano (via Bucarest) è già in pista ad attenderci.


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