Il bazaar di Kashgar

Domenica. Il lavoro sta andando molto bene: il workshop per Training of Trainers in community-based blindness prevention (non mi chiedete cosa sia: troppo complicato....) ha raccolto almeno venti partecipanti da tutta la provincia, tutti laureati, giovani, in gran parte appartenenti alle minoranze etniche, piu' della meta' donne. Visto che qui...
Scritto da: KillingTime
il bazaar di kashgar
Viaggiatori: da solo
Domenica. Il lavoro sta andando molto bene: il workshop per Training of Trainers in community-based blindness prevention (non mi chiedete cosa sia: troppo complicato…) ha raccolto almeno venti partecipanti da tutta la provincia, tutti laureati, giovani, in gran parte appartenenti alle minoranze etniche, piu’ della meta’ donne. Visto che qui interrompono a pranzo dalle dodici e mezza alle quattro (come da noi ai bei tempi estivi) ne ho approfittato e me ne sono andato al bazaar. Certo, chiamarlo bazaar e’ riduttivo: l’insegna sopra la porta principale dice “Central Asia International Gran Bazaar at Kashgar”, in inglese, cinese e arabo. Dentro e’ geometrico: larghe vie perpendicolari dividono i mercanti in settori omogenei, com’e’ comune in oriente: stoffe, scarpe, cappelli, vestiti, articoli per la casa, spezie, medicine tradizionali. I mercanti sono tutti Uiguri, islamici ma non eccessivamente: solo pochi di essi portano in testa l’hadji, e quasi tutti appaiono molto rilassati, intenti a chiaccherare coi vicini e a bere il te’ che svelti ragazzini portano in giro in vassoi appesi ad una stanga in bilico sulla spalla magra, cosi’ come nel gran bazaar di Istanbul, a forse cinquemila chilometri da qui, oltre il Kyrgystan, la valle Fergana, la Transoxania, la Persia, la Mesopotamia, il Kurdistan e l’Anatolia. Le popolazioni Turco-Turaniche coprono un’area immensa, e la loro storia e’ altrattanto grande.

Comunque, io non sono venuto al bazar per comprare berretti Kirghisi di pelo di pecora, e nemmeno shampoo cinese dall’odore terribile: giro e giro per le vie principali e le traverse, guardando a destra e a sinistra all’interno delle botteghe, scansando donne, uomini, famiglie e l’occasionale turista australiano (universalmente riconoscibili per i pantaloni corti al ginocchio, le magliette colorate e i sandali da rafting). Finalmente arrivo nell’angolo che stavo cercando, una dozzina di botteghe ai due lati di una delle traverse, scaffali di legno con esposti, a file ordinate e luccicanti, i coltelli Uiguri. Come tutte le popolazioni nomadi e pastorali, gli Uiguri hanno sviluppato alcune cose in comune con altre popolazioni simili: una e’ il pane, piatto e con poco lievito, fatto per durare (pensate alla spianata sarda). Un’ altra e’ il coltello da lavoro, per scannare e scuoiare le pecore. Ora dovete sapere che io sono da sempre appassionato di lame: colleziono coltelli da molti anni, fin dai tempi degli scout praticamente. A casa ho kukri nepalesi, afar dancali, pattadesi sarde (anche se ormai a Pattada c’e’ rimasto un solo artigiano a farle, e la nuova arburesa di Arbus e’ molto meglio…Ho un kriss malese, e molti altri. Quindi sono qui, negli occhi lo scintillio del collezionista alle prese con una specie mai vista prima.

Entro subito nella prima bottega. ‘Salam aleikum’ ‘Aleikum salam..’. La prima cosa che noto e’ che ci sono un sacco di porcherie pacchiane: coltelli da caccia tipo Rambo, di acciaio inox con manici mutiuso (dentro c’e’ lenza, pinza, bussola e altre minchiate inutili), coltelli che sembrano usciti da videogiochi di fantascienza, con aculei, denti e forme strane. Chissa’ chi e’ che se li compra…Comunque il tipo (occhi verdi, capelli neri cortissimi, basso, con addosso l’eqivalente locale della djellabia) vede che io adocchio lo scaffale con i coltelli locali e comincia a presentarmeli ad uno ad uno, porgendoli dalla parte del manico con due dita, e decantandone in inglese broken le qualita’ e caratteristiche. In effetti sono belli: manici intarsiati con motivi floreali, di corno, osso, legno e plastica, inserti di madreperla, ma…Sono tutti nuovi, si vedono i segni della fresa e non c’e’ traccia di ruggine o sporcizia. Chiaramente fatti per i turisti. Quello che io voglio e’ un coltello da lavoro, possibilmente usato, con lama non inox ma di acciaio forgiato a mano. Glielo spiego, e mentre gli dico cosa voglio, sempre guardandolo negli occhi, faccio roteare il coltello che mi ha dato fra le dita, e senza guardare glielo rido’ con uno scatto del polso dalla parte del manico, con due dita pure io…

…Dopo due o tre tentativi di rifilarmi chincaglieria capisce l’antifona e mi porta nel retrobottega, dove procede a mostrarmi dei magnifici esemplari da lavoro, usati ma in ottime condizioni, lama a volta consumata dalle ripetute affilature ma manici lisciati dalla mano di chi li ha usati, intarsi immersi nel materiale circostante, belli veramente. Presto ne trovo uno che mi sta bene in mano: bilanciato, bella forma, lama brunita, filo a leggera esse, manico di ottone e legno lucido con rivetti antichi piantati a mano.

Il fodero e’ di cuoio, anch’esso vecchio, chiaramente il suo… Mi piace, lo voglio…Me lo sento bene fra le dita della mano sinistra, si muove e gira che e’ una meraviglia.

‘quanto vuoi per questo?’ ‘Ah! bella lama! Coltello degli Uiguri! 200 yuen’ ‘Allah mi e’ testimone! Bella lama e ottimamente bilanciato. Ti do’ 50 yuen’ ‘Ahahahahahah lo straniero ha voglia di scherzare! 180 yuen’ ‘Allo straniero la tua merce piace me non ha soldi da buttare. Ti do’ 80 yuen e non se ne parla piu’ ‘Oh, lo straniero parla di soldi come un Pakistano, ma io ho una famiglia numerosa da mantenere. Dammi 150 yuen’ ‘No. La pace sia con te’ dico, e me ne vado. Naturalmente non faccio in tempo ad uscire che lui mi insegue.

‘Solo 100 yuen e il fodero gratis!’ ‘Affare fatto’ Conto i soldi dal rotolo che tengo in tasca legato con l’elastico. Il faccione di Mao sorride da tutte le banconote.

‘Da dove vieni, straniero?’ ‘Da molto lontano, Al-Siqqulia ‘Ah! terra lontana! Ne parla Mohammed Kashgari nella sua ‘enciclopedia del mondo’. Dio guardi i tuoi passi’ ‘Che ti porti molti turisti…’ La scena, piu’ o meno simile, si ripete in tre botteghe diverse. Torno all’albergo con tre magnifici esemplari. Mentre ci sono mi compro anche una cosa che ho sempre desiderato: un rasoio da barba a mano libera, di quelli che si aprono e ci si infila mezza lametta.

Mentre esco guardo stoffe e tessuti, ma sono troppo pesantemente decorati per i miei gusti: rotoli interi di cotone tessuto d’oro, pesantissimi arabeschi su velluti di scarsa qualita’. Lascio perdere.

Quando torno alla riunione di lavoro l’amico collega mi dice: ‘stasera dopo cena karaoke’ ‘ah io non canto, ho una pessima voce’ ‘ahaha certo che no: lo schermo e’ in cinese. Ma puoi ballare…’



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