Bersaglio mobile a San Francisco

In fuga da Alcatraz, diventi un bersaglio mobile al cospetto della donna che visse due volte. Questa ed altre storie in quel di San Francisco.
Scritto da: marcodonna
bersaglio mobile a san francisco
Partenza il: 01/08/2010
Ritorno il: 05/08/2010
Viaggiatori: 1
Spesa: 2000 €
San Francisco è una città che offre numerosi richiami cinematografici. Le sue ripide salite, i suoi tram, il Golden Gate, la splendida natura che la circonda, le auto della polizia, le scale antincendio delle case,… sono solo alcuni tra i deja-vu che incontrerete visitandola. Sono tutti splendidi scorci che il mondo del cinema ha voluto in innumerevoli inquadrature. Io ho dedicato quattro giorni di un mio giro statunitense a questa stupenda città. Primo giorno Al primo impatto, mi torna in mente chi mi ha consigliato di portare vestiti pesanti, malgrado si tratti del mese di agosto. Il mio volo da Francoforte atterra nel primo pomeriggio e dall’aeroporto prendo il treno (organizzazione perfetta: una navetta gratuita collega tutti i terminal e la stazione Bart) fino alla fermata “Civic center”. Appena esco dalla stazione sotterranea sono avvolto da una gelida nebbia. Alloggio al Monarch Hotel, sulla Geary st, quasi all’incrocio con la Van Ness. Mi arrampico sulle ripide stradine per cercare il mio albergo, osservando tanti barboni sulla strada. È una caratteristica tipica della città. I senzatetto sono tanti ma non mi importunano, controllati da poliziotti dallo sguardo incattivito. L’albergo è in una vecchia casa in pieno Tenderloin, il quartiere un po’ a rischio della vecchia Frisco, con le sue tipiche case in legno, che mi ricorda tanto il soggiorno “sulla strada” dal romanzo di Jack Kerouac. La lunga scala antincendio, invece, mi ricorda i tanti inseguimenti tra poliziotti e cattivi in qualche infimo telefilm da anni Ottanta. Il personale non è dei più simpatici, ma risponde alle mie richieste con cortesia e le stanze sono spaziose e pulite. Lasciati i bagagli, mi avventuro lungo Van Ness per visitare il Civic Hall, il municipio famoso per l’imponente cupola neo-classica. Nei primi anni Ottanta, un Roger Moore al ritmo dei Duran Duran salvava la bella Tanya Roberts dall’incendio che divampava nell’edificio. I produttori di Bersaglio Mobile girarono in loco alcune delle scene più spettacolari e i cittadini guardavano preoccupati il loro municipio bruciare. Ma era solo finzione cinematografica con fumogeni e trucchi vari. La struttura è imponente e, in questi mesi, è impreziosita dall’enorme statua Three Head Six Arms di Zhang Huan che è stata installata al centro della piazza, per promuovere le mostre al centro d’Arte Orientale. È possibile visitare gratuitamente l’interno del municipio. Dopo aver superato i controlli al metal detector, si giunge nell’atrio, dominato da un enorme scalone in marmo e sovrastato dal vuoto della cupola. Sul piano intermedio dello scalone, decorato da un elegante colonnato, vi sono alcune statue di politici importanti tra cui Harvey Milk, il primo consigliere comunale gay dichiarato che fu assassinato insieme al sindaco George Moscone nel 1978. Nel 2009 Sean Penn vinse l’Oscar, interpretandolo nello splendido film biografico intitolato, appunto, Milk e diretto da Gus Van Sant. Dalle scale si gode appieno la bellezza e l’eleganza del salone d’ingresso. Ai fianchi dell’atrio sorgono due ampi saloni che sono usati per mostre (non ce ne sono in agosto). In una di queste sale si nota l’olio su tela di Elaine Badgley Arnoux, dedicato a Cyril Magnin, filantropo a cui la città di San Francisco deve la costruzione del Teatro d’Opera e tante importanti attività. Concludo la mia prima giornata con una cena a base di pesce in uno dei ristoranti popolari di Tenderloin. La passeggiata dopo cena è rigorosamente nella Union Square, piena di luci, negozi dalle vetrine fantasiosamente decorate e turisti da ogni parte del mondo (italiani in particolare). Secondo giorno Svegliandomi al mattino presto, la scena dalle finestre della camera è scoraggiante: una densa nebbia percorre le strade della città. Uscito dalla stanza sotto un’umida pioggerellina, preparo la lunga giornata con il mio abbonamento a quattro giorni di mezzi pubblici (potete acquistarlo al chiosco di Market St, all’altezza di Union Square). Volendo visitare i parchi cittadini, percorro Lombard St fino all’exploratorium, il museo che non visito ma attraverso per arrivare al Presidio: la zona paludosa che collega il porto al Golden Gate. Se volete affittare una bici, vi consiglio di iniziare questo giro proprio dal porto, in quanto io non ho trovato strutture per l’affitto al Presidio e ho dovuto fare tutto il percorso a piedi. Una volta sulla baia, si entra a Crissy Field, una vecchia palude bonificata e diventata un parco pubblico che è un vero paradiso per i birdwatcher. La vista sulla baia spazia dall’isola di Alcatraz al Golden Gate mentre, alle nostre spalle, si impone lo skyline cittadino. Ogni tanto si incontra una limosa fedoa che scandaglia l’acqua paludosa con il suo lungo becco. Le anatre chiacchierano curiose tra di loro come se commentassero che anche quest’anno ci sono tanti turisti italiani. Quando siamo in prossimità del Golden Gate, si notano i vecchi hangar che negli anni Venti ospitavano l’aviazione militare statunitense. Salendo per la strada principale, siamo al cospetto di uno dei simboli della città: il rosso ponte del Golden Gate, così denominato perché, nelle intenzioni dei suoi ideatori, doveva essere un portale per i sogni dorati di chi giungeva nella città delle opportunità. Il panorama del ponte avvolto nella nebbia è di assoluto romanticismo. Mi chiedo come sia possibile che nei film (di nuovo Bersaglio Mobile ad esempio, nella famosa scena del dirigibile) lo si veda assolato a dominare una splendida baia senza una sola nuvola. Solo se percorrerete a piedi tutto il ponte fino all’altra parte della costa e tornerete indietro, vi darò il permesso di acquistare la t-shirt con scritto “I walked across the Golden Gate”. Prima della costruzione del ponte, la zona era dominata dai fortini militari per la difesa della Missione e della città che si stava costruendo intorno. Scendete le ripide stradine all’ingresso del ponte e vi troverete in un pezzo della storia del cinema. Proprio sotto uno degli archi che sostengono la struttura si trova Fort Point. Da lì, secondo Alfred Hitchcock, si ammira la miglior vista sul Golden Gate ed è il punto dove Kim Novak, la Donna che visse due volte, sembra suicidarsi agli occhi di uno spaurito James Stewart. La visita al fortino è gratuita ed interessante. Dopo pranzo, un autobus mi porta al Golden Park. Malgrado la quasi omonimia con il ponte, i due luoghi non sono vicini. Il parco è un enorme polmone verde della città dove i cittadini vanno a correre per smaltire i grassi della cucina americana. Con le lunghe passeggiate di questa vacanza, non ho la necessità di correre e posso godermi gli splendidi scorci dai laghetti del parco. All’interno si trova il museo De Young che vi suggerisco di visitare. In una avveniristica architettura è ospitato il meglio della cultura americana a partire dagli Inca fino all’arte moderna. Inoltre, alcune sale ospitano la cultura africana e quella dell’Oceania mentre un salone favoloso è dedicato ai tessuti: arazzi e vestiti di tutto il mondo sono esposti con cura ed eleganza. Tra i tanti artisti dell’arte moderna esposti spiccano alcuni nomi: Edward Hopper, Georgia O’Keeffe, Diego Rivera (da San Francisco), David Park, Mel Ramos, Thomas Hart Benton, Reginald Marsh, Taneyuki Harada, David Hockney, Stuart Davis, Enrico Donati, Arthur Frank Mathews, George C. Ault, John Singer Sargent, Robert Henri e Alexander Pope. Salendo poi sulla Hamon Tower, si gode di una splendida vista sull’avveniristico Museo della Scienza e sul Golden Park. Dopo la visita, vi concedo una pausa al Japanese Tea Garden. Si paga l’ingresso ed anche la coppa di Tè verde. Ma il giardino è molto bello e vale la spesa per rilassarsi qualche minuto. Se avete ancora voglia di passeggiare, potete attraversare a piedi tutto il parco. Se no, potete nuovamente salire sull’autobus per l’ultima tappa della giornata: l’Ocean Park. Si tratta della spiaggia principale della città. Molti cartelli avvisano sulla pericolosità delle onde ed il gelido vento crea spettrali paesaggi di dune. Non si vede molta gente fare il bagno ma la sera si popola di persone che sfidano il freddo con il fuoco delle grigliate. Terzo giorno È giunto il momento di vedere com’è nato tutto questo. Nel 1780, in tutta la vallata, esisteva solo la Misión dolores San Francisco de Asís. Questo importante ricordo storico che da il nome alla città ed al quartiere è, dal 1913, sovrastato dalla basilica. La visita è a pagamento ma è assolutamente da non mancare, se non altro per omaggiare la storia della città. Nel cimitero si può visitare una ricostruzione di una capanna delle popolazioni indiane che abitavano la baia in quel periodo. Il quartiere Mission è da visitare con i suoi odori di cibo messicano e i vivaci colori sudamericani. Decisamente caratteristici sono i famosi murales. In particolare la Clarion Alley i cui muri sono totalmente decorati da graffiti e murales di assoluta qualità. Con i comodi autobus, attraverso la città per cambiare totalmente quartiere. È ora di spostarsi verso North Beach. Giunto a Washington Square seguo le indicazioni per Telegraph Hill. Si entra in un bosco attraversato da una ripida salita che ci porta alla Coit Tower. La torre che sovrasta la città deve il suo nome non a idee pornografiche che potrebbero essere evocate dalla sua forma fallica, bensì a colei che sovvenzionò la sua costruzione: madame Lillie Hancock Coit, appunto, che la volle erigere in onore del capo dei pompieri (evitiamo facili battute). Nel 1934 gli interni della torre furono dipinti da 25 artisti sullo stile delle opere di Diego Rivera. La vista della città dalla sua sommità è assolutamente da non perdere. Si è fatta ora di pranzo e, da Washington Square, mi addentro nel quartiere italiano per pranzare alla Pizzeria Cinecittà. Solitamente sono restio a frequentare ristoranti italiani al di fuori dei nostri confini ma, questa volta, me la sento di consigliare questo locale. Salutatemi la “romanaccia” Romina che vi farà un’ottima pizza sottile e un buon caffè (in inglese le ho detto “very good” ma poi, in italiano, mi sono corretto: “…a dire il vero, appena accettabile ma forse buono per un americano…“). Dopo pranzo, ho seguito Columbus Avenue. È il momento più intellettuale del viaggio. Entro nella vecchia libreria City Light Book a leggere qualche riga di “On the road”. Lì vicino c’è Jack Kerouac Alley dove sono stati incisi per terra brani del grande scrittore. È anche la via dove sorge il Vesuvio, il pub dove Kerouac era solito andare. Sono pronto per addentrarmi nel delizioso Beat Museum, dove sono omaggiati Neal Cassady, Jack Kerouac, Allen Ginsberg e William Burroghs. Dopo la visita al museo, mi rinfranca un aperitivo con un vino della California prodotto da Francis Ford Coppola alla Columbus Tower (di sua proprietà). Dal bar, si ha una vista impressionante sul Transamerican Pyramid, il grattacielo più famoso della città. Termino la giornata nei vivaci colori e tra i rumorosi discorsi di Chinatown. Quarto giorno La visita all’isola di Alcatraz si prenota con un mese di anticipo. Non pensate di arrivare al Pier 33 e riuscire a trovare i biglietti per il giorno stesso. In questo caso, i riferimenti cinematografici sono scontati. Avvolti nella fredda nebbia sulla barca che ci porta sull’isola, scorrono immediatamente in mente le immagini di Clint Eastwood in Fuga da Alcatraz e di Nicholas Cage e Sean Connery in The Rock. Appena attraccati, una guida spiega che bisogna stare sui sentieri per non correre dei rischi. Procuratevi una cartina e salite solitari verso la prigione principale, ammirando la torretta di guardia e la cisterna d’acqua. Dentro la prigione l’ottima organizzazione consegna (senza alcun supplemento) un audio-guida in italiano. Durante la visita ci racconta le dure condizioni di vita dei carcerati e dei guardiani, i tentativi di fuga più eclatanti e aneddoti sui criminali più famosi che hanno “soggiornato” sull’isola. Al rientro, ho pranzato a base di granchi al Pier 39, assolutamente da visitare assieme al Fisherman’s Wharf se volete qualche souvenir, tanto inutile quanto irresistibile, della vostra vacanza a San Francisco (ad esempio, vi starete chiedendo a cosa mi serviranno le manette originali di Alcatraz…). Inoltre al Pier 39 si va a fotografare i simpatici leoni marini che, incuranti dei tanti visitatori, soggiornano uno sull’altro accarezzandosi e ruttando gioiosamente. Dall’Embarcadero, prendete uno dei tram storici del mondo ed attraversate tutta la città per giungere a Castro. Potrete salire anche su dei mezzi provenienti dalla città di Milano: il vecchio tram verde di legno e quello, leggermente più moderno, giallo tendente all’arancione. Castro è il quartiere dei diritti omosessuali, dove si sono svolte le più importanti battaglie civili. Io l’ho visitato proprio durante una manifestazione contro il governatore Schwarzenegger e sono stato travolto in un improvvisato gay pride di protesta. Mi sono poi spostato ad Haight, il quartiere hippy di San Francisco. Innamorato come sono della musica americana, è uno dei luoghi dove mi sono divertito di più. Ho fotografato la casa dei Grateful Dead e comprato immediatamente dei loro album. Per l’aperitivo serale, mi sono perso tra i Picasso, i Mirò e i Chagall delle gallerie d’arte di Downtown. È stato incredibile vedere dei negozi che vendono firme così prestigiose. Ma il normale è incredibile in questa città perennemente avvolta dalla sua fredda e romantica nebbia.


    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche