Turisti per Cibo: appuntamento a Milano con Patrizio, Syusy e Martino

Turisti Per Caso.it, 10 Nov 2006
turisti per cibo: appuntamento a milano con patrizio, syusy e martino
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Cari Turisti per Caso, prendete carta e penna per segnarvi questo appuntamento: la presentazione ufficiale con Patrizio, Syusy e Martino, autori dell’epistolario gastronomico “Turisti per Cibo, il grand tour del buon mangiare”, si terrà mercoledì 22 novembre 2006, a Milano, presso la Libreria Feltrinelli di via Manzoni 12 (tel. 02 76000386), alle ore 18.00. Non potete mancare! Per ora leggetevi altri due “assaggini” dal libro, sempre in anteprima. Si parla di ottimi formaggi calabresi e di pesce oceanico.

Martino è stato in Sila per provare le migliori specialità dei famosi formaggi locali. Oltre a spiegare i modi di produzione e le varietà migliori di ogni formaggio, segnala per voi gli indirizzi dei produttori. Così, se vi trovate a passare, potete fare una bella scorta dei prodotti dei pastori e bovari calabresi. Patrizio e Syusy rispondono raccontando un curioso incontro con tre donne, non proprio leggiadre, sulla spiaggia di un’isola delle Figi, nell’Oceano Pacifico. Le donne avevano pescato delle orrende oloturie di mare (conosciute in Italia con un nome meno… Scientifico) che avrebbero poi venduto affumicate, ma nel frattempo si preparavano una cenetta a base di cernia e gamberoni. Una ci ha pure provato con Vito! Allora non vi resta che leggervi queste anticipazioni e prepararvi a venire numerosi alla presentazione del libro.. Anche questa settimana potete trovare nuove anticipazioni diverse e esclusive sul sito di Velisti per Caso.

Buona lettura!

I formaggi della Sila

Sila Cari Patrizio e Syusy, Fin dai tempi della Magna Grecia l’altopiano della Sila è il regno indiscusso di pastori e bovari. I tipi di formaggi e ricotte sono tanti, sia di latte pecorino che vaccino. Fra quelli che ho assaggiato ho trovato imperdibile la sciungata, un formaggio fresco, di latte vaccino, a pasta filata lavorata per lungo tempo. Dopo la lavorazione, le forme ovali vengono strette dentro a steli di giunco legati alle due estremità. Il sapore è aromatico e leggermente acidulo. Poi c’è il butirro. È un formaggio a pasta filata a base di latte di mucca, crema di latte e crema di siero con all’interno una sfera di burro. È prodotto in tutta la regione ma si dice che il migliore sia il silano perché è fatto con latte di mucche annicchiariche, cioè che hanno partorito da un anno. Infine il caciocavallo silano, ottenuto da latte crudo vaccino e a pasta filata. È uno dei formaggi più diffusi di tutto il meridione d’Italia, la sua area di produzione sconfina dalla Calabria e si estende a macchia di leopardo in Puglia, Basilicata, Campagna e Molise. L’appellativo geografico rende omaggio allo storico lavoro dei bovari calabresi che nell’altopiano della Sila lo preparavano nei loro rifugi in legno, i “vaccarizzi”. Ma è anche opinione comune che sia il migliore. Un altro paio di specialità da non perdere le troverete proprio sul confine meridionale della Sila che coincide con il punto più stretto della Calabria e di tutta la penisola italiana. È l’istmo di Marcellinara, lungo appena 30 chilometri e dominato dal monte Tiriolo dal quale si gode lo scenario dello Ionio e del Tirreno separati da uno stretto lembo di terra. A Marcellinara troverete la “Farci-provola”, un formaggio di latte di mucca farcito all’interno con soppressata o capocollo stagionato, e gli “Animaletti di Provola”, un formaggio di latte vaccino dal peso di 35 grammi lavorato a forma di cavallo. Può avere anche il Cavaliere con Armatura, sciabola e zaino. Sono sicuro che se lo portate alla Zoe si rifiuterà di mangiarlo. Vostro Martino In Sila i formaggi li trovate ovunque di ottima qualità. Tra gli altri punti-vendita vi posso segnalare: Azienda Agricola Zootecnica “Ruffolo” Contrada “Canalicchi” 87060 Bocchigliero (CS) Bottega di Casa Barbieri P.Zza T. Campanella Altomonte (CS) Tel. 0981 948851

Le oloturie giganti

Figi

Carissimo Martino, Dalle tue lettere si capisce bene che l’Italia è un Paese straordinario, con una incredibile densità di attrazioni gastronomiche sempre diverse e sempre sorprendenti. Ma, se è per questo, le stranezze e le novità non mancano neanche girando per il mondo. Navigando con Adriatica nel Pacifico ad un certo punto, dopo una bella navigata con vento forte, abbiamo trovato riparo in una baia profonda sulla costa di Yandua, un’isola tra Viti Levu e Vanua Levu, le due isole principali delle Figi. Yandua è un’isola speciale, famosa per le sue iguane verdi, che avremmo visto con calma il giorno dopo. Ma, appena buttata l’ancora, quando ancora mancava un’ora al tramonto, non abbiamo resistito e siamo scesi a terra col gommone. Sulla spiaggia c’era una barca di legno, una lancia a motore, con un gruppo di sole donne e bambini che venivano dal villaggio, che si trovava dalla parte opposta dell’isola.Avevano pescato, e adesso si preparavano la cena sulla spiaggia, dove avrebbero passato la notte sotto un semplicissimo riparo di foglie di cocco.

Le donne erano tre. Era evidente che si trattava di tre sorelle. Man mano che, nel Pacifico, si procede da est a ovest, la fisionomia delle persone cambia. All’inizio, in Polinesia Francese, soprattutto nelle Isole della Società o alle Tuamotu, i corpi dei Polinesiani sono perfetti, soprattutto quelli delle donne (e in particolare le donne che hanno sangue cinese oltre che polinesiano). A parte quelli (e purtroppo sono tanti) che son diventati obesi a causa delle abitudini alimentari importate dagli occidentali (grassi animali, zuccheri, carboidrati), per il resto la popolazione locale è composta da creature da sogno, come le isole. Le donne sono le famose vahinè, le classiche polinesiane dei film con Marlon Brando. Già alle Marchesi però la statura della gente cambia, sono praticamente dei giganti, e le donne si fanno poderose più che graziose. Man mano che si procede verso ovest le dimensioni aumentano sensibilmente: Tongani e Samoani sono alti e grossi, non a caso sono tra i più forti giocatori di rugby! Dopo si arriva appunto alle Figi, dove comincia la Melanesia: il colore della pelle diventa più scuro, la statura ancora più grande… Tutto questo per dire che le tre signore che abbiamo incontrato sulla spiaggia di Yandua non erano leggiadre fanciulle, bensì tre orchesse imponenti, dalle braccia grosse come alberi di palma, la voce sonora e la risata gorgogliante come l’onda dell’Oceano. La capa delle tre sorellone, che parlottava anche un po’ di inglese, ha detto di chiamarsi Andy. Quando ha scoperto che siamo italiani era molto contenta, ha cominciato, scherzando, a fare la vezzosa, col suo aspetto simpatico e terribile, tipo Trudy, la fidanzata di Gambadilegno. Ha cominciato a dire che lei non era sposata, che era libera, che avrebbe ben volentieri sposato un italiano e ha cominciato a puntare Vito, il nostro amico, che ci ha scherzato sopra ma in fondo era un po’ intimidito, per non dire terrorizzato. Andy invece era un vulcano di umorismo, ad un certo punto ha scritto la parola I-t-a-l-y sulla sabbia e poi in verticale, sotto ad ogni lettera, ha scritto la frase “In Trust Andy in Love You”, come dire “Andy ne vuole da te!”.

Insomma, ne è venuta fuori una scena esilarante, di assoluta simpatia. Dopo aver fatto amicizia le ragazze ci hanno poi mostrato cosa avevano pescato. Ci siamo avvicinati alla barca e abbiamo visto… Una vera pesca mostruosa. Le tre sorelle avevano catturato delle oloturie giganti, dette anche volgarmente stronzi di mare. Ce ne sono a tutte le latitudini, ma da noi sono piccole. Sono tra le creature più semplici e rozze del creato: in pratica sono un tubo digerente, con la bocca da una parte e l’ano dall’altra, fatti in modo che non si riesce neanche a capire quale sia l’una e quale sia l’altro. Per questa loro struttura molecolare essenziale, un nostro amico (Andrea) quando era ricercatore presso la Columbia University a New York, studiava appunto il cervello delle oloturie, che hanno solo due o tre grossi neuroni, facili da isolare. Le oloturie pescate dalle sorelle di Yandua erano grosse come tubi da stufa, lunghe quasi un metro, di colori sgargianti. “Che schifo, sembra un drago bavoso!” Syusy era colpita dalla bruttezza di queste bestie, che hanno appunto la pelle rugosa e rossa, come il naso bitorzoluto di un etilista all’ultimo stadio, e buttano fuori dall’ano (o dalla bocca?) dei filamenti bianchi, tipo mozzarella cotta e filante. Andy ci ha spiegato che si chiamano Cocomeri di mare. “Ma come li mangiano?” Andy ha detto che li fanno lessare, poi li affumicano perché si conservino, quindi li vendono ai Giapponesi e ai Cinesi, che ne sono ghiottissimi e che li pagano anche sessanta dollari l’uno. “Sessanta dollari? Ho capito bene?” Effettivamente, per l’economia delle isole, sessanta dollari sono una bella cifra. Intanto le sorelle di Andy preparavano il loro pic nic sulla spiaggia, facendo cuocere il pesce su un fuoco di noci di cocco. “Non gli manca niente” ci ha fatto notare Gigi “in queste isole hanno il cocco da bere e poi da bruciare. Tra l’altro il fumo del cocco tiene anche lontane le zanzare. Poi dietro alla spiaggia hanno raccolto limoni, papaie e cuori di palma. Qui davvero la Natura offre tutto a buon mercato…” Noi intanto, però, avevamo notato un’altra cosa: “Guarda: stanno abbrustolendo per cena delle belle cerniotte e qualche bel gamberone. Mica sceme le sorellone: le oloturie non le mangiano mica, le tengono per i Giapponesi!”.

Patrizio e Syusy



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