Questione di trivelle
Quello che stupisce, e che è stato oggetto di quesito da parte di alcuni sindaci del Parmense, in dettaglio dagli amministratori di Fidenza e Medesano, è che nessuno dei comuni implicati nell’istanza denominata “Fontevivo”, e che fa riferimento alla parte del territorio ubicato nella provincia di Parma, pare essere stato avvisato e tanto meno interpellato in proposito.
Così accade che, una bella mattina, sfogliando le pagine virtuali di Repubblica Parma, i cittadini si accorgono di essere oggetto di una richiesta che potrebbe mettere seriamente a rischio il proprio territorio. Le ragioni di questa affermazione nascono da due considerazioni, entrambe non di poco conto se si vuole guardare con onestà intellettuale il futuro di una delle regioni che producono maggior ricchezza in questo paese.
La prima concerne la vocazione di un territorio: Parma ha appena ottenuto la nomina a città Unesco per il patrimonio gastronomico, è una provincia a forte vocazione alimentare e agricola, in cui è presente una importantissima concentrazione di prodotti DOP (Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, Culatello di Zibello) e di IGP (Salame di Felino ed altri prodotti), per non parlare dell’importantissima industria del pomodoro. Queste produzioni sono frutto di una cultura e una tradizione fortissime, e sono altresì inequivocabile fonte di benessere e ricchezza per questo paese. Cosa accadrebbe alle zone dedicate alla coltivazione se, nei comuni interessati da questa richiesta, si ottenessero i permessi? Che danni subirebbero queste zone? In che modo verrebbero ad essere influenzate le coltivazioni? Siamo comunque in buona compagnia, perché anche nel Mantovano e nel Cremonese si presentano gli stessi identici problemi e la Lombardia è, ancora una volta, motore economico dell’Italia.
LA SICUREZZA DEI CITTADINI La seconda considerazione riguarda la sicurezza dei cittadini: dopo i terremoti del 2012 avvenuti nel Modenese e nel Mantovano, ma avvertiti con grande intensità anche nel Parmense e nel Reggiano, abbiamo scoperto con grande sconcerto di essere zona sismica, peccato che ce lo abbiano rivelato soltanto dopo che abbiamo subito perdite enormi, sia in termini di vite, che in termini economici. Nel Modenese e nel Mantovano ci sono, ancora oggi, aziende agricole e società di varia natura, che subiscono le ripercussioni economiche derivanti dagli avvenimenti del 2012, sono passati già quasi quattro anni da allora. È noto che, prima dei devastanti terremoti del 2012, nelle zone colpite si praticavano da tempo operazioni di “fracking”, ovvero perforazioni in profondità del suolo atte ad estrarre sostanze di vario tipo; ora, se anche non esiste ancora prova scientifica in grado di dimostrare inequivocabilmente il collegamento fra perforazioni ed eventi sismici, non esiste nemmeno studio scientifico in grado di negarlo in modo inequivocabile.
A questo punto mi chiedo: in che modo la Ministro Guidi, peraltro di origini di Castelnuovo Rangone (MO), può anche solo vagliare una richiesta di questo genere? Fino a che punto vale, per chi ci governa, l’economia già esistente e forte di un territorio che, seppure in flessione a causa della lunga crisi che ha colpito l’intero paese, nutre in senso puntuale ed in senso lato l’Italia intera, a fronte dell’interesse personalissimo di un’azienda di cui, peraltro, non si conosce nemmeno la capacità tecnico-finanziaria come evidenziato nell’articolo citato sopra? Fino a che punto vale la vita dei cittadini che su questo territorio vivono, lavorano e producono reddito e benessere per il paese? Fino a che punto deve pesare l’interesse di un’azienda privata quando, dall’altra parte della bilancia pendono gli interessi di centinaia di migliaia di cittadini? Nel malcapitato caso in cui il fracking fosse effettivamente causa di eventi sismici, al paese cosa costerà di più fra il rimettere in piedi una regione che già cammina molto bene con le proprie gambe perché devastata e il dire no ad una singola azienda? Fra il seppellire cittadini che magari avevano un lavoro e producevano reddito, o magari essere costretti a curarli e sostenerli a vita perché gravemente menomati a causa di un evento sismico, e dare lavoro a qualcuno in più per poi farlo perdere a migliaia di altri?
Demagogia o senso pratico e civico? Quello stesso senso civico che dovrebbe balzare al cuore e alle menti di tutti e che ci dovrebbe far gridare uniti che è la politica al servizio dei cittadini, non il contrario.
Faccio notare che, dopo meno di una settimana dalla pubblicazione della notizia, nessuno parla più della questione che non ha mai comunque varcato i limiti provinciali delle tre zone implicate nella richiesta. In aprile ci saranno i referendum, quando verrà data la risposta del Minstero dello Sviluppo Economico a Pengas Italiana?