Yap, l’isola della moneta pesante
Indice dei contenuti
L’arcipelago di Yap è formato da 4 isole vicinissime tra loro: Yap-Rull, Tomil-Gagil, Maap e Rumung. Le prime 3 sono collegate tra loro con ponti, essendo la distanza tra l’una e l’altra poco più di un canale. Rumung invece è raggiungibile solo con la barca.
Yap è un’isola dove il ventunesimo secolo non è ancora arrivato. E’ nota per essere l’unico paese al mondo dove per gli acquisti tradizionali si usano monete di pietra. Attenzione, non di sassolini si tratta, bensì di vere e proprie sculture circolari pesanti fino a parecchie tonnellate.
Qui sono ancora in vigore parecchi tabù: è meglio chiedere il permesso prima di scattare una fotografia a una casa privata o alle persone (il che è anche una semplice norma di buona educazione) e bisogna indossare abiti castigati dalla vita in giù. Dalla vita in su invece mettersi qualcosa è un optional: nei villaggi le ragazze locali girano allegramente con i seni al vento.
La popolazione yapese è fiera della propria cultura e delle proprie tradizioni, che esplodono ogni anno tra fine febbraio e inizio marzo nelle manifestazioni dello Yap Day, in pratica la festa nazionale.
L’isola principale di Yap ha una superficie di 100 kmq, ai quali bisogna aggiungere una serie di atolli esterni per un totale di altri 20 kmq. La capitale è Colonia, che si fa fatica a identificare perché sono quattro case affacciate su una baia. Gli abitanti sono circa 14.000, in grande maggioranza di etnia locale. Le lingue ufficiali sono l’inglese e lo yapese, di cui peraltro ci sono almeno 4 versioni diverse, al punto che gli abitanti della regione di Rull fanno fatica a capire quelli di Rumung. La valuta ufficiale per noi stranieri è il dollaro USA, mentre per i locali hanno normale valore corrente anche le stone money, le monete di pietra.
L’arrivo a Yap
Dopo un terribile volo notturno da Guam, arrivo a Yap alle 3.55 di notte. Per fortuna i solerti inservienti del Manta Ray Resort sono lì pronti ad accoglierci, a occuparsi delle valigie e a sostenere chi crolla dal sonno.
L’eccellente Manta Ray Resort è affacciato sull’oceano, a 5 km dall’aeroporto. Al Manta Ray l’ospite è accudito e coccolato, tutti sono disponibilissimi e attenti a cogliere qualunque esigenza e a soddisfare le tue richieste. Wi-Fi nella lobby. Suggestivo il ristorante: si mangia sul ponte superiore del Mnuw, una goletta del 18° secolo che ha navigato i mari del Sud e adesso è permanentemente ormeggiata alla banchina dell’hotel, mentre su uno schermo gigante fissato all’albero di mezzana scorrono le immagini dei filmati girati durante le immersioni della giornata, oppure documentari sulla vita sottomarina. Menu eccellente con scelta ampia: si va dagli eccellenti hamburger home-made al mahi mahi in salsa di cocco e vaniglia, che rimpiango ancora adesso. Birra ottima di produzione propria del resort prodotta dalla “Stone Money Brewing Company” (proprio così: ci sono due caldaie e un distillatore), disponibile in tre varietà: chiara, scura (la migliore) e un blend chiamato “texas beer”.
Il Manta Bay è studiato e concepito per i divers, ma anche un semplice viaggiatore-snorkelista come me è trattato benissimo e ha diverse opzioni disponibili per le escursioni e le attività acquatiche.
Tour turistico-culturale di Yap
Il Manta Ray organizza tour di Yap con guide locali. Oppure noleggiate voi una macchina e fatevi un giro dell’isola per conto vostro. Comunque sia, almeno una delle due cose dovete assolutamente farla. Scoprirete paesaggi affascinanti, villaggi fermi nel tempo, lagune di acqua turchese cristallina, una giungla tropicale intricatissima, giardini rigurgitanti di ibischi e croton, paludi di mangrovie. Ogni tanto vi si apre davanti una finestra tra la vegetazione, da cui si vedono la laguna e la barriera corallina che circonda l’isola.
Il tour di Yap si fa in un giorno con tutta calma. L’isola è lunga 30 km e larga 13. Le strade sono in gran parte buone e asfaltate, salvo le deviazioni verso la costa e i villaggi che sono per lo più su sterrato. Nessun problema, anche perché l’attraversamento dei villaggi deve essere fatto molto piano, visto che all’ingresso gli abitanti hanno messo espliciti cartelli che impongono di non superare le 5 miglia/ora. Sulle strade asfaltate invece il limite è 25 miglia/ora, come dovunque in questa area del Pacifico. Traffico scarsissimo.
Si parte da Colonia che sarebbe la capitale di Yap. In pratica si tratta di quattro case affacciate sulla piccola Chamorro Bay, più una stazione di polizia, un ufficio postale, un distributore di benzina, un paio di shop. Su una collinetta c’è lo Yap Visitors Bureau dove si fanno in quattro per procurarvi una cartina e materiale illustrativo. All’ufficio postale chiedete i foglietti dei francobolli della Micronesia, che faranno felici i vostri amici collezionisti e sono comunque un regalo esclusivo.
All’ingresso di Colonia c’è il National Museum, dove si comincia a fare la conoscenza con le bellissime faluw, le case degli uomini fatte di tronchi, foglie e fronde. Non hanno nemmeno un chiodo ma solo incastri e legacci di corde fatte con cortecce e liane. In queste case i ragazzi venivano addestrati alla caccia, alla pesca e alle arti amatorie. Somigliano alle “bai” di Palau, qui in versione più rustica.
Appena usciti da Colonia la strada si immerge in una giungla fittissima dove spuntano ogni tanto case e villaggi. Si cominciano a vedere le caratteristiche monete di pietra circolari col buco in mezzo. Andando verso la penisola di Rull si incontra la prima delle banche (stone money banks) dove sono conservate le monete, cioè in sostanza dei viali ai cui lati sono appoggiate le grandi ciambelle di calcite. I capi villaggio le distribuiscono alla popolazione in funzione delle necessità delle famiglie. Foto ricordo di prammatica. Negli affacci sulla costa si aprono spiazzi dove sono erette le faluw.
Le strade lungo la costa attraversano paludi di mangrovie e tratti di giungla fittissima. Tra le mangrovie scorrazzano rossi granchietti di palude e fanno capolino sul bagnasciuga i curiosi perioftalmi, pescetti che possono vivere sia fuori che dentro l’acqua e hanno la particolarità di guardarsi intorno girando gli occhi a 180 gradi senza muovere la testa.
Ogni casa che si incontra lungo il percorso è allietata da un giardino con candidi frangipani, ibischi e croton multicolori. Sentirete spesso il profumo delle piante di ylang ylang, dai cui fiori profumatissimi si ricava un’essenza usata per saponi e detergenti. Sulle bamboo palm e sulle piante di betel crescono le orchidee.
Durante l’attraversamento dell’isola da Dalipebinaw a Weloy si sale sulle colline dell’interno (altezza massima 200 metri), da cui si vede l’aeroporto e si aprono paesaggi sulla costa in tutte le direzioni.
A Makry si trova la più grande delle faluw, destinata alla assemblee di villaggio e capace di ospitare fino a 100 persone sotto il tetto. Il resto degli abitanti dei villaggi aspettava fuori, nel prato o tra i pandani.
Il giro dell’isola è un piacere assoluto e vi verrà voglia di farlo e rifarlo, soprattutto se il tempo è buono e c’è il sole. Un eventuale acquazzone non deve impensierire: in questa stagione durano un quarto d’ora e dopo torna il sole. Difficile però familiarizzare con la gente del luogo: gli yapesi sono un popolo estremamente riservato. Chiedete sempre il permesso prima di scattare una foto: tranquilli, vi verrà accordato con un sorriso. Lo stesso vale quando lasciate la strada: è necessario chiedere il permesso prima di entrare in un viale, recarsi su una spiaggia, attraversare una piantagione, perché a Yap ogni centimetro quadrato dell’isola è proprietà privata.
Le monete di pietra
Yap è l’unico posto al mondo dove si usano monete di pietra (“stone money”) come denaro corrente. In yapese si chiamano “raay” e quelle di maggiore valore “raay ni ngachol”. Sono dei dischi di aragonite (carbonato di calcio ad alta densità reticolare) con un foro al centro che serve per il trasporto. Possono avere varie dimensioni, da 20-30 cm fino a 4 metri di diametro (le misure della stone money più grande che si trova a Rumung). Il peso delle monete va da 8-10 kg fino a 2-3 tonnellate. Per trasportare le più grosse servono tronchi d’albero resistenti e una squadra di ragazzotti forzuti.
Il valore commerciale delle stone money dipende da vari fattori: la dimensione è uno di questi, ma non è il solo. Contano molto anche le caratteristiche visive, come la levigatura, la compattezza, la forma. Conta il materiale: quelle di aragonite pura valgono di più, quelle contenenti minerali di quarzo valgono di meno perché tendono a sfaldarsi. Poiché le monete venivano scolpite a Palau e poi trasportate a Yap su zattere trainate da piroghe o canoe a bilanciere, contano moltissimo le difficoltà superate per il trasporto. Le monete che hanno più valore sono quelle che hanno richiesto il sacrificio di vite umane per essere trasportate a Yap sulle piroghe, indipendentemente dalla loro dimensione. Non era infrequente che durante la traversata il carico si inabissasse per essere stato mal fissato o per un’ondata troppo forte.
Il valore delle monete diminuì fortemente dopo che il commerciante americano David O’Keefe mise a disposizione una nave per il trasporto che risultò così molto facilitato, chiedendo copra in cambio. Adesso non se ne fanno più. Il valore viene assegnato dai capi-villaggio, che stabiliscono anche se devono essere ad uso di un singolo individuo o dell’intera comunità.
Oggi a Yap ci sono circa 14.000 monete di pietra. Oltre a quelle di proprietà privata, che vengono esposte fuori dalle case, ci sono alcune “banche”: a Rull, a Gagil, nel Bechiyal Cultural Centre di Maap. Le monete di pietra sono comunemente usate anche oggi per le transazioni quotidiane o per scambi tradizionali e cerimonie: con una moneta grande come un piatto si fa la spesa per una settimana per una famiglia, con una di due metri di diametro compri un intero villaggio. Chiaramente, non potete usarle al supermercato o per la ricarica del cellulare. Per queste esigenze spicciole anche gli yapesi usano i dollari USA o le carte di credito. In sostanza, a Yap c’è un doppio regime valutario.
Il governatorato di Yap riconosce le monete di pietra come divisa avente pieno valore per le transazioni commerciali interne. Di conseguenza, l’esportazione è illegale, proprio come da noi è illegale esportare valuta all’estero.
Le monete di pietra hanno un indubbio vantaggio: qui a Yap di borseggiatori proprio non se ne vedono.
Le spiagge e la barriera corallina
Siamo in pieno Oceano Pacifico, quindi non mancano spiagge di sabbia bianca, lagune turchesi e barriera corallina. Le più belle sono nel Nord dell’isola di Maap, Wanyaan beach e Village View resort beach. Ogni spiaggia è un piccolo paradiso, con sabbia morbida e acqua cristallina limpida e calda.
Il reef esterno pullula di pesci e coralli. Frequentatori abituali della barriera sono banchi di pesci pappagallo, tartarughe marine, aquile di mare, trigoni e diverse specie di barracuda che scorrazzano tra giardini di coralli duri e molli. La presenza di squali (pinna bianca, pinna grigia, pinna nera, nutrice, squali leopardo, squali seta e squali martello) è pressoché costante tutti i giorni, in particolare in siti come Yap Caverns, Yap Corner e Vertigo. Sul lato est, Yap offre un ricco macro universo con pesci mandarino, pesci ago fantasma, pesci foglia, gamberetti del corallo e diverse specie di nudibranchi, tra i quali alcuni che non sono nemmeno stati ancora catalogati.
Il lato occidentale invece è quello preferito dai sub: ripidi muri di corallo duro si innalzano dagli abissi, alcuni dei quali, come Vertigo, iniziano a 12 metri per poi cadere giù a una profondità da lasciare a bocca aperta, impossibile da misurare nemmeno con visibilità eccellente.
Le foreste di mangrovie che circondano quasi interamente l’isola sono il rifugio di una specie unica: il pesce arciere, capace di colpire le sue prede dai rami, per lo più insetti, con un forte spruzzo di acqua.
Generalmente la visibilità nelle acque di Yap varia tra i 30 e i 60 metri con occasionali cadute di 10 metri nei canali dove sono situate le “clearing station”.
Snorkeling con le mante giganti
Yap è famosa per la popolazione di mante giganti che vive nelle sue acque. Le mante sono 44. Appartengono alla specie manta alfredi, che è quella tipica dei reef. Sono state tutte censite, catalogate e …battezzate dallo staff di diving del Manta Bay Resort. Di ogni manta hanno fatto una “scheda personale” con l’età, le dimensioni (da 2 a 4 metri di ampiezza del mantello) e la foto della macchiettatura sulla parte inferiore del corpo.
Le mante prediligono 3-4 punti del reef di Yap. Il più frequentato è il Manta Ridge nella zona del Mi’il Channel, al largo del promontorio di Fanif nella regione nord-ovest. Qui il problema non è “se” vedrete le mante, ma “quante” ne vedrete.
Le mante si incontrano su un fondale sabbioso-corallino di soli 7-8 metri. Vedersele passare sotto la pancia è un’esperienza che toglie il fiato. Si rimane paralizzati. Sembrano volare, si muovono con una leggiadria e un’eleganza regali. Spesso sono accompagnate da remore e pesci pilota, carangidi anche di grosse dimensioni. Sembrano abituate alla presenza dell’uomo, ma bisogna evitare i movimenti bruschi. C’è qualche piccolo problema di visibilità sui fondali sabbiosi, a causa della torbidità creata dalla sabbia sollevata col movimento delle ali.
I sub si acquattano sul fondo e si mettono come in platea, osservandole transitare a pochi metri. Bill Acker, che è il boss del resort, ci ha detto che in inverno (dicembre-aprile) talvolta si può assistere alle loro evoluzioni per l’accoppiamento.
Per le immersioni Yap è considerata tra i top 3 dei siti al mondo. Per gli squali e le mante secondo Bill Acker qui è il top assoluto. Ci sono una trentina di punti di immersione localizzati, che includono fondali di corallo, lagune sabbiose, drop-off a strapiombo. Un gruppo di sub tedeschi alla fine della giornata mi raccontava con entusiasmo l’immersione con gli squali e l’incredibile quantità di pesci e coralli che avevano visto. Ma anche per un semplice snorkelista come me questa è un’esperienza che non si dimentica.
Lo Yap day
La popolazione di Yap è molto legata alla propria cultura e alle tradizioni. Questo senso di appartenenza alla propria terra esplode durante lo Yap day.
Lo Yap day è una grande festa popolare che coinvolge tutte le comunità dell’isola per 2 giorni tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo. Nel 2019 la 51ma edizione dello Yap day si è celebrata l’1 e il 2 marzo nella piana di Nimaar, municipalità di Weloy. Nel 2020 la 52ma edizione è programmata ancora per l’1 e 2 marzo nelle municipalità di Rull e Gilmaan, la punta sud dell’arcipelago.
Il programma di due giorni prevede mostre di artigianato, danze, gare e banchetti. I turisti sono benvenuti, anzi sono invitati alle tavolate e qui si possono scattare fotografie senza alcuna limitazione.
La festa del 2019 si è svolta secondo alcuni momenti principali:
– il discorso inaugurale di Tony Ganggiyan, governatore di Yap
– lo spettacolo di trasporto spalla delle monete pietra
– le bellissime danze tradizionali. La popolazione di Yap attribuisce alla danza un valore culturale e sociale altissimo. Le danze (“churu”) sono di vari tipi e vengono tramandate di generazione in generazione da secoli. Le danze più popolari sono la danza dei bastoni e altre forme di danza che vengono eseguite in ginocchio. Ci sono le danze delle donne e quelle degli uomini: i due gruppi non danzano ma assieme. I movimenti sono scanditi da cori, richiami vocali e battute delle mani e dei piedi. Non ci sono strumenti musicali.
– le gare, che vedono la gioventù locale sfidarsi in specialità decisamente insolite: l’arrampicata sulle palme di betel, la preparazione della canoa di bambù, la sbucciatura delle noci di cocco, l’intreccio dei canestri, la cattura dei granchi con le mani (richiede molta attenzione perché sono molto grossi e se afferrano un dito con le tenaglie non lo mollano più).
Durante le danze tradizionali si rimane come ipnotizzati, anche per la bellezza di alcune delle protagoniste. Le ragazze ballano a seno nudo, con una ghirlanda di fiori in testa e una collana di fiori che scende lungo le spalle. Portano alla vita un gonnellone di paglia con frange multicolori che agitano con i movimenti del bacino.
Però togliamoci dalla testa l’idea che le ragazze di Yap siano delle selvagge con l’anello al naso: molto semplicemente il topless fa parte della cultura e della tradizione locale, che le ragazze applicano con eleganza e disinvoltura. Poi, nelle pause tra una danza e l’altra si sistemano i capelli e si dipingono le labbra col rossetto, come farebbe qualunque ragazza a Milano, New York o Shanghai. Qualcuna ne approfitta per chiamare il fidanzato col telefonino. A Yap tutti hanno internet, anzi il collegamento a 5 G qui probabilmente arriverà prima che da noi.
Gli uomini invece durante la festa indossano un perizoma colorato e ornamenti ai polsi e alle caviglie. Alcuni movimenti delle danze degli uomini ricordano la “haka” dei maori neozelandesi.
Durante le due giornate della festa è sempre aperto un banchetto che serve specialità locali: taro, yam, frutta tropicale varia, maiale e pesce cotti nell’uhmw (è la dizione locale del forno ricavato in una buca del terreno). I cibi sono piuttosto piccanti e speziati, quindi bisogna regolarsi.
I giorni dello Yap day sono il momento migliore per venire qui. In questi giorni si possono vedere le tradizioni yapesi nella loro piena manifestazione, cosa che non è altrettanto possibile in altri periodi dell’anno. E’ anche il periodo migliore dal punto di vista meteorologico, dato che corrisponde alla stagione secca (il che però non esclude che possa capitare un acquazzone di breve durata).
Lo Yap day non è solo un evento culturale evocativo della tradizione di questa gente. Si respira proprio un’atmosfera di gioia, di comunanza, un senso di appartenenza alla propria identità storica che forse noi abbiamo perso. Dopo avere partecipato ai festeggiamenti dello Yap day, anche se da semplice turista, si portano a casa un sacco di ricordi e ci si sente meglio.
…e se la signora si spoglia?
E’ possibile che a un certo punto la vostra signora decida di adeguarsi ai costumi yapesi e quindi si metta a gironzolare nuda dalla cintola in su.
Via, non fate i pruriginosi per così poco e accettate di buon grado la situazione. Tutt’al più potreste farle osservare (se è il caso) gli effetti della legge di gravità sulla caduta degli oggetti.
Il betel
Ogni buon yapese ha un brutto vizio: l’impasticcamento quotidiano con le noci di betel. Per questo la gente qui si porta sempre appresso una borsetta di paglia contenente l’occorrente per la meticolosa preparazione delle noci: le spaccano in due con i denti, poi le condiscono con una miscela di calcare e polvere di tridacna macinata e dulcis in fundo ci aggiungono del tabacco di sigaretta. Loro asseriscono che questo cocktail sia necessario per dare il giusto sapore alla bacca. Ne fanno un bolo che ruminano senza ingerirlo, sputacchiando l’impasto quando è esaurito.
Le noci di betel contengono arecolina, un alcaloide nicotinosimile che promuove la salivazione e produce un effetto stimolante sul sistema nervoso centrale. Richard, il mio autista del land tour culturale, in 8 ore ne ha ruminate una trentina. Sono rimasto stupito del fatto che alla fine era ancora miracolosamente lucido. Secondo loro, il betel stimola la mente e dona buonumore. Gli effetti sulla dentatura e sul palato però sono tremendi: i denti si macchiano di rosso e a lungo andare si indeboliscono scheggiandosi.
Le noci di betel vengono normalmente vendute da piccoli banchetti lungo la strada, al prezzo di 10 centesimi di dollaro l’una e ognuno se ne compra quante vuole.
Il consumo di betel è abituale in una vasta area che va dall’Indocina al Pacifico centro-meridionale.
Come raggiungere Yap
L’unico modo per arrivare a Yap è con il volo della United Airlines da Guam, che viene operato due volte alla settimana. Guam è ben collegata agli aeroporti principali dell’estremo Oriente (Hong Kong, Seul, Manila, Tokio, Osaka).
Luigi
Luigi.balzarini@studio-ellebi.com