Venezuela tra terra e mare
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VENEZUELA – INFO GENERALI
AEROPORTO
Dovete sapere che appena uno varca la soglia del terminal voli internazionali di Caracas si ritrova subito in una interminabile coda. I passeggeri non sono smistati in base alla destinazione ma tutti i passeggeri di tutti i voli si ritrovano lì per il primo controllo bagagli e passaporti. Attenzione quindi a presentarsi all’aeroporto diverse ore prima della partenza.
CAMBIO BOLIVARES La moneta ufficiale è il Bolivar, che per scelta di politica economica dell’attuale governo, è stata forzosamente agganciata ad un cambio fisso. Una mossa per contenere un alto tasso di inflazione, problema comune a molti paesi “ ad economie deboli”, che trova però in disaccordo molti economisti e buona parte dei venezuelani. E’ possibile, nelle Casse di Cambio, convertire in Bolivares, Dollari ed Euro ma non il contrario per evitare che fiumi di denaro lascino il paese in cerca di sicurezza o presunta tale. Tutto questo ha fatto si che si formasse un mercato parallelo (nero) di compravendita di Dollari ed Euro soggetto alle leggi non scritte dell’economia di mercato. Più ti serve e più sei disposto a pagare. Meno ce n’è e più costa. Cambiare al cambio non ufficiale, è davvero conveniente. A febbraio 2011 con 1 euro danno circa 10 bolivares risparmiando rispetto al cambio ufficiale (1 euro 5,40 bolivares – 1 $ 7,5 bolivares). Caracas è sicuramente l’aeroporto dove si cambia con più facilità, ma in generale si cambia ovunque, sia euro che dollaro. Attenzione però a non farvi fregare: prima di dire quanto cambiate informatevi sul tipo di cambio e fatevi prima consegnare i bolivares, contateli e verificateli con calma e, solo successivamente, consegnate gli euro. Non cambiare comunque molto perchè le spese grosse si pagano in euro. Anche a Los Roques c’é una piccola banca ma con il cambio ufficiale. I pagamenti con carta di credito sono diffusamente possibili ma malvolentieri accettati per le alte commissioni ai quali sono sottoposti. Travel Cheques difficilmente cambiabili se non al costo di lunghe file in banca. Ora il problema grosso si pone alla posada: anche nel caso in cui, per farsi belli, i proprietari vi abbiano detto che accettano le carte di credito, può succedere che alla fine della vacanza vi chiedano di saldare il conto in contanti e in dollari. Questo succede proprio per il cambio nero. Spesso i proprietari delle posade vi cambiano i soldi in nero per farvi un favore e quindi poi, nel caso voi vogliate saldare gli extra con i bolivares che vi sono avanzati lo stesso proprietario pretenderà di essere pagato con il cambio nero, ma qualche cliente furbo non ci sta e pretende il cambio ufficiale dopo aver beneficiato del cambio nero per tutta la vacanza. Per evitare spiacevoli discussioni quindi tutti pretendono il pagamento in dollari e non via carta di credito che inspiegabilmente si sarà rotta. Soluzione: Portate con voi un bel po’ di dollari parte da cambiare al mercato nero e parte per saldare il conto. Pagate nei negozi, nei locali e i souvenir con i bolivares e pagate dove possibile con carta di credito (ad esempio le immersioni). SPOSTAMENTI: I taxi sono comodi ed economici; il prezzo va concordato con l’autista. A Caracas usare solo taxi di linea ossia: da e per l’aeroporto i suv neri (circa 160 bolivares fino al centro di Caracas) e in città quelli bianchi con targa gialle e registrati. SICUREZZA : Usare sempre estrema prudenza e seguire pedissequamente i consigli dei locali per evitare brutti incontri ( mai girare soli dopo il tramonti, niente gioielli, abbigliamento semplice, soldi nascosti, mai ritirare al bancomat, taxi sempre di linea e mai abusivi e mille, mille occhi intorno). TELEFONO Dal Venezuela chiamare in Italia costa pochissimo (1/ 2 bolivares al minuto). Ovunque si trovano internet point e centri per le telefonate.
CARACAS
Caracas è la città più pericolosa e violenta del Sudamerica, e i pericoli cominciano appena fuori dall’aeroporto. Decine di taxi clandestini, vecchie auto americane macinate dal tempo, molti dei taxi ufficiali, quasi tutti potenti fuoristrada neri con vetri oscurati, non hanno neppure le targhe. Le truci maschere della Guardia Nacional non li degnano di uno sguardo, concentrati sui controlli antidroga. Eppure può capitare, e in genere capita più facilmente a nababbi turisti diretti a Isla Margarita, di salire su un taxi, essere portati chissà dove, derubati, malmenati e abbandonati. E qualcuno ci ha anche lasciato la pelle. Dall’aeroporto internazionale bisogna spostarsi, prendendo un taxi o fare circa 300 mt a piedi, alle partenze nazionali. – hotel catena best Western a Cati’a la Mar. – hotel Catiamar (32 euro- 280 bolivares) che si trova a Cati a la Mar, a 5km dall’aeroporto di Caracas Maiquetia, località comoda per chi deve dormire una notte a Caracas e non vuole andare in centro città che si trova a circa 30 km dall’aeroporto. Fanno il transfert gratuito da/per l’aeroporto. Non è bello, ma costa poco e per una notte va bene perchè è pulito PARCO NAZIONALE DI CANAIMA – SALTO ANGEL TOUR CANAIMA/SALTO ANGEL, acquistato via internet da Energy Tour. Dal 23/02 al 27/02 € 577. giorno 23/02/11: CARACAS/CIUDAD BOLIVAR Ricevimento trasferimento Aereoporto nazionale + Volo Caracas/Ciudad Bolivar + ricevimento in Ciudad Bolivar + trasporto posada + notte posada Don Francesco giorno 24/02/11:CIUDAD BOLIVAR/ CANAIMA – SALTO ANGEL 3 giorni e 2 notti: Volo Ciudad Bolivar/Canaima + escursione laguna di canaima e il Salto Sapo. Notte accampamento di fronte alla laguna di Canaima. Tapuy Lodge. giorno 25/02/11: CANAIMA Río Churun per isola ratoncito e arrivare SALTO ANGEL. Notte accampamento isola ratoncito di fronte al Salto Angel giorno 26/02/11: CANAIMA CIUDAD BOLIVAR Rientro a Ciudad Bolívar + trasferimento posada giorno 27/02/11: CIUDAD BOLIVAR /CARACAS trasferimento aereoporto + Volo Ciudad Bolivar/Caracas 23/02: Dopo 11 ore di volo ci da il benvenuto a Caracas un cielo coperto e la pioggia, ma i 27° rendono comunque gradevole il nostro arrivo. Ad attenderci Ezu, come promesso da Cosimo Amico di Energy Tour dal quale abbiamo acquistato il Tour Canaima/Salto Angel. E’ una persona affidabile e ci aiuta subito a cambiare i dollari, ci accompagna al banco Rutaca dove facciamo il check-in per Ciudad Bolivar e ci porta a pagare la tassa per uscire da Caracas (B35 a testa = circa € 4). E’ curioso, in Venezuela si pagano le tasse ogni volta che ci si sposta (a fine racconto un elenco delle tasse pagate per questo viaggio). Inizia l’avventura…….aeroporto chiuso per pioggia, volo cancellato e nessuno che parla inglese. PANICO!!! Rischiamo di passare la notte a Caracas senza sapere cosa ne sarà del resto del viaggio. Con dizionario alla mano riesco a capire che dobbiamo aspettare. Dopo 2 ore di attesa inizia a spiovere, riaprono l’aeroporto e riusciamo a partire. 2 ore di volo e arriviamo a Ciudad Bolivad. Ci aspetta Cosimo Amico che ci porta immediatamente a casa sua, la Posada Don Francesco. Stremati, dopo quasi 24 ore di viaggio, non sentiamo né la fame né la doccia fredda e ci buttiamo a dormire. 24/02: PARCO NAZIONALE DI CANAIMA Sveglia alle 6! Cosimo ci accompagna in aeroporto dove, dopo aver pagato la tassa per uscire da Ciudad Bolivar (B25 x 2 = B 50), aspettiamo di partire alla volta di Canaima. Anche oggi rischiamo di perdere il volo causa mal tempo. Piove, piove, piove ma ci dicono che è meglio così. Fino alla settimana prima non pioveva da mesi e se avesse continuato così non si sarebbe potuto fare il tour perché i fiumi erano secchi e il Salto Angel senza acqua…….ah! Beh!!! Allora…santa acqua!!!! Per fortuna aspettiamo solo mezz’ora e ….partiamo! L’aereo è un bimotore con al max 20 posti. Vederlo non sembra molto affidabile ma anche in quest’occasione ci dicono che siamo stati fortunati. Se fossimo stati in meno ci avrebbero assegnato in bielica a 5 posti!!!! Il volo da Ciudad Bolivar a Canaima dura 1 ora ed è abbastanza tranquillo, nonostante le nuvole non lasciassero presagire nulla di buono. Atterraggio un po’ “altalenante” ma per il resto tutto ok. Ad attenderci una ragazza del Tapuy Lodge. Ci fa pagare la tassa d’ingresso al Parco (B 35 a testa) e ci accompagna a resort. Il Tapuy Lodge è molto bello. Ubicato direttamente sulla laguna, dà la possibilità di pregustarti cosa ci aspetterà nelle nostre escursioni: palme dentro l’acqua, laguna rosso sangue, cascate prorompenti. Il personale è molto gentile e disponibile e la camera (a noi è stata assegnata la nr 1) è spaziosa, pulita e fresca….con un geko a farci compagnia. La mattina è all’insegna del relax, mentre nel pomeriggio verso le 15 si parte per la prima escursione: il SALTO SAPO. Il Parque Nacional Canaima è un Parco Nazionale situato nello stato Bolivar, in Venezuela. Fu instaurato il 12 giugno del 1962 e dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1994. Si estende per 30.000 km² (più grande del Belgio), fino alla frontiera con la Guyana e con il Brasile. Per le sue dimensioni, è considerato il parco nazionale più grande del mondo. Circa il 65 % del parco è occupato da mesetas di roccia chiamate tepuyes. Questi costituiscono un ambiente biologico unico, presentando inoltre un grande interesse geologico. I versanti scoscesi e le sue cadute d’acqua (incluso il Salto Angel, la cascata d’acqua più elevata del mondo, a quasi 1.000 m) formano paesaggi spettacolari. Tutta la zona intorno a Canaima è caratterizzata da numerose cascate o saltos, tutte di modesta altezza ma dalle portate davvero poderose che le rendono per questo molto spettacolari. La più famosa è senz’altro il Salto Ucaima che fa da sfondo omnipresente alla vita del villaggio di Canaima, ed è uno dei più fotografati del Venezuela. In realtà la cascata è suddivisa in tre settori, gli altri due prendono il nome di Salto Golondrina e di Salto Hacna. Sullo sfondo si stagliano i 3 tepuyes (caratteristiche formazioni aventi forma di piramide tronca) che accompagnano qualsiasi vista di Canaima: El Nonoy-Tepuy (Avvoltoio-tepuy) a sinistra, il Kuravaina-Tepuy (Cervo) al centro ed il Topochi-Tepuy (Cerbattana) leggermente inclinato a destra. Lo stesso fiume Carrao forma altre due caterratte, che si trovano sulla sponda opposta rispetto all’insediamento di Canaima, il Salto Sapo e il Salto Sapito. Quest’ultime sono raggiungibili via barca, mentre una bella passeggiata può condurre al Salto Ara oltre il quale il fiume Carrao prosegue il suo corso più placidamente, senza ulteriori dislivelli. Una delle cose che più attira l’attenzione è il colore dell’acqua, che è completamente rossiccia a causa della grande quantità di minerali in essa presenti. Similarmente, la sabbia ha un leggero tono rosa per effetto del quarzo. Il parco occupa il settore nordorientale dello Escudo Guayanés che corrisponde ad un basamento precambrico con rocce di tra 900 e 3.500 milioni di anni, sulle quali si trovano le cuarcitas ed i conglomerati silicei di Roraima. Le forme predominanti corrispondono ad una combinazione di tepuy, piane e valli. Tra i tepuy si trovano l’Auyan-Tepuy (2.400 m), da dove sorge il Salto Angelo che è il più alto del mondo con la sua caduta di 979 m; quello di Roraima (2.810 m); quello di Chimata (2.700 m); quello di Kukenán (2.600 m) ed altri 34 Tepuy più. La vegetazione in questi Tepuy varia dal bosco umido tropicale, nelle basi e pendii, fino ad arbusti e prati nella cima, con una gran diversità di specie endemiche; nelle aree di savane e valli predominano le graminacee ed i morichales, con presenza di boschi di galleria. La fauna è variata, emergendo il formichiere, il giaguaro, la lontra gigante, la volpe ed i carini araguatos; tra gli uccelli, l’aquila arpia, il falco palomero, la guacamaya nana ed il colibrí. Nel parco si sono trovati vestigia di un significativo villaggio indigeno precolombiano; attualmente, vivono in queste territorio comunità dell’etnia indigeno Pemón con sottogruppi di kamaracotos, taurepan ed arekuna. Il suo territorio fu riconoscente nel secolo XVIII per i missionari cappuccini catalani. Fauna: come l’altezza ed il tipo di vegetazione. Tra le specie che possiamo trovare stanno: l’orso melero, il Báquira, lo scoiattolo Abitante della Guyana, il puma, cervo, la pereza di tre dita, la donnola, il volpe fattore, carino viso rigato, carino machín, topi, formichiere gigante, cane di acqua o lontra gigante, giaguaro o tigre e cunaguaros, rettili come il camaleonte l’iguana, morrocoy selvatico, serpenti come il falso corallo, Bejuca, anaconda, falso mapanare, e velenose come il corallo, mapanare, cuaima ananas e sonaglio. Anche numerose specie di rane e rospi. In quanto agli uccelli possiamo citare l’Ara rossa, pappagallo cara sporca, re zamuro, campanaro, colibrí, uccelli cappuccini, galletto delle rocce, tucani etc. SALTO EL SAPO: 5 minuti di canoa e 20 di sentiero in mezzo alla foresta. Sconsigliate ciabatte (la terra è molto fresca), meglio sandali di gomma o scarpe da ginnastica. Prima di arrivare si rasentano altre cascate ma lo spettacolo del Sapo è bellissimo, con un getto d’acqua potentissimo e una curiosità, c’è un sentiero percorribile che passa tra la roccia ed il getto d’acqua, davvero incredibile! Con un altro sentiero si giunge poi sulla sommità della cascata dove, adagiati sulle rocce, si può prendere comodamente il sole. Spettacolo mozzafiato! CONSIGLIO: portare il minimo indispensabile perché tanto ci si bagna. Il K-way non serve a nulla. Portatevi un paio di ciabatte da usare per il rientro così almeno potete iniziare ad asciugare le scarpe da ginnastica. 25/02: SALTO ANGEL Ore 9 partenza: Navigando per il Río Churun (20 minuti di canoa + 20 minuti a piedi + 4 o 5 ore di cano) si arriva all’Isola di Ratoncito. E’ una esperienza bellissima vedere la tecnica grandiosa dei Pemon che riescono a far navigare una tronco d’albero in un’acqua bassissima sfidando tutte le leggi fisiche. Arrivati all’isola, dopo 1 ora di una camminata nelle foresta tropicale, dove si potranno ammirare le differenti specie di piante e di uccelli, si arriva ai piedi del Salto Angel, dove si può anche fare il bagno al pozo del salto. Si arriva stanchi, sudati, esausti ma felici e ammutoliti dinanzi a cotanta grandezza. Dopo un’altra ora di cammino per ritornare si arriva all’accampamento con amache ove si trascorrerà la notte. Il Salto Angel è la cascata più alta del mondo (979 metri) si trova in Venezuela, con una tratto di caduta ininterrotta dell’acqua di 807 metri. Si trova lungo il corso del torrente Carrao e precipita dall’altopiano della montagna Auyantepui. Il fiume che si trova alla fine del salto è il Kerepakupay, nel Parco Nazionale di Canaima. Il nome viene dal suo scopritore, il pilota americano, Jimmy Angel. Gli indigeni la chiamavano “Parakupa-vena” o “Kerepakupai merú” ed era considerata insieme alla montagna un luogo sacro. La cascata si trova nel cuore della foresta dello Stato di Bolivar, nel sud del Venezuela e per vederla si deve fare un’escursione di due giorni attraverso il fiume o sorvolare la zona con piccoli aerei. STORIA – Anche se avvistata per la prima volta nei primi anni del XX secolo dall’esploratore Ernesto de Santa Cruz, la cascata non era nota al mondo fino alla sua scoperta ufficiale avvenuta nel 1933 da parte di un aviatore americano, James Crawford Angel, che stava sorvolando la zona alla ricerca di un qualche bacino minerario di valore. Nell’ottobre 1937, torna in zona e riesce ad atterrare con il suo piccolo aereo sulla cima vicino alla parte superiore della cascata. Da allora le cascate, sono correntemente denominate “Salto Angel” (in inglese “Angel Falls“) in suo onore. Dopo l’atterraggio l’idrovolante di Angel, un Flamingo, si impantanò sul terreno acquitrinoso e fangoso della cima del Auyan-tepui e rimase lì per 33 anni prima di essere portato via da un elicottero. Jimmy Angel ed i suoi tre compagni di esplorazione riuscirono a discendere il monte Auyantepui e a raggiungere il primo centro civilizzato soltanto dopo 11 giorni. L’aeroplano di Jimmy Angel, denominato El Rio Caroni, è esposto di fronte al Terminal dell’aeroporto di Ciudad Bolivar; quello che può avvistarsi come un fugace lampo argenteo sulla cima è soltanto un cippo che indica la posizione esatta. L’altitudine ufficiale venne determinata da un’indagine eseguita dalla National Geographic Society nel 1949 (articolo: Jungle Journey to the World’s Highest Waterfall di Ruth Robertson). Nel libro di David Nott, Angels Four, si racconta la storia dei primi scalatori che riuscirono ad arrampicarsi per la parete quasi verticale del Auyan Tepui (la montagna del diavolo) fino alla cima delle cascate. Le cascate sono una delle principali attrazioni turistiche del Venezuela. La nostra guida LucaToni non è stata bravissima….sembrava più un muto che una guida e oltre che non parlare non faceva neppure la guida….. Esempio: nella camminata nella jungla ha mandato avanti me e non sapendo dove andare mi sono ritrovata con il sedere per terra e una bella distorsione alla caviglia! Pertanto questi sono i miei consigli UTILISSIMI per affrontare al meglio questa faticosa escursione: – x l’accampamento: portatevi una tuta da ginnastica e dormite con le calze. Le coperte che offrono non sono il meglio e non bastano contro l’umidità della notte. Noi abbiamo preso le coperte dal volo dell’Alitalia. Portatevi anche una pila perché alle 21 staccano il generatore e si rimane al buio. I bagni sono “minimalisti”, non proprio puliti e l’acqua per la doccia è fredda….ma dopo una giornata così faticosa si sopporta TUTTO. – X la barca: salire in barca con le ciabatte e mettere le scarpe da ginnastica in un sacco per trovarle asciutte per la camminata. Mettere lo zaino con il necessario per trascorrere la notte fuori, in un sacco dell’immondizia così da essere sicuri da trovare un cambio asciutto. Nessuno dice niente ma l’attraversamento sul fiume ha dai momenti in cui è più rafting che semplice navigazione….per cui….ci si bagna!!!!! 26/02 Ripartiamo dall’accampamento del Salto Angel rifacendo lo stesso percorso dell’andata…solo che il rafting sul fiume sembra più “estremo”. In poche parole quando siamo arrivati a Canaima non avevo asciutte neppure le mutande. 10 minuti per cambiarsi e mangiare un panino e poi al volo in aeroporto per prendere il volo per Ciudad Bolivar. Al nostro arrivo il caro Cosimo era già pronto a prelevarci. Un salto in farmacia per comprare una crema per le contusioni e via in posada. Cosimo è gentilissimo. Ci fa usare una presa da 220v per caricare i cellulari (ricordatevi che la corrente in tutto il Venezuela è 120v) e dopo aver fatto il bucato mi fa anche usare la sua asciugatrice. Per cena Cosimo ci accompagna (e poi ci viene anche a prendere) in un ristorante italiano “Luna-Cafè”. No-comment….errore mio. Non ho specificato che volevamo mangiare qualcosa di tipico e lui ha pensato di farci un favore…in fondo quasi tutti gli italiani all’estero, stranamente, vogliono mangiare italiano. Comunque prendiamo un piatto di carne alla griglia con patatine fritte, acqua e birra per un totale di B335 (€30). Cosimo ci spiega che Ciudad Bolivar è la capitale amministrativa del Venezuela, mentre Puerto Ordaz è quella economica e questo spiega perché a Ciudad, pur vantando 300.000 abitanti, non abbia un cinema, i ristoranti sono pochi e c’è solo una discoteca. Insomma come mentalità si avvicina ad un paesino di campagna ma con le dimensioni di una “Bologna”. Ci spiega il tutto mentre ci fà fare un piccolo tour serale durante il quale ho notato 2 cose atipiche: – le farmacie sono enormi, tipo supermercati in cui vendono di tutto e molte restano aperte anche tutta la notte. – Il ritrovo per i ragazzi è la strada. Si incontrano con la loro auto fuori dalle liquorerie, comprano alcolici o intere casse di birra, accendono lo stereo e si mettono a bere. Terminato il piccolo tour ci dirigiamo verso casa dove finalmente andiamo a dormire. Ci siamo immersi completamente nei costumi locali: cena presto, a letto presto e sveglia presto. 27/02 Cosimo ci dice che il nostro volo per Caracas è stato annullato (sembra perché non fosse pieno) ma ci rassicura perché ci ha già acquistato un volo sull’aereopostal che partirà da Puerto Ordaz. Così ci carica in auto e dopo 45 minuti arriviamo in aeroporto. Sbrighiamo le formalità di check-in, paghiamo la tassa per uscire (B 30 a testa) e salutiamo il nostro prezioso amico che deve correre per andare a prendere altri turisti da portare a Gran Sabana. CONCLUSIONI: Di Energy Tour = Cosimo Amico non posso che dare un giudizio positivo. Cosimo è una persona gentile, disponibile ed efficiente. I tour Salto Sapo e Salto Angel meritano veramente la fatica. Unica nota dolente: le guide. Se si ha la fortuna di trovarne una brava, il viaggio diventa una splendida avventura. In caso contrario succede come a noi…..una bella avventura ma “molto estrema” dove è necessario cercare di capire cosa può succedere ed essere dotato di un grande spirito di adattamento….se non ci si vuole rovinare la vacanza. LOS ROQUES www.losroques.com Immaginate un deserto. Un bel deserto di sabbia quasi del tutto privo di vegetazione. Immaginate di spezzettarlo capricciosamente più e più volte, come potrebbe fare un bambino di tre anni lasciato per ore solo a giocare con un foglio di carta. Spargete i coriandoli irregolari che vi sono rimasti in mano su oltre duemila chilometri quadrati di mare. State cominciando a farvi un’idea dell’arcipelago di Los Roques. Los Roques è uno dei più affascinanti luoghi delle assenze che vi possa capitare di incontrare. Qui manca praticamente tutto. O meglio: in realtà c’è quasi tutto, ma in misura così ridotta da far sentire in maniera ancora più acuta la distanza che separa la vita rarefatta dell’arcipelago rispetto alle nostre esistenze piene di impegni, divertimenti e avvenimenti vari che si rincorrono e accavallano gli uni sugli altri riempiendo il tempo fino a eliminare anche il più piccolo angolo vuoto. TOUR LOS ROQUES (Voli + Barca a vela + Posada), acquistato via internet da Sailingroques.com (Lorenzo Besana 335/455746). Dal 27/02 al 05/03 € 750. giorno 27/02/11: CARACAS/LOS ROQUES- CHAITO Volo Caracas/Los Roques + ricevimento + trasporto a bordo del CHAITO (4 notti) giorno 28/02/11: LOS ROQUES- CHAITO giorno 01/03/11: LOS ROQUES- CHAITO giorno 02/03/11:LOS ROQUES- CHAITO giorno 03/03/11:LOS ROQUES- POSADA TROPICANA giorno 04/03/11:LOS ROQUES-POSADA TROPICANA giorno 03/03/11:LOS ROQUES/CARACAS trasferimento aereoporto + VoloLos Roques/Caracas L’arcipelago di Los Roques si raggiunge con un breve volo interno da Caracas o dall’isla Margarita. L’aeroporto di Gran Roque è operativo soltanto nelle ore diurne, quindi se il vostro volo intercontinentale arriva dopo le 15 difficilmente riuscirete a raggiungere Gran Roque in giornata e bisogna trascorrere la notte a Caracas. La pista dell’aeroporto è lunga quanto basta per far atterrare e decollare i piccoli aerei che,con orari abbastanza imprevedibili,collegano l’arcipelago con Caracas e con l’Isla Margarita. Una guardiola di legno fa da ufficio di dogana. La pista dell’aeroporto esaurisce anche tutto l’asfalto versato sull’arcipelago. Appena abbandonata la striscia di asfalto, se si hanno le scarpe ai piedi ci si comincia a sentire vagamente ridicolo. Qui si cammina scalzi, o al massimo con un paio di ciabattine per proteggersi dai coralli taglienti: ma solo su certe spiagge di formazione più recente, dove il mare e il vento non hanno ancora avuto il tempo di polverizzare per bene la madrepora. La zona intorno all’aeroporto è abbastanza tranquilla e potrete soggiornare lì; molto spesso i proprietari della Posada possono prenotare direttamente l’albergo e il transfer dall’aeroporto, oltre al volo per Los Roques. Se invece il vostro aereo arriva per tempo, il volo per Gran Roques parte dal terminal per i voli nazionali, che si trova proprio a fianco di quello internazionale ed è raggiungibile a piedi (circa 500 mt). Quello da cui parte Bluestar dista un km circa, si fa in taxi per circa 30 bolivares (5 €). Le compagnie che volano su Gran Roque sono l’Aerotuy (LTA), la Bluestar Airlines o la Transaven. Gli aerei dell’Aerotuy sono quelli più grandi (intorno alle 40/50 persone) ed è possibile anche portare un bagaglio superiore ai 10Kg. Gli altri sono invece di piccole dimensioni, per 10/15 persone.
Con la linea aerea Bluestar Airlines , anche arrivando tardi per la coincidenza pomeridiana per Los Roques ( il check-in chiude alle 16:10 ), potrete riutilizzare lo stesso biglietto per il volo della mattina seguente senza spese addizionali. Con Aerotuy e la Transaven e’ necessario invece trascorrere la prima notte a Caracas (o vicino all’aeroporto) perchè se si perde il volo bisogna ricomperare il biglietto e, in alta stagione, spesso non si trova posto. Bluestar Airlines vola tutti i giorni a Los Roques alle 8:30 di mattina ed alle 05:00 del pomeriggio. Il peso massimo del bagaglio consentito sull’aereo di Los Roques 10 kg a testa, per i divers chiudono un occhio. Se il peso supera il massimo consentito si paga in più e il bagaglio può essere caricato anche su altri voli successivi. Quando ci si imbarca, se è possibile, sedersi nei sedili dove il finestrino vi rimane sul lato sinistro, da cui si avrà una panoramica stupenda su tutto l’arcipelago durante il volo!
L’arcipelago di Los Roques, il più grande atollo corallino dei Caraibi, è situato 160 Km a Nord di Caracas in Venezuela, si estende per 27 km da nord a sud e per 36 km da ovest a est. È composto da circa 350 isole ridossate da una grande e splendida barriera corallina che rende l’acqua calma e cristallina. Le bianchissime spiagge immacolate si estendono a perdita d’occhio formando un bellissimo gioco di colori col mare variopinto. Abitato da numerosi uccelli e un’incredibile varietà di pesci e tartarughe marine, è stato dichiarato Parco Naturale nel 1972 con l’intento di proteggere un ecosistema marino di eccezionale bellezza e straordinario valore ecologico composto da banchi di coralli, mangrovie e distese di piante marine. E’ senza alcun dubbio la più bella area naturale del Venezuela, un paradiso biologico dove si riproducono e crescono una gran quantità di specie ed è visitato da altrettante specie migratorie che vengono ad alimentarsi. Occasionalmente si vedono squali balena e grossi branchi di delfini. La temperatura dell’acqua è sui 28°. Il parco comprende una delle barriere coralline più importanti di tutti i Caraibi per numero e diversità di specie e per estensione. Los Roques ospita circa 61 specie di coralli, 200 specie di crostacei, 140 specie di molluschi, 45 specie di echinodermi, 60 specie di spugne e 280 specie di pesci. In più sono state individuate nel parco 92 specie di uccelli, 50 dei quali sono migratori. Quattro specie di tartarughe marine a rischio di estinzione depongono regolarmente le uova nelle isole, dove si trova tra l’altro il più importante luogo di deposizione della specie Eretmochelys imbricata in Venezuela. Pertanto la flora e la fauna sottomarine sono molto varie. Giardini di coralli multicolori e pieni di vita, enormi cimiteri di corna d’alce, prati di gorgonie, i i “cervelli” e le spugne. Innumerevoli specie di pesci corallini, pappagalli di tutti i colori, barracuda, dentici (qui si chiamano “Pargo”), coloratissime cernie di tutte le specie, razze, sting rays di grosse dimensioni, tante aragoste (si riproducono all’interno della laguna centrale dell’arcipelago), tartarughe ed occasionalmente squali. Nell’isola di Los Canquises troviamo una numerosa colonia di fenicotteri rosa, è proibito avvicinarsi a quest’isola anche solo con le barche proprio per non disturbarli. Numerose sono anche le tartarughe marine, delle 6 specie caraibiche ben 4 sono endemiche di Los Roques. Nell’isola di Dos Mosquises ha sede la Fundacion Cientifica Los Roques che, in collaborazione con l’Università di Caracas, studia l’ecosistema di questo arcipelago ancora incontaminato. Qui, inoltre, le tartarughe marine vengono allevate e liberate per preservarne la specie, è possibile visitare il centro per vedere le tartarughe nelle varie fasi di crescita fino a 2 anni. Per quanto riguarda la fauna terrestre non vi sono molti esemplari proprio perché isole molto desertiche, i più numerosi sono i rettili come l’iguana, il guaripete o lucertola nera che mangia i frutti del cactus e le lucertole insettivore come la salamandra. Per tutelare l’integrità ambientale c’è il divieto di costruire alberghi o nuove case, comunque, insieme a servizi non ancora completamente sviluppati, mantiene la vacanza nell’arcipelago su standard abbastanza ‘selvaggi’, e quindi al riparo, per il momento, dal turismo di massa. Molto prima che fosse dichiarato parco nazionale, nell’arcipelago fu avviata un’intensa attività di pesca, in particolare nel piccolo centro dell’isola di Gran Roque, che soddisfa il 90% del consumo di astici in Venezuela. A partire dalla metà del XX secolo i pescatori venezuelani iniziarono ad abitare permanentemente l’arcipelago. I pescatori provenivano prevalentemente dall’Isola Margarita e nel tempo portarono con sé anche le loro famiglie. Attorno al 1941 Los Roques contava su di una popolazione di 484 persone distribuite nelle otto isole (Gran Roque, Casquí, Carenero, Cayo Pirata, Domusquí, Esparquí, Isla Fernando e Prestonquí). La popolazione salì a 559 individui attorno al 1950. Nel 1956 a Gran Roque era stata aperta una scuola, veniva generata elettricità utilizzando carburante e veniva progettata la costruzione di un impianto desalinatore. Dopo che fu istituito il parco nazionale, la popolazione si concentrò principalmente nell’isola di Gran Roque. Nel 1987 la Fondazione Scientifica di Los Roques realizzò un censimento, dal quale risultò che a Gran Roque erano presenti 847 abitanti, di cui solo 663 erano residenti fissi, mentre gli altri erano pescatori provenienti dall’isola Margarita. Attualmente Gran Roque ha 1290 residenti fissi, compresi i coloni, gli operatori turistici ed il personale delle istituzioni. Nel 1996 Los Roques fu dichiarata zona di importanza internazionale dalla Convenzione di Ramsar per la sua straordinaria biodiversità. Storicamente la pesca è sempre stata la principale attività economica dell’arcipelago, ma da quando è stato creato il parco nazionale è strettamente regolata. Circa 300 pescatori risiedono temporaneamente l’isola di Gran Roque nella stagione della pesca. Solo 4 isole sono abitate da pescastori e solo l’isola principale, Gran Roque, ha un piccolo paesino molto caratteristico. L’arcipelago è il paradiso degli amanti dello snorkelling e delle immersioni subacquee: negli ultimi anni sono aumentate le infrastrutture turistiche, grazie ai numerosi italiani sbarcati sull’isola per una vacanza caraibica e che hanno deciso di rimanere a vivere su un’isola dove si ha l’impressione che ‘tutto sia ancora da inventare”. Estate tutto l’anno, Los Roques vive almeno un paio di ‘alte stagioni’ turistiche: il periodo delle festività natalizie fino alla prima settimana di gennaio, e il classico luglio-agosto. Il clima nell’arcipelago è quello tipico delle isole caraibiche: La temperatura media è di 28°C con punte massime di 33°C in luglio e minime di 24°C in gennaio. Le giornate sono molto calde ma rinfrescate da brezze piacevoli, che attutiscono l’impatto dell’umidità, che nel periodo più caldo raggiunge percentuali vicine al 100%. Negli ultimi dieci anni a Los Roques il turismo è diventato l’attività economica principale, prendendo il posto della pesca. Prima del 1990 gli abitanti locali non erano coinvolti nelle attività turistiche. Chi proveniva da fuori (per lo più facoltosi venezuelani provenienti da Caracas e stranieri) e desiderava comprare una casa nel parco occupava i pochi alloggi già presenti. L’accesso era ristretto ai piccoli aerei od alle barche private. Aerotuy era l’unica compagnia aerea commerciale che operava a Los Roques a quel tempo. Oggi più di 50.000 turisti visitano il parco ogni anno ed alloggiano in una delle 60 strutture disponibili, chiamate localmente posadas. Oggi Gran Roque ha più di 1.200 residenti ed i suoi servizi turistici sono appena sufficienti. Senza dubbio il turismo è una della attività economiche più importanti del parco. A Gran Roque almeno il 40% della popolazione di età compresa tra i 18 ed 70 anni lavora nel settore turistico. Dal 1996 al 2001 l’Autorità Unica di Area (AUA, organizzazione che coordina le funzioni delle istituzioni governative presenti nel parco) ha ricavato circa 400 milioni di Bolivar l’anno (circa 400.000$ US) dalle tasse d’ingresso pagate dai turisti che arrivano a Los Roques in aereo. Los Roques non è posto per chi soffra di fotofobia o abbia la pelle troppo sensibile ai raggi del sole. Da quando la mattina salta fuori dall’orizzonte e raggiunge l’apice esaurendo in pochi minuti la luce calda dell’aurora al momento in cui comincia l’altrettanto veloce tramonto, il sole domina incontrastato il cielo di Los Roques e la sensazione costante è di essere immersi in un bagno di luce quasi insopportabilmente intensa. Da queste parti, l’ombra è uno dei beni più rari. Anche perché non ci sono alberi. C’è qualche palma: giusto quelle che bastano perché si noti quanto siano poche rispetto a quelle che si trovano sulla maggior parte delle isole dei Caraibi. C’è qualche ciuffo di mangrovie, ma anche queste sono ben poca cosa rispetto ai grandi boschi, fitti e solcati da canali ombrosi, che si trovano lungo la costa venezuelana. A parte le scarne palme e le mangrovie poi, la vegetazione è ridotta a qualche pianta grassa. Ma molte delle isole più piccole non hanno nemmeno queste. Tutta l’acqua dolce di Gran Roque è prodotta da un impianto di desalinizzazione, alimentato dalla piccola centrale elettrica che illumina le case. Quando i generatori sono fermi per un guasto, evenienza non infrequente e che può durare anche giorni interi, l’unica acqua disponibile è quella portata dalle cisterne della Marina militare venezuelana, e non la si può certo sprecare per annaffiare le piante: anche farsi la doccia diventa una cosa da progettare con cura ed eseguire nel più breve tempo possibile. Durante i black out elettrici si interrompono anche le trasmissioni di Radio Roquena FM 101.9, l’emittente locale improvvisata da un gruppetto di giovani dj. Ma anche la radio, con la modestia dei suoi mezzi, finisce per sottolineare piuttosto che colmare la differenza dell’arcipelago. Come le lampadine che quando va tutto bene si accendono, se no si passa alle candele. Come i «taxi» dell’arcipelago: barche di pescatori che, quando sei stanco delle spiagge di Gran Roque e ti senti pronto per una solitudine ancora più totale, la mattina ti scaricano su una delle isolette completamente disabitate e tornano poi a prenderti prima del tramonto. Tutto perfettamente organizzato, compresa la ghiacciaia piena di bibite e l’ombrellone: entrambi forniti dal gestore della posada dove dormi, entrambi articoli di sopravvivenza. E anche questa routine non fa altro che sottolineare la diversità del luogo. Le posadas, nel loro comfort senza fronzoli, contribuiscono al senso di straniamento che ti accompagna dal momento in cui sbarchi. Perché su una settantina di posadas in tutto, almeno un terzo sono gestite da italiani. Altre sono di proprietà di coppie miste italo-venezuelane. Così, dopo dieci ore di volo dall’Italia e il salto di mezz’ora da Caracas a qui, ti ritrovi in un posto dove l’italiano è una specie di lingua franca che capiscono tutti. È abbastanza facile comprendere come nei primi decenni del 1900 uno dopo l’altro un piccolo manipolo di pescatori si siano trasferiti qui dall’Isla Margarita, sempre più affollata e di conseguenza circondata da fondali sempre meno pescosi. Nella laguna di Los Roques il pesce è abbondantissimo e, quando è stagione, altrettanto abbondanti sono le aragoste. Vivere e lavorare qui per un pescatore voleva dire una vita scomoda ma senza sorprese. Ma che cos’è che oggi spinge qualcuno che viene da Milano, da Roma o da Palermo a scegliere di sistemarsi per la vita un posto come questo dove manca tutto, dove conquistare un ceppo di lattuga venduto a caro prezzo al mercato mattutino è un piccolo trionfo, dove si riesce – a fatica – a comunicare con il mondo esterno solo grazie ai telefoni cellulari perché le linee telefoniche normali fin qui non arrivano? Se glielo chiedi, loro ti rispondono che sono rimasti stregati dalla tranquillità di questo luogo, che alle piccole difficoltà pratiche ci si abitua presto, perché sono abbondantemente compensate da una vita la cui qualità è costruita su un silenzio più sottolineato che rotto dal fruscio degli alisei che, senza sosta, ventilano dolcemente l’arcipelago impedendo che il caldo diventi soffocante. E su notti in cui, quando tutti dormono e non c’è la luna a illuminare il cielo, il buio è buio davvero, un’oscurità totale che incute soggezione e cancella di colpo tutta la luce accumulata negli occhi durante il giorno. Una qualità della vita fatta di gesti misurati, di pomeriggi passati a sonnecchiare dondolando dentro un’amaca. Ma anche di case in cui la netta separazione fra dentro e fuori è un concetto quasi sconosciuto. Ci sono pescatori che per buona parte dell’anno vivono su uno degli isolotti minori abitando la loro rancheria (baracca), nome che a volte sembra persino troppo ambizioso per riferirsi a quella che non è altro che una tettoia al cui riparo è appesa un’amaca: non serve altro, qui. E spesso anche la tettoia è superflua. In una notte calda capita di vedere qualcuno tranquillamente addormentato all’aperto: la spiaggia dietro casa, o la barca tirata in secca, diventano stanze come le altre. Per la verità non c’è nemmeno bisogno di tirarla in secca, la barca. Sui fondali bassi della laguna le onde non hanno mai lo spazio sufficiente per alzarsi e al massimo increspano la superficie dell’acqua in maniera appena percettibile. Ma basta un minimo riparo per neutralizzare anche le più piccole increspature. Le pubblicazioni turistiche decantano Los Roques come l’ultimo vero paradiso caraibico. Hanno probabilmente ragione. Ma non è detto che rimanga così per sempre. Ormai nei periodi di alta stagione diventa difficile trovare una camera libera a Gran Roque, nonostante il grande proliferare di posadas negli ultimi anni. Nonostante il Parco nazionale e le sue regole, alcuni caraqueni facoltosi sono riusciti a ottenere i permessi per costruire un gruppo di ville su una delle isole precedentemente disabitate. E le hanno dotate di un generatore e di una cisterna per l’acqua dolce indipendenti da quelle di Gran Roque. Certo, la costruzione di qualche villa modellata sulle case dei pescatori non è propriamente una cementificazione selvaggia. Così come non basta lo sbarco di qualche decina di turisti al giorno (soprattutto connazionali attratti dal passaparola), per trasformare Gran Roque in Ibiza. Le spiagge tappezzate di corpi sono lontane. Ma intanto ci sono molte posadas che appena pochi anni fa non c’erano. Ci sono le ville, c’è la radio, e anche loro appena pochi anni fa non c’erano. Forse, in ossequio ai regolamenti del Parco nazionale, lo sviluppo non andrà oltre. Forse proseguirà, e alla fine Los Roques diventerà un posto un po’ meno diverso. Gran Roque pur non offrendo molto dal punto di vista della bellezza del mare o delle spiagge, è particolare per l’atmosfera che si respira: è piccolissima, non esistono automobili, le strade non sono asfaltate ma hanno la sabbia, le case sono tutte colorate, ovunque si sente musica. La presenza del turismo si vede ma non ha deturpato l’isola, che sembra ancora autentica soprattutto per quanto riguarda le abitazioni e lo stile di vita delle persone del posto che sono spensierate e molto rilassate. Infatti il turismo e le case trasformate in ‘posadas’ sono conquiste molto recenti: la popolazione ha sempre vissuto di pesca in silenziosa solitudine. A Gran Roque non ci sono automobili né motorini (ma una volta a settimana un vecchio camion fa il giro dell’isola per il rifornimento idrico), solo pochi trabiccoli elettrici utilizzati a volte da una specie di vigilanza. Non essendoci strade asfaltate ma solo stradine sabbiose, queste rendono inutile, oltre che fastidioso, l’uso delle scarpe. La gente gira in ciabattine o infradito, pantaloncino o pareo, maglietta o canottiera e per la sera un maglioncino (Gran Roque è sempre ventilata). L’acqua calda non esiste, ma non se ne sente la necessità, non c’è tv, non ci sono giornali, non ci sono francobolli, non c’è un sistema fognario quindi con tanto di cartelli è vietato gettare la carta nel wc, l’acqua desalinizzata per lavarsi è rifornita alle posade ogni 2 o 3 giorni, ogni tanto va via la luce. Una volta o due la settimana arrivano da Caracas i barconi con i rifornimenti, cioè tutto, perché a Los Roques non c’è niente tranne il pesce. Insomma a Gran Roque non c’è praticamente nulla, ad eccezione di qualche bottega di artigianato, un paio di ristorantini, un bar sulla spiaggia, un market e l’ambulatorio medico. Comunque Los Roques, a differenza della fama poco raccomandabile che ha il Venezuela in termini di delinquenza, è veramente un’isola di pace. La tranquillità in tutti i sensi fa davvero da padrona, siamo in un’altra dimensione e non è un eufemismo. Unico lato negativo: Non si ha il vero contatto con il popolo venezuelano, siamo in un’isola felice, lontana in tutti i sensi dalla realtà del continente, e poi Los Roques è una vera e propria colonia di italiani. La banca dell’isola si trova ‘en el pueblo’, ovvero nella piazza principale, naturalmente ‘Plaza Bolivar’. Plaza Bolívar è il centro di incontro tra abitanti e turisti, che si mescolano per ballare a piedi nudi un potpourri di salsa, rock and roll, tango ed arie popolari, su di una piattaforma girevole che viene allestita sulla piazza quasi ogni fine settimana e ad ogni festività. La piazza, oltre ad essere il ritrovo serale per tutti, è il punto d’incontro di una serie di strade intrecciate dove ci sono le varie posada. L’Oscar shop nei pressi della pista di atterraggio degli aerei e a fianco del molo, è allo stesso tempo negozio, agenzia di viaggi, centro di noleggio barche e attrezzature da snorkelling e ufficio turistico. Da Oscar, che peraltro è molto popolare tra i turisti, si può noleggiare il trasporto in barca per le varie isole. Qui infatti compaiono le tratte alle varie isole e il relativo prezzo. In questo caso dovrete aspettare la barca alla banchina insieme agli altri turisti e non avrete una barca tutta a vostra disposizione ma la lancia verrà divisa con altri passeggeri.
In tutto l’arcipelago non esistono hotel, ma soltanto Posade, vale a dire case private (tipo locande), ristrutturate, con un numero massimo di 16 camere (doppie/triple). Tutte le posade si trovano sull’isola di Gran Roque che è la più grande, ad eccezione del Rasqui Island Chalet che si trova appunto sull’isola di Rasqui. Considerate che qui, oltre allo Chalet, non c’è null’altro e si tratta di un soggiorno esclusivamente a contatto con la natura. La prima immagine che vi darà Los Roques sarà quella di una baraccopoli, infatti le Posade, sono varie, colorate, un po’ sgangherate e più o meno al limite della vivibilità. Per mantenere l’uniformità con l’ambiente, voluto dalle autorità locali, le posade non si differenziano molto fra di loro all’esterno. Presentano invece caratteristiche diverse per quanto riguarda le camere e relativi comfort (acqua calda o aria condizionata) e gli spazi comuni. Tra queste ve ne sono alcune di categoria lusso: significa che sono dotate di acqua calda, aria condizionata (spesso fuori uso) e ventilatore da soffitto. Quelle di categoria media (la maggior parte) hanno acqua corrente solo fredda e, talvolta, ventilatore. Per quanto riguarda la categoria standard…sono senza acqua, ma con dei barili dove lavarsi! Si avete letto bene, quindi se volete passare una vacanza decente, mano al portafoglio e prenotate una categoria almeno media. Indipendentemente dalla categoria, non pensiate di essere soli in camera: formiche, cucarache, scarafaggi, zanzare, gechi e altri graziosi animali vi faranno compagnia. Poco utili baigon e affini anche se limitano il fastidio.
A differenza di tutte le altre isole, sabbiose e piatte, Gran Roque presenta due gobbe rocciose che si gettano quasi a picco nel mare. Salendo sulle rocce si raggiunge il vecchio faro: da qui si gode una vista a perdita d’occhio, che abbraccia il piccolo villaggio, le isole vicine, le loro barriere coralline ed il mare cristallino. L’arrampicata al faro non è difficile ed è delimitata da sentieri: oltre al bellissimo panorama, da qui si ha l’opportunità di assistere agli splenditi tramonti, dove il sole lascia il posto alla notte, incendiando il cielo blu cobalto di arancio, rosso e viola. Vita notturna, locali e ristoranti a Los Roques Le serate sull’isola sono caratterizzate dalla tranquillità: due passi fra i vicoli sabbiosi, una sosta a Plaza Bolivar e poi verso la spiaggia a vedere le stelle. Si torna in posada, due chiacchere e poi a letto: la giornata è finita e l’indomani è un nuovo giorno, da vivere con intensità ed entusiasmo. Oppure ci sono alcuni locali molto carini sulla spiaggia dove andare a bere un cocktail e anche due disco pub. – Aquarena Café Tour Shop, uno dei migliori locali di Gran Roque, è un grazioso caffè dall’ambiente informale che si affaccia sulla spiaggia, proprio nei pressi del molo delle barche, con i tavoli e le sdraio che arrivano direttamente sulla spiaggia o i tatami per godere dei bellissimi tramonti che incantano con il loro spettacolo di luci e colori. L’Aquarena Café Tour Shop è un locale dalle molteplici attività: pranzo o cena a base di hamburger o insalate, bar pomeridiano ideale per un “dopo spiaggia”, gelateria, aperitivo pomeridiano, locale serale ed infine boutique di artigianato locale. – La gotera, altro locale dove è possibile prendere un aperativo, sempre sulla spiaggia, anche se non è paragonabile all’Aquarena. – Dopo le 23.30 andare nella mitica “discoteca” il Nettuno…Posto frequentato soprattutto dai roqueni ma il divertimento è assicurato…Soprattutto quando c’è come Guest Star Enrico sui cubi… Per mangiare invece c’è: – La Chuchera, un bar ristorante che si affaccia sulla piazzetta centrale di Gran Roque. – El Canto de la Balena un ristorante situato nei pressi della chiesetta proprio di fronte al mare, rinomato per gli ottimi piatti di pesce (pare sia il posto migliore per mangiare l’aragosta) e per essere decisamente caro, menù fisso a base di pesce fresco 140.000 Bs a testa. – Bora La Mar un grazioso locale fronte mare, proprio accanto alla chiesa, con tavolini sulla spiaggia e cena a lume di candela, decisamente un’atmosfera più rilassante e romantica. Il menù fisso costa 70.000 Bs a persona a cui si devono aggiungere le bevande e il costo del servizio. La cena è a base di pesce fresco ed è costituita da tre portate. E’ richiesto di prenotare con anticipo. Il ristorante è gestito dalla Sig.ra Marta, spagnola di origini, e dalle sue figlie. Poichè quasi tutte le posadas servono pasti a pensione completa, i ristoranti presenti sull’isola sono solo due; il cibo è abbastanza costoso e di reperibilità limitata considerando che arriva tutto, escluso il pesce, dalla terra ferma.
L’isola di Gran Roque non ha spiagge degne della straordinaria bellezza delle altre isole dell’atollo ed è sconsigliabile fare il bagno qui. Il soggiorno consiste quindi nel raggiungere in barca giornalmente le diverse isole e trascorrere l’intera giornata in spiaggia, evitando di restare in posada o nell’isola di Gran Roque durante il giorno, in quanto non ci sarebbe molto da fare. Tutte le posade possono organizzare ogni giorno il trasporto alle diverse isole dell’arcipelago che distano dai 10 minuti a 1 ora e mezzo da Gran Roque. Si dividono tra isole vicine, mediane e lontane. Non è consigliabile acquistare direttamente dall’Italia il pacchetto di escursioni alle isole vicine, perché in alcuni giorni vale la pena visitare anche le isole lontane. Il prezzo delle escursioni può variare dai 10 dollari ai 35 dollari a seconda della distanza. Tutte le isole dell’arcipelago, visitabili dai turisti, sono al loro stato naturale e selvaggio. Non esistono spiagge attrezzate e generalmente le escursioni includono anche il noleggio di piccole sdraie e un ombrellone. A richiesta è possibile noleggiare anche l’attrezzatura per lo snorkeling. Soltanto nell’isola di Cayo Pirata (Madrisky) e Crasky potrete trovare un ristorante/bar molto spartano, dove è possibile mangiare anche l’aragosta. Portate con voi dei repellenti per le zanzare; riguardo ai mosquitos presenti sulla spiaggia, questi sono presenti solo dove c’è una laguna con mangrovia. Per evitarli è sufficiente non stare sdraiati direttamente sulla sabbia, ma utilizzare le sdraiette, oppure andare in isole normalmente più esposte ai venti o senza vegetazione. A nostro avviso il posto più bello dove poter fare un buon bagno, nuotando un po’ è Madrisky. Se volete praticare Wind Surf o Kye Surf è più indicata Francisky. A Carenero si estende invece una laguna molto bassa, con splendidi colori. Per lo Snorkeling è consigliabile Boca de Sebastopol o Cayo de Agua. Non vi aspettate però uno scenario tipo Mar Rosso o Maldive. I colori del mare sono molto belli ma i fondali non regalano lo stesso spettacolo. A Los Roques le giornate passano tranquille, senza stress, senza guardare l’orologio o il cellulare (nell’arcipelago non c’è linea) perché il mondo con tutti i suoi problemi è lontanissimo, è in un’altra dimensione. ESCURSIONI: Se vi apprestate a fare escursioni lunghe informatevi prima sul tipo di barca che vi tocca. Noleggiare assolutamente barche con motori da 250 cv ed evitare come la peste barche con due motori da 40 cv, assolutamente inadeguate per un lungo viaggio. Inoltre se avete materiale elettronico o semplicemente libri, documenti ecc. Munitevi di un sacchetto di nylon dove racchiudere il tutto, assolutamente necessario e portarsi sempre un K-way. I “cayos” accessibili dell’arcipelago sono accomunati da spiagge bianche , acque cristalline e assenza quasi totale di vegetazione. A proposito delle gite in barca: Madrisky e Francisky sono comprese nell’ALL INCLUSIVE, mentre per tutte le altre escursioni va pagata una differenza che varia a seconda della distanza. 27/02 (CONTINUO) Arriviamo a Caracas e andiamo subito allo sportello della CHAPI AIR per fare il check-in per Los Roques. Arrivati a Los Roques ci aspetta lo skipper del Chaito, Simone, come promesso da Lorenzo di Sailing Roques da cui abbiamo acquistato il resto del soggiorno. Saliamo a bordo e dopo le spiegazioni sul funzionamento del bagno e cucina e sistemati i bagagli in cabina, ci viene offerto un fantastico Cuba Libre di benvenuto. Il Chaito è un veliero di 12mt e a bordo siamo in 6: Simone (lo skipper), Jan Louis (il bravissimo tuttofare), 2 austriaci (Andreas e Alexis), Roberto ed io. Ci siamo subito affiatati ed è iniziata l’avventura con un fantastico spaghetto all’aragosta. 28/02 Dopo aver fatto acqua e scorte di cibo partiamo alla volta di NORONQUI’, l’isola delle salamandre e delle tartarughe selvatiche. Il tempo è nuvoloso ma regala piccoli squarci di sole….meglio così, altrimenti ci saremmo ustionati fra barca e sabbia bianchissima. Durante il viaggio peschiamo 2 tonnetti che diventeranno il nostro pranzo…slurp! Nel pomeriggio JL ci riporta sull’isola così da potercela godere fino all’ultimo squarcio di sole …..da soli (i turisti che alloggiano nelle posade vengono portati via alle 16.30)! Noronquì: direzione sud-ovest, è l’isola delle salamandre. Piccoli rettili simili a lucertole, nere e con una pelle che muta con incredibile frequenza. Non sono aggressive ma non temono l’uomo, e non è difficile assistere a scene d’isterismo di qualche bagnante abbandonato al solleone che schizza in piedi d’improvviso per un incontro troppo ravvicinato. Poco distante da Gran Roque è costituita da un gruppo di tre isole e la sua maggior caratteristica sono le spiagge solitarie e una laguna centrale circondata da una bellissima barriera corallina. Praticamente un’insenatura con una sottile striscia di sabbia bianca che costeggia la pianura verde di mangrovie e termina in un angolo con miliardi di conchiglie. Sull’isola hanno costruito una specie di piattaforma circolare dalla quale si domina la laguna e ci si ripara dal sole. Los Noronqui è una delle mete meno frequentate della zona di Ricreazione nonostante abbia dei fondali straordinari che regalano visioni stupende di canyon di coralli e coloratissimi pesci. Noronquises, conosciuta come l’isola della tartarughe selvatiche. Qui infatti oltre ad essere molto bello per lo snorkeling, è altrettanto quotato per la possibilità di avvistare le tartarughe, quindi dotatevi di maschera e pinne, abbiate un po’ di pazienza e vedrete che non faranno le timide!
01/03 CRASQUI’ A sud-ovest di Gran Roque, a venti minuti di navigazione. A Crasquì c’è la spiaggia bianca più lunga dell’intero arcipelago. Uno spazio sconfinato, con poche palme e con due orizzonti diversi. Lo scenario non cambia: le mangrovie adornano la spiaggia, mentre il vero spettacolo sono i pellicani. Pellicani bruni dalla criniera rossa, che trascorrono il tempo galleggiando placidi vicini a riva, interrompendosi solo per andare a pesca. In spiaggia si può trovare qualche ‘rancheros’, delle baracche di legno dove è possibile trovare ‘pescado’ freschissimo e aragoste. Conosciuta è di Juanita, tosta e decisa isolana oltre che cuoca sopraffina che fa langostinas y pescado a la plancia per pochi bolivares (l’equivalente di circa dieci dollari). L’arcipelago è molto ventoso ma Crasquì in genere ha acque tranquille. Attraccando davanti al ristorante, meglio proseguire sulla destra fino alla punta e fermarsi da quella parte: la spiaggia è più bella, l’acqua cristallina (parliamo sempre di standard altissimi). Dalla parte opposta poi c’è la fascinosa Playa Norte. A Crasqui è possibile alloggiare: c’è un “campamiento” dotato di capanni con amache e tavoli, non mancano la cuccia per il cane ed una piccola chiesetta circondata da conchiglie. La laguna di Crasqui è forse una delle più belle ed ampie di tutto l’arcipelago: il turchese intenso contrasta con il cangiante bianco della lunga spiaggia dietro la quale una fitta vegetazione di mangrovie racchiude una piccola laguna interna ricca di pesci coloratissimi e protetta dalla barriera corallina dove è piacevole curiosare. ……e dopo una fantastica giornata, un tramonto mozzafiato, una doccia all’aperto, una cena tipica Venezuelana (zuppa di zucca e zenzero e polipo con arepa), un bicchiere di Diplomatico (famoso rum venezuelano al pari del Santa Teresa e Cacique), chiacchieriamo guardando uno dei cieli più pieni stelle che abbia mai visto. 02/03 CAYO PIRATA + CAYO MUERTO Cayo Pirata è una piccolissima isola di pescatori. Appena sbarchiamo scegliamo il nostro pranzo: 1kg di aragosta (cotta) con contorno di insalata, purè, frutta e caffè al prezzo di B300 in 2 (l’aragosta media pesa 1 kg e si mangia tranquillamente in 2). Dopo pranzo andiamo a Cayo Muerto. Cayo Muerto: più che un’isola è una striscia di sabbia lunga circa 60 metri e larga al massimo 15; il prototipo dell’isola tropicale sperduta nel mare, senza nessuna costruzione, soltanto la sabbia e un mare limpidissimo e dai colori stupendi, non c’è vegetazione ma solo pellicani. Purtroppo verso le 17 inizia a piovere e così siamo costretti a spostarci prima del previsto a Francesquì perché la baia è più riparata. A differenza delle altre isole in cui siamo stati, qui non eravamo gli unici ma anche altre barche erano venute a cercare riparo. Premetto però che a Los Roques le barche che hanno la licenza sono solo 10, pertanto non ci sarà mai il rischio di trovare “traffico”. 03/03 FRANCESQUI’ Come le altre isole dell’arcipelago prende il nome dagli esploratori inglesi che le scoprirono (Francis Cay). Nel tempo, i pescatori del luogo tramandarono la tradizione orale dei nomi delle isole (Francisky), finchè i colti cartografi spagnoli riportarono le denominazioni alle regole della grammatica galiziana (Francisquì). Delle isole più vicine a Gran Roque il gruppo delle “tre Francisqui” è sicuramente il più bello, anche se un pò affollato (si raggiunge in un quarto d’ora di navigazione a bordo di una delle tante barchette di legno a motore). Suddivisa in alto, medio e basso, a Francisqui Medio è possibile ammirare una splendida formazione corallina ed una fauna acquatica molto varia e colorata inserita in questa profonda cavità marina incastonata all’interno di una bassissima laguna prospiciente la barriera corallina, chiamata “la piscina”. …purtoppo Simone, a differenza di quanto mi aveva promesso, mi dice che ci sbarcherà subito dopo pranzo perché deve fare acqua per i nuovi clienti. Che dire….rimango senza parole (e anche gli amici austriaci) perché di solito quando uno promette poi dovrebbe mantenere le promesse……ma evidentemente questo non succede sul “Chaito”!!!! Insomma, Simone è stato certamente un bravo cuoco e una persona gentile, ma lasciava trasparire “sempre” molta ansia per gli spostamenti. Tantè che con cartina alla mano non si è mai spostato molto dalla vicina Gran Roques inserendo nel tour anche le uniche 2 isole talmente vicine da essere nel uniche inserite nel pacchetto all inclusive delle posade. Diceva che era meglio non spostarsi troppo anche perché non avevamo molti giorni a disposizione. Anche se mi sono lamentata dicendo che Francesquì e Crasquì erano nel mio all-inclusive del prox soggiorno alla posada Tropicana……lui ha fatto quello che aveva già deciso……..pertanto riepilogando su 5 giorni prenotati ne abbiamo goduti solo 3 (e non vi dico l’arrabbiatura dei 2 amici austriaci che sono stati portati per ben 3 volte di seguito a Francesquì): – 27/02 imbarco tardo pomeriggio – 28/02 partenza dopo mezzogiorno perché doveva fare acqua + mezza giornata a Noronquì – 01/03 giornata a Crasquì – 02/03 giornata a Cayo Pirata, Cayo Muerto e spostamento a Francesquì – 03/03 mezza giornata a Francesquì Io penso che se una persona decide di fare un soggiorno in barca, sia anche per godersi la barca con i suoi pro e contro, mentre Simone ci ha fatto vivere la barca solo come una posada sull’acqua…niente di più….in più la notizia che ci avrebbe sbarcati prima per preparare la barca per gli altri mi ha fatto veramente ARRABBIARE!……ma allora perché noi siamo partiti con mezza giornata di ritardo per fare acqua???? Di JL, invece, il vero skipper del Chaito, non posso che parlare bene. E’ lui il Chaito. Lo skipper, il pescatore, il lavapiatti, il tuttofare. E’bravissimo, divertente e gentile. Mi è dispiaciuto andarmene dal Chaito ma solo per JL….perchè è veramente una grande persona.
CONSIDERAZIONI FINALI X CHAITO: …per chi leggerà questo racconto e deve decidere come impostare la propria vacanza….a voi la scelta!!!! Il Chaito è una bella barca a vela, un po’ datata, ma con tutti i confort. Purtroppo non è sfruttata per le sue potenzialità a causa del carattere insicuro di Simone. Ma JL è una certezza. Quindi se volete vivere una vacanza tranquilla, senza rischi, visitare le isole vicino a Gran Roques di giorno e dormire nelle baie tranquille di notte……il Chaito è un’ottima scelta. Se invece volete vedere le isole più lontane e rischiare un po’ di più……cambiate veliero!!!!!!!!!!!! Detto questo, nel primo pomeriggio sbarchiamo dal Chaito e andiamo alla Posada Tropicana (scelta leggendo le info trovate da latri viaggiatori su internet). Ottima scelta!! La posada gestita da Matteo (di Bologna) e sua moglie (Venezuelana) è semplice ma molto accogliente. La stanza (la nostra è la nr 1) è grande e pulita e finalmente ci godiamo una bella doccia calda senza preoccuparsi delle riserve d’acqua….e un letto bello comodo e…grande. Usciamo per un aperitivo da Marta (vicino alla Chiesa) con Alexis e Andreas i quali, anche dopo essere sbarcati, hanno continuato a stare con noi…..godendoci un fantastico tramonto. La cena alla posada è stata molto divertente mangiando, come da loro abitudine, tutti insieme intorno ad un grande tavolo. L’atmosfera era quella di una famiglia che si riunisce per il pranzo domenicale…..tante chiacchiere, scambi di piatti….insomma molto molto bello…..sono proprio contenta di aver scelto la Posada Tropicana!!!
04/03 Per il nostro ultimo giorno a Los Roques abbiamo scelto, insieme ai nostri amici austriaci, di noleggiare una barca privata (B 1800 per tutto il giorno) e di farci portare a: CARENERO, CAYO DE AGUA, DOS MOSQUISES E ESTRELLA. CARENERO: si incontra a poco meno di un’ora di navigazione da Gran Roque. Quest’isola forma, insieme a Lanqui e all’Isla Felipe, una laguna di straordinaria bellezza, caratterizzata da acque calme di color turchese intenso, da spiagge bianchissime e da una ricca vegetazione di alte mangrovie che fungono da barriera ai venti. E’ uno dei rari cayos dotati di qualche palma. Entrando nella laguna, al fondo, si nota subito la lunghissima spiaggia bianca di sottovento di Carenero, dove si trovano alcuni capanni di pescatori che si dedicano alla pesca di aragoste e squali. Qui il relax, le passeggiate e lo snorkelling sono assicurati: i fondali di Carenero sono ricchissimi di formazioni coralline molto interessanti come per esempio i bellissimi coralli cervello, variopinte madrepore e coloratissime foglie di corallo. Spingendosi un pò fuori dalla barriera è talvolta possibile fare degli incontri un pò inquietanti con gli abitanti del luogo: i barracuda, che si mischiano agli altri pesci tropicali come il colorato pesce angelo ed il buffo pesce scatola. L’isola di Carenero è un pò fuori dai soliti circuiti escursionistici ed è particolarmente suggestiva in quanto ci si sente padroni di un’isola per un giorno. CAYO DE AGUA: a cinquanta minuti di lancia da Gran Roque è chiamata così in quanto possiede l’unico bacino di acqua dolce di tutto l’arcipelago tanto che in passato gli abitanti di Gran Roque venivano fin quaggiù per approvvigionarsene. Grazie all’ampio strato di sabbia che funge da spugna, l’acqua piovana viene assorbita creando alcune pozze di acqua dolce, che non si mescolano all’acqua salata. La parte che conserva ancor oggi l’acqua dolce è circondata da una bassa vegetazione e da qualche esemplare di palma. Oggi Cayo de Agua è una delle mete classiche dei turisti, merita assolutamente la fama di perla dell’arcipelago soprattutto per le innumerevoli e indescrivibili sfumature di azzurro del mare e per le lunghissime spiagge bianche immerse nel Mar dei Caraibi. Uno spettacolo della natura difficilmente replicabile. Caratteristica principale dell’isola è lo strettissimo lembo di sabbia che permette il passaggio al Faro di Punta de Cocos, coperto da bianche rocce ed altissime dune di sabbia. L’acqua bassa e la barriera corallina prospiciente permettono un ottimo snorkelling. Molto bella la passeggiata sulla lunghissima spiaggia dove è possibile trovare splendide conchiglie e altrettante magnifiche foglie di corallo, morto ovviamente. Prima di arrivare qui bisogna dichiarare l’itinerario alla guardia del parco di Gran Roque perché lo sbarco a Cayo è limitato a 50 persone al giorno. Da Cayo de Agua, in 20 minuti circa di barca, si può raggiungere la stazione di biologia marina gestita dalla Fondacíon Cientifica Los Roques, localizzata nell’Isola di Dos Mosquises Sur, ai confini sud occidentali dell’arcipelago. DOS MOSQUISES (Stazione biologica): Dos Mosquises è un’isolotto minuscolo, quasi uno scoglio, dove si curano e allevano le tartarughe marine. Il laboratorio è in realtà un grande capannone di legno e paglia, con una ventina di vecchie vasche da bagno utilizzate come acquario per gruppi di piccole tartarughe, divise per specie e dimensioni. Le raccoglie, le alleva e poi le libera per ripopolare il mare. Non c’è molto da vedere ma la cosa buona è che si contribuisce, con il biglietto d’ingresso di un dollaro, al mantenimento e al controllo dei simpatici animali. Recentemente sono stati eseguiti degli scavi sull’isola di Dos Mosquises grazie ai quali sono stati trovati numerosi oggetti in terracotta risalenti al periodo pre ispanico. Molte le ipotesi ma si pensa che i giovani dei popoli, che vivevano sulla costa, dovessero, per diventare uomini adulti, superare diverse prove tra le quali quella di attraversare in piroga il tratto di mare che separa la costa del Venezuela dall’arcipelago ed approdare su queste isole. Con l’aiuto dello sciamano, che accompagnava i ragazzi sulle «isole promesse» sarebbero diventati «uomini adulti» grazie ai riti d’iniziazione. Visto che il viaggio era lungo, così come la permanenza sulle isole, non essendoci fotografie all’epoca, i giovani portavano con sè piccole statue che rappresentavano le madri o le fidanzate così da poterle ricordare continuamente. Questa è solo una delle tante ipotesi che aleggiano attorno a questi importanti reperti storici. ESTRELLA: è solo un punto per fare snorkeling pieno zeppe di stelle marine, insomma si fa il bagno credendo di tuffarsi in cielo per quante stelle si vedono. E’ stata una bellissima giornata. Ottima conclusione di questo fantastico viaggio. Dopo cena decidiamo di andare tutti insieme alla Gotera per brindare all’atmosfera romantica di questo suggestivo locale suggellando la nostra nuova amicizia bevendo un Santa Teresa on the rock. CONSIDERAZIONI FINALI Il primo paragone che mi viene da fare è quello con un’auto sportiva estrema: sensazioni impagabili, esperienze irripetibili ma alla fine della corsa un gran mal di schiena! E si, perché è proprio quello che proverete alla fine della vostra vacanza a Los Roques. …… ma non solo. “Sognare il viaggio per viaggiare la realtà”, può sembrare uno slogan scontato, in un italiano incerto. E’ più semplicemente, quello che tentiamo di fare da viaggiatori e che ci auguriamo facciano tutti i viaggiatori. Persone “curiose” che tutto l’anno programmano, studiano cataloghi, leggono riviste, ascoltano racconti e così facendo sognano; ed è giusto sognare mentre ci si prepara al viaggio. L’importante è, poi, vivere la realtà del viaggio ad occhi aperti, ricercando, osservando, partecipando, capendo. Non si può cercare quello che si è immaginato, aspettare di vedere le cose come altri ce le hanno descritte, tentare di piegare la realtà al nostro sogno. Al viaggiatore è data la possibilità di raccogliere frammenti di luoghi, di popoli, di situazioni tra i tanti suoi viaggi e di mescolarli per costruire un “proprio” mondo, ma non la possibilità di stravolgere la realtà dei paesi e dei luoghi visitati, di piegarla al proprio destino. Ognuno di noi vorrebbe trovare il mondo come lo ha immaginato e sognato; ed è quello che è successo a me durante un soggiorno indimenticabile a Los Roques. Los Roques, è un luogo dove lo spazio non ha limiti nè tempo, ma solo memorie. Un luogo dove ho potuto prendere il piacere di credere che ciò che ho visto è sconfinato. Ogni atollo, è dotato di un’incredibile bellezza, le spiagge bianchissime come neve e i colori che fanno da cornice a questo paradiso, sono delle sfumature di azzurro, di blu, di turchese e di verde smeraldo. Io penso, che ognuno di noi si porta dentro, da sempre, un viaggio, che non è semplice vita o vacanza, ma emozione. E va crescendo poco a poco, come un complicato processo, costruendosi una sua delicata architettura senza tempo. Quello che Los Roques mi ha lasciato nel cuore, oltre alla bellezza delle sue isole, al calore della sua gente e allo splendore dei suoi paesaggi è stata una serie di emozioni che continuo a portarmi dentro. Penso, che il viaggio abbia un senso, quando si spinge oltre alla propria cultura, oltre alla propria attualità; quando incanta, quando crea un’emozione che ci spinge al di là delle abitudini. Quando ci porta a mimetizzarci con l’ambiente che ci circonda per meglio ammirare lo spettacolo incredibile del mondo, per vedere sfilare davanti ai nostri occhi paesaggi sontuosi, popoli fieri, villaggi e luoghi di culto. E dopo un viaggio un altro viaggio, perchè uno ne nasconde dentro sempre un altro. La foto, il dettaglio, la capacità di raccontare un luogo con un’emozione: è il Viaggio. Il mio intento, nella descrizione del mio soggiorno a Los Roques, non è tanto, il raccontare “cos’è”, “cosa si vede”, “cosa si può fare…” ma è il cercare di trasmettere le sensazioni che questo luogo meraviglioso, lascia nel cuore a chiunque lo possa visitare e vivere. Una celebre frase di N.Scott Momaday dice così: “C’era una casa fatta di alba. Fatta di polline e di pioggia, e la terra era antica ed eterna. Sulle colline c’erano innumerevoli colori e la pianura risplendeva di sabbie e di argille variegate… La terra era immbile e solida. Tutto, intorno, era meraviglioso.” Spero con queste righe, di aver invogliato qualcuno a partire per Los Roques… Sono certa che ciò che porteranno a “casa” non saranno solo ricordi… ALTRE ISOLE: Bajo Fabian: E’ una lingua di sabbia forse ancor più piccola di Cayo Muerto destinata la notte ad essere quasi completamente sommersa dall’acqua, infatti anche durante la giornata la sabbia è umida. Per andarci senza il rischio di trovarla già occupata bisogna partire con le prime partenze della mattina, verso le 9,30 (circa 15 minuti di barca). Di per se stessa l’isoletta non ha nulla di particolare, ma forse proprio il fatto che è un fazzoletto di sabbia in mezzo alle acque verdi e celesti del mar Caribe, la rende un’esperienza unica difficilmente ripetibile ad altre latitudini.
Boca de Cote: dista una cinquantina di minuti da Gran Roque. A detta di tutti è uno dei posti migliori per lo snorkelling. Non esistono spiagge, per cui, una volta finito snorkelling o immersione, si torna indietro verso una spiaggia più vicina. Il mare è splendido, tantissime le sfumature dell’azzurro e del verde e facendo snorkelling si ha come la sensazione di immergersi in un enorme acquario con tante piante e tante varietà di pesci fra cui tartarughe marine e barracuda. Boca de Sebastopol: lontana una cinquantina di minuti da Gran Roque, è forse lo spettacolo più suggestivo dell’intero arcipelago. Segna il confine tra l’oceano e il mar dei Caraibi, il blu delle onde che si infrangono sul reef e il verde azzurro irreale del Caribe. Lo snorkelling fatto dalla parte dell’oceano è eccezionale ma se si è inesperti, meglio non lanciarsi in esplorazioni in solitaria. Trattasi di tre bottoni di sabbia denominati Los Castillos nei quali si possono piantare solo 3/4 ombrelloni in ciascuno, sarete solo voi con la barriera corallina e l’oceano dispersi ai confini dell’arcipelago! Un vero sogno! Chi si dimentica la macchina fotografica piangerà per i prossimi 10 anni! Una cartolina non saprebbe fare di meglio. Accoglie pochissime persone per cui chi arriva per primo ha precedenza sugli altri. Cayo Muerto, Cayo Fabiani, Cayo Sardina (simile alle famose “Pelone”), Cayo Corazon: sono piccoli, microscopici atolli. Ci si può far portare al rientro da Sebastopol. Cayo Vapor: è situato sul reef esterno alla laguna e, aldilà della barriera, il mare è molto agitato; lo snorkelling è abbastanza deludente: una razza, una manta, un barracuda, qualche pesce pappagallo e qualcuno un po’ colorato (niente di paragonabile al Mar Rosso). I colori della laguna però sono incredibili: mille sfumature di verde, un’acqua limpidissima e, in lunghi tratti, bassissima e mille isolotti che affiorano dolcemente. Espenquì: spostata verso est rispetto a Dos Mosquises e sulla rotta per Gran Roqueha, Espenqui è un’isola abbastanza grande, in parte ricoperta da una fitta vegetazione di mangrovie ed in parte ricoperta da sabbia bianchissima; l’isola si affaccia, a sud, su di un’immensa laguna dai colori turchese e smeraldo di fronte alla quale si trova la lunga e stretta Isla larga: da qui comincia la zona a protezione totale che comprende l’Ensenada de Los Corrales; a nord un piccolo stretto divide Espenqui da Sarqui. Un Cayo de Agua in miniatura. Si fa il bagno con i pellicani e i boba, ma non è la sola. A venti venticinque minuti da Gran Roque, consente un discreto snorkelling. Bella la passeggiata sulla spiaggia dietro la caletta. Ensenada dos Coralles: all’interno della zona a protezione totale: oltrepassato il capo occidentale dell’Isla larga si entra nella grande laguna del corallo ed il paesaggio varia completamente offrendo immagini mozzafiato. Qui l’acqua è bassissima ed il colore varia dal bianco al turchese, dal pallido verde all’intenso smeraldo interrotto, qua e la, da scure macchie di alghe filiformi ove si ammirano le meravigliose stelle marine rosse-arancio e conchiglie di botuto dalle sgargianti madreperla. Navigando al minimo dei motori e ci si sbalordisce come qui, a differenza della zona di Ricreazione, il paesaggio sia tanto diverso: una moltitudine di piccolissimi atolli di corallo affiorante ricoperti da ciuffi di mangrovie, circondati da bassi fondali e acque trasparenti. La meta da raggiungere è la palafitta: una costruzione di legno costruita su di un banco di corallo, dove vivono alcuni pescatori di aragosta. La palafitta è costituita da diversi capanni collegati fra loro da un lungo pontile ad “L” che termina su di un banco di corallo ricoperto da una montagna di conchiglie di botuto. Isla Agustin o isola delle aragoste perché vi risiedono anche qui gli anonimi pescatori: La caratteristica di questa isola, è un versante della laguna coperto di mangrovie dove ci si può camminare o nuotare nell’acqua bassa, passando sotto un tunnel naturale formato dalla vegetazione, fino ad arrivare in un’altra laguna dove vivono indisturbati molte specie di pesci. Si può pranzare a base di aragoste in un ristorantino sulla spiaggia, per l’equivalente di 20 euro (2 aragoste a testa un pesce arrosto, dell’altro pesce marinato e delle arepas fritte come pane) e, a parte il prezzo irrisorio, lo spettacolo è mangiarle sotto un pergolato con i piedi nella sabbia e la vista di quel coloratissimo mare. Passando per un sentiero dietro il ristorante si trova una fantastica piscina naturale. Madrizquì: in direzione sud, l’isola più vicina a Gran Roque, una delle meno belle. Teniamo presente comunque che la coppia di aggettivi “meno bella” ha valore solo se la pietra di paragone è Los Roques. Il valore diventa relativo se presa in senso assoluto. Per intenderci, se Madrisquì fosse in Italia, con lei potrebbero competere solo alcune spiagge della Sardegna e le calette di Capo Vaticano. E’ più frequentata delle altre e in effetti è la preferita dai ricchi ‘caraquenos’, che da qualche decina d’anni l’hanno eletta meta delle loro gite fuori porta (a circa un km da Gran Roque) e residenza estiva. Prima che l’intero arcipelago fosse dichiarato Parco Nazionale, qui sono sorte alcune ville di facoltosi abitanti della capitale. Niente di sfarzoso o di paragonabile a Isla Margarita, ma insediamenti abitativi per qualche centinaio di persone. In ogni caso l’isola è sprovvista di rancheros, e i gestori delle posadas più ricche organizzano per i loro ospiti gite comprensive di vitto e bevande. La spiaggia di Madrizquì è lunga e ventosa, percorrendola tutta si arriva a guadare una lingua di sabbia che separa l’isola dalla barriera corallina e ci si trova su un’altra isoletta, Cayo Pirata, grande come un atollo dei fumetti. Intorno poche baracche , un piccolo recinto con qualche gallina, una spiaggia stretta costeggiata da botuto e frammenti di coralli e pescatori di aragoste che volendo possono anche cucinarle non appena pescate. Bel par terre di stelle marine sui fondali.
Pelona di Rabuski: molto bella e suggestiva visto che è un isolotto di 50 metri più o meno senza un albero o un pezzetto d’ombra in cui ripararsi.
Saki-Saki: Poco più di una striscia di sabbia circondata da una grandissima laguna azzurra e sullo sfondo la grande barriera est. Bagni di sole e di mare, passeggiate nelle basse acque della laguna e un pò di snorkelling nella lontana barriera: è una sensazione straordinaria il sentirsi soli su di una striscia di sabbia in mezzo all’oceano Atlantico COME RAGGIUNGERLE Due parole sui lancheros, le loro barche e la loro musica. Trovare una buona barca e un buon capitano che ti scarrozzi per le isole è fondamentale per un’ottima riuscita della vacanza. Se si riesce ad andare sempre con lo stesso, meglio. Si instaura un buon clima di fiducia, si fa un programma sensato, si evita di andare cinque volte a Francisquì due a Crasquì e zero altrove, ci si organizza per vedere tutte le perle dell’arcipelago. Meglio se la barca è nuova e munita di cuscinetti sui sedili. Questo per evitare la mattanza degli ossi sacri durante le traversate quando il mare non è esattamente una macchia d’olio. In questi frangenti, se la buona barca è dotata di buon capitano che sa come prendere le onde e come infilarsi tra una e l’altra , il gioco è fatto.
– ZG touring: Lasciate perdere, evitatela come il Tavernello caldo. – Papagui, il nome della barca guidata da John, è bella, pulita e curata e lui la guida bene. John è giovane, professionale e preciso, sa come trattare il mare e i clienti ed è molto simpatico. Unico difetto, ama il “regetòn” e sulla sua barca, durante le traversate, lo grida a tutto volume. – Julio, altro lanchero valido. La sua barca è leggermente più piccola quindi le onde si sentono di più ma lui è capace. Le escursioni costano dai venti ai sessantamila bolivares a testa (dagli undici ai ventotto dollari) a seconda della distanza e includono ombrellone e mini sdraio di ordinanza. Non lasciatevi tentare da posade che offrono le incursioni comprese nel pacchetto: le escursioni incluse sono quelle alle isole più vicine, quindi le meno care e in genere sono con barche non sempre comode. Se siete a Los Roques, è perché volete vedere l’arcipelago, esplorarlo e conoscerlo. Tutto. Molto meglio essere liberi, allora, individuare un lanchero che fa al caso vostro e decidere il proprio itinerario con lui, giorno per giorno.
RICORDATE SEMPRE – Non fate gli eroi. Anche se a Pinarella di Cervia o a Rimini diventate neri come gianduiotti in meno di una settimana, qui non siete sulla riviera romagnola, siete in Venezuela, qui ci si ustiona con tutti i crismi. Per i primi giorni meglio una crema protezione cinquanta. Poi magari passate alla trenta. E ricordatevi sempre di ri-ungervi , una volta usciti dall’acqua. Dall’una alle due, state sotto l’ombrellone, tassativo. – Gli occhiali da sole. Fondamentali, quando andate in barca e non solo. – Se volete una maschera subacquea dalla visione perfetta, lavatela con del dentifricio. – A volte quando si fanno le escursioni, capita che vi offrano di assaggiare il Botuto. Il Botuto è un mollusco che vive in quelle splendide conchiglie di cui Los Roques è piena. E’ una specie protetta, mangiarlo è vietato. – Sappiate che in tv vi hanno raccontato una balla. Il rum piú bevuto nei peggiori bar di Caracas non è il Pampero. E’ il Santa Teresa. Prima di partire, compratelo. Il Santa Teresa 1793, è il miglior rum venezuelano e costa 23 dollari all’aeroporto, mentre il Santa Teresa Gran Reserva è ottimo e costa un’inezia. Lo trovate anche alla Distribudora di Los Roques, una specie di distilleria che vende superalcolici e schede telefoniche. – Non credete a chi vi dice che per andare a Los Roques dovete dormire per forza una notte a Caracas. Se volete farlo e visitare la città, fatelo. Ma se il vostro obiettivo è andare direttamente all’arcipelago, sappiate che è possibile. Ci sono compagnie aeree che hanno orari tali da permettervi di prendere tranquillamente un volo per Los Roques in giornata. Anzi, se contattate direttamente le posade, spesso sono proprio loro a indicarvi il volo ideale dall’Italia. – Attenzione ai ‘puri-puri’, sono minuscoli insetti neri che si annidano nella vegetazione e assaltano a tradimento, in branchi di centinaia. Ci si accorge di averli addosso solo quando si avvertono centinaia di morsi, simili a punture di spillo. Insomma è qualcosa che punge ma non esiste, è una leggenda metropolitana, è una favola, è un racconto tramandato, è una credenza, un refolo di vento, ma punge. In alcune isole si possono trovare nel tardo pomeriggio o quando cala il vento, ma non è detto; appena si sentono l’unico modo per evitarli è di buttarsi in acqua o vestirsi velocemente, perché non ci sono repellenti che tengano. Se si viene punti ci si gratta per due-tre giorni, quindi ricordarsi degli antistaminici. Per chi li avesse dimenticati a Gran Roque c’è una farmacia e un ambulatorio che gratuitamente fa le ricette per i problemi del caso. – Non bevete mai bevande con ghiaccio. Controllate che le bottiglie siano realmente chiuse: molte lo sembrano ma il tappo si svita assieme alla corona di sicurezza.
Da portare assolutamente. – machina fotografica e affini. – medicinali per dissenteria, insolazioni, scottature, febbre, vomito, mal di stomaco. – K-way e maglioncino.
La giornata tipo a Los Roques La giornata tipo inizia presto, il primo volo delle 8 vi farà da sveglia ma ben prima, la luce, i pappagalli e tutti gli uccelli presenti sull’isola vi avranno dato il buon giorno. Impossibile crogiolarsi tra le lenzuola, presto i rumori dell’isola vi faranno rimpiangere i suoni tipici di una qualsiasi città occidentale. Dopo la colazione si parte per il molo dove numerose barche portano i turisti alle isole per passare la giornata in spiaggia. Generalmente tutte le posade hanno una propria barca che viene utilizzata per trasportare i turisti sulle uniche due isole “gratis” dell’arcipelago: Madrisqui e Francisqui, entrambe molto carine rischiano però di farvi sentire un po’ a Rimini in quanto si sa, la maggior parte dei turisti “all inclusive”, non ama tirare fuori altri soldi per raggiungere isole più accattivanti. Grave errore. Le altre isole sono da film! Se non fosse che la vostra fidanzata, pur bella che sia, non è Brooke Shield, vi sembrerà di essere sul set di Laguna blu. Tornando alle escursioni…tra le isole più belle vi sono Crasqui, Sarqui, Caio de Agua, Caio Luna, tutte raggiungibili con barche a pagamento, 10/15 dollari a/r. Attenzione alle barche che scegliete, molte di queste sono vecchie e senza frangiflutti, la doccia è assicurata. Arrivare sull’isola dopo 30 minuti di barca e di secchiate di acqua salatissima in faccia non è rilassante. Una volta giunti alle isole potrete passare la vostra giornata in compagnia della vostra cava, il contenitore frigo che le posade offrono ai loro clienti, e che contiene acqua, pepsi e ghiaccio. Se il vostro itinerario è lontano porterete con voi anche il pranzo, diversamente una barca ve lo porterà verso le 13 direttamente sotto l’ombrellone.(questo servizio è offerto dalle Posade più “lussuose”) Oltre che dalla cava, la vostra permanenza sull’isola sarà allietata dalla presenza di decine e decine di pellicani bellissimi e divertentissimi che si fionderanno in acqua alla ricerca di cibo per poi riprendere il volo con le loro enormi ali. Il pranzo sarà sempre ammirato, in trepidante attesa di un omaggio, dai gabbiani che sono ormai ammaestrati a raccogliere dalle vostre mani il cibo. Nel pomeriggio il rientro è purtroppo molto presto, potrete scegliere le 15, le 16 o le 17, perderete quindi il tardo pomeriggio, il momento più bello della spiaggia. Una volta rientrati dopo una “bella” doccia potrete passare dai negozietti del paese per spendere qualche Bolivares, oppure sorseggiare un aperitivo davanti al tramonto. La sera, dopo cena, c’è ben poco da fare, qualche baretto offre coctails non male e musica locale.
ELENCO TASSE: – uscita da Caracas a Ciudad Bolivar B 35 x 2 = B 70 – uscita da Ciudad Bolivar a Canaima B 25 x 2 = B 50 – ingresso Parco Nazionale di Canaima B 35 x 2 = B 70 – uscita da Puerto Ordaz a Caracas B 30 x 2 = B 60 – ingresso a Los Roques B 152 x 2 = B 304 – uscita da Caracas (adeguamento tasse) B 35 x 2 = B 70 – uscita da Caracas B 190 x 2 = B 380