Tra Tsipouro e birra FIX
TA-TLAC. “Questo sono io sotto la Torre Eiffel”. TA-TLAC. “Guarda che bello il tramonto sul Bosforo”. TA-TLAC. “Che coda ho fatto qui, è il Prado. Bellissimo, ci siete stati?”. TA-TLAC. Questa volta no, non poteva esser così. Il budget per il viaggio? Minimo. D’accordo guardiamo tutti i voli che partono dall’Italia nelle date concessemi per Pasqua. Ed è questo che ci ha portato a Salonicco. Molte guide sconsigliano la visita della città, troppo diversa dalle isole con casette bianche e tetti blu. La Pasqua ortodossa era già passata da un mese, la città in quel periodo non ha nessun evento particolare. In un posto così il turista è solo di passaggio per visitare altro, ciò era perfetto: il punto di passaggio sarebbe stato il nostro fulcro. Nessuno ci avrebbe aspettato, saremmo stati un’incognita vagante.
Volo Ryanair da Bergamo, arrivo all’aeroporto di Salonicco. Piove. Eh, quando Pasqua cade a marzo si è anche preparati a quest’eventualità. Appena usciti il noleggiatore ci aspettava col nostro bolide, una Kia Picanto. Estraiamo dalla valigia il navigatore e via alla volta dell’hotel, ma non è tutto così semplice. L’hotel in cui alloggiamo, il Nea Metropolis, si trova in centro; il foglio di prenotazione dice Sigrou 22, il navigatore no. Cartina alla mano si comincia a cercare la via.
“Signomi kure, pou einai to xenodoceio Nea Mhtropoliς?” (greco maccheronico per chiedere ove fosse l’hotel).
Giriamo a caso, quand’ecco che tugcanw, ovvero mi trovo per caso di fronte all’hotel. A questo punto parole indicibili escono dalle nostre bocche, il navigatore traslitterava diversamente il nome della via: Συγγρού 22 diventava giustamente Syngrou… L’hotel oltre ad essere molto economico, era davvero suggestivo. Era un vecchio hotel di pregio che accusava gli anni, era splendido. Lo staff gentilissimo e simpatico, la camera enorme. L’unico neo era il bagno, ma non si discostava dalle foto viste in internet e comunque la pulizia era impeccabile.
Pranzo coi famosi Pita gyros e poi via! Ci dirigiamo a Sarti, in Calcidica e più precisamente nella penisola di Sithonia. Il tragitto è suggestivo appena abbandonata l’autostrada si è immersi nella Grecia, che in primavera è esageratamente verde, mi ricorderò sempre una sosta quasi inchiodando su una piazzola per vedere il Golfo di Kassandra, tra pini che spaziavano di verde in verde, il grigio delle rocce, il blu del mare e il cielo plumbeo. Era un accostamento forte, sublime. Ridestati dal momento riprendiamo la nostra strada curva dopo curva. Raggiunta Sarti parcheggiamo sul lungomare il nostro bolide, ci liberiamo delle scarpe e ci perdiamo in una corsa sulla sabbia. Sì, siamo in Grecia. La spiaggia, come tutto il paese, molto probabilmente subisce un selvaggio e snaturante turismo estivo, ma a marzo aveva un fascino tutto suo. Dei pescatori greci e noi, il mare e il monte Athos davanti a noi che sparisce tra le nuvole. La sera si avvicina, un bel caffè greco in un bar del centro e poi via, avevamo deciso di mangiare a Salonicco o meglio nella città alta, dove sapevamo trovarsi uno ristorantino speciale, l’Ouzeri to Yenti in Odos Papareska 13. Questo locale l’avevamo scoperto l’estate prima per puro caso, rivederlo fuori stagione è stata una sorpresa. Salonicco d’estate è una città vuota; nessuno per strada, negozi chiusi e turisti che si ammassano negli stessi posti, addirittura i suoi abitanti emigrano verso le località balneari, invece fuori stagione i turisti vengono sostituiti dai locali che comunque popolano le vie dello shopping, i locali ed i musei. E così anche la nostra ouzeri si era riempita: c’erano gran tavolate che mangiavano da piatti comuni e bevevano il buon vino della Macedonia. Suonatori ipocriti d’estate, in quel momento si rivelavano tremendamente sinceri. Canti e balli. Eravamo gli unici forestieri, ci guardavano con curiosità, forse perché eravamo i soli a non cantare a squarciagola.
Σ’ αναζητώ στη Σαλονίκη ξημερώματα λείπει το βλέμμα σου απ’ της αυγής τα χρώματα! (testo di una canzone)
Dopo aver fatto l’alba il giorno prima il secondo dì era dedicato al recupero di energie, si resta a Salonicco. Come i greci ci dedichiamo ad un po’ di shopping, visitiamo la torre bianca e poi ci diamo all’arte sacra, arte sacra nell’accezione pasoliniana. Andiamo al Kleanthis Vikelidis, lo stadio dove gioca l’Aris (per risultati la seconda squadra della città, ma una società ricca di storia). Il pranzo è in un baretto a due passi dallo stadio, dove il personale ci scambia per greci e continua a parlarci in greco, noi un po’ li aiutiamo: indossiamo le maglie dell’Aris e ordiniamo col nostro greco di fortuna. Quando ci scoprono italiani diventiamo le celebrità del locale, stranieri che si sforzano a parlare greco e stanno per andare a vedere la loro squadra del cuore allo stadio. Uno tsipouro offerto non si rifiuta mai, dopo il quinto giro però il tuo cervello rifiuta te. Entriamo allo stadio, troviamo una bolgia e non mi stupisco se lo chiamano l’anello di fuoco.
ΑΡΗ ΟΛΕ, ΟΛΕ! (Aris olè, olè!)
Il terzo giorno in programma c’è la visita alla grotta di Petralona, un’escursione simpatica accompagnata da tragitto in trenino e visita al museo allegato, dove è possibile vedere il cranio di Petralona, ovvero un cranio fossile lì rinvenuto e divenuto famoso perché diverso dall’Homo Sapiens Sapiens e da quello neanderthalensis (per farla breve). A seguire abbiamo preso la nostra KITT e abbiamo deciso di perderci per le strade della calcidica centrale, spento il navigatore si sceglie la via ad intuito e si scoprono paesaggi unici, diverse chiese abbandonate ed ormai ruderi, ma legate al loro ambiente indissolubilmente. Ed è così che girando giungiamo per caso ad Olinto, la polis distrutta da Filippo II di Macedonia e costruita secondo le idee di Ippodamo da Mileto. La sera una passeggiata per Salonicco è sempre gradita.
Tέσσερις ημέρες (Quattro giorni)
Scoprire di essere già al quarto giorno è sempre un colpo duro da affrontare altre due giornate e poi si è di nuovo a casuccia. Questa giornata decidiamo di dividerla a metà: mattinata culturale con visita del museo archeologico di Salonicco e pomeriggio alla scoperta di Kassandra, la penisola più occidentale della Calcidica. Questo era il piano, ma arrivati a Nea Potidea decidiamo di fermarci. Anche questo è un paese che vive d’estate e ad aprile non è ancora pronto a recepire il turismo, ma questo è esattamente ciò che cerchiamo. La giornata è molto calda ed è un vero peccato non aver portato il costume, ma sorseggiarsi una birra greca sulla spiaggia è una buona consolazione, baciati dal sole mentre le notizie da casa ci parlano di pioggia e freddo. Questo paese si trova su un istmo che lega Kassandra al resto della Calcidica e indicativamente mostra due anime, una più turistica (con ristoranti sul lungomare e hotel) e una più residenziale (col porticciolo e diverse villette…), entrambe sono abbracciate dai resti di una fortezza bizantina che declina fino al mare. Il tempo vola e decidiamo di tornare dalla nostra ouzeri di fiducia, ormai cominciavamo a star simpatici o in greco sumpaqhtikoi, ora c… mi ero dimenticato il Symbol… ora che sono rimpatriato provo una tremenda nostalgia al ricordo del loro menù dello studente!
Το σπίτι του Φιλίππου (La casa di Filippo)
Una giornata interamente culturale in giro per la Macedonia parte da Salonicco la mattina verso le 8 in direzione Pella, l’antica capitale macedone. La visita comincia dal nuovissimo museo per poi passare al sito archeologico. Quando entriamo nel museo siamo i soli visitatori, strepitoso avere tutti i video che partono per te e nessuna coda per guardare i pezzi più famosi (come i giganteschi mosaici), purtroppo a metà visita condividiamo le sale con una numerosissima e chiassosa scolaresca greca, ma accelerando un poco il passo riusciamo facilmente a seminarli. Secondo tappa è il sito archeologico, qui ci è stato possibile vedere degli operai al lavoro: stavano rimuovendo alcuni mosaici per preservarli nel suddetto museo, quando arriva l’orda di scolari noi leviamo le ancore. Dopo aver visto la città dove Filippo aveva regnato ci spostiamo verso sud per visitare la località dove fu sepolto, Vergina. La moderna Vergina è il tipico villaggio che vive solo del turismo, infatti ci sono solo ampi parcheggi, ristoranti, pensioni e negozi di souvenir (la maggior parte di infima qualità e di gusto ancor più squallido). Il complesso tombale invece è forse uno dei musei più suggestivi che io abbia mai visto: interamente scavato nel tumulo con teche illuminate nell’oscurità e la possibilità di vedere esattamente dove devono essere le ultime dimore dei sovrani macedoni, tra cui quella di Filippo II, padre di Alessandro Magno, nonché primo unificatore delle poleis greche. Finita la visita pensiamo di puntare ad Edessa anche se vuol dire dedicarsi ad un’altra sessantina di chilometri tra le pianure e i monti della Macedonia. Fin qui uno potrebbe pensare che raggiungere una città sia cosa semplice armati di navigatore, e invece non c’è nulla di più lontano dalla verità: il nostro diabolico HAL 9000 infatti, stanco degli stradoni tutti dritti, ha ben pensato di deviarci in una scorciatoia che tagliava tra i monti. Mio caro lettore, ora starai pensando che per due tornantini non serva lamentarsi ed è proprio qui che ti sbagli! Dopo averci fatto avventurare per strade malamente asfaltate e per villaggi quasi fantasma, dopo averci fatto superare torrenti (e qui ricordo che con la Kia Picanto anche il Pisciatello ritorna Rubicone), si arriva allo sterrato; il nostro veicolo combatte zolla dopo zolla, quando davanti a noi si presenta la nostra impresa: una strada sterrata che saliva su una montagna senza l’ausilio dei tornanti. Con le mani stringevo il volante, il piede accarezzava l’acceleratore e ad ogni tocco la Picanto rispondeva con un ruggito, forse la scalata era davvero fattibile. Allora una decisa accelerata smuove fanghi e dissotterra scheletri di dinosauri permettendo al veicolo di avere così il grip necessario per procedere. Si può fare! La Picanto fieramente scala i primi 10 metri… 20… 40… 50… 50… 50… 50… si era impantanata. Fortunatamente la gravità entrò in nostro soccorso permettendo all’eroe sconfitto di uscire dal pantano dell’oblio. Ma la guerra al diabolico navigatore non era ancora conclusa, perché il marrano si ostinava ad indirizzarci per la fatal salita, che per lui era un banale rettilineo a quanto pare! Quindi girando un po’ a caso e con il serbatoio in riserva si torna allo stradone che fu tanto funesto abbandonare. Erano ormai le tre del pomeriggio, la fame era considerevole, quand’ecco che la sorte finalmente ci fu amica: subito dopo un benzinaio (primo colpo di fortuna) c’era un camioncino che vendeva Pita. Dopo aver parcheggiato il bolide tra i camion lì fermi, ci dedichiamo al pasto ludro (ingordo, NdA) della vacanza: 4 panini unti con souvlaki, loukaniko, vari sottaceti e salse miste, un litro di birra il tutto al ridicolo prezzo di 8€. Amo la Grecia. Col pieno nella macchina e nelle nostre pancine raggiungiamo Edessa, città famosa per le sue cascate e per il clima fresco (provvidenziale ad agosto, inutile il 2 aprile). Le cascate sono splendide e rilassanti, passeggiarci attorno guardando il panorama ripagava lo sforzo compiuto per raggiungerle. Così si è tornati all’hotel soddisfatti della giornata piena appena trascorsa.
Addio Salonicco (eh sì, l’ultimo titolo lo scrivo in italiano)
E così è giunto il giorno della partenza. Ultimo shopping in centro, le ultime cartoline e poi via in aeroporto a riconsegnare l’auto (che da grigia era diventata marrone). Quando l’aereo prende quota e dall’alto si vede la bella Salonicco immersa nella sua Macedonia, non si può trattenere una lacrimetta. E per fare un finale ancora più banale aggiungo anche lo “spero tanto di tornarci” di rito. TA-TLAC.