La via balcanica alla transilvania di II parte
Che giornata magnifica quella appena trascorsa.! I bolognesi, tuttavia, mettono a dura prova la mia magnanimità. Marco è continuamente ossessionato da pensieri di ritiro spirituale e concorso in magistratura. Racconta fatti assurdi. Tipo ha fatto un corso in Puglia che prevedeva come stage un’ora di elemosina vestito come uno straccione sulla pubblica via. Lui dice che è stata un’esperienza molto formativa. Io penso che è fuori di testa. Oggi quasi non ci restava secco nella grotta della sorgente sacra sul sentiero che porta in cima all’Olimpo. Scivolando sulle pareti umide e buie della grotta ha tirato giù una legnata che pensavamo ci fosse rimasto ziocan. Si muove come un cartone animato disegnato da un fumettaro pazzo. E oltretutto le femmine sembrano importargli come ad un bue un piatto di carne.
Che tipo.
Mi sà che lo scarico sul Monte Athos dove perderemo per sempre sue notizie. Amen. Siamo a Salonicco adesso.
Bella città ordinata e pulita anche se obiettivamente l’impressione è forse un pò falsata dal fatto che, data la stagione, i cittadini sono tutti in vacanza.
Sono incazzato nero. Saremmo dovuti essere altrove in questo momento. Alle pendici dell’Olimpo a ballare e godere dei frutti del nostro odierno omaggio agli Dei. Solo che non siamo riusciti a trovare uno straccio di posto dove dormire e così la notte è sfumata. Zeus e Afrodite ci hanno abbandonato. E penso di intuirne la ragione.
E meno male che i bolognesi hanno avuto il buon gusto di cedermi la stanza singola senza fare troppe storie. Fortunatamente il resto della giornata è stato splendido.
L’Olimpo, che montagna magica e sorprendente. Stamane di buon ora siamo partiti a piedi per il percorso E4, quello che da Likochoro porta al monastero ortodosso mezzo diroccato di Aghios Dionysios. Di prima mattina il cielo era plumbeo e carico di umidità. Una fitta nebbiolina copriva, infatti, le pareti del canyon che, di buon ora, ci apprestavamo ad affrontare. Lungo il cammino, si ode in basso il cupo rumoreggiare del fiume Enipeo. Ma le scoscese pareti che ci affiancano ne nascondevano la vista fitte come sono di cerri e abeti altissimi. Ed intanto si saliva di brutto. Federico ha iniziato a sudare come un cavallo lanciato al galoppo. Il caldo e l’umidità certo mettono a dura prova il nostro fisico ma i luoghi sono di una bellezza mozzafiato e l’entusiasmo è divenuto ancor più palpabile quando ci siamo avviciniamo realmente al fiume lambendolo.
In realtà è poco più di un ruscello di montagna ma non manchiamo di sorprenderci della copiosità delle acque, nonostante che si sia in pieno agosto. L’acqua, poi, da impetuosa di tanto in tanto addolcisce il suo corso riversandosi placidamente in splendide vasche naturali di roccia. Una vera goduria poter fare un bagno li dentro pensiamo in coro ed all’unisono invochiamo gli Dei affinché ci concedano un pò di sole. Riprendiamo il cammino che comincia a risalire gagliardamente. Di tanto in tanto fanno capolino nella nebbia le enormi rocce rossastre che punteggiano i fianchi scoscesi della gola. Alberi millenari costeggiano il sentiero e a volte lo ingombrano vittime delle saette dell’irato Zeus. Ma il percorso è ben tenuto e non abbiamo difficoltà a superare gli ostacoli che incontriamo. D’un tratto il sole fa capolino tra le nuvole e ci sentiamo finalmente rinfrancati. Abbiamo festeggiato con un paio di strudel al prosciutto e siamo ripartiti Il tempo, intanto, s’era definitivamente messo al bello e a dir la verità cominciava a fare davvero molto caldo dacché salutiamo con sollievo il fiume che discendendo incrociamo di nuovo anche perché ci offre la vista insolita e magnifica di decine di ninfe al bagno.
Un gruppetto di boy scout polacchi, infatti, stava bivaccando di fianco alla fontanella alla fine del ponte di legno mentre alcuni fra loro, la maggior parte donne, di cui un paio davvero tope si stavano bagnando al fiume che lì si amplia in una bolla di acqua purissima e gelata. Non ci ho pensato due volte mi messo in mutande (che guarda caso sono quelle tigrate di mio fratello) e in quattro e quattro otto ho scattato un paio di foto e mi sono fiondato al bagno.
Le polacche alla mia vista si sono accalorate tutte insieme. Devono essere sei ma ero davvero confuso, felice ed eccitato per cui mi sono immerso senza pensarci troppo nell’acqua gelida.
Quando sono, infine, riemerso ero circondato letteralmente da culi e tette che sembravano morire dalla voglia di fare il bagnetto con me. Zeus ti ringrazio ho pensato colmo di emozione e riconoscenza. Una biondina con un top rosso e un paio di shorts che ne esaltavano le cosce tornite ed il culetto sodo mi si è fatta subito sotto ed io l’ho accolta prendendola per mano ed invitandola all’abluzione. Ci siamo immersi insieme ed era così gelida l’acqua che mi è venuto del tutto istintivo di abbracciarla con forza tirandola a me. Poi siamo finalmente riemersi tra gli sguardi un po sbigottiti degli amici di lei, per cui ho pensato bene di mollare la preda e mi sono allontanato declamando qualche frase di circostanza.
Manco a dirlo eravamo tutti eccitati come mandrilli, tanto che immersi com’eravamo nella elaborazione della migliore strategia per intortarci le bellezze al bagno ci siamo scordati del tempo che inesorabilmente passava. Quando finalmente siamo rientrati in noi ci siamo finalmente accorti che erano già le quattro del pomeriggio ed era praticamente impossibile arrivare al primo rifugio/pensione utile per la notte che si trovava a qualche kilometro di distanza lungo il sentiero che si inerpica per la montagna.
In preda al terrore di dover passare la notte all’adiaccio coperti solo di qualche straccio ci siamo precipitati verso il monastero di Aghios Dionysios che, in realtà è poco più di qualche muro diroccato. Qui abbiamo chiesto al primo prete ortodosso di passaggio se da li c’era un autobus o qualche altro mezzo che ci potesse portare a valle. Il prete ci ha introdotto verso quello che doveva essere un suo superiore, il che si intuiva dalla maestosità del portamento e dagli occhi di un profondissimo blu che spiccavano come fanali in mezzo al volto massiccio incorniciato da una lunga e folta barba corvina. Il prete ci ha informato molto gentilmente che di autobus neanche a parlarne e che, inoltre, per la notte non avevano alcun posto dove farci dormire in quanto le poche celle erano tutte occupate.
W la santa carità cristiana ci siamo detti in coro con significative occhiate e mestamente ci siamo avviati in direzione della strada provinciale.
Gli Dei tuttavia erano dalla nostra e sul cammino abbiamo incontriamo due discrete gnocche che ci dicono che si, erano disposte a dare il passaggio ad uno di noi, invitandoci a seguirle alla macchina, parcheggiata poco più su dove erano attese, haimé, dai loro rispettivi ragazzi.
I greci erano simpatici e disponibili ed io, in quanto proprietario della macchina che sarebbe dovuta risalire a riprendere i bolognesi, il designato ad usufruire del passaggio così gentilmente offerto.
Durante il tragitto che per qualche kilometro, prima di sbucare sulla strada vera e propria si snodava su un percorso piene di fosse profonde come burroni ho fatto più approfondita conoscenza con le pulzelle mentre lo stereo della Uno sparava assordante musica metal. Così cazzeggiando intorno al valore della fratellanza nell’Europa unita vengo a sapere che in un paesino della costa quella stessa notte si sarebbe tenuto un mega rave che si sarebbe protratto initerottamente per 24 ore. Giunto al paesino di Lithochoro dopo aver ringraziato i Greci cui ho dato appuntamento al Rave ho preso la macchina e mi sono diretto senza indugio verso il monastero, sperando che i bolognesi avessero avuto il buon senso di risalire, nel frattempo, sino a dove la strada diveniva asfaltata. Macché, bestemmiando in dodici lingue sono dovuto arrivare sino al monastero in rovina dove, peraltro, dei due guaglioni non v’era traccia alcuna. La sera volgeva all’imbrunire ed io mi sono aggirato furtivo fra le rovine sinistre del luogo finché non mi è parso di intuire il basso inconfondibile della voce di Federico proveniente da una delle celle che si aprono su di un breve ballatoio rialzato posto ad est del complesso. Ed in effetti avvicinatomi alla porta ho sentito distintamente la voce dei Bolognesi intenti a discutere con altre persone. Per cui senza indugiare dopo aver educatamente bussato sono entrato e con mia grande sorpresa ed iniziale irritazione ho potuto appurare che i Bolognesi del tutto dimentichi della mia sorte si crogiolavano beatamente intorno ad un tavolo imbandito con rinfreschi e pasticcini. La cella era molto piccola e l’ampio tavolo che era sistemato al centro lasciava spazio solo ai sedili foderati con della pelle pelosa di qualche strano animale che gli si snodavano intorno . Di fronte all’entrata una finestra ad arco che si apriva sui magnifichi boschi millenari del monte Olimpo. Intorno al tavolo i miei amici conversavano amabilmente con un rubicondo e ben pasciuto prete ortodosso chiaramente riconoscibile dalla tunica nera e dall’immancabile folta barba corvina striata d’argento, che aveva di fianco due ragazzoni silenziosi e sorridenti ed una donna giovane non particolarmente bella. Chiudeva il convivio un ragazzo dall’espressione vagamente minacciosa forse perchè innervosito dalla vistosa presenza della sua donna, una bella topona mora minigonnata sulla quale, immancabilmente si posava il mio occhio pagano.
Mi è stato offerto un pasticcino che ho accettato di buon grado dalla consistenza molle e appiccicosa della pasta di mandorle ma tutt’altro che cativo. Il prete si industriava a spiegare nel suo italiano stentato ma comprensibile il significato di quel gesto della congiunzione tra mignolo ed anulare che sempre accompagna qualsiasi raffigurazione sacra nella tradizione ortodossa e che a suo dire rappresenterebbe la congiunzione mistica tra il cielo e la terra, l’anima ed il corpo, Dio ed il Cristo. Ma nonostante l’atmosfera mistica che si era creata una vocina insistente probabilmente esacerbata dalle molte emozioni pelviche della giornata mi diceva che quelle erano tutte balle e che, in realtà, l’apparente santità dei luoghi nascondeva la segreta affiliazione dei abitanti ad una tradizione pagana mai del tutto estirpata. E d’un tatto immaginai il Prete ed i suoi ospiti correre a perdifiato nei solitari boschi sacri dell’Olimpo per unirsi, infine, sfiniti ed invasati in un intrico orgiastico di corpi inneggianti alla gloria del tracio Dioniso. Questi luoghi mi dicevo sono troppo lussureggianti di vita, troppo ricolmi di piaceri per subire a lungo la mortificazione della tediosa morale cristiana. D’altronde il monastero era praticamente diroccato, segno inequivocabile dell’ostilità dei numi tutelari del luogo. Un ammiccante sorriso della gnoccona sembrò avvalorare i miei pensieri sacrileghi. Ed anche il prete dovette intuirli giacché bruscamente ci informò che era ora di ritirarci. Nell’accomiatarci il prete mi ha porto la mano sinistra in luogo della destra, chiaramente additandomi a malvagio nel suo cuore.
14.Agosto Ho mollato i Bolognesi.
Stamane quando mi sono svegliato (molto tardi) loro non c’erano più. Avevano lasciato l’hotel Erano probabilmente andati a fare un giro per Salonicco. Fatto sta che il mio vecchio Nokia non ne voleva sapere di funzionare tanto che dopo essere riuscito a comunicare a Federico via sms che sarei andato a fare colazione sul lungomare è definitivamente morto.
Sotto l’effetto del cannabinoide ho interpretato la cosa come un segno. A dir la verità ho gironzolato a lungo per Salonicco per vedere se li beccavo. Sono tornato anche più volte all’hotel dove avevamo pernottato ma c’erano solo i loro bagagli e nient’altro. Non posso aspettare oltre, mi son detto. La rumena mi aspetta. Per cui mi ho lavato la macchina e dopo aver tentato ancora una volta inutilmente di contattare Federico ho preso la via di Seres verso il confine Bulgaro. Verso le 22:00, sbagliando una volta strada sono, infine, giunto a Siderocastro, a 1agosto km dal confine Posto duro. Le donne sono scontrose come d’altronde sulla costa anatolica. Dev’essere la Tracia non lontana che permea l’aere del suo impulso guerresco.
La solitudine e l’asprezza del luogo hanno fatto riaffiorare alla mente un episodio storico accaduto intorno all’anno mille proprio in queste zone, quando i Bizantini guidati dall’imperatore Basilio II erano impegnati a sopprimere la ribellione di Samuele principe Bulgaro che con la sua politica espansiva minacciava dappresso gli interessi dell’Impero romano d’Oriente.
Nel 1014 in una decisiva battaglia combattuta ai piedi del monte Belasica, Basilio II sconfigge Samuele distruggendone la maggior parte dell’esercito e facendo moltissimi prigionieri. In un disperato tentativo di ribaltare la difficile situazione, Samuele da nuovamente battaglia ai bizantini nei pressi di Strumica riuscendo, peraltro, ad ottenere una parziale vittoria. La disfatta, tuttavia, non sortisce altro effetto che quello di inasprire l’imperatore che, bontà sua, fa accecare con spilli arroventati tutti i prigionieri Bulgari (circa 15.000), lasciando ad ogni cento uomini un compagno con un occhio solo per condurli al proprio re. Alla vista spaventevole dei propri uomini così crudelmente martoriati, Samuele è colto da un colpo apoplettico e di li a tre giorni muore. Con questi pensieri non proprio tranquillizzanti dopo aver trovato un discreto alloggio all’hotel Olimpus ho fatto un veloce giro in centro e mangiato un ottimo pita gyros preparato da un tipo e servito da una tipa che ricordavano dappresso una coppia di ristoratori piemontesi per cui ho lavorato in Italia. Tommy e Cinzia. Lombroso forse non c’aveva tutti i torti mi è venuto da pensare.
Magicamente il telefono si è rimesso a funzionare e ho letto i numerosi messaggi di Federico che, tuttavia, non mi è sembrato particolarmente incazzato.Gli ho mandato un sms spiegandogli la situazione. Spero i Bolognesi stiano bene e, d’altronde, non ho motivo di pensare altrimenti.
Il fumo sta finendo e questo è un bene perchè non verrei entrare in Bulgaria profumato d’incenso come un fottuto galletto da spennare ad uso della corrotta polizia bizantina. Sofia Ferragosto Alla Frontiera Bulgara quasi toppavo. Nonostante il ritmo che mi ero imposto per finire la scorta m’era rimasto l’ultimo pezzo di fumo e ho deciso di portarlo con me. Non sapevo bene dove metterlo e alla fine me lo sono ficcato in bocca tra guancia e gengiva. Nel caso lo mangio pensavo. In verità me ne sono pentito quasi immediatamente perchè in realtà i controlli erano praticamente nulli e, colmo dei colmi, un poliziotto bulgaro, mentre stavo sbrigando le formalità di frontiera ha attaccato bottone chiedendomi della mia macchina. Pugnette tipo quanto costava in Italia una di stò modello e se se ne trovavano e dove etc etc. Lo stronzo, però, non mi mollava e s’era proprio innamorato del mezzo e intanto il bolo di fumello faceva capolino tra le gengive ed io sudavo freddo pur dovendo fare, di tanto in tanto qualche sorriso di circostanza che temevo, tuttavia, fosse un pò troppo timido. Alla fine gli ho brutalmente chiesto se voleva comprarsela la mia BMW fingendo un serissimo interessamento alla transazione e finalmente, con mio grande sollievo, l’importuno pischello si è dileguato. Per il resto la strada per Sofia, tranne qualche breve tratto, è ben tenuta e scorrevole. Il vero incubo sono i poliziotti che, con loro sommo piacere ho dovuto corrompere . Anche se è stata più che altro un’imboscata e il pollo grasso e pasciutello mannaggia ero proprio io. Come ho avuto modo di appurare in seguito, lungo le principali vie di comunicazione ci sono più poliziotti che macchine. E i gendarmi sono tutti affamati di soldi. Certo lungo la strada la presenza ingombrante dei poliziotti viene ampiamente, e fortunatamente segnalata con i fari, dalle macchine che incontri. Ciò nonostante è quasi impossibile non venire fermati da una famelica pattuglia che forte del suo radar cazzuto che non è altro che una scatoletta con un minuscolo display, ti ferma mostrandoti che andavi a 90 Km/h quando il limite era – come al solito -60.
Viaggiavo a circa 120 km/h su un’ampia strada a due corsie quando improvvisamente nascosto dietro il pilastro di un ponte sbuca il famigerato poliziotto bulgaro lindo e inamidato nella sua divisa azzurra che mi mostra la paletta dello stop costringendomi ad una inchiodata che a momenti mi ammazzo. Insomma un agguato in piena regola. Il poliziotto comuncia ad urlare frasi incomprensibili e dopo qualche momento di confusione mi fa cenno di andare dal suo collega che staziona dall’altro capo della strada.
Quest’ultimo, chiaramente la mente dell’allegra compagnia di briganti che parlava, peraltro, qualche frase di italiano dopo avermi messo al corrente dell’enorme gravità della mia infrazione mi chiede con l’aria un pò schifata “Vuoi fattura, Italiano?” Io capito l’antifona gli rispondo prontamente che no della fattura non me ne faccio nulla e che preferisco pagare la multa in nero Esattamente la risposta che si aspettano. E 50 euri gli ho dovuto mollare Perchè non avevo soldi spicci. In compenso il poliziotto adesso tutto sorrisi e pacche amichevoli, felice come una pasqua per il pingue raccolto, con ampi gesti di riconoscenza ed aiutandosi con primitivi disegnini su di un cartone mi ha rivelato che su quella stessa strada, prima di entrare in Sofia, ci sarebbero state tre perfide pattuglie di stradale munite del pericolosissimo radar a circa 200 m di distanza una dall’altra.
Informazione, questa che, con non poca soddisfazione, ho accertato essere assolutamente esatta. Fortunatamente Sofia è piena di gnocca. Dopo l’ultimo joint in Hotel adesso sto trangugitando un Jack Daniel’s di proporzioni bulgare (ossia enormi). Federico non si è sentito e forse è meglio così. Sofia a differenza di Bucarest pare una città accogliente e piena di roba. I Balcani vegliano maestosi e verdissimi alle porte. E qualcosa vuol dire di certo ve lo assicuro. Montagne possenti e magiche. Basti pensare che il massiccio del Gargano uno dei luoghi certamente più magici ed energetici del Mediterraneo non è altro che l’estremo lembo della catena Balcanica che attraversando il mare riemerge imponendosi prepotentemente sul monotono piattume del tavoliere delle Puglie.
L’Olimpo d’altronde. Come dimenticarlo.
Non penso di aver fatto una bastardata con i bolognesi. In fondo sono in due e Federico non pareva aver voglia di fare sta puntata ad Est, anche se, con tutta probabilità gli sarebbe piaciuto.
16.Agosto Mi sto avvicinando a Varna con trepidazione nell’animo. Ho fatto tappa a Veliko Turnovo che è un posto di qualche interesse, gran belle tope ed un fiorente artigianato.
Con la Rumena pare tutto ok. Mi aspetta. Vorrei passare tuttavia qualche giorno sul Mar Nero, dopo Varna, Mangalia e poi Brasov in Transilvania.
Ieri sera ero molto stanco ed ho fatto solo un giro per il centro di Sofia. C’era una biondina nel bar di fianco al posto in cui ero seduto a prendere un whiscky. Era sicuramente disponibile e quasi ci provavo. Ma d’un tratto sono spuntati tre statunitensi ed hanno cominciato ad attaccare bottone con lei.
D’un colpo m’é salita una tristezza della madonna non so bene se dovuta all’amarezza del fallito acchiappo a dal fatto di essersi fatto fottere da tre minchioni americani. Penso l’ultima anche perchè la figa era sexy ma non proprio il massimo.
Mi fermo a in un posto vicino ad un laghetto. Locale accogliente pulito e di una certa raffinatezza come quasi dappertutto in Bulgaria.
Cibo, tuttavia, pessimo come al solito tanto che un paio di salsicciotti ripieni di un impasto di carne eccessivamente speziata, nonostante la fame notevole, li ho mollati al cane che si aggirava famelico nei pressi del mio tavolo.
17.Agosto La Bulgaria, tranne ovviamente le pattuglie di stradale, è una piacevole sorpresa. L’impero Romano d’Oriente, i Bizantini segnatamente, hanno lasciato tracce della loro raffinatezza in questi luoghi. Lo si nota, in particolare, nelle stazioni di servizio lungo le principali strade di comunicazione. Posti pulitissimi, pieni di ogni ben di dio e assolutamente all’avanguardia dal punto di vista tecnologico. Per esempio la cassa è solitamente fornita di un video LCD ove il cliente viene piacevolmente intrattenuto mentre fa la fila per pagare.
E tutto, ovviamente, costa meno della metà che in Italia.
Anche le città hanno luoghi di buon gusto.
Varna ad esempio.
Un grande parco monumentale nasconde il mare. Lo si attraversa guidati dalla musica che si ode in lontananza e si arriva sul lungomare pieno di ristoranti discoteche e belle gnocche. Il cibo, tuttavia, è, come al solito, meno che accettabile. Mi sono fermato a cenare in un ristorante pieno di gente che prometteva grandi cose dalla gran quantità di pesce freschissimo esposto in bellavista all’ingresso su grandi distese di ghiaccio. Cameriere fighissime con minigonne ardite mi hanno definitamente spinto ad entrare. Dopo aver iniziato con una deliziosa porzione di caviale nero russo a due soldi ho deciso di provare il baby octopus che si è dimostrato tuttavia duro e troppo speziato, tant’è che l’ho lasciato. Mi sono ripreso con un pesce lupo del mar morto fatto alla griglia che tuttavia non mi ha esaltato fors’anche perchè mi avevano assegnato un cameriere non solo maschio ma anche del tutto incapace, nonostante l’impegno estremo, di spinare correttamente un pesce. Con un po di delusione, dunque, ho lasciato il ristorante che fra l’altro mi ha anche lucrato una trentina di euri. La serata è finita poi al Casablanca, disco bar bellissimo, elegante e come al solito pieno di gnocca bulgara che ancora una volta oltre ad essere estremamente piacente lascia una inquietante scia di raffinatezza e perversione bizantina.
18.Agosto Stamane di buon ora ho lasciato la stanza dell’hotel a tre stelle che ad un prezzo più che accettabile (30 euro) mi ha offerto, come dappertutto in Bulgaria, una ottima sistemazione per la notte. Finalmente posso ammirare di giorno la costa del Mar Nero che attraverso in direzione Mangalia, Romania. Lungo la strada sono attirato dai boschetti deliziosi di pini silvestri e macchia mediterranea che si tuffano direttamente a mare e decido di fermarmi per un bagno. Scelgo una località dal nome evocativo di …..Che mi colpisce per la magnifica montagna ombrosa e verdissima che si staglia alle sue spalle. E devo ammettere che l’aspettativa non viene per niente delusa dato che il paesino si dimostra un gioiello raro di civiltà e quiete. A dir la verità pare una moderna cittadella fortificata per respingere l’incipiente barbarie che affligge le moderne località balneari.
L’ingresso alla città avviene, infatti, tramite un efficiente viale a quattro corsie che tuttavia si conclude in una strettoia ove l’avventore costretto necessariamente a progredire a passo d’uomo, viene discretamente soppesato dalla locale polizia la cui presenza si intuisce dietro le vetrate a specchio dei piccoli uffici a margine della strada. Io entro senza difficoltà e mi trovo dinanzi un idilliaco paradiso balneare ove i teutonici la fanno totalmente da padroni recando con se ovviamente l’amore per la pulizia e la civile quiete. Mi accodo dietro un trenino che pigramente trasporta una gran quantità di bambini festanti e mammine serene al mare, ove anch’io, una volta parcheggiata l‘auto, mi avvio con una certa apprensione. Non ho, infatti, ancora fatto il bagno nel Mar Negro, come lo chiamano i Rumeni e mi chiedo se l’aggettivo che lo qualifica non abbia una qualche attinenza con il colore non proprio invitante delle sue acque. I miei timori si rivelano, in realtà infondati dato che l’acqua è trasparente e la spiaggia bianchissima e pulita. Scoprirò poi che l’aggettivo Negro venne affibbiato al piccolo mare che riceve le placide ma copiose acque del Danubio dopo il sanguinosissimo esito di una battaglia navale tra Turchi e Rumeni. Fu tanto il sangue versato, si racconta, che le acque del mare divenirono scure come le vesti a lutto delle madri che , da ambo le parti, numerosissime piansero la morte dei loro figli.
Il bagno mi mette di ottimo umore, quindi con la segreta speranza di ritornare, un giorno in questi luoghi, mi rimetto in marcia in direzione del confine Rumeno. La strada ora abbandona la costa e si spinge più verso l’interno snodandosi per enormi e vagamente opprimenti distese di campi coltivati per la maggior parte a cocomeri, o almeno così mi pare, anche dalla gran quantità di persone che li offre in vendita ai margini della strada. Attraverso la frontiera rumena nei pressi di Mangalia, senza particolari problemi. Un doganiere rumeno che parla Italiano mi rende partecipe di bizantine e oscure procedure che regolano il periodo della mia permanenza in Romania. Non capisco bene se il cartonicino colorato che indica la mia data d’ingresso stabilisca il limite minimo ovvero il massimo di giorni di permanenza concessomi in Romania. C’è una multa di 100 euri nel caso io non rispetti tale oscura determinazione. Mi allontano pensieroso affidandomi alla benevolenza del fato.
19.Agosto Mangalia è un tantino deludente. Niente più che un grosso paesone di confine dove gli immancabili e bruttissimi block ereditati dal funesto regime comunista di Ceaucescu punteggiano sinistramente il paesaggio urbano.
La vista della flotta navale Rumena, niente più di qualche guardiacoste, ancorata in un laghetto artificiale alle porte della città fa più tenerezza che altro. Scatto qualche foto e mi allontano in fretta. Dovessero scambiarmi per una spia. Prima di lasciare il mio meraviglioso Atlante stradario d’Europa in un albergo di Sofia avevo notato che a nord di Mangalia c’era una serie di località chiamate Jupiter, Venus, Saturn e Neptun. Capirete che dopo l’esperienza olimpica questi luoghi mi appaiono come una tappa essenziale del mio viaggio di avvicinamento alla gnocca rumena che nelle mie intenzioni dovrebbe risolvere il mio approvigionamento di figa per l’inverno.
Per cui senza indugio riprendo la E87 direzione nord. Dopo pochi km trovo l’indicazione per Jupiter e Venus e mi ci butto a pesce. Il complesso olimpico è un immenso carnaio di vecchi pensionati, aspiranti playboys e figa che prende il sole con super tanga nelle chiappe.
20.Agosto Oramai sono in vista della Transilvania che si erge all’orizzonte come una barriera naturale creata per tenere a bada il rumeno di pianura che peste lo colga. Fortunatamente sono riuscito a superare l’incubo Bucarest quasi senza danni. Il sole sta tramontando. Sento un benessere caldo che si impadronisce del corpo e della mente. Domani vedrò la mia bella. Le mando un messaggio facendole credere che sono ancora sulla costa del mar Nero. Lei mi aspetta solo per domani sera. In realtà sarò a Brasov in meno di un’ora. Sorpresa. Affitto una camera pulita ed accogliente per meno di 20 euro e dormo.
C’è lo fatta. Sono infine arrivato alla meta. Gli immensi boschi ed il possente fiume che si apre una via verso la pianura me lo confermano. Giove osserva. O almeno così mi pare.