Tra le colline del Piemonte c’è una terra di sapori perfetta per chi vuole organizzare le vacanze fuori stagione
Era da tanto tempo che avevamo in mente le Langhe, senza mai trovare l’occasione giusta per partire: troppo freddo in inverno, troppo caldo in estate, finalmente, ad inizio ottobre, grazie ad una inaspettata settimana di ferie autunnali, siamo riusciti a realizzare il nostro piccolo sogno. Vorrei anche spezzare una lancia a proposito delle vacanze fuori stagione: semplicemente fantastiche! Poco traffico sulle strade e autostrade, pochi turisti in giro (ovviamente anche a causa del periodo particolare che stiamo vivendo), clima perfetto e ritmi di vita più rilassati e tranquilli. Se a tutto questo aggiungiamo il fatto di essere nella regione più romantica del Piemonte e di aver goduto per tutto il periodo di un clima caldo e soleggiato, allora ne nasce la vacanza ideale. La documentazione sulle Langhe l’abbiamo trovata in rete, oltre che sulla guida Touring del Piemonte: una volta deciso cosa vedere, abbiamo organizzato i pernottamenti affidandoci ad Airbnb invece che al solito Booking. Abbiamo pernottato 1 notte ad Asti in un grazioso appartamento in una casa di ringhiera, 2 notti a Saluzzo, in casa di una socievolissima host francese e 3 notti ad Alba in un mini appartamento di 29 mq. Sono state tutte e 3 esperienze positive, che ci hanno permesso di sentirci, anche se per poco, abitanti del luogo in ciascuno dei posti visitati. Bene, non ci rimane che partire!
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Lunedì: Asti
Arriviamo ad Asti dopo quasi 4 ore di viaggio in autostrada: dato che l’appartamento dove alloggeremo non è dotato di posto auto parcheggiamo in Corso Alessandria e ci incamminiamo a piedi verso la nostra casa. Il nostro host si chiama Enrico e abbiamo comunicato con lui solo telefonicamente e via Whatsapp: codici per entrare nell’appartamento, check in, check out, tutto perfetto. L’appartamento è molto spazioso, arredato in modo simpatico, c’è pure il letto a baldacchino! Non avendo tanto tempo a disposizione partiamo subito alla scoperta di questa città che ci ha sempre incuriosito. Il lunghissimo corso Alfieri ci conduce nella omonima piazza, grandissima e circondata da antichi portici, che sono una delle caratteristiche peculiari delle città piemontesi visitate in questa vacanza.
Un altro segno distintivo sono le torri, le tante piazze e piazzette e le enormi chiese in gran parte di mattoni rossi, fra cui la bella cattedrale che si trova in posizione elevata in una zona non proprio centrale. Il centro è molto animato e le vie dello shopping affollate. Visitiamo anche l’antico mercato coperto e la piazza dove ogni anno si corre il palio, immensa. Dopo un breve passaggio a casa, ci rimettiamo in moto per la cena all’Osteria della piazza, in un bel palazzo vicino alla Cattedrale.
Il ristorante è molto carino ed intimo ed io posso gustare uno dei piatti di cui vado ghiotta, il vitel tonnè, ed anche un favoloso bonet bianco, il tutto innaffiato da una bottiglia di barbera d’Asti. La nostra prima giornata piemontese si conclude passando da Piazza Alfieri, illuminata da romantici lampioni e sorvegliata dalla statua fiera del grande scrittore, illustre abitante di Asti assieme all’avvocato canterino Paolo Conte e a Giorgio Faletti, il comico con la passione per la scrittura a cui è stata dedicata la biblioteca cittadina.
Martedì: Saluzzo
Cosa può spingere un turista a visitare Saluzzo? Nulla, direbbe un viaggiatore distratto, che magari non conosce neanche l’esistenza di questo paese di 13 mila abitanti. In realtà le bellezze di Saluzzo e dei suoi dintorni sono tante, e fra un po’ le conosceremo, prima però accomiatiamoci da Asti.
Il nostro commiato ha il sapore dolce e caldo di un cappuccino con la schiuma a forma di cuore bevuto in un bar di piazza Alfieri e la malinconia del cimitero ebraico visitato in una mattina un po’ grigia.
Il Piemonte vanta una presenza ebraica importante, testimoniata da numerose sinagoghe e musei sparsi su tutto il territorio. Noi abbiamo voluto visitare il cimitero di Asti, fra i più ricchi di sepolcri monumentali: la sua particolarità sta nella presenza di caratteristiche cattoliche nelle sepolture ebraiche, a testimonianza dell’alto grado di integrazione della comunità ebraica nel tessuto sociale astigiano. Tra le più belle, le tombe della famiglia Artom (Isacco Artom fu segretario di Cavour) e della famiglia Ottolenghi (Zaccaria fu costruttore e finanziatore del teatro Alfieri).
Dopo questo doveroso tributo alla storia, riprendiamo l’auto in direzione Saluzzo, attraversando tanti paesi che in realtà sono una immensa campagna punteggiata da qualche casa.
Il primo impatto con Saluzzo è con il suo ex tribunale, davvero brutto ma utile in quanto provvisto di un grande parcheggio, dove lasciamo l’auto per dirigerci verso il centro.
Il check in nel nostro Airbnb è previsto per il tardo pomeriggio, la nostra idea è quella di fare uno spuntino veloce e poi andare a visitare l’abbazia di Staffarda, uno dei motivi per cui siamo qui. Il primo impatto con il paese è subito positivo: belle piazze, portici antichi e chiese imponenti e poi c’è il sole a rendere tutto più bello! Grazie ad un articolo sul web, meta del nostro spuntino è l’ “Antica Saluzzo”, un po’ bar e un po’ bistrot, arredato in modo molto originale e con una moltitudine di oggetti. Solo il bagno merita la visita, è proprio vero quello che dice l’articolo, sembra di essere sul set de “Il favoloso mondo di Ameliè”. Ordiniamo crepes, hamburger e un caffè che ci viene servito accompagnato da una madeleine e poi via verso la nostra prossima tappa, non prima di esserci imbattuti per caso in Piazza Garibaldi nel monumento che la città di Saluzzo ha appena dedicato, nel centenario della nascita, ad uno dei suoi più illustri cittadini, Carlo Alberto Dalla Chiesa. L’opera è nata dalla collaborazione di 6 artisti saluzzesi, ognuno dei quali ne ha eseguito una parte, dal basamento di marmo alla parte terminale in acciaio. Ad essere sinceri l’opera non ci entusiasma più di tanto, ma è comunque un giusto e doveroso tributo ad una persona che ha immolato la propria vita alla lotta contro la mafia.
L’abbazia di Staffarda, a 10 km da Saluzzo, è un notevole esempio di architettura cistercense dell’XI secolo. Già dall’esterno appare bellissima ed imponente e dà l’idea di un mondo a sé, autonomo ed efficiente, come infatti fu fino alla fine del secolo XVII. La regola dei cistercensi era molto rigida e prevedeva per i monaci le sole preghiera e meditazione, mentre i lavori agricoli erano affidati ai conversi, ovvero laici che riuscirono a trasformare questa zona paludosa in un centro agricolo fiorente e produttivo. Appena arrivati veniamo accolti da una nutrita famiglia di gattini molto affettuosi, che ci accompagneranno per tutta la visita. Eccoci presto nel bellissimo chiostro, molto curato ed abbellito da gerani rossi e rose ancora fiorite. Altri luoghi visitabili sono il refettorio (dove è visibile, anche se molto rovinato, un affresco raffigurante l’ultima cena) e la sala capitolare. Una cosa curiosa è che la sala a fianco del refettorio diventi ogni anno, da aprile a settembre-ottobre, una vera e propria nursery per una nutrita colonia di pipistrelli: le mamme partoriscono i piccoli ed ogni notte escono alla ricerca di cibo, evidentemente molto abbondante in questa zona. Di giorno dormono per poi uscire la notte successiva. Con l’arrivo dell’autunno la colonia si disperde, per tornare la primavera successiva. Interessante, no?
Dopo aver sostato un po’ nella pace del chiostro entriamo in chiesa: anche qui stupore a 1000! Semplicità, imponenza ed uno stupefacente polittico della metà del 500, oltre ad un crocifisso con la Vergine e San Giovanni dove la vergine ha un’espressione di un’intensità commovente.
Ultimi luoghi da vedere la foresteria, oggi adibita a sala per ricevimenti nuziali e la loggia del mercato, datata 1270. Improvvisamente l’odore non proprio delicato della campagna viene coperto da un profumo sublime di biscotti: sono i “sassi alle nocciole”, appena sfornati nel laboratorio di pasticceria del convento. Non possiamo non assaggiarli… In attesa che si raffreddino ci dedichiamo ai gattini che fanno di tutto per farsi coccolare da noi. Senza accorgercene siamo rimasti qui più di 3 ore e resteremmo ancora qui da tanto si sta bene, ma Saluzzo e la nostra host Christine ci aspettano prima di sera.
Il nostro secondo alloggio Airbnb è proprio nella zona alta del centro storico, nei giorni scorsi Christine ci ha gentilmente procurato un pass per la ZTL, ma noi, per non incasinarci nel dedalo di stradine strettissime, lasciamo l’auto a qualche distanza dall’appartamento e, trolley alla mano, ci incamminiamo.
La nostra stanza con vista è molto spaziosa e ben arredata, anche il bagno è grande e profumato, si sente il tocco francese della padrona di casa! Mentre ci riposiamo ne approfittiamo per chiamare uno dei ristoranti che avevamo visto in rete, i “Quatr taulin”, non è proprio vicinissimo ma ci permetterà di cominciare ad esplorare la città, oltre che di fare due passi.
Il menù, come avevamo letto nelle recensioni, è in piemontese, ma comprensibile anche da chi piemontese non è: finalmente assaggiamo i famosi ravioli del plin, Francesco prova anche la finanziera, un piatto tradizionale fatto da interiora, il tutto innaffiato da un buon Nebbiolo. L’attrazione del locale, che tutti i clienti vanno a vedere e fotografare, è una madia su cui sono esposti, ciascuno con il suo bel cartellino in evidenza, 50-60 tipi diversi di formaggi, alcuni veramente strani e dagli abbinamenti impensabili. Li assaggerei tutti ma il mio colesterolo schizzerebbe alle stelle …
Quando usciamo ripercorriamo in parte il percorso dell’andata, fra strade strette e spesso in salita: i locali sono ancora pieni di gente, questo paese, seppure piccolo ha un suo perché, e noi non vediamo l’ora di scoprirlo.
Mercoledì: ancora Saluzzo
Dopo una bella dormita siamo pronti ad affrontare una nuova giornata piemontese: la colazione di Christine, abbondante e ben servita sul tavolo del soggiorno, ci mette subito di buon umore, così come la spettacolare vista del Monviso innevato dalla terrazza di casa. Avete presente i buoni motivi per visitare Saluzzo? Questi due mi sembrano molto molto validi. Durante la colazione chiacchieriamo piacevolmente con la padrona di casa, davvero simpatica e gentile. Prima di colazione abbiamo prenotato on-line per le 11.15 la visita al castello della Manta, bene Fai a pochi chilometri da qui (un’altra buona occasione per visitare Saluzzo), quindi, usciti di casa, abbiamo tempo per un giretto in centro. Oggi è giorno di mercato e tante sono le bancarelle che si snodano lungo corso Italia e piazza Risorgimento.
La Manta è a 5 km da qui, lasciamo la macchina in un piccolo parcheggio e ci incamminiamo a piedi verso il castello. Costruito a scopo difensivo nel XIII secolo, il maniero fu donato, nel XV secolo dal marchese Tommaso di Saluzzo al figlio naturale Valerano, il quale, trovandolo alquanto disadorno, lo sottopose ad una grande opera di abbellimento. Lo stesso fece il cugino Michele Antonio, che fece costruire per se una nuova ala padronale. Nel XVIII secolo, con l’estinzione della casata Saluzzo della Manta, il castello cadde in rovina. Gli ultimi proprietari decisero di dare la proprietà in comodato d’uso al Fai, che dal 1984 ha provveduto al recupero ed alla gestione. La visita guidata inizia dalla grandissima cucina, per proseguire nella sala da pranzo, stanze della servitù, biblioteca, tutte con arredi originali e con la scritta Leit che si rincorre di parete in parete: è il motto di Valerano, guida della casata. Finalmente arriviamo al cuore del castello, la sala baronale, che da sola vale la visita: completamente affrescata negli anni 20 del 1400, su una delle 2 pareti lunghe il magnifico affresco della Fontana della giovinezza, che la guida ci racconta rendendolo ancora più realistico. Sull’altra parete sono raffigurati 9 prodi e 9 eroine, personaggi del poema cavalleresco scritto dal Marchese Tommaso III, papà di Valerano. Uomini e donne, riccamente vestiti, ricordano personaggi botticelliani. Sulle pareti corte abbiamo una nicchia che custodisce una crocifissione e un grandissimo caminetto su cui campeggia lo stemma di Valerano, con la V rovesciata in quanto figlio illegittimo. Senza togliere nulla alle altre, questa sala è la più spettacolare del castello: la bellezza e vivacità degli affreschi si accompagnano ad un forte senso di calore dato dai toni caldi della pittura e dalle ambientazioni silvane.
Un altro salone bellissimo è quello delle grottesche, voluto da Michele Antonio, nel secolo XVI, per non parlare di quello degli specchi, dove compare invece l’impronta dei Savoia. A fine visita ci godiamo il sole nel parco del castello, dominato da tanti alberi secolari e da una grandissima quiete. Cominciamo a pensare che non è poi così male fare vacanze fuori stagione, soprattutto con un clima mite e soleggiato come quello che ci sta accompagnando finora… speriamo che duri! Ultima cosa da visitare la chiesa, di recente riapertura, con un magnifico ciclo di affreschi sulla vita e passione di Gesù nella zona absidale, risalente sempre alla metà del 1400.
Mentre nei giorni scorsi cercavamo in rete informazioni sul castello della Manta, non ci è sfuggita la vicinanza del ristorante “La piola del Barbun”, con recensioni molto positive. Decidiamo quindi di andare ma oggi il nostro navigatore non è molto collaborativo e quando arriviamo il locale è in chiusura. Peccato, ci sarebbe piaciuto provarlo, soprattutto per scoprire che cos’è esattamente una piola… Niente paura, abbiamo già pronto un piano b: ritorniamo a Saluzzo e ci fiondiamo alla Vecchia Saluzzo provata ieri, come si dice “Squadra vincente non si cambia”. Questa volta io prendo un maxi toast, Francesco una crepes e per concludere un buonissimo caffè alla nocciola. Oggi non è previsto nessuno spostamento, abbiamo intenzione di approfondire la conoscenza di Saluzzo, anche grazie ad una guida della città fantastica e dettagliatissima che Christine ci ha consentito di portare con noi.
Cominciamo dal quartiere ebraico, poi la cattedrale a cui la guida dedica una decina di pagine, Corso Italia con i palazzi riccamente decorati ed i portici antichi. Ci inoltriamo poi nella città vecchia, tante stradine con balconi rigogliosi di piante e fiori, romantici lampioni e un’alternanza fra negozi artigianali e boutique raffinate ospitati in locali spesso bellissimi, con affreschi alle pareti. Una via attira la nostra attenzione: via Volta, detta dei Portici scuri, la cui origine risale alla fine del 1300. Grazie alla vicinanza con il castello, era qui che un tempo erano ubicate le scuderie. Al loro posto oggi troviamo negozietti molto curati ed una sfilza di bei ristoranti. Superiamo la casa natale di Silvio Pellico, poi saliamo ancora fino ad arrivare a casa Cavazza, antica dimora del sec. XV donata dal marchese Ludovico a Galeazzo Cavazza, vicario del marchesato. Acquistata nel corso del XIX secolo dai marchesi d’Azeglio, fu donata alla città di Saluzzo e trasformata in museo civico. Purtroppo è tardi per visitarla, la guida, ricca di spiegazioni, ci dice che nelle sue 15 sale visitabili sono contenute opere d’arte, manufatti ed arredi dal secolo XV al XVII.
Ancora una piccola ma piacevole salita ed eccoci davanti all’imponente castello, la Castiglia per i saluzzesi: costruito nel corso del 1200, fu più volte rimaneggiato ed abbellito, per poi cadere in rovina con la fine del marchesato. Dagli inizi dell’800 al 1993 fu sede del carcere, oggi ospita 2 musei multimediali, quello della civiltà cavalleresca e quello della memoria carceraria. Peccato essere arrivati tardi anche qui!
Davanti al castello la quattrocentesca fontana della Drancia da cui parte una delle vie più stupefacenti e meglio conservate che abbia mai visto, la Salita al Castello. Fulcro del potere civile e signorile nei secoli XV e XVI, la via è un susseguirsi di palazzi di fattura gotica, uno più bello dell’altro, simbolo dell’importanza ed opulenza del Marchesato. Cominciando dal Palazzo della Zecca, dall’immancabile color rosso cotto, continuando con quello del Comune dove appaiono ancora, seppur sbiaditi, affreschi risalenti al 1600, per proseguire col Palazzo delle Arti, antica scuola del Marchesato. Al termine della salita, sulla sinistra, la Casa bassa dei Marchesi, dove Tommaso III si trasferì a fine 1300 in occasione dei lavori di ampliamento del castello. Sull’angolo opposto, una bellissima insegna in ferro battuto del bistrot pub la Drancia. Alcuni di questi palazzi sono ancora adibiti ad abitazioni civili, altri sono sede di uffici, studi ed associazioni varie. Quanto darei per poter entrare e vedere gli interni!!!
Certo che la guida di Christine ci è stata veramente utile per scoprire tutti i segreti di questo paese piccolo ma molto vivace. Tutte le persone con cui abbiamo parlato ci hanno detto che in passato Saluzzo era ancora più viva e ricca: 2 teatri, 3 cinema, un conservatorio, l’ospedale, tantissimi bar, ristoranti, negozi sono tanta roba per una cittadina di 13 mila abitanti!!! I fasti del Marchesato hanno avuto una durata temporale inaspettatamente lunga. Prima di cena torniamo a casa, pensando a dove cenare in questa ultima serata: durante il nostro giro pomeridiano abbiamo incontrato tanti ristoranti ed un’idea ce la siamo fatta. Prenotiamo quindi alle “Quattro stagioni d’Italia”, e all’orario previsto ci presentiamo. La location dall’esterno è molto scenografica, con una bellissima coreografia autunnale fatta di tralci di vite, zucche e tante bottiglie colorate.
Giovedì: alla scoperta delle Langhe
Anche oggi su Saluzzo splende il sole: la nostra colazione, sempre ottima è anche un po’ triste perché dobbiamo lasciare questo delizioso paesino, non prima di aver fatto ancora due chiacchiere con Christine ed il marito. La vista del paese circondato dalle montagne innevate è una delle cartoline più belle di questo viaggio. Comunque bando alla malinconia, abbiamo ancora 3 giorni a nostra disposizione e tanti posti magnifici da vedere.
Cominciamo con Pollenzo, antica colonia latina risalente al II sec. a.C.: di quell’epoca sono stati riportati alla luce numerose vestigia, il foro, il teatro, l’anfiteatro ed una necropoli. In quella che è la piazza principale si fronteggiano la chiesa neogotica di San Vittore ed il castello, di origine trecentesca ma fatto ricostruire nell’800 da Carlo Alberto assieme al complesso dell’Agenzia, ovvero la sede amministrativa delle tenute reali. Oggi l’Agenzia, dopo nuove ristrutturazioni, ospita l’Università di scienze gastronomiche dove confluiscono studenti da ogni parte del mondo. Nelle sue cantine ha sede la Banca del vino, nata da un’idea di Carlin Petrini negli anni 90: suo intento è quello di creare una memoria storica del vino italiano di qualità, attraverso la conservazione e l’invecchiamento corretto per poter diffondere la cultura del vino, una delle eccellenze d’Italia e di questa terra in particolare. La banca del vino è un vero e proprio museo e scrigno della produzione vinicola italiana, da nord a sud, fatta di vini famosi e blasonati ma anche di quelli di nicchia altrettanto buoni.
Lasciata Pollenzo proseguiamo verso il cuore delle Langhe fino a raggiungere Barolo: lungo la strada un magnifico paesaggio fatto di vitigni a perdita d’occhio e di tante cantine dove si produce il re dei vini, come è chiamato il Barolo. Il borgo è veramente piccolo e dominato dal castello dei conti del Carretto, oggi sede del WIMU (museo del vino) e dell’enoteca regionale del Barolo. Prima di intraprendere qualsiasi visita cerchiamo un luogo in cui pranzare e lo troviamo da “Easy cosy”, piccolo ristorante dove assaggiamo per la prima volta la carne cruda, bevendo 2 bicchieri di un Barolo costosissimo ma eccezionale. Il WIMU decidiamo di non vederlo, non siamo poi così appassionati di enologia e vorremmo dedicare il pomeriggio alla visita di altri paesi. Lo stesso discorso vale per il “Museo del cavatappi”, annesso ad una enoteca ben fornita: francamente pensiamo di non fare torto a nessuno a non visitarlo. Dopo un passaggio all’enoteca regionale risaliamo in macchina con direzione Dogliani.
Questo è l’unico borgo che ci ha deluso, sarà che siamo arrivati in un orario da “siesta” ed in giro non c’era nessuno, sarà che non siamo saliti fino al castello, in cima alla collina, comunque i magnifici paesaggi ci hanno ripagato della delusione. Monforte invece ci è piaciuta molto. Saliamo per le ripide stradine fino a raggiungere la torre civica in cima al paese, il romano Mons fortis. Di fronte alla torre l’auditorium Horszowski, dall’acustica perfetta, dedicato al pianista che nel 1986 ha tenuto il concerto di inaugurazione del “Monforte jazz festival”, che si svolge ogni estate. Affacciandoci al belvedere super panoramico, un enorme oggetto rosso attira la nostra attenzione: è la panchina gigante del progetto “Big bench”, corriamo subito a vederla! Nate da un’idea di Chris Bangle, designer americano stabilitosi da queste parti, le panchine giganti sono diventate ben presto Big bench community project, iniziativa no profit per attirare l’attenzione turistica sui paesi di Langa oltre che per dare lavoro all’economia e all’artigianato locali. Attualmente le panchine sono 121, disseminate su tutto il territorio: organizzare una specie di caccia al tesoro che culmina con la scalata alla panchina di turno sembra diventato uno sport molto popolare e divertente.
Con l’aiuto di uno scalino a forma di barile anche noi guadagniamo la grande panchina rossa, sentendoci veramente piccolissimi. Baciati dal sole, davanti ad un paesaggio bellissimo, chi ci sposta da qui? Proseguendo poi la nostra camminata ci imbattiamo in un negozietto, “Le bancarelle di Elisa”, dove compriamo crema di nocciole e biscotti sempre alla nocciola: davvero buoni entrambi. Ultima sosta alla chiesa neogotica della Madonna della neve, risalente al 1912.
Di nuovo in macchina, siamo pronti per l’ultima sosta di giornata a La Morra, che, trovandosi ad una altezza di 500 metri s.l.m. gode di una vista superba su tutti i borghi circostanti. Su Piazza Castello, dove spicca una giostra per bambini, si apre il belvedere più famoso delle Langhe. Cerchiamo le indicazioni per la Cappella del Barolo, ma dopo un po’ le perdiamo: siamo abbastanza stanchi e ad Alba ci aspetta il check in nel nostro nuovo alloggio, quindi risaliamo in auto. Il bello di questi paesi è che sono tutti vicini (e ben segnalati) e, essendo stati aboliti quasi totalmente i semafori, in pochi minuti si riesce ad arrivare da un posto all’altro.
Il nostro host Daniele ci aspetta sulla porta di casa, in una via molto centrale di Alba: è un tipo super vulcanico, nel giro di pochi minuti, mentre ci mostra l’alloggio dandoci tutte le istruzioni per l’uso, ci elenca anche tutta una serie di ristoranti per pranzo e cena, oltre che di posti da visitare. Tanto di cappello alla giovialità ed ospitalità piemontese! L’appartamento è davvero microscopico: avete presenti quelli dell’Ikea, dove in pochi mq fanno stare tutto, dal salotto al ripostiglio? Eccolo qui, 29 mq. di super funzionalità: la libreria si trasforma in letto, una tenda divide la zona notte dalla cucina super attrezzata e nel bagno, piccolissimo, c’è anche la lavatrice! Siamo ad Alba, ma questo appartamento è talmente perfetto e ben organizzato che potremmo benissimo essere anche a New York od in qualsiasi altra metropoli.
Dei consigli gastronomici di Daniele approfittiamo subito, dirigendoci verso l’Osteria dei sognatori, un locale molto tipico nel centro della città. Qui non si prenota telefonicamente, si arriva, ci si mette in lista e si aspetta, fortunatamente non molto, nel nostro caso. Io scelgo di provare i tajarin, altro piatto della tradizione locale, molto buono. Tornando a casa dopo cena troviamo ancora del movimento, nonostante non sia presto. Bene, anche il soggiorno ad Alba si apre nel migliore dei modi.
Venerdì: di paese in paese
Oggi ci svegliamo un po’ più tardi del solito e facciamo colazione al bar. La nostra idea è di raggiungere Canelli per visitare una delle cattedrali sotterranee, cattedrali del vino, si intende. Chiamiamo la cantina Bosca ma scopriamo che le visite guidate sono state sospese, pazienza, dedicheremo la giornata alla scoperta dei tanti paesini, non c’è che l’imbarazzo della scelta! Via quindi verso Barbaresco per la strada che ci ha consigliato il vulcanico Daniele, bellissima, con vigneti a perdita d’occhio. In 20 minuti arriviamo a destinazione, in un paese che conta più cantine che case. In cima al borgo spicca la torre duecentesca, dal cui basamento si gode di una bella vista sul fiume Tanaro. Entriamo anche nella Enoteca regionale del Barbaresco che ha come location la chiesa barocca di San Donato. La cantina più famosa del paese é Gaja, produttrice di vini di grande qualità dei quali però non troviamo neanche una bottiglia nelle enoteche del paese.
Il borgo successivo, Neive, è il paese dei 4 vini, barbaresco, barbera, dolcetto e moscato. Ha l’aspetto di una chiocciola, con le vie che si inerpicano attorno alla piazza principale, piazza Italia, con bei palazzi fra cui la Casa della donna selvatica, la cui visita è compresa in un tour guidato del centro prenotabile presso l’ufficio turistico. Sulla piazza si concentrano anche la maggior parte dei ristoranti, tutti con un menù abbastanza simile. Noi scegliamo l’”Osteria del borgo vecchio”, i cui tavoli, con la classica tovaglia a quadri bianchi e rossi sono disposti sotto un antico loggiato: io mangio antipasti freddi, Francesco il brasato, 2 generosi bicchieri di Barbaresco, un bonet e la torta alle nocciole.
Dopo pranzo vorremmo visitare l’antica Cantina del glicine, risalente al 1600, ma in questo periodo è necessario essersi già prenotati, quindi niente da fare. Gironzoliamo per il paese, ammirando palazzi signorili, caseforti, chiese e la torre comunale dell’orologio. Entrando e uscendo dalle tante enoteche, compriamo anche qualche bottiglia di vino, come non farlo, da queste parti? Tornando verso Alba ci imbattiamo in un centro commerciale e ne approfittiamo per fare un po’ di spesa per la colazione ed acquistare anche qualche prodotto locale da portare a casa.
Oggi c’è l’inaugurazione della fiera del tartufo, giunta alla 90° edizione: lo capiamo dal traffico lungo i viali di circonvallazione. Mettiamoci pure il cuore in pace sulla possibilità di trovare un parcheggio dalle parti di casa… poco male, facciamo un’ulteriore passeggiata che ci porta davanti agli stabilimenti industriali più dolci del mondo, quelli della Ferrero, mamma della Nutella (oltre che di tanti altri prodotti dolciari buonissimi). A tale proposito, prima di arrivare qua ci siamo informati sulla possibilità di visite guidate allo stabilimento ed acquisti nello spaccio aziendale: niente da fare.
Una volta a casa, dopo un po’ di riposo, prenotiamo al “Gusto madre”, una pizzeria molto elegante vicino al centro. Quando usciamo ne approfittiamo per una passeggiata suggestiva nelle vie e piazze principali. Domattina penseremo ad una visita più approfondita.
Sabato: fra le vigne di Grinzane
Stamattina facciamo colazione nel nostro appartamentino poi, a piedi, raggiungiamo il centro di Alba, irriconoscibile da tanto è affollato. Il corso Vittorio Emanuele II pullula di bancarelle, mentre una lunga fila di persone aspetta di entrare nel cortile della Maddalena per la fiera annuale del tartufo. Noi ci dirigiamo verso la cattedrale di San Lorenzo, che spicca in tutta la sua bellezza gotico-lombarda su piazza Risorgimento. Al suo fianco, la casa natale di Beppe Fenoglio, autore del “Partigiano Johnny” ed altri romanzi ambientati durante la Seconda guerra mondiale. In particolare “I 23 giorni della città di Alba”, 12 racconti che ricordano il breve periodo dell’autunno 1944 in cui la città si proclamò Libera Repubblica partigiana.
“Johnny pensò che un partigiano sarebbe stato come lui, ritto sull’ultima collina, guardando la città, la sera della sua morte. Ecco l’importante: che ne rimanesse sempre uno”. Queste sono le parole di Fenoglio incise sul monumento realizzato dallo scultore Umberto Mastroianni per il 50° anniversario della Repubblica di Alba.
Dopo la Cattedrale è la volta di via Mazzini e delle sue torri e case-torri: un tempo erano più di 100, molte delle quali abbattute o abbassate o incorporate agli edifici. Quella più iconica è la torre Astesiana, proprio all’imbocco della via, anche le altre comunque non sono da meno. Ogni locale, bar, pizzeria è pieno di gente e francamente non abbiamo voglia di contatti troppo ravvicinati, quindi compriamo focacce in un forno e ce le mangiamo in una piazzetta tranquilla e defilata. Prima di lasciare Alba non possono mancare acquisti di cioccolatini e baci di dama, nonché un caffè preso al volo in un bar molto elegante che ricorda tanto quelli di Torino.
Recuperata l’auto raggiungiamo Grinzane Cavour, altro piccolo borgo dominato dall’imponente castello, dove visse lo statista sabaudo, che fu anche sindaco di questo paesino per ben 17 anni. Il castello è veramente grandioso ed è sede dell’Enoteca regionale piemontese, la prima sorta in regione, del museo delle Langhe, di un ristorante e di un bar. Oltre che un grande statista, Camillo Benso è stato anche un viticoltore lungimirante: avvalendosi della consulenza di enologi famosi, avviò nelle sue cantine un processo di trasformazione che portò il vino Barolo da vino fermentato all’eccellenza odierna. Grazie agli ottimi risultati conseguiti, venne nominato Ministro dell’agricoltura del governo piemontese.
È proprio in questa magnifica sede inoltre che si svolge ogni anno l’asta mondiale del tartufo bianco d’Alba, dove compratori disseminati in tutto il globo si aggiudicano per cifre stratosferiche i famosi bulbi. La giornata è talmente bella che ci stendiamo sul prato a goderci i raggi di questo tiepido sole ottobrino. La visita si conclude con una romantica passeggiata fra i filari della vigna storica. Rientrati ad Alba cominciamo una lunga ed infruttuosa ricerca di un ristorante in cui cenare: dopo un pellegrinaggio alquanto infruttuoso compriamo 2 pizze che mangiamo nel nostro appartamento.
Domenica: addio Langhe
È incredibile come passi veloce il tempo quando si sta bene! Purtroppo siamo arrivati alla fine della nostra settimana di vacanza nelle dolci Langhe.
Per avere bene impressi nella memoria i colori di questa terra, decidiamo di concludere con un ultimo tassello tutto colorato, la Cappella della Madonna delle Grazie, conosciuta da tutti come Cappella del Barolo: proprietà della famiglia di viticoltori Ceretto, fu restaurata negli anni 90 e dipinta all’interno da David Tremlett, all’esterno da Sol Lewitt. La cappella si trova fra Barolo e la Morra e non è visibile dalla strada: per arrivarci occorre parcheggiare l’auto e proseguire a piedi per un paio di km (in salita) fra i vigneti, ma la fatica, se di fatica si può parlare, è ampiamente ripagata dall’esplosione di colori che ci accoglie all’arrivo!
Con questa ultima istantanea lasciamo il Piemonte, contenti di essere venuti in questa terra laboriosa, dove le montagne innevate fanno da cornice alle colline che l’autunno colora splendidamente, dove si mangia bene e si beve meglio. Il nostro breve viaggio ha lasciato indietro tanti altri paesi, piccoli e grandi, vedere tutto sarebbe stato un inutile tour de force ma, soprattutto, non ci avrebbe fornito un motivo per ritornare.