Slow Tour in Friuli

Tra vigne, rovine romane e ricordi della Grande Guerra
Scritto da: gp.elena
slow tour in friuli
Partenza il: 03/04/2010
Ritorno il: 07/04/2010
Viaggiatori: 3
Spesa: 500 €
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Sabato mattina. Finalmente si parte: controlliamo il set di bagagli e a bordo della fedele Picasso imbocchiamo la Torino-Milano, destinazione Friuli! Il viaggio scorre senza intoppi, oltrepassiamo la temibile tangenziale milanese e all’ora di pranzo siamo a Soave. Breve sosta in un parcheggio tranquillo ai piedi della cinta muraria medievale per sgranocchiare i nostri panini e poi ci concediamo una passeggiata nella tranquilla via centrale. I leoni di San Marco annunciano che questa era la terraferma di Venezia: le evocazioni dell’Adriatico si avvicinano.

Da Gradisca svoltiamo per Dolegna del Collio, dove ci aspettano Sabrina, la proprietaria del bed and breakfast “Il Girasole”, un’antica caserma del Comando Asburgico, ad un chilometro dal confine con la Slovenia. Tutto attorno le rinomate vigne del Collio, boschi, campi coltivati e casette immacolate.

Visto che è ancora presto per la cena andiamo a Palmanova, antica fortezza costruita dai veneziani per difendersi dagli eserciti di terra provenienti da Est. La cittadina è costruita come una stella perfetta, con al centro la piazza centrale, costituita da un’oasi di ghiaia finissima da cui si controllano le tre porte principali. Saliamo sopra ai bastioni, ma la struttura geometrica ci sfugge ancora. Bisognerebbe essere degli uccelli per librarci in alto. Rientriamo a Dolegna e, su consiglio di Sabrina, ci rechiamo a cena all’agriturismo “La meridiana”, a pochi passi dal nostro alloggio. Affettati, gnocchi al ragù e verdure per una cena sostanziosa e naturale. Pochi passi e ci infiliamo sotto le coperte, per un sonno ristoratore.

Domenica di Pasqua

Oggi è Pasqua e andremo a visitare Trieste. Lasciata l’auto al parcheggio della stazione ferroviaria, ci dirigiamo verso il lungomare, costeggiando gli edifici fatiscenti delle Dogane. Dopo poco, eccoci camminare sulla riva dell’Adriatico! Trieste si affaccia sul mare con un fronte di palazzi di fine Ottocento – primi Novecento per ribadire la sua doppia indole commerciale e signorile. Dal lungomare si apre uno specchio d’acqua – Il Canal Grande – che termina di fronte ad una chiesa dalle forme di Pantheon. Nelle vicinanze ci imbattiamo nella statua di James Joyce, che proprio qui aveva vissuto. Poco oltre gli tiene compagnia Umberto Saba. Dalle vie commerciali della città portuale saliamo verso la Trieste più antica, costeggiando il teatro romano diretti verso il colle di San Giusto. Qui ci sono il castello, le rovine della basilica romana, il monumento ai caduti e la cattedrale di San Giusto con il suo interno di mosaici e il campanile romanico piantato solidamente a fianco della chiesa. Scendiamo verso il mare per un’altra via e costeggiamo la chiesetta di San Silvestro, un altro piccolo gioiello romanico. Infine, dulcis in fundo, arriviamo alla piazza più famosa di Trieste (e una delle più belle d’Italia): Piazza dell’Unità, circondata su tre lati da scenografici palazzi di fine ottocento e affacciata sul mare per il restante quarto. Il nostro consiglio è di percorrere il Molo Audace, poco lontano, per osservare la città dal mare, come appariva a chi ci arrivava per nave.

Tempo di uno spuntino in riva all’Adriatico e usciamo da Trieste diretti alla Foiba di Basovizza. Nel giro di pochi chilometri il paesaggio cambia completamente., passando dai vasti orizzonti marini alle boscaglie fitte e irte di spine del Carso. La foiba è individuata da una struttura dalle forme di patibolo e un grande tombino di acciaio che chiude la forra, come a voler trattenere gli incubi della storia. Un piccolo centro di documentazione ed una spianata spoglia e battuta dal vento completano la sensazione di cupo dolore.

Per riacquistare brio puntiamo a Miramare. Conviene lasciare l’auto lungo la via litoranea e concedersi una passeggiata, per non rimanere imbottigliati dal parcheggio a pagamento del castello. Quest’ultimo si nasconde dietro una costiera di roccia, ma infine si scopre splendido a picco sul mare, circondato da un parco verdissimo e molto tranquillo. E’ tardi e siamo un po’ stanchi, rinunciamo alla visita e rientriamo a Dolegna. Per cena nuovo giro alla Meridiana, e poi a dormire!

Lunedì di Pasquetta

Le ultime gocce della pioggia notturna ci lasciano appena parcheggiamo l’auto vicino al campo sportivo di Aquileia. Costeggiamo i resti del porto fluviale di questa antichissima città, costruita dai Romani e distrutta dagli Unni (e dall’interramento del porto). Sulla pianura spicca il campanile della Basilica dei Patriarchi, che custodisce un pavimento a mosaico di una bellezza sbalorditiva. Camminiamo su di una superficie di vetro a mezzo metro dal pavimento originale per poter ammirare e fotografare con tutta calma questa meraviglia. Consigliamo di visitare le due cripte: quella degli affreschi è raccolta e suggestiva, mentre la cripta degli scavi custodisce un’altra serie di mosaici sbalorditivi.

Usciti dalla Basilica ci dirigiamo al sepolcreto. Mezz’ora di camminata, un sentiero tra gli orti e troviamo tre tombe romane, immerse tra serre e frutteti. Non sappiamo decidere se è valsa o meno la pena della camminata, finché, tornando verso l’auto per un percorso diverso, non costeggiamo le rovine del foro romano che altrimenti non avremo visto. Quindi, alla fine, la deviazione è stata molto fruttuosa ed istruttiva. Da Aquileia a Grado ci sono pochi chilometri di strada. Grado è una cittadina con un cuore antico, fatto di calli, piazzette e chiese antiche, e un contorno fatto di secondo case e alberghetti. Una visita alla basilica romanica e al vicino battistero, due passi nelle calli e poi siamo al porticciolo dell’Isola della Schiusa, pronti all’imbarco per l’isola di Bardana sulla motonave dei “Motoscafisti Gradesi”.

L’Isola di Bardana è famosa per il suo santuario mariano, che, assieme alle sue dipendenze, è anche l’unica costruzione nell’isola. Una chiesa bianca, una raccolta di ex voto a soggetto lavorativo – naufragi, scontri di auto, cadute da carri ed impalcature – le celle dei monaci ed un giardino tranquillo dove aspettare che la motonave torni a prenderci. E’ Pasquetta, in giro ci sono tanti Gradesi che vengono qui a trascorrere il pomeriggio della festa in santa pace. Dalla motonave si osserva l’ambiente della laguna di Grado, la più incontaminata del litorale adriatico. Banchi di sabbia, canali delimitati da pali, isolette dove i gabbiani nidificano indisturbati. Da Grado dirigiamo lungo lalaguna verso Monfalcone per godere ancora un po’ della natura di questi luoghi, e in un attimo siamo nuovamente a Dolegna. Ci aspettano alla Meridiana per la cena!

Martedì

Cividale del Friuli è una antichissima cittadina, ricca di reperti e ricordi longobardi. Il modo giusto per iniziare la visita è valicare il ponte del Diavolo,a strapiombo sul torrente Natisone. Il colpo d’occhio sui campanili e i belvedere della cittadina è fenomenale. La via principale di Cividale taglia in due la cittadina, dal Ponte del del Diavolo fino alla villa-castello sul lato opposto della città. Si incontrano piazzette amene, palazzi e case medievali. Il gioiello della vista è il “tempietto longobardo”, custodito all’interno di un monastero sulle rive del Natisone. In uno spazio ristretto si trovano un coro ligneo, un altare in pietra circondato da colonne in marmo e fasce decorate a bassorilievo. L’arte “barbarica” comunica ingenuità e potenza. Non bisogna tralasciare, terminata la visita, di affacciarsi sul belvedere che domina il Natisone, a poche decine di metri dal Ponte dal Diavolo. Nel sole splendente scintillano le acque del torrente e le montagne della vicina Slovenia, ancora ricoperte di neve.

Da Cividale risaliamo il Natisone, diretti proprio in Slovenia. La strada si snoda per boschi e prati, Entriamo in Slovenia al valico di Stupizza, superando posti di frontiera ormai abbandonati. Pochi chilometri e siamo a Caporetto,un paesino collocato in una grande piana alla confluenza di due valli. Caporetto è tristemente nota per la famosa battaglia della Prima Guerra Mondiale, ricordata da uno dei Musei più completi sull’argomento. Noi ci concediamo la passeggiata dal centro del paese fino all’Ossario di guerra: mezz’ora di camminata in un bel bosco, fino in punto ad un dosso che domina il fondovalle.

In un mausoleo cullato dalle cime di Matajur e Monte Nero sono sepolti trentamila soldati. Siamo sulle rive dell’Isonzo, dove sono state combattute dodici furiose battaglie per conquistare pochi metri di terreno. Per rientrare in Italia seguiamo la via più naturale: il corso dell’Isonzo, che ci porterà a Gorizia; il fiume è una striscia blu e verde che occhieggia tra gli alberi, un invito alle gite in canoa e kayak.

Rientriamo in Italia a Gorizia, dove la valle si apre verso le pianure del Friuli. Saliamo fino al borgo del castello, nucleo di case in posizione strategica e panoramica. Sulle mura si incontrano prima l’aquila degli Asburgo e poi il Leone di San Marco, a ribadire ancora che questa era ed è terra di frontiera.

Una passeggiata in centro a vedere le cupole a cipolla della Chiesa di Sant’Ignazio e siamo in moto per l’ultima meta del giorno: Redipuglia.

Centomila caduti sepolti sotto una immensa scalinata, sulla quale è ripetuta fino all’ossessione la parola “Presente”. Saliamo fino al colmo dell’Ossario, dominato da tre croci, a simbolizzare l’immenso martirio di chi è sepolto qui. Non ci sono parole per esprimere lo spaesamento davanti ai numeri, ai nomi, al dolore di questo luogo.

Per fortuna il sole ancora alto e splendente ci rallegra un poco, sulla strada del ritorno. E’ l’ultima sera che passiamo in Friuli; la Meridiana è chiusa e quindi, sempre su indicazione di Sabrina, andiamo a mangiare in una osteria a Mernicco, a pochi chilometri da Dolegna, dove faremo (farò..) il pieno di selvaggina e anatra arrosto. Così, domani, non ci resterà che partire per tornare a casa.



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