Insolito viaggio circolare Friuli-Slovenia-Friuli d’inverno
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Abbiamo scelto di partire nella prima settimana di gennaio: pare che non lo faccia nessuno, eravamo infatti i soli turisti. Anche la direzione del nostro itinerario circolare, probabilmente, è stata diversa dai viaggi consueti, perché, spesso, i segnali stradali che indicavano gli agriturismi erano… al contrario! Arrivavamo sempre dall’altra stradina, sempre quella più piccola e meno segnalata. Ma il nostro navigatore, con la voce di Moana, ci ha sempre portati a destinazione. Beh, quasi! Comunque, non c’è come perdersi per trovare tante cose nuove.
Friuli e Slovenia si sono parlati poco in passato, pur essendo territori vicinissimi, ancora oggi pochi parlano la lingua italiana al di là della frontiera, ma è stato interessante vedere le differenze e le somiglianze, dai tetti delle case alle colture, dai vitigni alla gastronomia, dall’arte alla natura.
Abbiamo scoperto il bel carattere degli Sloveni, visto il loro mondo organizzato, semplice, gentile, silenzioso … molto diverso dal nostro ma, proprio per questo, affascinante ed esotico.
Abbiamo speso poco, rispetto ai giorni di viaggio, distanze, qualità dei servizi.
Non abbiamo avuto alcun problema, alcun disservizio. Pur senza programmare, abbiamo visitato tantissimo. Consigliamo questo viaggio per tutte le quattro stagioni. Ma il nostro è stato “speciale”.
1° giorno – 1 gennaio 2013
Partire alle ore 6.30 del primo gennaio, da Milano o da qualsiasi altro posto, è come partire il giorno dopo … la fine del mondo: in strada, non c’è nessuno. Che siano i Maya… ad effetto ritardato?
No, basta stare attenti ai resti dei “botti” di Capodanno, sull’asfalto, facendo slalom per imboccare l’autostrada, col telepass.
Poi, in autostrada, bisognerebbe mettere una colonna sonora californiana, da “Easy Rider”, perché la strada è un nastro argentato, deserto …
Perfino il caffè del primo autogrill è diverso dal solito.
La nostra prima meta è stata Aquileia, e l’uscita di “Palmanova” è stata imboccata dopo sole quattro ore di viaggio, pur rispettando il limite di velocità (il nostro navigatore non ce lo permette, mai!). Ci dirigiamo a Cervignano per la nostra meta: l’agriturismo “La Rosta”, ma cartelli non se ne vedono, e dobbiamo telefonare ai gestori per farci indicare la strada … ma alla fine arriviamo dalla direzione che nessuno si aspetta e parcheggiamo. E’ una tenuta agricola, coltivata a vitigni. Le camere (Euro 31 a testa, in matrimoniale con bagno, e prima colazione) sono accoglienti, senza strafare, arredate in quello che loro definiscono “stile rustico” (vedere il loro sito!). Già eravamo certi di cenare splendidamente, ma… pur avendo prenotato, purtroppo, né per fax e né per telefono ci avevano avvisato che il ristorante era chiuso, dato che avevano lavorato “duramente” per il cenone di Capodanno, con molti clienti. Peccato, veramente peccato, perché il loro menu sarebbe stato entusiasmante (ad esempio: frico con polenta, tortelli al ragù d’anatra, salumi fatti con la carne dei due maiali che “sacrificano” ogni due settimane, lumache, dolci casalinghi). Nei 45 minuti che siamo stati lì per depositare i bagagli in camera, saranno arrivate altre 3 o 4 auto, e le persone, deluse di trovare chiuso il ristorante, ripartivano, per cui riteniamo che ci si debba mangiare bene. Delusi anche noi, siamo andati a visitare i monumenti. Per conoscere Aquileia antica è indispensabile muoversi a piedi, facendo delle tappe obbligate per la visita ai musei Archeologico e Paleocristiano, oppure per visitare le principali aree di scavo e soprattutto per ammirare la Basilica di Aquileia, di forme romanico-gotiche, con il più grande pavimento a mosaico paleocristiano del mondo occidentale. Molto ben realizzato, con disegni di animali e divinità. Basterebbe quello solo a ripagare del viaggio per arrivare fin qui! Siamo andati anche nella cripta, a vedere gli affreschi e gli oggetti (reliquari, per lo più) che custodisce (euro 3). Per pranzo, abbiamo posato le non stanche membra nel bar Cjapitul che si affaccia sulla basilica, che prepara panini sufficientemente buoni ma mediamente costosi (beh, è sul sagrato, praticamente). Però, il loro vino rosso, a bicchiere, è eccellente, è un Cabernet Frank (costo panini e vino, euro 10 a testa). Il Museo Archeologico nazionale ha reperti lapidei (statue, iscrizioni, bassorilievi, ecc), oggettistica d’epoca romana (vetri, bronzi, terrecotte, pietre incise, ecc), numismatica aquileiese sia romana che medievale, ma dato che chiude all’ora di pranzo, è stato necessario attendere. Poi, però, la visita vale la pena (euro 4). Del resto, non sono molti i musei al mondo aperti il primo gennaio, che, per di più, cade anche di lunedì! Siamo stati fortunati. La loro collezione, di altri mosaici, tombe, statue, urne funerarie è ricca e molto bella. D’accordo, siamo italiani… e quindi abbiamo già visto tanti manufatti d’epoca romana, ma qui hanno collezioni di gioielli con pietre dure, di monete, di urne da fare invidia a Roma.
Dato che il tempo era bello, ripresa l’auto siamo andati a vedere la cittadina di Grado, con un centro storico grazioso, a pochissima distanza. Ma la particolarità di Grado è che è circondata da nebbiose paludi, raggiungibile da una striscia di strada asfaltata. Curioso, sembrava di essere su uno stretto “ponte” con il nulla di fianco, dai due lati, per via della nebbia. Nel centro storico, abbiamo parcheggiato, pagando 1 euro. Non sembrano esserci spazi di parcheggi gratuiti; forse per incoraggiare l’uso dei mezzi pubblici? Grado ha un centro pedonale abbastanza vasto, quindi abbiamo passeggiato su e giù. Ad un certo punto, siamo saliti sulla massicciata che orla il mare. Composta da enormi pietre, probabilmente in estate è meta di bagnanti, con i loro asciugamani colorati. In inverno e con il mare calmo, invece, è stato suggestivo NON vedere e NON sentire il mare, che era a soli due metri da noi, a causa della fitta foschia. Tra l’altro, anche i rumori erano attutiti e le onde, proprio, non le abbiamo sentite. Tutto era inverno.
Siamo andati a cena, come fuori programma, a Palmanova, tanto per cambiare. Passeggiando, abbiamo ammirato la sua geometrica piazza centrale, con le luci della notte e degli addobbi natalizi. Molto, molto elegante, classica. Abbiamo cenato all’unico ristorante che abbiamo trovato aperto, Al Gambero (Via Scamozzi 2), ma la fortuna ci ha accompagnato, perché il cibo era piuttosto buono. Scelto un menu friulano, poi abbiamo preferito concludere in bellezza con dolci provenienti dal territorio napoletano di Mattinata… come i gestori. Beh, se il Friuli fosse famoso per i suoi dolci, e non è così…. avremmo scelto una torta “gubana”.. Il costo è stato di 104 euro… Rientrati all’agriturismo, abbiamo pernottato nel totale silenzio della campagna e nel tepore del riscaldamento. Eravamo gli unici ospiti, del resto.
2° giorno – 2 gennaio 2013
La prima colazione è stata sufficiente, ma era costituita solo da prodotti dolciari confezionati. Beh, la marmellata era fatta in casa. Abbiamo assaggiato il vino che producono, dal vitigno “refosco dal peduncolo rosso”, un grappolo che ha un curioso peduncolo arricciato di color rosso, tipico locale. Beh, non è facilissimo assaggiare al mattino presto un vino, a meno di essere friulani o almeno trentini… però ci siamo sforzati. Quindi… abbiamo acquistato un boccione da 5 litri del suddetto Refosco, a 10 euro. Il loro vino si è aggiudicato numerosi premi. C’erano anche verdure dell’orto, ma dato che ci attendevano ancora giorni di viaggio, non potevamo conservarle dopo l’acquisto, peccato. E neanche ci potevano vendere i loro deliziosi salumi, perché li avevano già… venduti tutti. Urca! Con la storia del “riposo al primo di gennaio” ci è stato tutto negato: la cena, la degustazione di dolci casalinghi, dei salumi, perfino il loro acquisto, a parte il vino che è sempre disponibile nella botte… Dovremo tornare!
Sistemati i bagagli ed il vino, siamo ripartiti. Per raggiungere la Slovenia avevamo due opzioni : il valico di Trieste, più scontato, e quello di Sempeter, dove il traffico sarebbe sicuramente stato minore. Cosa pensate che abbiamo scelto? Ovviamente, abbiamo impostato il navigatore verso il secondo, abbandonata allegramente l’autostrada. Entrando, bisogna pagare la vignetta, un adesivo da mettere sul vetro anteriore. Quello settimanale costa 15 euro, attenti a non comprare vanamente l’altro, quello mensile e più costoso. Ogni volta che abbiamo visto un casello, ci è bastato usare la “porta” con l’indicazione vignette, e siam passati. Offre una certa soddisfazione, vedere che funziona.
Il tempo iniziava a peggiorare, ma la nostra destinazione slovena era Postojna (Postumia), quindi se anche avesse piovuto, non avrebbe avuto effetti. Beh, avevamo anche tenuto presente che se ci fosse stato bel tempo, avremmo potuto valicare il confine a Trieste, e quindi visitare il villaggio suggestivo di Piran sulla costa slovena (ma solo se ci fosse stata una giornata di sole, valeva la pena pranzare in un ristorantino sul mare!), poi dirottarci sull’allevamento di cavalli a Lipica (ma solo se ci fosse stato il programma di allenamento dei cavalli, e non solo la visita delle stalle). Verificato però che pioveva e che in gennaio lo show non viene effettuato, siamo andati diretti a Postumia, dal valico Sempeter. Arrivati, obbligatorio parcheggio a pagamento, ma custodito: una marea di auto e pullman turistici, di ogni nazionalità (costo euro 3,50… ). Il biglietto costa euro 27,90 e include anche la visita al castello di Predjana, ma li vale tutti. Il percorso nelle grotte dura quasi 1 ora e tre quarti. Ogni stagione ha i suoi rigidi orari di ingresso, è consigliabile quindi conoscerli, per non aspettare troppo a lungo o arrivare tardi, magari di poco. In gennaio, ad esempio, si entra solo alle ore 10, 12, ed infine alle ore 15. Va beh, ci sono negozi e ristoranti o self service, per ingannare l’attesa, ma c’è tanta gente, bagni compresi. La visita inizia con qualche chilometro di grotta suggestiva, percorsa a bordo di un trenino, poi continua con un chilometro e mezzo a piedi, e si conclude con un rientro in trenino nello stesso punto dell’ingresso. La guida è anche in lingua Italiana, ed ha un microfono per via dell’elevato numero di persone. Il percorso è completamente bagnato, ma non si scivola affatto; piuttosto, dato che fuori stava piovendo, sulla testa ci arrivavano goccioloni gelati. Che dire di stalagmiti e stalattiti? Gialle, rosse, bianche, grigie… a cortina, a tendina, a lampadario, a torta… Indimenticabili! Unica lieve pecca: l’alta velocità del trenino non permette di apprezzare bene la grotta, però va anche detto che è un trasporto molto, molto spartano e che i visitatori sono moltissimi. Uscendo, siamo entrati al ristorante, dove abbiamo degustato un ottimo piatto tipico sloveno: i medaglioni di carne con pasta e contorno. Il costo non è eccessivo, basta che non ordiniate “un” vino rosso (eh sì, ci siamo cascati anche noi: il cameriere ci ha servito un vino del 2006! Ottimo, ma non economico) Comunque il tutto ci è costato 24 euro a testa. Ripresa l’auto, abbiamo terminato in bellezza con la visita del castello di Predjana. Non bisogna assolutamente saltarlo, nell’itinerario! Dista solo dieci km, e al mondo ci sono castelli ben più importanti, ma questo è abbarbicato “dentro” una roccia”, ed è molto suggestivo. Probabilmente, lo è in ogni stagione ma durante l’estate la visita includerebbe anche la grotta sotto il castello. Noi, non l’abbiamo potuta visitare per via del ghiaccio per terra, e per via dei pipistrelli che la popolano (in inverno, non vanno disturbati!). Ma il Castello è un “nido” temerariamente costruito in una caverna nella parete a precipizio alta 123 metri, un capolavoro dell’ingegnosità medievale, del coraggio, dell’astuzia difensiva.
Venuta sera, sentendoci temerari, abbiamo deciso di NON prenotare il pernottamento, ma di andare in una zona dove ci fosse un buon numero di agriturismi. Ci sentivamo sicuri di trovarne uno con posto libero, e aperto. Beh, nel frattempo si era fatto buio, il navigatore ci spingeva sempre più a nord, i centri abitati scarseggiavano, i locali cartelli stradali erano molto spesso solo delle consonanti (ma come fanno, gli sloveni, a pronunciare quei nomi di località, senza vocali?) fatto sta che la preoccupazione iniziava a serpeggiare tra di noi. Così abbiamo provato a chiedere la strada in lingua inglese e grazie ad un benzinaio ed ad un barista abbiamo intrapreso una strada, piccola, in forte salita, buia e senza case, che dopo una ventina di chilometri ci ha portato fino al paesino di Poljane, formato da sei case, di cui cinque sono fattorie agrituristiche! Incredibile! All’agriturismo Davcen, bussando, ci hanno aperto ma, credeteci, il paese sembrava totalmente deserto, neanche un cane o un gatto passava. E stava per nevicare… Avevamo indirizzo e descrizione particolareggiata, grazie all’opuscolo dell’Ente Turistico della Slovenia, chiamato “L’ospitale campagna”! Molto sincero: descrive la realtà, non è solo pubblicità. Ce l’eravamo procurato a Milano, stampato e comodo da leggere, ma ne esiste anche una versione digitale sul sito www.farmtourism.si. Ora che lo sappiamo, per arrivare a questo agriturismo… consigliamo di seguire le indicazioni stradali per Stari Vrh, nota stazione sciistica. Abbiamo suonato il campanello dell’agriturismo (che sembrava una casa di campagna come altre) e abbiamo conosciuto i coniugi Dolenc. Era quasi ora di cena, ma non avevano nulla da darci da mangiare, non ci aspettavano, le camere non erano pronte… insomma, un certo scoramento stava per prenderci, ma fortunatamente hanno avuto pietà di noi e ci hanno accettato. Veramente ospitali! Mentre preparavano le camere e cucinavano per noi, ci hanno offerto la loro grappa di pere ed il vino al mirtillo, così siamo entrati nel ruolo e ci siamo avvicinati all’enorme stufa a ole che occupa la stanza principale. Per capire: sulla stufa ci sono materassi e coperte, per dormirci “sopra”! Infatti, alcuni bambini erano intenti a giocare sopra la tiepida stufa.. scena d’altri tempi. Il dialogo si è svolto in inglese e, in parte, nel nostro scarso tedesco scolastico. (Ma chi non sa le lingue straniere potrebbe usare un tablet o un’ipad con un veloce traduttore automatico, perché la disponibilità al dialogo c’è, sempre e comunque, da parte dei cordiali sloveni). Le camere probabilmente erano state già pulite e preparate, è bastato infatti che aggiungessero lenzuola ed asciugamani. In Italia, “camera non pronta” significa che prima di entrarci è necessario un passaggio di tre persone per almeno un’ora, per la sua pulizia… in Slovenia significa che debbono metterci lenzuola ed asciugamani e accendere i termosifoni. Il menu della cena è stato zuppa, pollo arrosto, salsicce, tagliatelle di pasta fresca al burro e aromi. Tutto molto buono, insieme al pane casareccio. Chissà cosa avremmo potuto avere per cena, se solo avessimo prenotato! Per gentilezza, il signor Frenck Dolenc ha telefonato alla proprietaria dell’agriturismo in cui confidavamo di arrivare la sera successiva, così ci ha “prenotato” il pernottamento successivo. Molto carino, sapeva anche dirci quanti ettari e quante mucche avevano, se la cosa ci avesse interessato. La notte è stata, come sempre in Slovenia, molto tranquilla e le camere ottime, pulitissime e con balconi da cui abbiamo potuto apprezzare i panorami delle montagne.
3° giorno – 3 gennaio 2013
La prima colazione è stata semplice ma perfetta, abbiamo gradito soprattutto i salumi prodotti in casa (La signora Jerneja Dolenc era andata a prendere il latte dalla stalla). Il costo di un pernottamento in doppia con bagno, cena e prima colazione, è stato Euro 37, a testa, incluso Iva e tassa di soggiorno. Abbiamo salutato le piste da sci di Stari Vrh (che distavano solo 600 metri dall’agriturismo, ma noi andavamo nell’altra direzione, non le abbiamo viste) e i cortesi proprietari, che ci hanno venduto una delle loro bottiglie di vino al mirtillo, che ci era piaciuto molto. Il bagagliaio iniziava a riempirsi.
Scendendo alla pianura, meglio prestare attenzione ai caprioli che attraversano la strada, soprattutto se si è la prima macchina della giornata a transitare.
Lungo la strada, abbiamo scartato la sosta a Ljubljana, perché l’avevamo già vista. Abbiamo preferito sostare a visitare ŠKOFJA LOKA, come ci era stato consigliato da una gentile impiegata dell’ufficio Turistico Sloveno. Aveva ragione. Il Castello, la piazza principale, le antiche case, il Ponte dei Cappuccini, le antiche Chiese sono piuttosto interessanti. Tutto è visitabile a piedi, comodamente. Il Museo del castello è in realtà un insieme di piccoli musei che restituiscono molto bene tutta la realtà del territorio: la storia, l’arte, la popolazione, la natura e gli animali che la popolano. Il Museo, a pagamento, presenta Archeologia e Storia, Arte medievale e le Gilde, Ceramiche dipinte e mobilio, attrezzi agricoli e tutto quanto è collegato a professioni e mestieri locali, come ad esempio la produzione di merletti, cappelli, tetti, tessuti in lino, fiori artificiali e i dolci, opere non eccelse ma quasi da collezionare, tanto sono belle. La visita dura circa un’ora sola, dato che tutto questo insieme è presentato in maniera molto armonica, perfino con la collezione naturalistica e la storia contemporanea. Dopo abbiamo pranzato in una splendida pasticceria. Sì, abbiamo pranzato solo con fettone di torta e cappuccini (totale euro 4 a testa, totale calorie non meglio indicato). Personalmente, ho anche chiesto che aggiungessero “smetana” (vale a dire la panna montata!) perché non abbiamo limiti.
Ripartiti, abbiamo saltato altre tappe per arrivare ancora nelle ore di luce al successivo agriturismo, memori della sera prima e del fatto che in inverno viene buio presto. L’Agritur si chiama Mulej, nel villaggio di Selo, e dista solo 1 km dal lago di Bled. E’ un’ampia casona di campagna, con tanti trattori, stalle e silos tutto intorno, ed ha un piccolo laghetto privato, con tante anatre. La signora Damjana ci ha accolti con gentilezza e le camere erano spaziose, come anche i bagni. Visto che era ancora presto, lasciati lì i bagagli siamo andati a Bled, sulla sponda del lago abbiamo parcheggiato (a pagamento, 1 euro= 1 ora). La località è molto turistica, con centri commerciali, ristoranti, bar ed hotel. In estate vivono del turismo lacuale, noleggio di barche, sdraio ed ombrelloni, probabilmente. Noi, con i cappotti slacciati perché faceva caldo, siamo andati a passeggio sulle sponde, e poi fino al castello, in pittoresca posizione a strapiombo sull’acqua. Ma tutto ci sembrava piuttosto “finto”, quindi abbiamo evitato di fare, nell’ordine: la gita in battello intorno all’isola in mezzo al lago per suonare scaramanticamente tre volte la campana della chiesetta, la visita agli interni del Castello e del suo panoramico bar ristorante, il noleggio di pedalò o di barca, l’acquisto di locali gioielli, il noleggio di cavalli ed i giri in carrozzella. Perché? Per tornare all’agriturismo, che era molto, molto più accogliente. La cena, infatti, è stata la migliore della settimana: zuppa di semola e carote, filetto di manzo in salsa di porcini, strucoli casarecci con ricotta, torta della casa. Tutto molto gustoso, con un vino rosso apprezzabile.
Vogliamo parlare degli strucoli? Chiacchierando con la signora Mulej, (in lingua inglese, questa volta, ma capisce anche l’italiano) ci ha spiegato che si chiamano Struklji e che i ripieni possono essere diversi. Si tratta di un rotolo di pasta, che ogni cuoca slovena imbottisce diversamente, come sua tradizione. A noi è sembrato un “metodo” elegante, forse più adatto a ripieni dolci che salati. Però, non è detto, non abbiamo esperienza, così, siamo andati a dormire… tranquilli.
4° giorno – 4 gennaio 2013
Al mattino, tutte le anatre si erano levate in volo dal loro stagnetto, e dopo un giro a bassa quota nella verde valle sono riplanate sul sentiero. Poi, in fila per due (maschio e femmina, coppia per la vita) sono rientrati in acqua nello stagno. Si vede che al mattino fanno ginnastica, abbiamo pensato, mentre noi poltrivamo. La gestora era andata in stalla a procurarci il latte, nel frattempo. Durante la splendida colazione, di cui resta indimenticabile il prosciutto crudo e il salamino, la signora Mulej ha telefonato per noi al successivo agriturismo, prenotandoci camere e cena. L’abbiamo salutata, pagando 42 euro a testa, per pernottamento, cena e prima colazione. In effetti, è stato il costo più alto, si fa per dire, della settimana, ma la carne ed i porcini da soli valevano la differenza. Ovviamente, mio marito ha comperato un chilo di marmellata di albicocche, di loro produzione. C’è sempre posto nel nostro bagagliaio per la marmellata.
Mancava una visita a carattere Nnaturalistico! Ecco allora che ci siamo diretti a Vintgar. E’ una stretta gola dove corre il fiume Soča (Isonzo) con un percorso di visita chiamato “il sentiero smeraldo”. All’entrata il gabbiotto dell’ufficio informazioni era chiuso, ed un cartello proibiva l’accesso, causa pericolo caduta massi. Giustamente, dato che in inverno non è possibile monitorare tutto il percorso, di quasi tre chilometri, perché il bosco è soggetto a frane! Siamo andati in esplorazione, sfidando a nostro rischio il pericolo. Tipicamente italiano, trasgredire coscientemente. Il colore dell’acqua è verde smeraldo, ogni poco c’è una cascata spumeggiante e bianca, sembra di essere in un documentario. Noi scattavamo foto su foto. Sul fondo del fiume, si intravedono numerose trote. Il percorso è bene assicurato e avventurosamente tracciato, con passerelle e ponti di legno, ove necessario, e nelle rocce sovrastanti la strettissima gola hanno previsto reti metalliche, disgaggi protettivi. Tuttavia, non siamo stupidi e capivamo perfettamente di rischiare, sia per il ghiaccio sul sentiero e sui legni, sia per la possibilità, molto probabile, di caduta pietre o massi. Infatti, la temperatura stava salendo, ed il ghiaccio che tratteneva terra e pietre si sarebbe sciolto, mollando i pesi. Dopo un poco, siamo tornati indietro. Sicuramente, è bene andarci in un’altra stagione, ma noi abbiamo visto cose uniche, diverse. Siamo stati protetti, del resto, dall’elfo Vintgar, che non ha fatto cadere massi in questa occasione. Ma voi, non fate come noi, se non siete fatati!
Visto che il sole era uscito da dietro le nuvole, ci siamo regalati un fuori programma. Abbiamo pagato un biglietto di una cabinovia e siamo saliti su Monte Kanin (Canino), quello della Grande Guerra. La corsa costa euro 16 e dura ben trenta minuti. Panorama imponente, dall’alto dei 2.200 metri di altitudine. Gradevole, soprattutto per i cieli rosati del tramonto. Intorno tanti sciatori, skilift e piste a vari livelli di difficoltà. Anche qui tutto era molto semplice, rispetto ai nostri standard italiani.
Ridiscesi, la nostra successiva destinazione era Kobarid, che però si può raggiungere da due diverse strade. Una è provinciale, l’altra ha molta autostrada. Abbiamo scelto quest’ultima, perché la provinciale ci è stata sconsigliata da tutti, sia dalla gentile slovena dell’Ente Turistico, sia dalla signora Mulej. Lo premetto, anche per spiegare ciò che seguirà, dato che di fatto abbiamo allungato la strada, di almeno un’ora di viaggio. Ma in altre stagioni, non sarebbe necessario. Baldanzosamente partiti, abbiamo fatto una tappa a Kraniska Gora, mentre i mariti declamavano nomi di sciatori, passate glorie nazionali ed internazionali, a partire da Alberto Tomba, e perfino quello di Chiétilàndreomo (sì, il suo vero nome Kjetil André Aamodt … ma veniva pronunciato tutto di seguito, come un’unica parola, dai cronisti sportivi dell’epoca). Ma, sinceramente, guardandola in televisione durante le gare di Coppa del Mondo la località ci era parsa più grande e più animata. La neve e gli sciatori c’erano, è vero, ma essendo abituati all’Italia ci è sembrata poco, forse siamo legati anche all’esserci, a guardare e farci vedere, non solo allo sport.. In effetti, la Slovenia ha 2 milioni di abitanti, la sola provincia di Milano ne ha oltre il doppio. Aggiungete pure tutti i turisti russi (eh sì, c’erano!!) ma le piste ci sembravano “troppo poco” affollate, i parcheggi pure. Interessante differenza! Tra l’altro, si trova ad un’altitudine media, solo ad 800 metri s. l/m. ma le piste erano innevate. Ad ogni modo le montagne del Parco naturale del Triglav sono stupende, molto imponenti. Il sole baciava gli sciatori, i pattinatori, il ghiaccio. Dovevamo circumnavigare il massiccio Triglav, così abbiamo proseguito fino a .. tornare in Italia. Ebbene sì, siamo usciti dalla frontiera e siamo arrivati a Tarvisio, perché così ci era stato consigliato, per evitare strade brutte. E’ pur vero che la strada era ottima, ben pulita da precedenti nevicate, ma non si sa mai. E poi, dopo pochi chilometri, siamo ritornati in Slovenia! Passati Log Pod e Bovec siamo arrivati a Kobarid, nostra destinazione sia perché si pronuncia facilmente, sia per via del fatto che in italiano si traduce Caporetto. “Quella”, Caporetto, quella delle nostre scuole dell’obbligo. Siamo andati a visitare il Museo della Prima Guerra Mondiale. Il costo è di euro 4. Ha una prima parte dedicata ai combattimenti in alta quota e una sulle battaglie sull’Isonzo. La battaglia di Caporetto è stato probabilmente il più grande combattimento in montagna nella storia dell’intera umanità, ha avuto elementi tipici della “guerra lampo” con un’operazione di sfondamento. Il premio di “miglior Museo” datogli dal Consiglio d’Europa nel 1993 è perfettamente meritato. Da non saltare, assolutamente, la suggestiva e politicamente corretta proiezione nella prima saletta, in lingua italiana. Nelle successive sale, ambientazioni e fotografie d’epoca restituiscono allo sguardo del visitatore tutta la realtà del sacrificio umano, dei vinti e dei vincitori. Non è facile visitare il Museo di una battaglia persa e che neanche i vincitori hanno veramente guadagnato. Ciò che abbiamo tutti apprezzato particolarmente è l’equità, la correttezza delle informazioni che il Museo offre ai visitatori, d’ogni nazionalità. E’ sempre difficile stabilire cosa realmente sia avvenuto, quando i resoconti storici sono così patriottici. Bene, questo Museo riesce a spiegare i sovrumani sforzi dei soldati, di ogni etnia e nazione, in un ambiente inospitale, mentre parallelamente spiega le politiche di dominio dei Sovrani, le disumane strategie dei Generali, le angosce e le perdite dei parenti a casa, il ruolo delle Chiesa e dei cappellani militari che incitavano alla Guerra. Se c’è mai stata una Guerra più ingiusta di tutte le altre Guerre, bene è stata questa. Siamo usciti leggermente provati dall’esperienza, molto, molto ri-orientati alla Pace nel Mondo.
Per effetto di un paio di caffè e di una tisana ai frutti di bosco del locale barettino siamo tornati all’auto e siamo ripartiti, questa volta verso l’agriturismo Pri Flandru. Lasciata la strada principale, ci siamo inerpicati su stradine buie e secondarie, con poche case e nessun cartello stradale, verso Zakojka. Abbiamo allungato i nostri tempi di viaggio! Non era affatto “di strada”, così purtroppo dopo circa un’ora siamo arrivati al Pri Flandru, ma piuttosto stanchi e un po’ indisposti. Il posto è isolato, il paese ha in tutto 55 abitanti. Tutti montanari o contadini. In casa, il telefono non prende la linea, ma hanno wi fi. La famiglia Tušar che lo gestisce è stata, tuttavia, la più cordiale, perfino rispetto ai nostri più grandi desideri. Vi basti che, viste le nostre espressioni stravolte dovute alle innumerevoli curve percorse su stradine strettissime e perfino sterrate, hanno offerto subito una grappa alla pere ai mariti, un liquore di mirtillo per le signore. Ce li siamo scambiati, ovviamente, ma li abbiamo apprezzati. Accompagnato, non c’è bisogno di dirlo, da tartine con lardo dei loro maiali, spalmato sul pane fatto in casa. Beh, sono cose che rinfrancano. Un’Happy Hour slovena… ! La casa è molto ampia, bene arredata, ovviamente ha la grande stufa ad ole sopra cui giocare o dormire. Molto legno, molte piastrelle (italiane!) nei pavimenti e nei bagni. La signora Marija ha cucinato per noi un’ottima zuppa e carne con verdura. Abbiamo mangiato tutto il pane, fatto in casa…accompagnandolo con buon vino rosso. Che dire di più? Sua figlia ha studiato italiano, perché ci ha detto che in passato non riusciva a dialogare con gli Italiani, dato che nessuno, tra quelli arrivati fin lì, conosceva l’inglese o il tedesco. Ovviamente, dopo aver studiato italiano, non l’ha più parlato, perché durante l’estate tutti gli Italiani arrivati fin lì … parlavano bene inglese! Quindi, si rammaricava di aver già dimenticato la nostra lingua. Abbiamo riso molto con lei, dato che tutto questo è stato detto tra di noi in inglese, mentre noi cercavamo, con difficoltà, di parlare in tedesco con suo padre. Ci siamo ripromessi che : lei avrebbe ripreso a studiare Italiano, noi il tedesco, il tutto dicendolo in inglese. Mah! L’Europa val bene lo studio delle Lingue, forse.
I dintorni di questo agriturismo sono veramente speciali, lo consigliamo. Anche qui caprioli e animali vari sono facilmente avvistabili anche di giorno. Si possono praticare molti sport: equitazione, sci, escursionismo, ciclismo. Noi, invece, abbiamo praticato l’acquisto di lardo pestato, di una specie di bresaola, di salamini, tutti prodotti dalla famiglia Tušar.
Abbiamo avuto compagnia, c’era ospite una famiglia: padre triestino, madre slovena e i loro due bambini piccoli. La fattoria è molto adatta ad ospitare anche i bambini, c’è un angolo in sala da pranzo, con giochi per loro. Noi siamo andati a letto prima di loro!
5° giorno – 5 gennaio 2013
Dopo la migliore prima colazione del nostro viaggio, grazie al prosciutto crudo veramente eccezionale, abbiamo saputo che i gestori concedono volentieri di portare via le fette avanzate, di salumi e formaggi. Estasiati, ci siam preparati piccoli panini deliziosi, per la giornata. Ci hanno dato, perfino, un rotolo di carta alluminio per conservarli meglio. Non si può chiedere di più.
Quando siamo partiti, dopo baci e abbracci, erano tutti e quattro sulla porta a salutarci, con visibile dispiacere per la nostra partenza. Il conto è stato di euro 35, a testa. Siamo riusciti a rimettere tutto nel bagagliaio e siamo ripartiti. Abbiamo perfino fatto una sosta, per comperare dei vini sloveni, bianchi e rossi, e dei paté di selvaggina, fino a saturare l’auto.
La nostra meta era l’Italia, e precisamente un B&B vicino a Cividale del Friuli: Ai Casali.
Avevamo scelto la data di arrivo in concomitanza con la Sagra dello Spadone, rievocazione storica medievale molto sentita dai cittadini del posto e poco nota altrove. Ai Casali è un complesso piuttosto grande, a circa due chilometri dal centro, con piscina all’aperto e tanti appartamenti e camere. Producono mais. A parte l’enorme parcheggio, motivo per il quale l’avevamo scelto, non è molto entusiasmante. Certo, la massa di persone che arriva sempre a Cividale il 6 gennaio ci aveva consigliato di trovar un luogo un po’ lontano e dotato di parcheggio, ma abbiamo scoperto che ce n’erano altri, più vicini e magari più confortevoli. Al nostro arrivo, all’orario concordato telefonicamente, una delle camere non era pronta, non c’era nessuno ad accoglierci a parte la donna delle pulizie e le stanze non erano state riscaldate. Insieme alla prima colazione senza particolari attrattive, ciò non costituisce nulla di negativo, ma neanche nulla di entusiasmante. Beh, era ben arredato. Depositati i bagagli nella camera pronta, siamo andati subito a visitare le entusiasmanti bellezze romane e longobarde di Cividale. Entrando da una delle porte murarie, abbiamo visitato il Duomo, poi il Museo Cristiano in cui è custodito quello che probabilmente è il più pregevole manufatto longobardo: l’ara di Ratchis. E’ un altare, tutto scolpito con scene e disegni geometrici, di colore bianco. Già è bello così, ma il Museo proietta sulla sua superfice frontale tutti i suoi colori originali, restituendogli (virtualmente) i pigmenti che erano stati usati in passato, come hanno dimostrato le ricerche e le analisi archeologiche. Così, “si scopre” che all’epoca tutto l’altare era policromo, anzi: “molto” policromo! Rosso, verde, blu… La proiezione all’inizio fa capire in che modo è stato dipinto, con il risultato di varie sovrapposizioni di colore, e mostra il risultato finale come lo si sarebbe visto in una chiesa senza luci artificiali, al solo lume delle candele. Veramente toccante ed imprevedibile.
Al piano di sopra, non si capisce perché un quadro del Veronese sia messo così poco in rilievo, mentre viene dati ampio spazio a vestiti arcivescovili e reliquie. Mah!
La giornata ci ha poi portato all’interno del Museo Archeologico: che dire? E’ l’apoteosi della bellezza longobarda. Soprattutto di armi, decorazioni degli abiti, gioielli, femminili e maschili. Subito ci è venuta voglia di acquistare qualche riproduzione dei bellissimi gioielli, soprattutto delle fibbie e degli orecchini o delle collane. Purtroppo abbiamo scoperto che l’oreficeria che localmente le produce NON è aperta al sabato pomeriggio. I nostri mariti se ne sono segretamente compiaciuti, trovando in questo segnale un’ulteriore prova della serietà friulana. Noi mogli, un po’ meno. I gioielli con il motivo geometrico “a esse” sono molto piacevoli.
Il pomeriggio si è concluso alla grande, con la visita del Tempietto Longobardo, piccolissimo ma suggestivo, nel Monastero di Santa Maria in Valle. Si respira l’aria del passato, in un luogo così artistico, sia per le statue che per gli affreschi. Il biglietto cumulativo dei due musei e del tempietto costa euro 9.
Tornati alle cose quotidiane, dopo aver ammirato dal ponte le placide verdi acque del fiume Natisone, abbiamo cenato Al Campanile, una semplice trattoria dove abbiamo ordinato minestra alla friulana e frico. Si tratta di formaggio locale, tipo montasio, informato fino a che forma una croccante crosta (ma l’interno si fonde e fila! Lo abbiamo apprezzato sia in questa versione, sia in quella con un ripieno di patate. E’ seguito un dibattito, su quale fosse il migliore. Le torte hanno concluso degnamente una cena che ci è costata euro 17, testa, con discreto vino rosso, naturalmente.
Siamo rientrati a dormire, in camere che nel frattempo erano diventate fin troppo calde…
Il costo del pernottamento e della prima colazione Ai Casali e stato di euro 32, a testa.
Né onore, né gloria.
6° giorno – 6 gennaio 2013
Al mattino successivo, Cividale era affollata di persone, per la Sagra dello Spadone! Così, è come l’abbiamo chiamata noi, familiarmente. Dopo il caffè con panna al caffè Longobardo, in Piazza Diacono… verso le ore undici ci siamo seduti comodamente sulle gradinate nella piazza, faceva caldo. Il corteo iniziava dopo la Messa. I figuranti, invece che in Chiesa, erano già tutti in giro per le strade, perché salutavano i loro amici, facevano capannelli discutendo di argomenti attuali o del tempo, ma … tutto in costume medievale. È divertente, anche per loro, sentire parlare un geometra con accento friulano di “raccolta differenziata” o di IMU, vestito da armigero (elmo compreso). Di buon umore, rappresentano “Il ritorno del Patriarca”, vale a dire la rievocazione storica dell’ingresso in città del Patriarca Marquando von Randeck, avvenuta nel 1366. Era venuto per assumere il comando. La trama è: arriva in una carrozza, sale sul trono vescovile, gli si presentano le potenti famiglie locali, i soldati, la popolazione gli rende omaggio. Poi, la cerimonia termina con la consegna a Marquando dello spadone, simbolo della sua carica, tra canti e tamburi. Semplice, ma toccante. Sanno tutti come andrà a finire, ma tornano ogni anno, per le repliche.
E’ dal 1366 che, ogni anno, Cividale replica questo avvenimento storico. Ma non lo raccontano in giro, lo sanno in pochi, ecco perché è ancora un’occasione “vera” e non commerciale. Da milanesi e lombardi, abituati alle fasulle e ridicole ricorrenze a cui abbiamo dovuto assistere in questi ultimi anni, tra riti e dei inventati, ampolle e carretti, in una follia liturgica tra new age e politica, abbiamo apprezzato una rievocazione più “vera”. Il giorno prima, avevamo perfino ammirato lo spadone nel museo, dove è a tutt’oggi custodito. Ogni cosa o parola è estremamente fedele all’originale, rituale. Al termine, il solenne giuramento di fedeltà, vassallaggio, amicizia nei confronti del capo spirituale e temporale del territorio, ecc ecc.
Abbiamo iniziato il viaggio di ritorno, già dopo l’alzata al cielo della spada da stocco, senza aspettare di vedere i successivi tornei, giochi medievali, danze di strada, e la fiaccolata serale, ma non senza aver assaggiato ottimo vino brulé.
Finale tutto in levare: dopo tanti giorni vedendo poca gente, qui abbiamo visto una buona dose di gente.
Partiti: tutta autostrada. Siamo arrivati a Milano non stanchi, prima di cena. Un gruppo di arabi milanesi ci ha visto estrarre dal bagagliaio ogni ben di Dio…
La nostra Renault Kangoo ha retto benissimo il viaggio ed il carico di acquisti. Costo totale benzina: euro 157 (2 pieni), ma in Slovenia costa meno che da noi) Del resto, le distanze percorse sono state brevi, a parte primo e ultimo giorno. Aggiungendo il telepass, quando arriverà da pagare, ci saranno da aggiungere circa 53 euro.
Tea, Antonella, Gigi e Roberto.