Il Sentiero delle Portatrici di Ardesie del San Giacomo
Camminatori di tutta Italia, giovani, meno giovani, autoctoni o forestieri, dico a voi.
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Per preparare questo pezzo ho dovuto registrare tutti i passaggi del percorso, proprio per non farvi perdere tra le colline aspre e generose della Liguria.
L’ho documentato per bene, il tragitto, talmente tanto da non sapere se questa documentazione sonora mi è venuta accettabile oppure no.
Comunque, bando all’ironia, quello che vi voglio raccontare oggi è il Sentiero delle Portatrici di Ardesie del San Giacomo.
Il nome è lungo, lo capisco, ma questa camminata boscaiola merita di essere fatta, almeno per tentare di provare la ruvidità della vita di un tempo.
Quando arrivo a Lavagna vengo subito accolto da una frescura di mare che, da queste parti, è una normale benedizione. Lo capisco subito che qui si vive la tranquillità dei posti costieri, quelli che sarebbe bene frequentare sempre, non soltanto dopo la pensione.
Lavagna è signorile ma rustica, genuina ed elegante. La vedo di sfuggita in tutta la sua bellezza grazie al punto di partenza della mia camminata. La Basilica di Santo Stefano, infatti, si erge imponente alla fine di Piazza Marconi.
Il Sentiero delle portatrici di ardesia
Tenete conto che, lasciando la Basilica alle spalle, dovrete proseguire camminando al lato del cimitero. Io seguo questo sentiero pavimentato fatto di uliveti e piantagioni private di fave. Qui la gente è cordiale, incuriosita, consapevole di vivere un luogo speciale.
Continuo su Via Madonna della Neve e, per la prima volta, mi trovo circondato da perfetti muretti a secco fatti di ardesia. Si capisce che sono nel posto giusto soprattutto perché, ad accompagnare il mio viaggio, ci sono le foto delle mitiche lavagnine, le donne che trasportavano pesanti blocchi di roccia, sulla testa, attraverso queste colline.
Le lavagnine e la Liguria rurale
Siccome raccontare l’Italia significa raccontarne anche l’aspetto antropologico, credo sia giusto fare un cenno alle protagoniste indiscusse di questo lembo di paradiso. Le lavagnine erano le giovani del posto addette al trasporto delle lastre di ardesia. Caricavano sulla testa blocchi pesanti più di mezzo quintale, riuscendo a mantenere una andatura costante nonostante i dislivelli del territorio.
Un passo sincronizzato, a piedi scalzi, e poi canti e magari una sosta veloce su qualcuna delle tante pose destinate al “respiro”. Arrivavano fino al mare, fino alle barche a vela pronte a salpare direzione mondo. Poi ritornavano su, a incidere ancora le ciappette caricate, segno della retribuzione, misera, che gli sarebbe spettata dopo.
Monte Rocchette
Il vero sentiero non è ancora iniziato. Passo attraverso una graziosa località dal nome curioso, Chiappe, per scattare foto panoramiche in un silenzio bello bello. In lontananza si vede persino Portofino (la rima non era voluta).
Poi salgo su, verso Cogorno, e mi incammino tra uliveti che mi portano quasi a lambire le proprietà, bellissime, di normali cittadini che qui hanno deciso di ritagliarsi un angolo di paradiso. Svolto per Via Giuseppe Raffo e cammino tra ulivi e vigne tenute insieme da ingegnosi sistemi contadini. Finalmente, dopo una decina di gradini che salgono di fronte ad un traliccio elettrico (lo so, non è romantico, ma è così), la targa in ardesia che tanto aspettavo: “Benvenuti nel Sentiero delle Portatrici di Ardesie del San Giacomo”.
Ecco: se vi dico che da questo momento comincia un altro paesaggio, ci credete?
Dopo quel messaggio di benvenuto sembra di essere catapultati nel Signore degli Anelli. Un paesaggio quasi irlandese, per non dire neozelandese, con lastroni che segnano la via, piante sempre verdi, muschio ovunque, ruscelli, muretti naturali, alberi curvati che formano archi e pergolati fatti non so di cosa.
Davvero, davvero bello.
In più, se ci mettete anche una enorme stele rosea che raffigura le lavagnine intente a fare il loro lavoro, lo splendore è completato.
Questa parte della camminata la concludo raggiungendo la Cappella di San Giacomo, a 549 metri s.l.m. Non la visito perché chiusa, ma posso comunque osservare l’affresco esterno in cui spicca San Giacomo e la conchiglia sulla spalla.
Verso Sestri Levante
Adesso l’obiettivo è raggiungere i 700 metri del Monte Rocchette. Non mi manca tantissimo e ho pure l’opportunità di vedere da vicino una vecchia cava di ardesia (recintata, chiusa, ma comunque particolare, nonostante sia una buco nel terreno) e un panorama che mostra il Fiume Entella, Lavagna, Chiavari, Santa Margherita Ligure, Portofino e anche la Chiesa di Santa Giulia. La vetta è lì, oltre un zig zag a strapiombo.
Quando la raggiungo non c’è chissà cosa ad aspettarmi. Sono comunque soddisfatto di aver percorso la strada delle lavagnine.
Adesso è arrivato il momento di scendere a valle e di fare lo stesso tragitto degli spericolati guidatori di mountain bike (forse potevo usare un termine inglese ma ho voluto italianizzare). Seguendo per Ca Gianca e Sestri Levante, dopo un pezzo di bosco quasi uguale a quello di Fantaghirò, mi ritrovo a passare tra le insidie di una macchia mediterranea selvaggia e scivolosa.
L’ardesia c’è ancora, ma ormai lascia il posto all’argilla.
La discesa è sempre più veloce, spericolata e, finalmente, vedo il mare in lontananza.
Mamma mia, Sestri Levante. Forse sarà stato il sole della primavera, forse la fatica premiata, fatto sta che l’acqua è davvero azzurra.
Quando arriverete a questo punto, magari col caldo dell’estate, godrete di un panorama veramente speciale: 18 km di camminata e 850 m di dislivello.
Ve lo confesso? Ne vale la pena.