Oman, il Sultanato illuminato
Il sultano Qaboos, oggi settantottenne, non ha moglie e figli e purtroppo è malato da tempo. Nel caso che il governo non riesca a nominare un nuovo sultano entro poco tempo dalla sua morte, Qaboos ha lasciato una busta con il nome del suo erede, una persona a lui vicina che continuerà la sua politica. L’Oman è grande quanto l’Italia, ma quattro-quinti del suo territorio sono occupati dal deserto e popolato da oltre 4,4 milioni di persone. Questo Paese sta vivendo una rivoluzione silenziosa e pacifica, cercando di conciliare la tradizione araba con la modernità del mondo occidentale senza dimenticare le sue origini.
Arriviamo in albergo a Muscat e, dopo il pranzo, abbiamo il primo approccio all’affascinante capitale del Sultanato dell’Oman. Gli abitanti sono circa un milione e mezzo. La temperatura è alta (32°). Si nota subito che non ci sono grattacieli, raramente gli edifici superano l’altezza dei minareti che svettano sopra ogni cosa. Sulle terrazze di tutte le case è collocato un serbatoio per l’acqua che in questo modo si riscalda. I giardini vengono irrigati con acqua riciclata perché in questo Paese l’acqua è un bene essenziale. La regola nazionale impone anche che ogni edificio abbia un particolare della tradizione, una cupola, un arco, un fregio. Passiamo davanti al Al Alam Palace, la più importante delle sei residenze reali del Sultano regnante Qaboos situata sul mare. Ha una storia di duecento anni, la facciata oro e blu è elegante, ma dall’aspetto modesto rispetto alle grandiose strutture reali. Accanto vediamo i forti Al-Mirani e di Al-Jalali costruiti nel XVI secolo dai portoghesi che dominano il Golfo dell’Oman. Percorriamo la “Corniche”, il lungomare che circonda tutto il golfo, e arriviamo all’antica cittadella di Muttrah, dominata da un colle sul quale svetta un immenso bruciatore d’incenso e caratterizzata da palazzi d’epoca, moschee, forti a guardia della città e il vivacissimo suk. Il mercato conserva ancora il tradizionale caos tipico dei mercati arabi. Piccole botteghe in un dedalo di vicoli che profumano di spezie e d’incenso. L’incenso è la resina prodotta dall’albero Boswellia e il terso taglio è la migliore qualità. Datteri scuri e dolcissimi, pashmine, babbucce ricamate, gioielli d’argento e copricapi di cotone sono le merci offerte copiosamente. La gente cammina tranquilla, gli uomini si salutano sfregandosi le punte dei nasi, tutti comperano qualcosa o si siedono ai tavolini dei bar per un caffè. Quando arriva l’ora del tramonto ammiriamo l’elegante capitale vista dal porto che assume colori dorati e bronzei. Ceniamo in un ristorante turco a base di verdure e gustosi pesci alla griglia.
La mattina seguente è dedicata alla visita dettagliata della città più antica del Medio Oriente e conosciuta fin dal II secolo. Il suo porto era un approdo sicuro per le navi che solcavano l’antica via dell’incenso. Terra fiabesca di Sinbad, il famoso marinaio che visse nel nord dell’Oman nel X secolo, e della mitica regina di Saba, a sud le rovine della sua residenza, protesa verso l’Oceano Indiano e al centro delle principali vie mercantili, gli omaniti hanno da sempre la naturale vocazione marinara. I racconti descritti nel libro “Mille e una notte” sono basati sui viaggi che portavano davvero gli arabi a navigare per i mari di mezzo mondo. La rotta partiva dall’Oman, toccava Zanzibar e arrivava in India. Le merci erano le più varie. Rame, incenso, spezie, perle e schiavi arrivavano e ripartivano verso paesi lontani e misteriosi. Ogni anno la quantità di 1.400 kg di incenso raro e pregiato venivano trasportati su navi dall’Arabia Meridionale alla Grecia, a Roma e nel Mediterraneo. La Strada dell’Incenso, proclamata nel 2000 Patrimonio dell’Unesco, è stata per molto tempo una delle più estese vie commerciali dell’antichità e attrasse molti viaggiatori stranieri, tra cui anche Marco Polo. Gli alberi da cui si ricava la resina, chiamata “franchincenso”, emanano una fragranza inebriante, intensa e dolce e crescono in fondo ai letti di antichi corsi d’acqua al sud del Paese.
Oggi la città di Muscat si estende su 3.500 km2 spalmata su un territorio desertico lungo la costa con nuove strade e quartieri che fioriscono a ritmo serrato, i centri commerciali crescono velocemente, mentre gli adulti omaniti ricordano che sino alla fine degli anni settanta c’erano soltanto 10 km di strade asfaltate in tutto il Paese.
Il luogo più significativo è però la raffinata Grande Moschea del Sultano Qaboos che può ospitare 20.000 persone. È la terza al mondo per dimensioni (40.000 m2) ed è l’unico luogo di culto islamico del Paese aperto ai non musulmani. È un monumento che testimonia la grandezza del Sultanato con la sua cupola dorata alta 50 metri, un minareto principale alto 90 metri e quattro minareti alti 45 metri. Costruita in soli sei anni dal 1994 ha, nella sala per gli uomini, che hanno l’obbligo di venire il venerdì, un enorme lampadario di cristalli luccicanti, un unico tappeto persiano di seta che ricopre l’intero pavimento centrale e le pareti ricoperte di bianco marmo di Carrara. La grande nicchia rivolta alla Mecca è un mosaico di toni azzurro, blu e oro. Al contrario la sala di preghiera per le donne, che non sono obbligate ad andare a pregare in moschea, è molto modesta e piccola. Si entra nei giardini ben curati, tutte le donne devono obbligatoriamente coprirsi il capo, indossare abiti larghi e lunghi, mentre gli uomini non possono portare calzoni corti. Si tratta di una visita emozionante a contatto con persone che forse non riusciamo a capire completamente. Il costo per la costruzione di questa Moschea non è risaputo perché il Sultano dice che si fa per Allah e non per fare propaganda presso gli uomini.
La Moschea si trova nel quartiere di Bawshar, dove sorge la Royal Opera House aperta per ospitare spettacoli di musica lirica e musica popolare. Il complesso moderno è costituito da un teatro, un auditorium, i giardini, un mercato, un ristorante ed un centro d’arte per produzioni musicali, teatrali e operistiche e può ospitare 1.100 persone. Oltre a opere liriche e balletti nel 2019 si esibiranno anche Zucchero, definito “re del blues”, in gennaio, le marionette di Carlo Colla a dicembre e l’Orchestra Accademia Teatro alla Scala accompagnerà il violinista Giovanni Andrea Zanon a febbraio in un sensazionale programma. Un musicista omanita ci guida all’interno del Teatro che è un gioiello rosso e oro, le poltrone equipaggiate con un sistema di schienali multimediali interattivi, inaugurato nel 2011 con la Turandot diretta dal tenore Placido Domingo. Anche Andrea Bocelli si è esibito in questo imponente Teatro.
Subito dopo visitiamo il Museo del patrimonio culturale omanita Bait-Al-Zubair dal nome della famiglia di sceicchi Zubair che l’hanno creato. Una grande effige del Sultano campeggia sulla sommità del grande e bellissimo palazzo, costruito prima come abitazione ed in seguito destinato a museo che raccoglie una preziosa collezione privata di scritti e manufatti che illustrano la cultura e le tradizioni omanite. La ricchezza dell’Oman viene da lontano. Situato all’estrema punta Est della Penisola Arabica, di fronte all’Iran, bagnato dal Golfo Persico e dal Mare Arabico, gode di una posizione strategica, a metà tra Africa e Asia, proteso verso l’Estremo Oriente e sulla rotta delle navi di passaggio che qui si rifornivano di acqua e trasportavano spezie e incenso. Gli omaniti sono musulmani Ibaditi e quindi moderati ed estranei alle lotte religiose che oggi lacerano il mondo islamico. I portoghesi arrivarono nel 1507 per commerciare con l’Oriente e costruirono una serie di forti visibili ancora oggi.
Al termine di questo tour rientriamo in hotel per un rinfrescante tuffo in piscina. Per la cena organizziamo un’uscita in un caratteristico ristorante con cucina libanese consigliatoci dalla nostra guida. I tavoli posti in un fitto giardino sono illuminati da lanterne arabe. Servono l’aperitivo a base di menta e lime, antipasti di humus e verdure miste, pane arabo, vari tipi di carne alla griglia e frutta mista per finire. Un buon caffè omanita chiude la cena.
Il mattino seguente, dopo colazione, partiamo su veicoli 4×4 per il deserto di Wahiba ancora abitato dai beduini. Formiamo una colonna di quattro fuoristrada nuovissimi. La regione desertica si trova a sud-est della Penisola Arabica, il cui nome deriva dalla tribù Bani Wahiba. Questo deserto misura 180 km x 80 km e ha una superficie di 12.500 km2 e giunge
Sino al mare d’Arabia. La zona desertica ricopre circa l’80% del territorio del Sultanato dell’Oman e racchiude tesori e bellezze inimmaginabili. Il deserto non è mai uguale a sé stesso. Composto ora da dune sabbiose, ora da rocce, striato dai corsi d’acqua che si riempiono solo durante le piogge e che regalano l’improvviso spettacolo del verde rilassante di un’oasi. Il deserto è un mondo che sembra desolato e immobile, ma basta fermarsi un attimo e si notano migliaia di forme di vita tra uccelli, rettili, mammiferi e i beduini con le loro tende ornano l’orizzonte.
Lasciamo la strada asfaltata per entrare sulla pista che corre nel deserto, attraversiamo caratteristici villaggi come Yitti e i letti asciutti dei fiumi (wadi) per giungere a Wadi Dayqa Dam, una grande diga tra le montagne con acque perenni e un gigantesco lago artificiale color smeraldo. Costruita nel 2011, profonda 75 metri, viene aperta due volte al mese per irrigare i campi nei villaggi a valle. Il tempo di ammirare il panorama e ripartiamo per Wadi Arbayeen. Lungo la pista ci fermiamo per scattare fotografie delle scenografiche pozze di acqua incastonate tra le rocce. Incantevoli montagne, vallate mozzafiato e oasi lussureggianti, che sorgono sui letti dei fiumi e lungo i tratti di costa, rendono il paesaggio surreale. Anticamente c’era molta acqua e alcune grotte erano abitate. Ora, nella stagione secca, restano poche pozze e le grotte sono buchi neri che ci guardano sconsolati e vuoti.
Proseguiamo lungo la costa fino a Fins Beach, spiaggia meravigliosa lambita dal bellissimo mare turchese. Abbiamo giusto il tempo per un bagno e per il pranzo. Coi suoi 1700 km di coste e una temperatura che non scende mai sotto i 25° l’Oman è ideale per chi ama il mare. Scogliere che precipitano nel blu dell’oceano con panorami mozzafiato, baie tranquille e spiagge isolate rendono questi luoghi piacevoli ove trascorrere alcuni giorni. Tutti gli sport acquatici sono ben organizzati per la gioia dei turisti. In riva al mare osserviamo un gruppo di pescatori che agitano le loro reti da pesca che sembrano danzare.
Al termine ci dirigiamo verso il campo tendato dove passeremo la notte. Dune alte 80 metri dai toni rosso-ruggine e color miele a perdita d’occhio è il panorama che si presenta davanti a noi. Difficile rimanere insensibili al magico richiamo del deserto, attraversato da carovane di beduini e dromedari. Lasciamo che il tempo venga scandito dal cammino del sole, mentre il deserto si tinge di nuovi colori. Al tramonto ci attende un safari sulle alte dune, un’avventura sulle tracce dei padroni di casa beduini e dove le uniche impronte sono quelle dei dromedari. La sabbia si colora di ocra, rosso e arancio di una bellezza unica, un quadro naturale eccezionale per chi ama i deserti, dove tutti gli elementi si incontrano per regalare un’immagine indimenticabile. Mi è sempre piaciuto il deserto. Ci si siede sulle dune coi piedi nudi affondati nella sabbia calda, ma appena il sole tramonta la sabbia diventa fresca.
La cena semplice al campo è a base di verdure, carne e frutta. La serata viene conclusa da un concerto di tipica musica omanita. Si tratta di poesie cantate molto antiche e ancorate nella cultura omanita. I temi dell’eroismo, dell’amore, della natura sono i principali argomenti. Gli strumenti sono tamburi, violini, liuti e la musica ha un ritmo incalzante malinconico. Impressionante il cielo di stelle del deserto seduti sulle dune di sabbia, sospesi ad ammirare l’universo che sembra caderci addosso e ci fa sentire molto piccoli. Il buio è fitto e non è vero che il silenzio ci avvolge. Il deserto è “rumoroso” a modo suo: versi di animali in lontananza, alito di vento che soffia leggero e passi leggeri sulle dune probabilmente dei guardiani del campo o di qualche animale selvatico. Ci sentiamo osservati da mille occhi.
Il giorno dopo riprendiamo la 4×4 diretti a Nizwa, antica capitale del Paese tra il VI e il VII secolo d.C., ricca di moschee e di scuole coraniche, nota come “la perla dell’Islam”, e dominata da una rocca che sorge lungo la Sumail Gap, la via che taglia l’Hajar e arriva al mare. Fino a 80 anni fa non si poteva visitare, ora è una tappa obbligata per i turisti. Entriamo nel New Suk che offre prodotti di tutto l’artigianato locale: argento, zafferano, vaniglia, datteri e spezie. I datteri sono di varietà diverse, ma costano un Rial al kg., prezzo moderato e democratico. Da provare il caffè amaro al cardamomo con un paio di datteri che ne attenua l’amaro. Accanto visitiamo una fabbrica di humus pronto in barattoli. Il sesamo viene tritato in serbatoi d’acciaio per preparare la salsa tahina. In seguito viene aggiunta la crema di ceci e olio d’oliva. Questo suk dona ancora oggi a ogni visitatore quella inimitabile atmosfera che tanto affascina per i profumi e i colori. Dopo lo shopping visitiamo la fortezza di Nizwa, costruita a metà del XVII secolo. Il forte è massiccio e circolare con un imponente torre edificata su un basamento di rocce naturali ed è stata progettata per resistere alle vibrazioni di 24 cannoni installati nel forte. Dalla sua cima si può ammirare il panorama a 360 gradi sulle colline e dai villaggi dei dintorni ci sembra di vedere da un momento all’altro volare un tappeto volante che ci porta lontano. Pranziamo in un ristorante omanita con l’immancabile humus, verdure, riso, pesce e carne alla griglia.
Dalle montagne arriva l’acqua che sin dal 2500 a.C. è stata raccolta e distribuita con un sistema realizzato dai Persiani. Migliaia sono ancora oggi presenti in Oman e cinque sono stati proclamati nel 2006 Patrimonio dell’Unesco. Ci fermiamo per vederne uno: si tratta di una rete fitta di canalizzazioni (aflaj) che sfruttano la pendenza naturale e portano l’acqua anche molto lontano dalle sorgenti per sostenere l’agricoltura e l’uso domestico. Ci sono anche delle docce spartane. In questo modo sono nate coltivazioni di mandorli, albicocche e melograni. È meraviglioso vedere come questo sistema rappresenti una forma eccezionalmente ben conservata di uso del suolo. Essendo l’acqua un bene prezioso soprattutto in queste aree desertiche, è importante garantire l’equa condivisione nei villaggi e nelle campagne. Le piantagioni di palme da dattero rendono bene e vengono curate assiduamente dai contadini. La palma da dattero è conosciuta come “albero della vita” perché sin dall’antichità si sono ricavati legno, medicine e cibo indispensabili per la popolazione locale. Otto milioni di palme ne fanno il simbolo dell’Oman.
Al termine partiamo per Jebel Akhdar, Montagna Verde per la presenza di molti terreni agricoli terrazzati di 2000 metri di altezza, inserita nell’oasi naturale e unico polmone verde della Penisola Arabica. Fa parte della maestosa catena montuosa Al Hajar (la Pietra) che si estende da nord fino alla costa e comprende il picco più alto del Paese Jebel Shams (Monte del Sole di 3075 metri). Nel periodo di fioritura delle rose, coltivate dai locali secondo tecniche tradizionali, la parte alta del massiccio di Hajar si tinge di tenui sfumature rosate.
Ci dicono che in aprile avviene la raccolta e il profumo invade l’intera zona. I petali raccolti vengono utilizzati per la creazione della famosa acqua di rose omanita, impiegata come base di molti profumi ed essenze o in gastronomia. I contadini coltivano anche melograni, albicocche, olive, pere, noci, prugne, fichi e mele. Percorriamo una serie di tornanti che salgono intorno alla montagna brulla e rocciosa sino ad arrivare al lussuoso resort Anantara, dove abbiamo prenotato per rilassarci. Situato a duemila metri di altezza sullo spettacolare picco di Al Jabal Al Akhdar ha l’architettura di un villaggio omanita color sabbia, la piscina a sfioro e una terrazza di cristallo protesa verso il grande canyon di fronte, immerso in vasti giardini con ulivi, rose, e piante grasse che non ci si aspetterebbe di trovare a duemila metri di altezza. Oggi la temperatura (25°) è molto piacevole dopo il grande caldo della pianura.
In questo grandioso hotel Diana e Carlo hanno pernottato qualche giorno nel 1986, trascorrendo il tempo lui dipingendo e lei leggendo un libro. Sostando su questa terrazza possiamo ricordare questa sfortunata principessa che ammirò lo stesso panorama e forse il suo spirito è rimasto qui. Il cibo offerto è della migliore qualità e tradizione omanita, vengono proposti corsi di yoga, pittura e fotografia, e si possono praticare sport come l’arrampicata, il trekking e il tiro con l’arco. Un magnifico tramonto oltre il canyon si offre ai nostri occhi mentre siamo in piscina a nuotare come il sipario aperto sul palcoscenico.
Dopo questa piacevole sosta all’Anantara siamo ripartiti per ritornare a Muscat. Durante il tragitto ci siamo fermati al bellissimo villaggio di Birkat Al Mauz. Le antiche case sono fatte con mattoni di fango e noi passeggiamo tra i suoi palmeti con la sensazione di entrare nel passato. È un paese fantasma perché è vietato restaurare ed abitare queste case che sono molto rovinate dalle intemperie. Le numerose palme svettano e i datteri maturi cadono a cascata sulla cima.
Durante il ritorno a Muscat facciamo una sosta presso la fabbrica del profumo Amouage che mi dicono di nicchia e molto costoso. I laboratori sono moderni con serbatoi di acciaio per le varie profumazioni e le boccette di profumo vengono invece imballate a mano. Un negozio vende le confezioni per donna, uomo e per l’ambiente.
Pranziamo in albergo e nel pomeriggio ci attende il giro su un dhow, col quale navigheremo sino al tramonto nella baia di Muscat con varie soste in insenature scenografiche. I dhow sono barche tradizionali in legno utilizzate ormai unicamente per attività turistiche. La brezza dell’oceano gioca coi nostri capelli e ci sentiamo un po’ sceicchi arabi che navigano verso Paesi lontani. Tra l’altro fotografiamo il lussuoso Bustan Palace Hotel, un gioiello bianco che si staglia sulla spiaggia incorniciato dalle brulle colline alle sue spalle e ornato da file di palme verdi di fronte. Sembra il castello di un monarca con la mania di grandezza.
Il Paese fino agli anni settanta era conosciuto come “l’eremita del Medio Oriente” per essere un Paese chiuso e totalmente isolato, senza strade asfaltate, scuole soltanto per imparare a leggere e scrivere, senza ospedali, il coprifuoco notturno con le porte dei villaggi chiuse, i media considerati immorali, proibito il gioco del calcio. Oggi sta lentamente uscendo dal suo guscio rivelandosi una terra di gente cordiale e disponibile. Tradizionalista, ma più aperto di quanto si possa pensare, è una perfetta fusione di natura, tradizioni, storia e cultura. I turisti devono però rispettare i modi e le tradizioni del popola omanita. Orgogliosi sia dei rapidi progressi del loro Paese che del patrimonio di una delle grandi nazioni marinare del Medio Oriente. Il fascino di questo Paese è un insieme di fattori: il paesaggio è bellissimo, il deserto è affascinante e inoltre è un posto sicuro dove viaggiare, cosa molto importante. Chi ama il deserto sa che apparentemente non c’è nulla, ma in realtà c’è vita. Si vedono mandrie di dromedari correre liberi e poi ritornare dai loro padroni, escursionisti in 4×4 che solcano le dune e turisti sulle spiagge in riva all’oceano.
Rientrati in hotel ceniamo nel ristorante esclusivo al suo interno per la serata di gala a chiusura del nostro viaggio in Oman. È stato tutto perfetto e ben organizzato e siamo molto soddisfatti.
La cucina omanita offre un’interessante e saporita scelta di piatti che mescolano i sapori dell’India ai profumi del Medio Oriente e dell’Africa. Ecco un breve elenco:
Shawerma è la versione omanita del kebab turco, carne allo spiedo servita su pane e patate fritte.
Biryani, piatto di origine persiana composto da riso, spezie, carne o pesce, uova e verdure.
Halwa, un dolce di semola, miele, acqua di rose, cardamomo e mandorle cotto lentamente sul fuoco.
Khubz pane azzimo cotto in forni di argilla a forma di campana rovesciata.
Humus, tipico in tutto il Medio Oriente, salsa di ceci con olio, limone, sale, aglio e crema di sesamo.
Il caffè omanita, khawa, viene servito con semi di cardamomo e datteri da gustare insieme.
I pesci più comuni sono il tonno, il pesce vela, lo squalo, gamberi e aragoste.
Abbiamo vissuto esperienze indimenticabili: camminare nelle piscine naturali delle gole, le passeggiate sulle spiagge illuminate dagli ultimi raggi di sole, il deserto di una bellezza unica che si colora di ocra, di rosso e di oro secondo la luce, le dune vellutate, i villaggi incantati con case nei colori bianco e avorio incastrati nei canyon rocciosi, i palmeti ovunque che danno pennellate verdi al paesaggio, il mare turchese e gli affollati suk arabi ci hanno lasciato senza parole.
Abbiamo fatto un breve viaggio in Oman che ci ha lasciato l’impressione di un Paese in evoluzione con precise regole per seguire le antiche tradizioni, ma con uno sguardo al futuro. L’Oman è considerato uno dei più sviluppati e stabili tra i Paesi Arabi. Abbiamo visitato soltanto il nord del Paese e varrà la pena di andare a sud per vedere le piantagioni di incenso, le spiagge dove le tartarughe depongono le uova e la costa alta e rocciosa che si tuffa nell’oceano. L’Oman è un Paese che si può visitare in autonomia perché le indicazioni stradali sono anche in inglese, la benzina costa pochissimo e la gente è cortese.
Esempio di poesia omanita:
Verità
Seno
Asilo
Scuola
Università
Libri
Carta
Conversazioni
Di pensiero:
È bello
Conoscere
La verità:
Ma è meglio
Parlare
Degli
Alberi di palma.
Infatti in Oman gli argomenti tabù sono: politica, religione e la vita del Sultano.
MG/