Nel paese delle aquile ALBANIA – SHQIPERIA
Traghettata con arrivo a Durazzo (Durres) ore 8,30 Pratiche di ingresso: timbro/visto sul passaporto € 10,00 – carta verde € 34,00 – tassa importazione temporanea veicolo (furgone commerciale???) € 75,00.
Al porto ci attende ILIR MATI (ing. Elettronico,ex ufficiale della marina albanese, figlio di ammiraglio, laureato in antropologia in Italia, giornalista, reporter, collaboratore di Canale5 e Italia1 in luoghi di guerra), il giornalista di Tirana che ci accompagnerà fino al giorno 30/9 e che ci farà “scoprire” quanto di interessante ed inaspettato ci sia nel Paese in cui siamo appena arrivati, sempre attento alle esigenze del gruppo ed a collegare il presente con il passato e le tradizioni albanesi, e precedendo il nostro gruppo di sei camper con la sua piccola Vitara fuoristrada. Con ILIR i contatti dall’Italia sono stati allacciati da FRANCO MARCHI, l’ideatore e il promotore del viaggio.Visita all’Anfiteatro romano di Durazzo, l’antica Eppidaurus, fondata dai Corinti di cui era colonia ricca di rame, zinco e ferro. Visto dall’esterno il Palazzo reale e non visitato, per mancato accordo con le guardie d’ingresso.Sosta in pineta sul mare a Kala e Turres; zona agricola (mais, grano, ortaggi: 260 gg. Di sole all’anno) di Rrhogizine e laguna di Karavastar: oasi naturale di Divjake.Si cominciano a vedere i bunker in cemento disseminati in tutto il territorio albanese: sono stati voluti dal dittatore Enver Hoxha, oltre 1.200.000, che fece costruire quale “unica difesa contro il subdolo pericolo di invasioni, da oriente a occidente.” Visita agli stagni dell’oasi, con presenza di “pellicani ricci”.Lushnje; dal piccolo centro di Kolonje si imbocca la stretta via che in 2 km giunge al Monastero di Ardeniza, risalente al 1200/1300, dove si sposò Giorgio Kastrioti Skanderberg, considerato il massimo eroe albanese perché fermò gli Ottomani impedendo loro di arrivare al Golfo di Otranto e assicurando l’unità del Paese.Strada assai dissestataSi passa da Fier, capoluogo della regione Muzaka; nella pianura ci sono pozzi di petrolio; pranzo da camionista, con minestra “paçe” (goulash lungo) e palla di riso condito. Arrivo nella parte alta di Berat, fino alle 3 fortezze della città antica, edificate su uno sperone di roccia. Visita al Museo delle icone dipinte: particolarmente pregevoli quelle del pittore Onufri (XV sec.: il maestro più noto del Rinascimento albanese) e del figlio Nicola, che utilizzarono una particolare tonalità di rosso, detto “rosso di Onufri”. Nello stesso complesso c’è la chiesa di S. Maria Assunta con una ricca iconostasi ed una rosa dei venti in mosaico a pavimento, che ci vengono descritti da Anilla, la guida del museo.Continua la visita ad altre interessanti chiese affrescate e al centro antico, con le costruzioni in bel sasso bianco.
Mattinata dedicata alla magnifica città-museo di Berat, che nel 1990 ha festeggiato i 2400 anni e che è posta sotto il patrocinio dell’Unesco. Lungo ponte a 7 arcate sul fiume Osum e quartiere mussulmano di Mangalem con le case addossate le une alle altre, che le ha dato il nome di “città dalle 1.000 finestre” o “città dalle finestre allineate”. Le bianche e luminose case del quartiere sono completamente ricoperte dalle finestre, con i vetri che brillano alla luce e al sole. Nella collinetta di fronte alla fortezza e al quartiere Mangalem, sorge Gorica, il quartiere cristiano. Sosta al mercato con assaggio di sfogliatine al formaggio, e riprova del tifo degli albanesi per le squadre di calcio italiane (Juventus!!!! … Milan!!!!…)Ripercorriamo la stessa strada dell’andata fino a Fier (dove mancano tutti i coperchi dei tombini delle fogne): tanti pozzi di petrolio, pagliai di mais e pannocchie, anziana che fila la lana ancora con il fuso.Visitato il sito archeologico della città romana di Apollonia: sosta sotto ad un gigantesco ulivo. Apollonia fu città di notevole importanza, tanto che aveva il potere di coniare moneta propria, che ebbe una notevole diffusione nei paesi balcanici. Per l’appoggio dato a Cesare contro Pompeo nella guerra civile del 49 a.C. Fu proclamata da Augusto “città libera e intoccabile” e potè mantenere una certa autonomia all’interno dell’impero romano. Per l’importanza culturale che rivestì, venne definita da Cicerone “magna urbs et gravis”: vi fiorirono l’architettura, le arti e le scuole di retorica e filosofia, frequentate anche dall’aristocrazia romana.Nel cortile dove c’è il museo e la chiesa bizantina di S. Maria, ci sono anche delle ragazze in costume, selezionate per il concorso di miss Albania e impegnate per servizi fotografici. La zona archeologica non è ben segnalata ed è distribuita per tutta la collina, per cui la nostra visita si limita ad una parte degli scavi.Spostamento a Valona (Vlore: 112.000 ab., la seconda città dell’Albania), strada stretta, buche e fondo dissestato, attraversiamo la città e costeggiamo la sua laguna, in cui si nota il promontorio del “Muso nero”, da dove partivano i gommoni degli scafisti con i clandestini a bordo, diretti verso l’Italia.
Noleggiato un pulmino per tour di Valona (Vlora): la fortezza di Kanina sulla sommità, poi piazza Indipendenza, dove c’è la moschea di Murat (1542, particolare perché fonde le caratteristiche dell’architettura bizantina ai canoni degli edifici di culto mussulmani) ed il monumento che riconosce l’indipendenza albanese dichiarata il 28/11/1912 in seguito ad un accordo Italia-Austria: per l’Austria il dominio di Valona era punto strategico, perché dava il possesso dell’Adriatico. <
Ancora strade strette, con buche, e tornanti ripidi e dissestati.Giro per Dhermi, che ha numerose chiese. Visitata quella di S. Harallamb, che ha il pope e che durante il regime era stata riconvertita in cinema, di cui rimangono ancora file di classiche sedie in legno. Salita in vetta al paese alla chiesa di Nostra Signora, con antichi affreschi (anche curiose scene del diavolo) e testimonianze dell’arte popolare. Lungo la strada tra Dhermi e Vuno, bellissimo scenario di calanchi rossi. Sosta con bagno a Himare marina.Lungo la costa, a Porto Palermo, si trovano:- il tunnel di 800 mt. Scavato nella roccia e fortificato, con accesso dal golfo, in cui durante il regime venivano nascosti fino a 4 sommergibili,- l’interessante fortezza del sultano Alì Pascià di Tepelene, che abbiamo visitato e di cui la guida ILIR ha raccontato la storia e le leggende sul crudele sultano (Gli abitanti della zona decisero di costruire una fortezza per farne dono al Pascià; costruita con tantissimi sacrifici la fortezza, una delegazione degli abitanti del luogo si recò dal Pascià: “ti portiamo in dono la fortezza…”, al che il Pascià disse: “Come vi permettete di donarmi una cosa che è già mia?…” e li fece decapitare tutti.) In vista, vicina: l’isola greca di Corfù.Cittadine di Qeparo (di cui purtroppo non abbiamo visitato il borgo antico, causa il pessimo stato della strada per raggiungerlo) e Borsh, dove c’è il più antico castello illirico in Albania e la sorgente che sgorga dalla montagna e arriva alla spiaggia, nella cui area c’è un ristorante con i tavolini di pietra posti tra le cascatelle e i ponticelli. La costa albanese è molto ricca di sorgenti che sgorgano lungo l’intero litorale.Paesaggisticamente sono molto belle le coltivazioni a terrazzamenti sulle colline di Lukove, che hanno consentito l’impianto di oliveti e agrumeti, in ordinati filari che scendono fino al mare.Arrivo alla collina del castello di Lekures, con in vista il golfo di Saranda.
Piove. Visita a Saranda (c.A. 15.000 ab), il paese dove le coppie albanesi appena sposate vanno in luna di miele e che, durante l’occupazione italiana, Mussolini aveva voluto chiamare Porto Edda, in onore della figlia. In questa città dicono che non si porti mai la giacca, perché la temperatura è mite non scendendo al di sotto dei 16°. Bel lungomare, alberghi, ristoranti, buganvillee e, come negli altri posti, tanti cambiavalute nelle piazze e nelle strade centrali.Spostamento alla zona archeologica di Butrinto, posta in un bel sito naturale che si raggiunge costeggiando una zona con un’intensa coltivazione di ulivi e aranceti , la laguna –con i colori della salicornia e dell’erica- e la penisola di Ksamil, dove durante il regime impiegavano i carcerati per gli ulivi e gli agrumi. Si arriva poi al lago di Butrinto, che in parte è confinante con la Grecia; nel lago, che è poco profondo (4 mt) e non ha discariche, vi sono coltivazioni di mitili in una parte, mentre una metà del lago è priva di vita causa la presenza del metano e, così, tutti gli elementi organici vanno in decomposizione. In prossimità dell’ingresso al sito archelogico la strada si interrompe e vi è una chiatta- traghetto che consente di arrivare in Grecia.Biglietto d’ingresso: 700 leke Gli scavi di Butrinto, portati alla luce negli anni ’30 grazie all’intuizione ed alla caparbietà di un archeologo romagnolo, Luigi Maria Ugolini di Bertinoro (FC), sono l’espressione di un “sandwich” di civiltà, dagli illiri, ai greci, ai romani (che rimasero a Butrinto dal 2° sec. A.C. Al 3° sec. D. C.) e ai veneziani. L’interessante visita agli scavi riguarda: il tempio di Esculapio, il teatro, il ninfeo, il battistero bizantino, la grande basilica paleocristiana, ecc… Nell’anfiteatro vi sono intere facciate di pietra con incise delle scritte: si tratta degli editti con cui veniva concessa la libertà a degli schiavi. Molto suggestive e imponenti le mura e le due porte: Porta Skea (lago) con volta ad arco, e Porta del Leone, che è stata abbassata con un architrave –in questo modo chi faceva l’ingresso in città doveva inchinarsi- sul quale è splendidamente scolpita la scena dell’aggressione di un leone ad un toro.Il castelletto veneziano, con merlatura, rimesso in piedi dall’archeologo forlivese Ugolini, ospita il museo, che però viene tenuto chiuso; alcuni locali vicini al castello servono da base logistica per i gruppi di archeologi che talvolta sono presenti nel sito e che continuano negli scavi.Abbondante pranzo a base di cozze (alla griglia – fritte – al pomodoro e formaggio) e insalata greca al ristorante Livia, adiacente agli scavi.Al rientro, sosta alla penisoletta di Ksamil, per foto alle isole, e rientro a Saranda, nella medesima collina della sera precedente per il pernottamento, con una bella visione del golfo illuminato da luci e lampi. Butrinto e Saranda sono state le mete più a sud del viaggio; ora, continuando il percorso ad anello, si comincia a risalire verso nord imboccando la strada rossa che e in basso nella mappa stradale. A distanza si vede l’interessante architettura della chiesa ortodossa di Mesopotam. Si raggiunge “Syri ì Kalter”, ovvero la Sorgente dell’Occhio Blu, dove è stato identificato il fiume Stige cantato nell’Eneide da Virgilio, che lo considerava il punto da cui iniziava il viaggio per l’aldilà. La sorgente sgorga dal corso di un torrente ed è molto profonda, il colore dell’acqua varia in tutte le sfumature dal cristallino all’azzurro intenso e la corrente la muove in continuazione dal basso verso l’alto, ricordando il cromatismo della coda del pavone. Intorno alla sorgente sono fioriti i ciclamini.Proseguendo la strada troviamo edifici mitragliati e la nostra guida dice che sono gli effetti dei disordini del 1997, quando in Albania si ebbe il crollo delle piramidi finanziarie.Nella zona del passo di Muzina (570 mt) vi sono sedimenti e calanchi rossi, come ad Himare. In inverno qui nevica e si crea contrasto con il clima mite della vicina Saranda. La montagna Mali j Gjere è tutta a sassi stratificati diagonalmente. Siamo nella parte Nord dell’Epiro, vicinissimi alla Grecia. Passando alla valle del grande fiume Drin la strada si allarga:è la zona di Dervician, dove ci sono 5 paesi abitati da comunità greche.Arrivo a Gjirocastro (l’altra città-museo insieme a Berat), il cui significato è “Città d’argento”, visto che la leggenda dice che venne fondata dalla principessa Argjiro = argento. Sistemazione nella piazza principale, guardati dalla statua in bronzo di un baffuto guerriero e con una bella vista su antiche case-fortezza della città. Singolari le strade dal fondo lastricato e decorato a motivi geometrici. Visita alla fortezza che all’interno è un vero e proprio villaggio (con il museo delle armi), poi visita al museo etnografico, collocato nella casa natale di Enver Hoxha, il “dittatore”, dove sono ricostruiti ambienti delle case tradizionali e antichi costumi. A Gjirocastro è nato anche Isnmail Kadarè, che è il massimo scrittore contemporaneo di questo paese.La città è colorata, perché il giorno successivo avrà inizio il FFK, cioè il Festival Folklorik Kombetar (=nazionale), importante manifestazione che si tiene ogni 4 anni. Al festival, per il quale è prevista la presenza del ministro della cultura, prendono parte i gruppi di musica e danze dei 26 distretti albanesi, oltre ai gruppi delle enclave costituite all’estero, abbigliati con i diversi e colorati costumi tradizionali. Nella fortezza stanno allestendo il palcoscenico, a cui fanno da cornice imponenti montagne. Ci fermiamo ad osservare i lavori in corso: si vernicia senza mascherine, si salda senza protezione, si sta appesi nel vuoto senza nessuno dei presidi di sicurezza che in Italia sono imposti dalla 626!Cena al ristorante popolare “Sopoti”, con spiedini e 4 kg. Di costolette di montone.Giro nella parte antica del paese, per ammirare le tipiche abitazioni-fortezza, prive di finestre al pianterreno e con i particolari tetti di lastre di pietra grigia, ben confortevoli all’interno.
Rifornimento di burek (sfogliatine) agli spinaci nel negozio aperto nella piazza centrale da un albanese che ha soggiornato a Napoli, dove ha appreso tutti i segreti della pizza. Rapido giro con il mezzo a Gjirocastro bassa, che ci appare una città piena di vita.Continuando a costeggiare il fiume Drin, troviamo un’altra sorgente.Sosta a Tepelene, città del famoso Alì Pascià, sultano di Ioannina, dove sono rimaste le mura della fortezza, in cui soggiornò lord Byron.Il percorso segue il letto del fiume Vojuza, che nasce in Grecia e accoglie le acque del Drin. Lungo la strada i pastori espongono le pecore scuoiate, in vendita come fosse una macelleria all’aperto.Al passo del Drago sostiamo alla trattoria dove (per 750 leke) si pranza con: minestra di trippe – fiamminga di agnello allo spiedo – crema di yogurth e cetrioli – vino – raki.Altra bella sorgente: quella carsica dell’ “Occhio nero”.Nella cittadina di Permet si punta sulla pasticceria/pizzeria Adhani, dove ci gratifichiamo con una stupefacente varietà di paste e dolci al cucchiaio. Particolarmente apprezzati i dolcetti a girasole, tipo pasta di mandorle.
Il viaggio continua in uno scenario di monti spettacolari. Siamo in mezzo a rocce intorno ai 2.500 mt. (C’è un punto con il bivio verso la Grecia, con il confine a 3 km) Da una fenditura nella roccia in lontananza si vede uscire del vapore: è la montagna chiamata “sauna degli Dei”.Sosta a Leskovick, dove c’è il mercato, con i contadini che vendono i loro prodotti lungo la strada e gli ambulanti di scarpe usate. Acquisto di amaretti albanesi nel piccolo supermercato e di un sacchetto di pane rettangolare a fette, quello che qui è di uso comune. In questa zona del paese, ancora più che in altre parti, la 2° guerra mondiale con l’invasione tedesca hanno fatto terra bruciata. Quindi i paesi non hanno parti caratteristiche, se non grigi condomini, molto sbrecciati, che qui, come altrove, vedono la presenza in ciascun terrazzo della grande “padella” dell’antenna parabolica. E qui, come negli altri posti, la gente è desiderosa di comunicare, e spesso avvia il discorso con qualche parola in italiano.Continuiamo il viaggio a quota 900/1.000 mt di altitudine; frequentemente si incontrano monumenti alla lotta partigiana. I paesi sono privi di segnaletica. Nessuna presenza di illuminazione pubblica. C’è la riserva di Menaumuar. Nei cortili delle case le donne lavorano il mais. La velocità di marcia oggi è ancora più ridotta, perché lungo la strada, oltre alle buche, ci sono frane. Si passa da Erseke, con il mercato del bestiame in mezzo al bosco, e poi da Mollaj.Arrivo a Korce (c.A 50.000 ab). Si parcheggia nella piazza principale, dove c’è l’immensa chiesa bizantino-ortodossa di recente costruzione. Nella piazza si ha l’interessante incontro, dovuto al caso, con Costantino Cabria, corrispondente consolare in questa città dell’ambasciata italiana. Giro per il centro, le vecchie case, l’antica moschea, il bazar, pranzando con polpettine, pane e cipolla. Acquisto di cd di musica popolare albanese.Non c’è tempo per una puntata a Voskopoje.Superamento di altri passi; a Leshnice e poi e Pogradec, che è la cittadina più grande sulle rive del Lago di Ohrid, diviso tra tre nazioni. Sosta in un parco con sorgenti, sul lago.Si continua verso ovest costeggiando il lago, che appare molto bello, e dopo 20 km. arrivo a Lin, piccolo villaggio di pescatori sul lago. La piazzetta sterrata del paese è molto animata.Cena con il koran, la trota del lago, e raki.
Al mattino Lin appare ancora più animata: le donne tornano dalla campagna con le piante di mais sulla schiena, i bambini vanno a scuola cercando di fare lo slalom tra le buche della strada principale, per non bagnarsi troppo i piedi. Acquisto di caciocavallo e banane (la frutta più diffusa) in un piccolo alimentari del paese.Il viaggio riprende. Qui sono presenti i cartelli che segnalano inizio e fine paese, che più a sud non ci sono: Prrenjas, Qukes, Librazdht. Siamo nell’interessante valle del fiume Shkumbin.All’ingresso di Elbasan (c.A 70.000 b.) c’è il ristorante S. Marco, con i leoni dorati di Venezia nella facciata, poi la torre dell’antica fortezza. Sosta al colorito mercato di Elbasan, con assaggio di cyofte (polpettine allungate). Riprendendo il viaggio la strada sale notevolmente, con tanti baracchini di vendita di cipolle e frutta, soprattutto melegrane e cachi verdi, e la vista di Elbasan, situata nella conca, che dall’alto è impressionante: è un insieme di capannoni industriali anneriti e in parte fumanti, frutto della presenza di siderurgia di tecnologia cinese.Alla mezza: arrivo a Tirana, che ha circa 600.000 ab. E, con i lavoratori che arrivano dall’esterno, passa a circa 800.000 ab.: innanzitutto incontriamo il parco recintato dove c’è il palazzo del Presidente della repubblica.Giro con i mezzi per le strade principali della città, vedendo: l’Università (sedi delle facoltà di Filologia e Geologia, Politecnica, Agraria), l’Accademia delle arti, la chiesa moderna di S. Paolo, la piramide di Hoxha (ora un auditorium), le sedi del Governo e del Parlamento, il Museo d’arte moderna, in fondo: il Politecnico. Poi: l’Hotel Dajti (è il nome del monte alle spalle della città), i Ministeri, l’Hotel Tirana, la piazza Skanderberg con la Moschea di Ethem Bey e al centro la statua dell’eroe a cavallo, il Museo nazionale che nella facciata ha l’enorme mosaico allegorico che rappresenta una folla di personaggi intorno alla figura dell’Albania .Giro al mercato, con acquisto di prodotti locali: noci, peperoni ripieni, crema di yogurt, bamia (specie di piccole melanzane verdi, chiamate anche “baci di dama”), poi sosta al “OA Klub” = Club Albania Outdoor (rruga Siri Kodea 42/1 – Tirana), dove un’Associazione di giovani svolge un’attività di volontariato per finanziare iniziative di scoperta dell’Albania e cura anche discese di fiumi in rafting ed escursioni di trekking per gruppi che ne fossero interessati.Tirana è una città relativamente recente: la sua fondazione risale ai primi anni del 1600. E’ una città piacevole, che colpisce per i colori vivissimi delle facciate di molti palazzi o locali pubblici: ci dicono che sia l’influsso del Sindaco, che è anche pittore.Impressiona favorevolmente il clima di animazione e la presenza per strada di tanti giovani, notata soprattutto nella passeggiata serale.Molto armoniosi i palazzi tinteggiati di giallo di alcuni Ministeri, realizzati nel corso della presenza italiana in Albania intorno alla fine degli anni ’30, che si affacciano sulla piazza Skanderberg, dove l’austera statua equestre dell’eroe nazionale convive vicino alla ruota panoramica ed al parco giochi con le automobiline per bambini.Calorosamente ci salutiamo con il nostro accompagnatore ILIR MATI, che è stato con noi 10 gg. E che ha reso il viaggio davvero interessante. Ulteriore giro a piedi per le strade centrali di Tirana, poi uscita dalla città. Per chilometri ai bordi della strada ci sono rivendite di verdura e frutta, abbigliamento e, soprattutto, accessori per auto e, come in tutta l’Albania, lavaggi per auto e recinti con produzione artigianale di mattoni e altri manufatti per l’edilizia..Deviazione a Kruje (c.A. 11.00 ab.), importante dal punto di vista storico per le sue battaglie contro i turchi condotte da Skanderberg, ed epicentro dello stato feudale albanese. Sulla strada per arrivarvi si incontrano delle carbonaie per la produzione del carbone di legna, e dei luoghi di preparazione della calce. Kruje è un’antica cittadina, con la fortezza ricostruita e, nell’atrio del museo, un enorme gruppo marmoreo. Per gli albanesi è un luogo sacro, perché simbolo del loro sacrificio per la libertà: qui inusualmente notiamo del turismo interno, con diversi pullman di scolaresche in visita alla fortezza. Sosta al vivace bazar di artigianato, ricavato dalle antiche case decorate con l’arte tipica della zona: l’intarsio in legno. Nella fortezza c’è la “sposa del giorno prima” che posa per le foto con un vistoso abito rosso: secondo un’usanza del paese, il giorno del matrimonio la sposa veste in lungo di bianco, mentre il giorno precedente indossa un lungo abito di colore rosso. Veloce giro anche al colorito mercato locale. Anche qui, come in tutte le cittadine albanesi: sale da biliardo e sale per il bingo.Proseguiamo in direzione Scutari per una sorta di superstrada; in tutti i ponti c’è un militare con kalasnikov e ci dicono che poco prima di noi è transitato il Presidente albanese verso nord. All’arrivo a Scutari (Shkoder, c.A. 100.000 ab.) siamo accolti da Anton e Fhatos, che ci seguiranno durante il soggiorno e che fanno parte di un’Organizzazione che distribuisce gli aiuti della UE per sostegni all’economia. Dopo aver posizionato i camper nel cortile di un calzaturificio, visitiamo i laboratori della fabbrica artigianale “Arlecchino”( www.Venicefashionmask.It) , che danno sullo stesso cortile, dove dei lavoranti albanesi realizzano bellissime maschere carnevalesche in cartapesta, decorate a mano, che vengono vendute a Venezia.Giro per la città, con acquisto di un’altra forma di buon pane rotondo; i palazzi del centro testimoniano un importante passato, ma ora versano in stato di degrado.Incontro con la Vicesindaco Voltana Adermi, che illustra le bellezze e le difficoltà della propria città.Cena a base di agnello cotto al forno nello yogurt , verdure ripiene e un ottimo creme caramel.
Il noleggio del pulmino si è rivelato una scelta azzeccata: infatti qui a Scutari le strade sono in uno stato tale da essere impraticabili senza avere un mezzo robusto e la buona conoscenza del fondo: cosa ci sarà mai al fondo di quelle enormi pozze d’acqua di cui sono fatte le strade?Si va verso Coman, in località Shurdhan, zona dove con una diga è stato creato il lago artificiale di Dejes, che ha sepolto alcuni villaggi lasciando un’isoletta centrale, Sarda, uno dei luoghi della predicazione di S. Paolo con i resti dell’antica fortezza, che raggiungiamo con due barchette dei pescatori, in lamiera.Altro spostamento con il pulmino per la visita al grande ponte romanico, ancora intatto, poi si fa la strada che costeggia il bel Lago di Scutari, passando da Shiroka (paese di villeggiatura) fino a raggiungere il villaggio di Zogaj, ai confini con il Montenegro, con visita ad una famiglia che lavora alla produzione dei tappeti ai telai.Serata al Centro Anziani SAM (Solidarietà attiva per la III° età), dove hanno preparato un’accurata cenetta.
Passando a fianco della fortezza Rozafat, circondata da un’antica leggenda che vorrebbe che dalle sue mura trasudi il latte, si lascia Scutari verso la frontiera: al ponte situato all’inizio della città si gira a sinistra, in direzione Muriqan, che è l’ultimo paese prima del posto di frontiera. Si utilizzano gli ultimi leke facendo spesa di carne in una “primitiva” macelleria, di frutta e verdura al mercato all’aperto, e poi con l’acquisto di una cassa di birra “Tirana”, una buona birra che viene prodotta in Albania, il cui consumo è assai diffuso. In 13 km. Si giunge in frontiera, dove viene richiesto il “cartone” modulo che in entrata non ci è stato fatto e il pagamento di 27 Euro (senza alcuna ricevuta) per l’uso delle <
Si riprende il percorso lungo la costiera.Piacevole sosta a Trogir, città dove sono ancora vivissime le tracce della dominazione veneziana, soprattutto nelle facciate dei palazzi e nelle trifore o quadriforme simili a quelle sul Canal Grande.Nell’intenso traffico della costiera, notiamo le indicazioni verdi di “autostrada”: decidiamo di seguire il cartello e ci troviamo a percorrere un’autostrada di nuova costruzione, con un bellissimo fondo stradale, che ci porta vicino a Senj, con risparmio di un bel po’ di tempo.
Sempre con vista a mare, si percorre l’ultimo tratto di Croazia, superando la baia di Buccari (Bakar, dove nel 1918 D’Annunzio beffò la flotta austriaca con 3 sommergibili mas italiani), poi Rijeka, passaggio in Slovenia e arrivo in Italia, dove, per prima cosa, ci si approvvigiona di un quotidiano italiano.Rientro a Forlì alle ore 18