Mauritania: oltre i luoghi comuni

Anche questa volta, il richiamo dell’Africa è stato irresistibile e ci ha condotti verso una meta insolita e poco considerata, anche da quei viaggiatori non restii a spingersi oltre i ‘luoghi comuni’. Stiamo parlando della Mauritania, un paese che non ha mancato di stupirci, lasciandoci dentro forti impressioni e bellissimi ricordi. E’...
Scritto da: Arabafelice
mauritania: oltre i luoghi comuni
Partenza il: 29/12/2006
Ritorno il: 12/01/2007
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Anche questa volta, il richiamo dell’Africa è stato irresistibile e ci ha condotti verso una meta insolita e poco considerata, anche da quei viaggiatori non restii a spingersi oltre i ‘luoghi comuni’. Stiamo parlando della Mauritania, un paese che non ha mancato di stupirci, lasciandoci dentro forti impressioni e bellissimi ricordi. E’ difficile descrivere le emozioni provate di fronte ai paesaggi che abbiamo attraversato, di fronte ai tramonti sull’oceano o su sinuose dune di sabbia, di fronte al sorriso di donne, uomini e bambini. Difficile spiegare anche il senso di impotenza provato nel constatare l’estrema povertà di un paese destinato inesorabilmente alla desertificazione, praticamente privo di risorse, e quelle esistenti insufficienti a risollevarlo dalla polvere…O sfruttate a tutto vantaggio di una ristretta classe locale o di grandi compagnie straniere… In un contesto come questo, il turismo (un certo tipo di turismo…) resta una delle poche ancore di salvezza, e quella che rappresenta la più grave minaccia per il popolo mauritano, ossia l’avanzata del deserto, potrebbe trasformarsi in una importante risorsa, in grado di migliorare le condizioni di vita di queste popolazioni. Ed è anche il messaggio che in qualche modo ci è stato affidato dagli amici che ci hanno accompagnati in questa avventura: un appello, che con questo racconto cercheremo di lanciare, a visitare questo paese, tanto duro quanto affascinante, la cui natura inospitale non è riuscita ad affievolire nelle persone il senso di ospitalità e di accoglienza verso l’altro.

Questo breve resoconto di viaggio è quindi dedicato ai nostri ‘fratelli’ del deserto mauritano: a Saleck, la nostra esperta guida, a Hamoudi, il nostro ‘chef’, a Muhammad Lamin, un autista provetto, ad Ali il cammelliere, a Qassam ed alla sua famiglia…Insomma, a tutti coloro che abbiamo avuto la fortuna di conoscere.

Due le nostre mete principali: il parco nazionale del Banc d’Arguin e la zona montagnosa e desertica dell’Adrar. Siamo partiti in quella che viene considerata la stagione migliore, ossia dal 29 dicembre al 12 gennaio. Il clima è ideale, caldo e secco, con punte di freddo la notte, che ci hanno tenuti svegli almeno due o tre volte, nonostante i sacchi a pelo termici. Quanto all’organizzazione del viaggio, dopo varie richieste di preventivi e ricerche su internet, ci siamo affidati ad una giovane guida locale, Saleck Abdella, che ci ha chiesto 820 euro a testa (eravamo in due, io e mio fratello) per 15 giorni, formula ‘tout compris’: auto con autista, guida, cuoco, vitto e ‘alloggio’ (la tenda e tre notti in alberghi semplici ma dignitosi), ingressi ai parchi ed ai siti, ecc. Abbiamo trovato il suo indirizzo e-mail sul sito della Routard e devo dire che la soddisfazione è stata totale. Nella somma pattuita era veramente ‘tout compris’, anche l’acqua in bottiglia. Inizialmente, l’idea di avere un ‘cuoco’ al seguito ci sembrava un’esagerazione, ma alla luce dell’esperienza fatta bisogna dire che, oltre ad aver trovato molto piacevole la compagnia di questo gruppetto di ragazzi, si tratta anche di un modo per permettere loro di lavorare e guadagnare uno stipendio. Saleck ha infatti creato un’agenzia di giovani guide mauritane, chiamata ‘Azougui guides’, ed al momento stanno costruendo un piccolo albergo nella zona di Atar. Sono tutti ragazzi tra i 24 ed i 35 anni circa, simpatici e professionali. Invito sin d’ora chi fosse interessato a contattarmi per ulteriori informazioni.

1-5 giorno: Arrivo a Nouakchott con Air France e da qui partenza con la nostra ‘cat-cat’ (la 4 per 4…) alla scoperta del Banc d’Arguin. A bordo, una scorta d’acqua e di viveri, vettovaglie e la grande tenda nomade che ci avrebbe dato riparto per ben 10 notti. La zona, un’area protetta, è meta di sosta per migliaia di uccelli migratori, che trascorrono l’inverno sugli isolotti che emergono dalle acque dell’oceano Atlantico, qui poco profonde. Abbiamo avuto la fortuna di avvistare pellicani, fenicotteri rosa, cormorani, gru, aironi e moltissime altre specie, che al passaggio della nostra barca a vela, noleggiata in un villaggio Imraguen (la popolazione autoctona, dedita alla pesca), si levavano in volo macchiando il cielo di bianco e di rosa. Dopo qualche ora di sosta al largo di uno di questi isolotti, popolato da decine di uccelli (è infatti vietato visitarli a piedi), al momento di levare l’ancora l’imbarcazione si insabbia a causa della bassa marea, cosicché tutto l’equipaggio (ossia i due marinai, i nostri Saleck e Hamoudi e perfino mio fratello) si immerge nelle fredde acque oceaniche nel tentativo di liberare il ‘natante’ a spintoni… L’operazione riesce dopo circa un’ora e noi possiamo fare felicemente ritorno sulla terra ferma…Anche se un po’ storditi dal mal di mare… Sulla riva, pochi pescatori Imraguen, che praticano ancora la pesca tradizionale, l’unica consentita all’interno della riserva, riassettano le reti e tirano a secco le barche. Da quando le società ittiche straniere hanno cominciato a sfruttare le acque mauritane, considerate tra le più pescose al mondo, la vita è diventata più dura per gli Imraguen, la cui unica fonte di reddito e principale risorsa alimentare è proprio il pesce.

La nostra visita del Banc d’Arguin si conclude con un ottimo merluzzo alla griglia…Merluzzo?! Chissà…Comunque buonissimo! Lasciamo quindi i poveri villaggi Imraguen. Direzione, Atar! 6-10 giorno: Atar, la vecchia capitale della colonia francese, prima che fosse costruita Nouakchott, che ne prese il posto una volta ottenuta l’indipendenza nel 1960, ci appare davanti dopo circa 350 chilometri di strada asfaltata (poca…) e pista (molta…) ed una notte di campo ai piedi di una duna arancione.

Ben poco resta a testimoniare l’antico ‘lustro’ della capitale ‘francese’ della colonia, a parte le strade affollate di gente, le numerose attività commerciali che vi si svolgono e la ‘rotonda’ cui ci si imbatte proprio all’arrivo, elemento ricorrente nelle città ex coloniali e piuttosto estraneo all’urbanistica tradizionale di questi luoghi… Ma ad Atar c’è anche un aeroporto internazionale, ottimo punto di arrivo, o di partenza, per chi intende avventurarsi alla scoperta del poliedrico deserto mauritano. A pochi chilometri da Atar sorge l’oasi di Azougui, l’antica capitale degli Almoravidi, coloro che islamizzarono la Mauritania. Villaggio natale di Saleck e Hamoudi, qui ci è stata riservata una calda accoglienza da Qassem, gestore dell’Auberge de la Medina, dove abbiamo fatto la doccia (che ci ha liberati da uno strato di sabbia dello spessore di 6 giorni!) e mangiato un ottimo ‘meshwi’ (capretto al forno ripieno di cous-cous…Chiedo venia agli animalisti!).

Circa 230 chilometri ci separavano da Ouadane, la prima delle due antiche città carovaniere (l’altra è Chinguetti) che abbiamo visitato. Lungo la pista incontriamo capre, cammelli, qualche asinello, rari accampamenti di beduini e tanta, tanta sabbia.

Ouadane, arroccata solitaria sulla sua collina, si tinge di caldi colori, illuminata com’è dal sole che tramonta. All’auberge ci vengono incontro con il vassoio del tè – ‘bevanda nazionale’ della Mauritania e molto di più – e dopo i tre bicchieri rituali ci apprestiamo ad esplorare le vie ormai quasi buie di questa cittadina, dove un tempo confluivano i ‘due fiumi, quello dei datteri e quello della sapienza’. Nella piazza centrale si sta giocando una partita di calcio, il pubblico è numeroso: dev’essere senz’altro una finale… La mattina seguente, dopo una passeggiata di perlustrazione per le intricate vie di questa città, che ospita anche delle importanti biblioteche storiche, ricche di manoscritti che le famiglie si tramandano di generazione in generazione, saliamo sulle nostre Toyota e ci dirigiamo verso il Guelb er-Richat. Sapendolo, l’idea di trovarsi all’interno di un cratere del diametro di circa 40 chilometri, provocato una sessantina di milioni di anni fa dalla caduta di un meteorite, fa davvero impressione… Sapendolo, appunto…Perché nell’addentrarvisi si fa fatica a rendersi conto di dove ci si trova… Ma con un po’ di immaginazione, e tenendo a mente le immagini satellitari osservate su internet prima di partire, anche questo luogo ha il suo ‘da dire’! Tanto più che a poca distanza dal cratere sorge il mitico albero sotto il quale si riparava dal sole e trascriveva le sue osservazioni il famoso esploratore e naturalista francese Theodore Monod. Giusto il tempo per immortalarlo in una foto molto turistica e via, si riparte! Destinazione, oasi di Tanuchert. Qui il freddo, il forte vento e l’umidità ci fanno trascorrere la notte praticamente in bianco: il deserto è anche questo…! Il giorno dopo, Chinguetti si profila all’orizzonte circondata da un mare di dune. Suggestivo, ma è difficile – anche di fronte alla bellezza del paesaggio – dimenticare cosa significa tutta questa sabbia in termini di sopravvivenza delle persone e degli animali che qui vivono… Se non altro, l’estrema siccità del clima è stata la fortuna dei manoscritti conservati nelle biblioteche private di questa città, che in altre condizioni si sarebbero già ammuffiti da un pezzo o sarebbero stati divorati dagli insetti, più di quanto già non lo siano… Dedichiamo a questa antica città carovaniera, che è tra l’altro la settima città santa dell’Islam, l’intera mattinata. Nel primo pomeriggio, dopo aver raccolto un po’ di sabbia rossa da riportare a casa, puntiamo verso le dune, che in un attimo ci inghiottiranno in un susseguirsi di cordoni ondulati dai colori cangianti. Sullo sfondo, una frastagliata catena montuosa, che improvvisamente si interrompe per sprofondare a picco nel deserto. Poi la sabbia lascia il posto ad una distesa di pietra lavica. Dopo circa tre ore, raggiungiamo la nostra meta: l’oasi di Mheirith, adagiata sul letto di un wadi lussureggiante. Trascorriamo qui la notte. Il mattino dopo, risaliamo il crinale della montagna diretti all’oasi di Terjit, dove inizierà il nostro trekking nella suggestiva Vallée Blanche. Ahimé, a questo punto cominciano i primi addii… Lasciamo infatti la ‘cat-cat’ per sostituirla coi cammelli, e Muhammad Lamin, il nostro valente autista, fa ritorno a casa… Il nostro commiato da Muhammad Lamin è molto sentito… In così pochi giorni, abbiamo condiviso così tanto… Strano pensare che probabilmente non lo rivedremo mai più… Le nostre strade si sono incrociate per un attimo, ma il ricordo di questo incontro resterà per sempre.

Trascorriamo la giornata all’ombra delle palme di Terjit e facendo un bagno in una sorgente naturale di acqua calda, ripensando al nostro amico sulla via del ritorno verso Atar, dove vive con la sua famiglia.

Allestiamo la nostra tenda per la notte e dopo cena un topolino del deserto si avvicina al nostro fuoco alla ricerca di qualche avanzo. Fino a quel momento, li avevamo visti solo nei documentari di Piero Angela! 11-14 giorno: Dopo dieci giorni di macchina, ci fa piacere intraprendere questo breve trekking, che in realtà si rivelerà molto comodo, inframmezzato da lunghe pause dedicate al ‘rito’ del tè ed ai pasti. I nostri tre cammelli non fanno altro che lamentarsi: forse non ci hanno preso in simpatia, ma la cosa è reciproca… Così, preferiamo proseguire a piedi, il che ci permette di gironzolare più liberamente, fare foto in tutta tranquillità e salvare il nostro nervo sciatico da una ineluttabile infiammazione! La Vallée Blanche si presenta come una lunga catena di montagne delle quali oramai spuntano solo le cime. Le dune inondano tutta la valle, poggiandosi sui fianchi di questi rilievi, e noi ci divertiamo a salire e scendere, sprofondando nella sabbia fino agli stinchi, in modo da raggiungere il punto più alto possibile ed ammirare il panorama circostante. Ai margini di questo mare di sabbia, la vegetazione superstite dimostra l’esistenza, non distante nel tempo, di una vastissima e rigogliosa oasi.

Le nostre serate trascorrono piacevolmente attorno al fuoco e Hammudi ci sorprende cucinandoci gli spaghetti con le verdure, una ricetta che ribattezziamo subito ‘spaghetti alla Vallée Blanche’. Insegniamo ai nostri amici come si arrotola lo spaghetto attorno alla forchetta, un’operazione che riesce loro difficile tanto quanto a noi fare le palline di cus-cus con le mani! Sazi e stanchi, ci addormentiamo col pensiero che l’indomani avremmo lasciato il deserto per fare ritorno nella caotica Nouakchott. Ma il giorno dopo, il deserto ci riservava un’ultima sorpresa: la pioggia! E proprio come nei famosi documentari di Piero Angela, in men che non si dica si sono dischiusi tra le pietre dei candidi fiorellini bianchi… Prima del rientro a Nouakchott, dobbiamo dire addio anche Hammudi, il nostro cuoco… Ricorderemo la sua attenzione, la sua presenza così discreta, la sua disponibilità… Il tragitto verso la capitale dura circa 5 ore e noi ci ritroviamo immersi nel traffico cittadino, tra lo smog, la polvere e l’immondizia. Nouakchott è una tipica città del mondo in via di sviluppo. A livello politico, la Mauritania sta seguendo il cammino verso quella che alcuni definiscono una ‘democratizzazione guidata’ e in occasione delle ultime elezioni presidenziali di marzo (questo resoconto è infatti un flashback) il paese ha dato esempio di grande maturità. Gli osservatori dell’Unione Europea hanno riferito che il voto, tramite il quale si è compiuta la transizione dal governo militare di Ely Ould Mohamed Vall a quello civile del neo-eletto Sidi Ould Cheikh Abdallahi, si è svolto in modo trasparente e pacifico. Noi stessi, durante la nostra permanenza, abbiamo assistito ad un certo ‘fermento’ in vista di queste attese elezioni ed abbiamo chiesto ai nostri amici cosa si aspettano dai loro rappresentanti politici: infrastrutture, istruzione, azioni concrete per ridurre la povertà… I giovani mauritani che noi abbiamo conosciuto vogliono vivere in Mauritania, e qui costruire il loro futuro: non hanno il mito dell’Occidente, al quale attribuiscono la colpa di aver sacrificato i valori al ‘dio denaro’.

Ma torniamo a Nouakchott, dove ci prepariamo al ritorno, andando alla ricerca degli ultimi ricordini da portare in Italia: piccole scatoline in legno decorate con l’argento, le stoffe colorate, le calabasse (ciotole di legno intarsiate), semplici teiere di latta dipinte… La giornata vola e dopo cena prendiamo il taxi diretti in aeroporto. Saleck è con noi. Ho le lacrime agli occhi! Non riesco a trovare le parole per esprimergli la mia gratitudine e la mia amicizia… In un attimo, mi scorrono davanti questi 15 giorni di viaggio, e mi convinco che incontrarlo sia stata una grande fortuna… Domattina ci risveglieremo a Parigi e dopo poche ore saremo a Roma. Ma qualcosa di noi, come sempre accade in viaggio, sarà rimasto là, tra le sabbie della Mauritania.



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