MARE CELTICO: esplorazioni in Bretagna e Normandia
13.08 Ci svegliamo decisamente presto, sarà forse la voglia di iniziare ad esplorare la Normandia. Dopo aver fatto colazione con caffé, croissant, baguette, burro e marmellate varie carichiamo i bagagli in auto e partiamo in direzione Giverny, verso la casa di Monet per l’esattezza. Arriviamo e con grande stupore e delusione scopriamo che il lunedì è giorno di chiusura! Poco male, abbiamo prenotato per la notte nelle vicinanze e decidiamo di rimandare la visita all’indomani. Ci dirigiamo a Les Andelys. Il motivo della visita è ammirare il castello costruito da Riccardo cuor di leone circa 1000 anni fa. Il castello è visibilmente in rovina, soprattutto per un tentativo di distruzione compiuto da Enrico IV nel 1204, ma le mura sopravvissute permettono comunque di immaginare l’imponenza che poteva avere quando fungeva da fortezza. La vista sulla Senna è mozzafiato. In alcuni punti si ha quasi l’impressione di volare. Si è fatta ora di cena. Meglio muoversi ed organizzarsi per la serata. Raggiungiamo il B&B prenotato e cerchiamo un posticino per cenare. Vorremmo gustare le nostre prime gallette, ma il lunedì in questa zona è quasi tutto chiuso. Ci spingiamo fino a Louviers, cittadina con una bella cattedrale ed una buona “creperie”. Ecco la nostra gallette, ovviamente di grano saraceno 100%. Per me “complete” (formaggio, prosciutto e uova). Per Angela, che è più raffinata di me, al camembert e roquefort. Qui proviamo per la prima volta anche il cidro. Ci piace e ne berremo a volontà per tutto il viaggio. Ormai le tenebre stanno calando anche sulla Normandia (benché siano già le 22,00 potremmo dire che c’è ancora luce) e il meritato riposo ci attende. Rientriamo a casa accompagnati dalla luna, grande, di fronte a noi, là all’orizzonte, in fondo alla strada che stiamo percorrendo.
14.08 Sveglia di buon mattino, ma non troppo. Anche oggi vediamo il sole sopra le nostre teste, cosa che ci sorprende piacevolmente, considerato che immaginavamo di trovare, qui nel nord dell’Europa, acqua e vento. Solita, buona e nutriente colazione francese, il tempo di lavare i denti e siamo in auto direzione Vernon per ritentare la visita alla casa di Monet. Lungo la strada notiamo i fiori messi ad ornamento di case, ponti ed aiuole. I francesi ci tengono al mantenere in ordine e belli i luoghi di interesse turistico, su questo non c’è dubbio. Oggi la casa-museo è aperta al pubblico. Iniziamo la visita dal giardino, pieno zeppo di fiori di ogni colore, anche se a guardarlo nel suo complesso sembrano dominare, forse per la stagione, tonalità di rosso, di arancio e di giallo. Il sito è anche stracolmo di turisti, già dalle prime ore del mattino. I più numerosi sembrano i giapponesi che, ovviamente, scattano foto a ripetizione. Indimenticabili lo stagno con le ninfee ed il ponte giapponese che ha ispirato il famoso dipinto del pittore francese. Entriamo nella casa e rimaniamo immediatamente colpiti dai colori delle pareti delle stanze, monocromatiche ed ognuna diversa dalle altre. Azzurro il soggiorno, gialla la cucina, ed anche i mobili dello stesso colore delle pareti. Terminata la visita alla casa di Monet ci dirigiamo verso Etretat, dove arriviamo in tarda mattinata. Cerchiamo una sistemazione per la notte ed incontriamo una simpatica signora che ci affitta una stanza a prezzo modico e con colazione, per usare le sue parole, “a volonté”. Pranziamo con gallette e cidro ed iniziamo la nostra “grand promenade” sulle mitiche falesie di Etretat. Un luogo che ritengo uno dei più suggestivi della Normandia. La passeggiata ci impegna per tutto il pomeriggio e ci costa non poca fatica, considerando che a tratti piove e tira vento. Ma ne è valsa sicuramente la pena. Le scogliere sono bellissime, forse anche per questo clima uggioso e tipicamente nordico. Pareti alte e bianche resistono come possono all’erosione del mare. Il paesaggio dà il senso della grandezza della natura. Si respira la brezza marina che sale per 100 metri di strapiombo, arrivando da dove le onde appaiono piccole piccole. Sentieri a parte, il terreno è completamente ricoperto di un manto erboso verde e vellutato che fa sentire in pace solo a guardarlo. Gabbiani animano il cielo di movimenti e rumori e punteggiano le spiagge lontanissime sotto di noi. Che spettacolo! Tappa finale la chiesetta costruita in cima ad una falesia e dedicata ai pescatori dispersi in mare. Li ci riposiamo prima di rincasare e dedicarci alla cena. Oggi è stata una giornata che non dimenticheremo facilmente. Buona notte Normandia.
15.08 Inizia una nuova giornata. La padrona di casa mantiene le promesse sulla colazione “a volonté”, a base di baguette, burro e marmellata, casalinga e nutriente. Partiamo proseguendo il nostro viaggio. La prima tappa sarà a Honfleur. Arriviamo presto e non abbiamo difficoltà a trovare parcheggio. Il cielo è limpido con il sole che ci riscalda. Passeggiamo per il centro della cittadina, che ci appare subito molto turistica. Honfleur è un noto porto, famoso soprattutto nel ‘600, il periodo di suo massimo splendore per gli scambi commerciali che da qui passavano. Le case storiche del centro sono ben mantenute, ma troppo nascoste da bar e ristoranti che tolgono quell’atmosfera romantica che ci aspettavamo di trovare. L’ambiente è comunque piacevole. Ci consentiamo una passeggiata lungo il porto nuovo con deviazione nei giardini pubblici ben curati. Troviamo il tempo di entrare nella chiesa di Sainte-Catherine, del XV°-XVI° sec., che si trova nella piazzetta centrale. Si tratta di un edificio molto particolare per noi italiani, ma abbastanza comune qui in Normandia. È interamente costruita in legno ed ha un curioso soffitto che somiglia all’interno di uno scafo di una nave. In realtà scopriamo che è praticamente uno scafo vero e proprio. Costruita dai carpentieri dei cantieri navali non poteva avere che quella forma, considerato che gli impianti da loro posseduti servivano per costruire navi. È arrivata l’ora di pranzo e decidiamo di provare uno dei piatti tipici della Normandia: muoles et frites (cozze e patatine fritte). Le cucinano in tutti i modi possibili ed immaginabili: alla marinara, al curry, e perfino al formaggio. Si avete capito bene, cozze immerse in una salsa a base di formaggio! Il tutto accompagnato dall’immancabile cidro. Notiamo che siamo in vacanza anche dai tempi medi dei pasti. Quando ci si siede a tavola ci si rimane per almeno 1 ora e mezza, ritrovando i tempi che i ritmi forsennati delle giornate lavorative ci hanno fatto perdere. Usciamo dalla brasserie alle 14,00 ed è tempo della nostra prossima meta, Caen, per visitare il Memorial della II° guerra mondiale ed iniziare il percorso della vacanza dedicato ai siti del D-DAY. Il museo è enorme. Un’esposizione di materiali che ricordano il periodo che va dall’ascesa del nazismo in Germania al crollo del muro di Berlino e che, a dire il vero, ci ha un po’ delusi per la dispersività dei temi trattati. È quasi sera quando terminiamo la visita al Memorial e ci dirigiamo verso Bayeux che abbiamo scelto come prossima tappa per pernottare. Incontriamo molte difficoltà per trovare una camera, vuoi perché a quell’ora la maggior parte degli alberghi sono completi, vuoi perché quelli che hanno posto sono Hotel con prezzi improponibili. Inizia a piovere. Il nervosismo sale. Fermiamo la ricerca quando troviamo una camera che non possiamo definire certo “con tutti i confort”, ma si sa che “che si accontenta gode”. Perlomeno non siamo stati costretti a spendere il budget di tre giorni per una notte in hotel. Oggi è stata una giornata davvero impegnativa ed intensa. Dopo una meritata doccia, sotto la pioggia passeggiamo per il centro di Bayeux alla ricerca di una brasserie. Ammiriamo la cattedrale. Ceniamo con gallette e cidro.
16.08 Ci fermeremo nei pressi di Bayeux per un’altra notte, considerato che vogliamo dedicare questi giorni ai luoghi del D-DAY, e Bayeux risulta essere un’ottima postazione strategica per questa esplorazione. Cerchiamo subito un alloggio. Siamo fortunati. Affittiamo una camera in una fattoria dove allevano cavalli e c’è una maniscalco. Vediamo ferrare un cavallo, novità per me assoluta. L’atmosfera in fattoria è molto campagnola e genuina, i proprietari sono persone gentili ed amichevoli. Ci sentiamo perfettamente a nostro agio. Prima tappa Arromanches, luogo dove gli alleati hanno costruito un porto galleggiante per permettere gli approvvigionamenti durante la prima fase delle operazioni. Era infatti impossibile conquistare un porto perché tutti difesi dai tedeschi con imponenti forze, in quanto punti strategici di enorme importanza. Così gli alleati s’inventarono quest’opera ingegneristica formidabile. In pochi giorni, e resistendo ad una tempesta violentissima, posizionarono blocchi di cemento che hanno permesso di costruire una base pseudogalleggiante per far arrivare mezzi e rinforzi per proseguire con l’azione di liberazione del nord Europa. Vediamo ciò che rimane ancor oggi di quell’impresa. Sparse nel mare, a pochi metri dalla spiaggia, si possono osservare piattaforme che stanno lì a ricordare quei momenti. Visitiamo anche il piccolo museo sulla spiaggia che ricorda con plastici, reperti e filmati quei giorni determinanti per la libertà di tutti noi. Il clima è nuvoloso, cade di tanto in tanto qualche goccia di pioggia. Si respira un’atmosfera di silenzioso rispetto per quegli uomini caduti in battaglia. Terminata la visita al museo ci dirigiamo ad una delle spiagge più famose dello sbarco: Omaha Beach. Sulla spiaggia non è rimasto nulla che ricordi le operazioni militari. È una spiaggia anonima dal punto di vista fisico, ma carica di significati. Lì vicino si trova il cimitero americano, disposto su un promontorio che si affaccia su Omaha Beach, luogo nel quale forse si è verificato il maggior numero di perdite tra le truppe americane. Entriamo assorti. Poco dopo l’ingresso notiamo il monumento che ricorda i caduti. Mi giro e mi appare davanti agli occhi quella distesa enorme di croci bianche che segnano l’area dove circa 10000 soldati americani sono stati sepolti. È un’emozione unica, di stupore, ammirazione, tristezza e gratitudine verso quegli uomini che armati soprattutto di coraggio hanno perso la vita per un’ideale di libertà. Le croci si dispongono a perdita d’occhio. Ogni croce un uomo. Ogni uomo tante esperienze, tanti affetti lasciati a migliaia di chilometri di distanza nel loro paese d’origine, tante aspettative e progetti di vita spezzati. Penso che la guerra sia sempre è comunque una tragedia, che annulla delle vite anche se queste vite perse possono avere il senso di permettere ad altre vite di riguadagnare la libertà. Mentre Angela ed io passeggiamo nel cimitero scambiandoci queste riflessioni, ammiriamo il panorama che da qui si gode sulla spiaggia. Dopo aver pranzato decidiamo di andare a visitare anche il cimitero tedesco a Le Cambe. E qui la visita è ancora più toccante di quella al cimitero americano. È forse un luogo più umile del precedente. Vediamo le piccole lapidi poste a terra. Una ogni due soldati. Perché le perdite per i tedeschi sono state ancora più numerose che per gli americani: circa 17000 sodati caduti e qui sepolti (senza contare le salme poi rimpatriate che aumentano considerevolmente il numero totale dei soldati uccisi). Penso come il danno principale della follia sia proprio quello del disprezzo della vita, e questi cimiteri ne sono, a mio avviso, un esempio clamoroso. La giornata, come si può immaginare, non è delle più allegre della vacanza, ma senza dubbio è carica di emozioni e riflessioni. L’ultima tappa di oggi è Point du Hoc. È un sito dominato da una scogliera a picco sul mare. Qui i rangers hanno assaltato e conquistato postazioni tedesche di fondamentale importanza strategica, compiendo un’impresa eroica scalando letteralmente con funi e scale di corda le pareti rocciose delle scogliere sotto le cannonate tedesche. Il luogo è rimasto volutamente intatto e ben conservato. Si osservano le batterie tedesche dove erano posizionati i cannoni ed enormi buche sul terreno (direi praticamente dei crateri) causati dalle bombe alleate. Un bel monumento dall’alto di una scogliera ricorda i rangers caduti. Guardandolo si ammira l’orizzonte dell’oceano ed il cielo terso, con i corpi spinti dal soffiare di un vento marino oggi clemente. Anche questa giornata volge al termine. Consumiamo un frugale pasto e andiamo a riposare.
17.08 Oggi il tempo non è dei migliori. Pioggia, freddo e bisogna coprirsi con giacche impermeabili. Non ci scoraggiamo e ci dirigiamo verso Bayeux. Abbiamo due obiettivi a Bayeux. Ammirare il famoso arazzo e visitare la cattedrale. Quello che non ci delude mai dei musei francesi è l’organizzazione del servizio, ed anche per l’arazzo otteniamo le nostre conferme. L’arazzo è meraviglioso. È disposto lungo una parete per i suoi circa 70 metri. Con l’aiuto di un’audioguida ci addentriamo nelle scene della storia che narra, scorrendo l’arazzo camminando. Viene raccontata, in 58 scene, la conquista dell’Inghilterra da parte di Guglielmo il conquistatore, re dei normanni, che nel 1066 sconfisse il cugino Harold II “spergiuro” re degli anglosassoni. La storia è raccontata attraverso ricami che si sono mantenuti per più di 1000 anni (la prima esposizione nella cattedrale di Bayeux si pensa che risalga al 1077). Osservare questo capolavoro ed ascoltare contemporaneamente il racconto relativo alle scene crea un’atmosfera magica. Ci si sente calare nella storia presi come all’interno di un film nel quale lo spettatore sente una partecipazione personale molto forte. Terminato il percorso esce spontaneo dire: “che bello!”. Consiglio a chiunque vada in Normandia di non perdersi questa esperienza. Usciamo dal museo. Nel frattempo ha smesso di piovere, possiamo togliere le giacche e riprendere a muoverci con più libertà senza l’ostacolo della pioggia. Ci dirigiamo verso la cattedrale, della quale si fanno apprezzare soprattutto le vetrate dipinte. Prima di pranzo iniziamo a muoverci per uscire da Bayeux. Decidiamo di andare a Saint Lò, cittadina nella quale vengono segnalate dalla nostra guida delle scuderie che può valer la pena di visitare, ma che una volta arrivati sul posto ci accorgiamo essere chiuse. Proseguiamo per Coutances. La cittadina non offre granchè, a parte una breve visita alla cattedrale e una passeggiata all’interno del giardino botanico dove è presente tra le altre piante anche uno splendido cedro del libano. Il tempo passa, la stanchezza di fa sentire e decidiamo così di cercare il nostro hotel, Le Moulin de Ducey, a Ducey appunto, uno dei pochi in questo viaggio prenotati dall’Italia prima della partenza. Si sa che in zona Mont Saint-Michel è meglio prenotare per evitare brutte sorprese, soprattutto nel mese di agosto. L’hotel è abbastanza confortevole e la particolarità che lo rende anche romantico è che è stato ricavato all’interno di un vecchio mulino sulla riva di un fiume. Ci rilassiamo e ci prepariamo per la cena; questa sera, arrivati nella patria di crostacei e molluschi, ci dedicheremo alle cruderie. Decidiamo di andare a Cancale, anche se da Ducey non è proprio “dietro l’angolo”. Cancale è una delle cittadine più famose per l’allevamento delle ostriche e questo si nota anche dalla presenza di diversi ristoranti (molti per le dimensioni del paesino) che attirano gente da diverse località vicine. Questa sera sperimentiamo uno splendido “plateau de fruit de mer”: una base di ghiaccio con sopra scampi, gamberi, ostriche, lumachine di mare, granchi e diversi generi di frutti di mare, ovviamente tutti rigorosamente crudi. Dopo più di due ore, ed a pancia piena, ci rimettiamo in macchina, direzione letto.
18.08 La giornata di oggi è dedicata alla visita di Mont St-Michel. Nella luce della mattina avvicinandoci al “Monte” sperimentiamo la magia del vedere inizialmente un puntino lontano che diventa sempre grande con l’avanzare, e che definisce sempre più la sua sagoma, comunque inconfondibile fin da lontanissima. Già nel vedere l’isolotto da lontano si prova una sensazione particolare, un misto di stupore ed eccitazione. Una folla di turisti invadono già dalla mattina presto il Monte. Mont St-Michel è senza dubbio uno dei luoghi più caratteristici della Normandia, e oserei dire dell’intera Francia. Sul “Monte” sorge l’abbazia benedettina, che ha una storia millenaria. La prima costruzione sull’isola risale al 708, anno in cui il vescovo di Avranches fece costruire un oratorio dopo aver avuto una visione dell’arcangelo Michele (da qui il nome Mont St-Michel). I monaci benedettini vi si stabilirono poco prima dell’anno 1000, e, dopo alterne vicende storiche, ancora oggi dimorano all’interno della abbazia. Inutile dire (perché è necessario vederlo di persona per capire) che sia la vista del “Monte” dalla strada sia la vista del panorama dal “Monte” sono unici e spettacolari. L’atmosfera all’interno è quella d’altri tempi, tutto qui è così antico e ben conservato. Visitiamo la chiesa e passeggiamo (talvolta sgomitando per muoverci, considerata la ressa di gente) per le stradine fatte di saliscendi. Intorno all’ora di pranzo lasciamo Mont St-Michel per trovare una creperie (all’interno troviamo solo ristoranti che reputiamo troppo cari per quello che offrono) sulla strada che ci porterà alla nostra prossima meta: un allevamento di ostriche a Cancale. Arrivati alla fattoria marina visitiamo un piccolo museo della conchiglia e veniamo istruiti, con una spiegazione in francese ed una visita all’interno dell’azienda, sui processi di allevamento dell’ostrica. Questa visita potevamo pure risparmiarcela, considerato che si è trattato di apprendere essenzialmente informazioni nozionistiche reperibili in un qualsiasi opuscolo sulle ostriche e che avremmo risparmiato qualche euro (e neanche pochi a dire il vero). Rientriamo, sotto la pioggia che ha iniziato a cadere dal pomeriggio, a Ducey per la seconda notte da passare nel “Moulin”, non prima di aver cenato in un ristorantino modesto ma con una cucina di discreta qualità nella stessa Ducey.
19.08 Ci svegliamo sotto la pioggia, che non ha ancora smesso di scendere dalla sera precedente. Oggi il programma prevede la visita di due città bretoni molto conosciute in questi luoghi: Dinan e St-Malò. Dinan è una bella cittadina medievale, con un’architettura ben conservata. Nel centro della città si trova una particolarissima “Torre dell’Orologio”, del XV secolo, salendo la quale si può ammirare un bel panorama della città. Il centro è pieno di negozi e molta gente passeggia malgrado il clima incerto. Dopo esserci riforniti, per il pranzo, di una classica baguette jambon et formage in una panetteria, ed esserci fermati in un prato per un pic-nic, ci dirigiamo verso St-Malò. Partendo da Dinan, dopo pochi chilometri, viaggiando in direzione della costa, si arriva a St-Malò. Le fortificazioni della città sono inconfondibili per la forma, il colore e per la loro posizione direttamente sul mare. St-Malò dà subito l’idea, appena si oltrepassano le mura e si entra nel centro, di una città dove il tempo s’è fermato. Il panorama che offre la passeggiata sopra le mura è impareggiabile, soprattutto oggi, con condizioni meteo che variano velocemente e notevolmente e che permettono di ammirare, sia l’interno della città sia la costa, con tonalità di luce che cambiano da un momento all’altro. St-Malò è assolutamente una tappa da non perdere per chi decide di viaggiare in questi luoghi. Passeggiando gustiamo una goeffe alla nutella (una specie di wafer morbido cotto al momento) prima di muoverci verso Cap Frehel, dove arriviamo in poco tempo. Pioggia, vento e nubi minacciose non ci abbandonano e questo rende forse ancora più suggestive queste zone. A Cap Frehel si trova un imponente faro dal quale inizia un sentiero sulle scogliere che formano la costa. Le scogliere sono molto alte (la guida parla di 70 metri) ed offrono un panorama che fa provare un senso di dominanza e di libertà al tempo stesso. Alla fine del sentiero arriviamo sopra uno sperone di roccia a picco sul mare. Malgrado vorremmo fermarci più a lungo torniamo all’auto velocemente: il vento affatica molto e dobbiamo cercare ancora un posto dove dormire. Con qualche fatica riusciamo a trovare un B&B vicino ad Erquay, capitale della Coquille St. Jaques. Per la sera un ottimo ristorante nelle campagne dell’entroterra a breve distanza dalla costa. La zona nella quale si trova il ristorante sembra quasi un paesaggio di montagna, fatto di alberi ad alto fusto e fitte foreste, anche se la costa si trova a pochi chilometri. Ci è capitato frequentemente in Bretagna di trovarci immersi in paesaggi molto diversi tra loro (prettamente marino o quasi montano) spostandoci anche solo per brevi tragitti; pensiamo sia una particolarità di questa bellissima regione.
20.08 Clima inclemente di Bretagna. Dopo un miglioramento delle condizioni meteo ieri sera, questa mattina abbiamo aperto le finestre e ci siamo accorti che uscendo di casa incontreremo pioggia a scroscio, vento ed una temperatura di 15°. Praticamente sembra di essere in novembre. Ci incoraggia il fatto che nei giorni scorsi abbiamo notato che il clima qui è estremamente variabile, il che vuol dire che può anche migliorare velocemente. Il programma oggi prevede spostamenti lungo la costa di Goelo, passando per St. Quay, Paimpol e Plouha dove si dice si possano ammirare scogliere mozzafiato. Ma la pioggia oggi non dà tregua e non ci permette di scendere neppure dall’auto. Peccato. Ci godiamo quel che possiamo da dietro i finestrini. Non è un granché, certo, ma riusciamo comunque a scorgere paesaggi davvero selvaggi e vasti che si susseguono fino a quando arriviamo, nel pomeriggio, a Sillon de Talbert. Piove ancora a dirotto e ne approfittiamo per bere un caffé in un bar all’inizio del sentiero. Poco dopo la fortuna ci assiste. Nel giro di 20 minuti il cielo si rischiara, la pioggia smette di cadere e compare un sole che riscalda. È il momento giusto per iniziare la nostra escursione. Il Sillon de Talbert è una striscia di terra in mezzo al mare. Questo sito è conosciuto per essere una riserva naturale dove vengono a nidificare le rondini di mare che vediamo numerose. Troviamo la bassa marea e ci sembra di essere capitati in un canyon. Ci godiamo la passeggiata immersi in un rilassante silenzio con un sottofondo di scrosci di onde del mare inframmezzato da strilli di gabbiani. Mentre camminiamo siamo circondati da colori caldi ed intensi, tonalità di giallo, verde, bianco ed azzurro della vegetazione e sfumature di rosso delle rocce illuminate dal sole. Un faro che si osserva in lontananza rende il tutto ancora più poetico. Sillon de Talbert è senza dubbio uno dei luoghi più suggestivi che abbiamo visitato in questo viaggio. Dopo questa esplorazione che ci ha tenuti impegnati per quasi 2 ore decidiamo di tornare all’auto. Ci dirigiamo verso Perros-Guirec, che scopriamo essere, dalle difficoltà che incontriamo nel trovare una stanza libera per la notte, una località turistica e balneare molto nota in Francia e molto apprezzata dai parigini. Dopo diversi tentativi una camera libera si trova all’Hotel de France, che abbiamo trovato veramente costoso per il servizio offerto.
21.08 Perros-Guirec è la base ideale per iniziare l’esplorazione della “costa di granito rosa”, che sarà parte del programma di viaggio di oggi. La giornata è poco nuvolosa (migliorerà con il passere delle ore) ed iniziamo la camminata sul “sentiero dei doganieri”, un percorso di circa 5 Km. Tra la spiaggia di Trestraou (nelle vicinanze si trova un comodo parcheggio per l’auto) e la spiaggia di Ploumanac’h. Le protagoniste di questo percorso sono le rocce, molto frastagliate e dal colore rosso-granato. In alcune si riescono a riconoscere forme di animali (Angela vede una tartaruga in un monolite di granito di almeno 100 tonnellate). Altre si lasciano ammirare nella loro semplicità e nella loro bellezza. Lungo il percorso incontriamo un faro ed alcune case (mi chiedo come abbiano potuto permettere di costruire in un posto del genere, anche se noi italiani su questo non possiamo più meravigliarci di nulla ormai). Come detto il percorso è lungo circa 5 Km., e dopo una prima parte principalmente rocciosa e costituita da scogliere a picco sul mare ci addentriamo nella parte conclusiva della passeggiata dove si possono scorgere, tra le rocce, spiaggette dall’aspetto quasi caraibico, con sabbia finissima e acqua limpida e verde. Arriviamo a Ploumanac’h stanchi e contenti. Inizia a piovere e ci aspettano altri 4 Km. A piedi per raggiungere il parcheggio dove avevamo lasciato l’auto. Fortunatamente il nostro abbigliamento ci ripara sufficientemente dalla pioggia. Consiglio vivamente a chi dovesse viaggiare in Bretagna di attrezzarsi con giacche impermeabili ed abbigliamento antipioggia ed antivento, proprio per l’imprevedibilità delle condizioni meteo. Rombo ai motori, la nostra prossima meta sarà la foresta di Huelgoat, nell’entroterra bretone. Ci arriviamo percorrendo un paesaggio completamente diverso da quello che abbiamo ammirato sulla costa, anche se ci troviamo a poca distanza. Qui notiamo essenzialmente alberi ad alto fusto all’interno di boschi a tratti fitti. Huelgoat è un paesino di collina (situato a circa 400 metri sopra il livello del mare) immerso nel verde e che si sviluppa attorno ad un laghetto a forma di Y. È un luogo molto romantico e dall’atmosfera fatata. Ci troviamo infatti nella foresta che le leggende narrano essere popolata da fate e folletti. Anche i piccoli negozi di souvenir ci ricordano continuamente questa particolarità. Alloggiamo nel confortevole Laura’s B&B, che si trova nel centro del paese, vicino a due ottime creperie.
22.08 Iniziamo la giornata con la solita ed abbondante colazione alla francese e ci prepariamo per il trekking di oggi: la foresta di Huelgoat. Acquistiamo la mappa dei sentieri all’ufficio turistico e ci incamminiamo. La foresta è bellissima. Dominano il verde degli alberi e del muschio che ricopre tronchi, rami, radici, pietre e praticamente quasi ogni cosa si trovi all’interno della foresta. In mezzo scorre un ruscello gorgogliante e che in alcuni punti appare di un colore rosso intenso per la colorazione della sabbia presente sul fondale. Durante il nostro cammino incrociamo poche persone, e nel silenzio stiamo bene. È una giornata di sole, i raggi penetrano tra gli alberi ed illuminano il nostro percorso. Lungo il tragitto incontriamo diversi siti segnalati, perlopiù massi che hanno formato costruzioni particolari, con forme davvero bizzarre, ed un campo teatro di una battaglia avvenuta circa 1000 anni fa. Questa ci sembra senza dubbio la Bretagna più magica e “celtica”. Terminata la passeggiata riprendiamo l’auto per dirigerci verso Pointe du Raz. Poco prima di arrivare al famoso promontorio troviamo un B&B un po’ bizzarro (è una casa indipendente completamente colorata di blu intenso con un giardino nel quale convivono una capra e conigli in libertà) ma accogliente e con proprietari gentili. Posiamo le valige in camera ed alle 17,00 siamo immersi nel suggestivo scenario di Pointe du Raz. Il sole ci bacia e soffia poco vento, il clima questa volta ci aiuta. La scogliera è imponente e passeggiarci sopra fa provare emozioni di pace e libertà. Dalla scogliera si vedono i fari di Pointe du Raz, inconfondibili. Panorama indimenticabile, forse quello che più mi è piaciuto di tutto il viaggio. Ci fermiamo fino al tramonto, che qui ha un sapore particolare. Ci troviamo infatti in uno dei luoghi più occidentali della Francia ed il sole tramonta immergendosi lentamente nel mare, mentre continua ad illuminare, in controluce, i fari davanti a noi. La giornata è quasi terminata. Il tempo di un pasto veloce e a dormire presto per ricaricarci di energie, dopo gli ultimi due giorni che sono stati molto impegnativi in termini di fatica fisica.
23.08 Dopo un’abbondante colazione decidiamo di iniziare la giornata con un’esplorazione di Pointe du Van, il capo opposto a Pointe du Raz, non segnalato dalla nostra guida ma consigliato da alcuni indigeni. Il posto non è granchè: una prato sopra una scogliera dal quale è possibile osservare i fari da un punto diverso rispetto a Pointe du Raz. Terminata la passeggiata ci rendiamo conto che è arrivato il momento di dirigerci verso l’ultima (haimè!) tappa del nostro viaggio, ossia Carnac e la penisola del Quiberon, con il suo, tanto amato dai parigini, “microclima”. Questa penisola sembra essere infatti una delle mete estive preferite dai parigini per le loro vacanze proprio a causa di un clima temperato che qui si mantiene sempre costante. Ci rendiamo conto di questa tendenza parigina soprattutto nel momento in cui cerchiamo un alloggio per le nostre prossime ed ultime due notti in Bretagna. È tutto (o quasi, per fortuna) esaurito. Fatichiamo oltre tre ore per trovare un alloggio, girando in lungo ed in largo tutta la penisola. Alla fine veniamo premiati per la nostra perseveranza, trovando una sistemazione a Carnac in un miniappartamento all’interno di una villa con vista mare. I proprietari della casa (una coppia di mezza età franco-austriaca) sono molto cordiali e scambiamo con loro piacevoli conversazioni. Dopo aver faticato tutto il pomeriggio per cercare un tetto sotto il quale dormire, la sera ci concediamo una cenetta romantica in totale relax. Ci facciamo consigliare e capitiamo in un ottimo ristorante. A tavola non ci facciamo mancare nulla: ostriche, rombo al forno e coquilles St. Jacques fritte, il tutto bagnato da un buon Bordeaux blanc ed addolcito a fine pasto da una sublime mousse al cioccolato. Satolli passeggiamo al chiaro di Luna verso il nostro B&B.
24.08 Oggi sveglia presto, la giornata sarà dedicata alla scoperta dei megaliti e della penisola del Quiberon. Nell’area di Carnac si trova il sito più grande al mondo di megaliti. Trattasi di pietre di dimensioni variabili e cuneiformi posizionate in aree secondo un probabile ordine, risalenti ad un periodo compreso tra il 5000 ed il 3500 a.C., e la cui funzione è ad oggi ancora avvolta dal mistero. Le ipotesi attualmente più accreditate riguardano il fatto che questi megaliti potessero avere una funzione spirituale, costituendo dei luoghi dedicati alla meditazione, o che potessero avere una funzione nei riti funerari, anche se non esiste alcuna prova definitiva che possa convalidare un’ipotesi piuttosto che l’altra. A noi stupisce soprattutto il fatto che si siano mantenuti in ottimo stato di conservazione per tutto questo tempo. Nei vari siti disposti sul territorio intorno a Carnac si alternano Menhir, ordinati in senso crescente d’altezza, Dolmen (monumenti funerari) e Megaliti giganti. A metà giornata lasciamo i megaliti e ci dirigiamo verso Quiberon, all’estremità sud dell’omonima penisola. Percorriamo la Cote sauvage, rocciosa, frastagliata, davvero selvaggia. La cittadina non ha molto da proporre, se non una lunga e grande spiaggia con un lungomare dove si trovano numerosi negozietti. È una città molto “commerciale” e molto poco “caratteristica” (e, perdipiù, con dei gelati carissimi). Stanchi torniamo in camera per un riposino pomeridiano. Ceniamo con gallette et crepe, gustando un’apprezzabile birra bretone, la Bonnet Rouge, che prende il nome da un moto rivoluzionario scoppiato in questi luoghi nel XVIII secolo e che è diventato un simbolo di indipendenza e libertà dei bretoni dal governo centrale parigino. Anche la gionata di oggi volge al termine.
25.08 Oggi il programma prevede il viaggio di rientro in Italia. Siamo pronti, anche se già sentiamo la nostalgia di questi luoghi meravigliosi che stiamo per lasciare. Affronteremo un tappone unico di circa 1400 Km. Partiti alle 9.40 da Carnac arriviamo a casa alle 2,00 (più di 16 ore di viaggio) facendo poche e brevi soste. Attraversiamo tutta la Francia in diagonale fino al traforo del Frejus, e poi ancora un paio d’ore fino a destinazione.
Prima di addormentarci un ultimo pensiero va a tutti i ricordi di questo viaggio che non dimenticheremo. E ci sentiamo felici.