La prima volta a Est… per un assaggio di Budapest

Un weekend inaspettato in una città che merita certamente di essere visitata
Scritto da: lorenz75
la prima volta a est... per un assaggio di budapest
Partenza il: 11/10/2012
Ritorno il: 14/10/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
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Premessa

è piena estate. Tanta gente è al mare a crogiolarsi al sole, oppure sta partendo per le vacanze. Io no, sono a casa da solo davanti al PC in uno stato che qui non ha senso approfondire. Intanto continuo a navigare in Internet. E così incappo in una delle ormai rare offerte di Ryanair. Probabilmente, il fallimento della Malev ha aperto interessanti opportunità di business verso est per la compagnia aerea irlandese che, in quei giorni, riempiva le pagine del proprio sito web con offerte a prezzi stracciati aventi come destinazione la capitale magiara.

Chiamo Amico 1 e, dopo averlo tediato un po’ per il mio stato d’animo, gli dico della possibilità di volare a Budapest a prezzi super convenienti, chiedendogli se gli andasse un giretto da quelle parti. Proposta accettata con riserva, ed inizio della trattativa. La mia idea era di rimanere in terra ungherese un week end lungo, da spendere tra un venerdì e un lunedì o tra un sabato ed un martedì, in modo tale da sfruttare il volo mattutino dell’andata ed il volo serale per il ritorno, a fronte del fatto che ero (e sono tuttora) convinto che la visita della città richieda almeno 3-4 giorni effettivi. Amico 1 non era dello stesso parere e, adducendo a necessità finanziarie impellenti, propendeva per un’opzione meno impegnativa, ossia un più classico giovedì-domenica con il volo di ritorno al mattino presto, in modo tale da evitare di prenotare la stanza d’albergo per il sabato notte. Di fatto, sono le solite proposte che escono tutte le volte che dobbiamo prenotare, solo che stavolta sono a parti invertite…

Alla fine la spunta Amico 1, così, un giorno di agosto del 2012 sapevamo già che, per 28 Euro complessivi (che con un po’ più di reattività sarebbero potuti essere anche meno), il prossimo ottobre saremmo volati a Budapest. Complice il tempo a disposizione, io mi faccio carico della pianificazione di tutti gli altri dettagli organizzativi, anche perché la breve durata del city break richiede l’ottimizzazione di tutte le attività da fare una volta giunti a destinazione. E nella mia testa, queste attività erano veramente numerose.

Nei giorni successivi, prenoto l’albergo, cioè una camera doppia al Marco Polo Hostel per complessivi 50,50 Euro per due notti e la visita al Parlamento, gratis per i cittadini UE. Poi, con l’ausilio delle guide turistiche rigorosamente prese in prestito dalle biblioteche locali, pianifico il giro turistico della città, cercando di dare priorità alle numerose cose che mi sarebbe piaciuto vedere. Siccome Amico 1 non può camminare per ore e ore ininterrottamente, studio anche i percorsi dei mezzi pubblici (www.bkv.hu) e costruisco un vero e proprio tour che tocca i punti più importanti della città da vedere standosene seduti sui tram o sui bus.

Di mia iniziativa, decido anche di inserire tra le attività prioritarie, la visita di una delle molteplici terme della capitale magiara, dovendo così scegliere tra un bagno termale tradizionale e un bagno turco, e, una volta individuato il genere, anche il più interessante tra quelli papabili. Purtroppo le informazioni presenti su Internet non sono corrette e, come dirò in seguito, i prezzi applicati sono ben lontani da quelli pubblicati. A completamento, prenoto il parcheggio all’ormai solito Orio Big Park (riuscendo a pagare per 3 giorni anziché 4 come vorrebbe il sistema di prenotazione del sito) ed il transfer tra il centro di Budapest e l’aeroporto, considerato che con i mezzi pubblici notturni lo spostamento avrebbe richiesto oltre un’ora. Il transfer prenotato è quello proposto da www.p-airbus.com, ossia il servizio di Wizzair. I transfer in modalità low cost (circa 5 Euro al cambio odierno) sono pianificati in funzione dello scheduling della compagnia aerea ungherese, ma, adattandosi agli orari disponibili, il servizio è prenotabile anche da coloro che viaggiano con altre compagnie.

Completano il set di informazioni per il viaggio: la lista dei locali notturni (soprattutto quelli da evitare, stilata direttamente dalla Ambasciata USA), la lista dei ristoranti ultra low-cost e con eccellente rapporto qualità/prezzo, la lista delle terme/bagni turchi più rinomati e la lista degli ATM di banche italiane a Budapest per prelevare HUF senza pagare troppe commissioni.

Più o meno lentamente Agosto e Settembre passano e così arriva la data della partenza: giovedì 11 ottobre 2012.

Giovedì 11 ottobre 2012

Il volo è previsto per le 8:10, ma per evitare problemi di sorta, alle 4:00 si parte. Amico 1 arriva con i postumi di una recentissima influenza, e mi metto il cuore in pace: i suoi microbi mi avrebbero infettato durante tutto il weekend. Spero che il periodo di incubazione sia abbastanza lungo da farmi ammalare solamente dopo il ritorno.

Tra le strade pressoché deserte, il navigatore ci accompagna fino a destinazione, o meglio, ciò che lui interpreta come destinazione, perché ci fa arrivare davanti ad un’abitazione privata. Così chiamo la segreteria del parcheggio e scopro che, se non fossi ancora mezzo addormentato, sarei in grado di vedere che di lì a pochi metri, nel piazzale di una vecchia discoteca, c’è il luogo di sosta dove avevo prenotato.

Velocemente sbrighiamo le pratiche di entrata, e altrettanto velocemente la navetta ci accompagna in aeroporto. Di gente ce n’è tanta, ma il passaggio al metal detector è agevole. Inganniamo l’attesa dell’imbarco facendo un giro tra i negozi che stanno aprendo, facendo colazione con calma e guardando le persone che si ammassano davanti ai gate. Le procedure per la salita a bordo dell’aereo partono un po’ in ritardo. Il velivolo, inoltre, essendo pieno, mostra chiaramente che le cappelliere non sono sufficientemente capienti per i bagagli portati dai passeggeri, e ciò genera ulteriore ritardo. Il volo scorre tranquillo e, nonostante la breve durata, prima di toccare terra riesco anche a schiacciare un pisolino.

A Budapest ci accoglie un bel sole, ma il freddo è pungente. Con il passare delle ore, secondo le previsioni meteorologiche, le condizioni dovrebbero migliorare.

In Ungheria, per loro fortuna, non è ancora stato adottato l’Euro e per chi giunge da quelle parti è necessario munirsi di moneta locale. Avevo già pianificato di prelevare da un ATM, conscio del fatto che in aeroporto i cambi applicati dagli uffici cambi sono assurdi. All’aeroporto di Budapest l’ATM è di fianco all’uscita e decido di ritirare solo la somma necessaria per far fronte alle prime spese, principalmente i biglietti per i mezzi pubblici. La mia scarsa attitudine, però, fa sì che sbagli l’opzione da selezionare, accentando, in questo modo, il tasso di cambio proposto dalla banca e non quello del circuito internazionale (che è notoriamente migliore). Alla fine, scambio 1 Euro con 260 HUF… Di certo meglio di quanto proposto dall’ufficio cambio che offre 246 HUF ogni Euro, ma le prime bestemmie in terra magiare sono comunque esclamate, anche perché in centro sapevo che avrei trovato offerte migliori. Perdita stimata circa 4 Euro.

All’ufficio postale dell’aeroporto (all’ultimo piano), per 7700 HUF compro 2 biglietti che per 72 ore avrebbero garantito l’accesso illimitato ai mezzi pubblici di superficie, alla metropolitana e, durante i giorni feriali, anche ai battelli di linea che solcano il Danubio. Ora siamo pronti per partire verso il centro. La fermata del bus 200E è proprio davanti all’uscita. Il bus è di stampo sovietico, forse è ancora in servizio dai tempi della cortina di ferro, così come gran parte del parco circolante dei mezzi pubblici. Nonostante tutto, è efficiente e, dopo un giro per i dintorni della città, raggiunge il capolinea, dove è possibile salire sulla linea metropolitana M3 che porta verso il centro della capitale. Anche il treno della metropolitana risale ai tempi ante guerra fredda, ma dentro è più pulito di qualsiasi mezzo di qualsiasi città italiana…

Scendiamo a Ferenciek Tere e, per non fare 500 m a piedi, prendiamo al volo un altro bus, anch’esso veterano della guerra fredda, ma comunque pieno di gente. Quindi, raggiungiamo l’ostello che, inaspettatamente, troviamo velocemente. Alla reception c’è una tizia simpatica come la sabbia nelle mutande, ma, in ogni caso, le operazioni di check-in sono veloci e cogliamo l’occasione per pagare il deposito per le avere le salviette (2000 HUF) che ci sarà restituito alla riconsegna delle stesse.

La camera è al 4° dei 5 piani. Due letti singoli, una sedia, una scrivania, una TV (che mai abbiamo acceso), un armadio a due ante (che può essere chiuso a chiave) ed il bagno. Il tutto in circa 15 mq. Il pavimento è rivestito in moquette che, in verità, avrebbe bisogno di essere un po’ risanata. Dal bagno esce odore di fogna, ma dopo aver fatto scorrere un po’ d’acqua, la situazione migliora decisamente. Ovviamente non esiste traccia del bidet, ma all’estero è una situazione normale…

Usciamo di nuovo, con l’obiettivo di rientrare solo nel tardo pomeriggio. A due passi dall’ostello c’è piazza Blaha Lujza, dove, oltre a tanti negozi, un supermarket ed un parcheggio, c’è la fermata della metropolitana M2, la fermata dei tram 4-6 ed anche le pensiline per attendere il passaggio di altri mezzi pubblici. Tra le vetrine, tra l’altro, ci sono tanti cambiavalute che usiamo per scambiare 100 Euro in valuta locale. Il tasso applicato è più equo di quello trovato in aeroporto, e così mettiamo in tasca 28.000 HUF.

Ora inizia il tour di Budapest che, come attentamente pianificato, è effettuato sfruttando al meglio i mezzi pubblici. Prendiamo il tram 4 e scendiamo a Boraros ter, vicino al Petofi hid, dove, dopo il classico giro dell’oca, riusciamo a trovare il molo dove passano i battelli. Breve attesa ed arriva il traghetto che ci darà il primo assaggio della città navigando sul fiume. Non c’è molta gente a bordo, e siamo tutti turisti. Io e Amico 1, assieme ad un gruppo di giovani, ci sediamo a prua del ponte alto, incoscienti ed inconsapevoli delle raffiche di vento che ci sferzeranno la faccia continuamente. I giovani, a metà percorso, cedono e vanno sotto coperta: io e Amico 1, no.

A parte il vento, a me l’esperienza è piaciuta parecchio: le rive di Buda e di Pest che si affacciano sul fiume, il palazzo del Parlamento, i ponti, le colline della città di Buda, i palazzi storici sono tra le immagini più belle che mi sono rimaste della visita alla città ungherese. In verità, il tragitto è un po’ lento, e per fare circa 5 km di fiume, impieghiamo oltre 45 minuti. Per tutto il tempo, io e Amico 1 stiamo a guardare il panorama di Budapest scomodamente seduti sulle sedie del traghetto. A parte le sedie scomode, occorre ammettere che il traghetto è molto meglio di quelli che girano per Venezia: due ponti, un bar-ristorante (che al momento non funzionava), tanti posti a sedere all’aperto ed al chiuso.

Scendiamo vicino all’Isola Margherita e, sempre con i mezzi pubblici, ce ne andiamo in zona stazione per trovare qualche posto dove pranzare, visto che ormai sono le 13:00 passate. Troviamo meno locali del previsto e, soprattutto, troviamo tutto scritto in ungherese, ossia una lingua impossibile da intuire, soprattutto per chi, come noi, non ne ha il minimo fondamento cognitivo. Di conseguenza, ci affidiamo ad un kebabbaro di chiare origini mediorientali, dove con qualche gesto e qualche parola in inglese riusciamo a prendere un piatto con dentro un po’ di tutto: carne, patate fritte, salse improponibili, cetrioli, cipolle, etc. Insomma, se uno non avesse una voragine al posto dello stomaco, difficilmente potrebbe mangiare avidamente un miscuglio del genere, ma noi siamo praticamente digiuni dal giorno prima. La spesa finale è circa 6-7 Euro a testa: non molto, ma più di quello che si trova scritto nei forum… Però lo stomaco è bello pieno.

Si riprende il tour della città con i mezzi pubblici e, con il bus 26, cioè un catorcio pieno di macchie di ruggine, partiamo alla scoperta dell’Isola Margherita (Margit-Sziget). Amico 1 manco se ne rende conto, visto che ronfa beatamente, mentre io non riesco a fare nemmeno una foto perché i vetri dell’autobus sono sporchi, pieni di firme lasciate da writers e pieni di graffi probabilmente opera di qualche deficiente che si crede di essere un “artista incompreso”. A Budapest i treni della metropolitana ed i tram, mediamente, sono tenuti molto meglio dei bus. Al capolinea riprendiamo la metropolitana, scendiamo alla stazione ferroviaria di Nyugati per fare un po’ di foto ed acquistare un po’ d’acqua, poi risaliamo sul treno e scendiamo a Deak Ferenk, ossia il solo punto della città in cui le linee della metropolitana di intersecano.

Qui abbiamo la conferma che è praticamente impossibile fare i portoghesi in Ungheria: i controlli ci sono su tutti i mezzi a qualsiasi ora. In metropolitana non è possibile accedere senza timbrare perché sorvegliati a vista da almeno 3 controllori. Sui bus o sui tram, personale in borghese, che si fa riconoscere solamente una volta che le porte del mezzo sono chiuse, può salire e scendere in qualsiasi momento. Ed è questa la civiltà che vorrei anche in Italia! E nonostante tutto ciò, qualcuno senza biglietto lo beccano sempre.

In zona Deak Ferenk, sotto un sole più caldo di quello che abbiamo lasciato in Italia, cerchiamo e troviamo agevolmente il meeting point dove domenica mattina prenderemo la navetta per il transfer verso l’aeroporto.

Continuando il nostro giro alla scoperta di Budapest, prendiamo il bus n. 16 (più piccolo degli altri) e saliamo verso le colline di Buda. Scendiamo direttamente nel centro della città vecchia, rimandando il Belvedere e il Bastione dei Pescatori al giorno successivo, perché non ancora in grado di valutare correttamente le distanze tra i diversi luoghi da visitare. Giriamo un po’ a caso tra le vie del borgo, e, fortunatamente, siamo anche in grado di vedere il cambio della guardia davanti al palazzo che oggi dovrebbe essere sede del Presidente della Repubblica ungherese, poi facciamo un ampio giro per i cortili del palazzo reale, scattiamo un bel po’ di foto (soprattutto io), ci godiamo il panorama di Pest e decidiamo di tornare verso il centro. Vorremmo prendere la funicolare, ma in quel momento non era in funzione (non ho ancora capito che orari faccia…) e, di conseguenza, aspettiamo il bus.

Non avendo ancora molta dimestichezza, sbagliamo mezzo pubblico, o meglio, la direzione verso cui andare (nella città alta sono in corso dei lavori e non è sempre facile capire se la fermata è quella corretta o no) e ci ritroviamo, assieme ad un altro gruppo di italiani, al capolinea, che si trova in un posto completamente diverso da quello atteso. Fortunatamente nei pressi c’è anche una fermata della metropolitana ed in pochi minuti torniamo in zone a noi più conosciute.

Intanto, cogliamo l’occasione per sfruttare i tram 41 e 19 (da Batthyani ter fino a Szent Gellert) per godere del panorama dalla banchina del Danubio dalla parte di Buda: Pest, vista da qui, è ancora più affascinante. E poi, ne approfittiamo anche per scattare qualche foto al famoso hotel Gellert, cioè quello che ospita le altrettanto famose terme. Stupidamente, non abbiamo provato a chiedere se fosse possibile scattare qualche foto alle famose vasche senza pagare il biglietto…

Iniziamo ad essere un po’ stanchi, non tanto per le ore passate a Budapest, ma perché siamo in piedi dalle 3:00 del mattino. Decidiamo, allora, di tornare verso l’ostello, sempre rigorosamente con i mezzi pubblici. Giunti in camera, doccia corroborante e scopro anche che in tutto l’ostello esiste un solo asciugacapelli a disposizione della clientela: si può prendere in prestito, ma si è gentilmente invitati a tenerlo il meno possibile. Fatto tutto, ci concediamo un po’ di riposo, anche perché vorremmo evitare di andare a letto assieme alle galline… La nightlife di Budapest è talmente famosa che gradiremmo, se non viverla appieno, almeno assaggiarne un po’.

Io e Amico 1 usciamo per berci un aperitivo, anche se, per gli usi ungheresi, per quell’ora dovremmo già essere a cena. Girovaghiamo un po’ nella zona intorno alla Sinagoga, dove, effettivamente, esiste un gran numero di locali, quasi tutti pieni: la città sembra veramente essere godereccia, ed il numero di giovani in giro non fa altro che ricordarmi quanto sia vecchio. Amico 1, tanto per essere ancora più esplicito, afferma (correttamente) che questi weekend avremmo dovuto farli circa 20 anni fa… Poi si lancia in una dei suoi sermoni sul nostro stato di single in età avanzata e quasi riesce a rovinare l’atmosfera.

Tra le vie, troviamo il più famoso dei pub in rovina di Budapest, lo Szimpla. Amico 1 ne rimane impressionato tanto da dimenticare le filippiche in corso. Anche se sembra una discarica, l’ambiente colpisce per la creatività con cui è realizzato. Di certo, considerato lo stato dell’impianto elettrico e dei bagni, in Italia non otterrebbe l’autorizzazione ad aprire nemmeno devolvendo tutti gli incassi in tangenti.

Anche la birra è ok e, nonostante il prezzo più elevato rispetto alla media degli altri locali (la fama si paga anche in Ungheria), ci beviamo un paio di birre Dreher a testa, spendendo comunque meno di 10 Euro complessivi. Allo Szimpla si può anche mangiare, ma noi non ne abbiamo mai approfittato durante la permanenza in città.

Intanto continuiamo a notare che la gente in giro è veramente tanta. Forse grazie al clima decisamente clemente per queste latitudini, ci colpisce il numero di ragazzi e ragazze che bazzicano nei locali: si mangia e si beve all’esterno come se fosse piena estate, anche se in alcuni déhors si intravedono le coperte in pile e le stufe per scaldare l’ambiente…

Per cena ci affidiamo alle recensioni trovate su Tripadvisor per un locale in zona: Kék Rózsa Étterem. Il locale è un tugurio con 7-8 tavolini, un odore di fritto impressionante (da rendere insapori i piatti serviti) ed una cucina mediocre. Per una zuppa gulasch, una grigliata di maiale (compreso il grasso con la cotenna, che non mangiavo da anni!), contorno, un dolce ed una birra ognuno di noi spende circa 3500-3600 HUF. I sapori, a mio avviso, erano troppo ricchi di aglio ed anche la qualità del cibo non era un granché. Insomma, allo stesso prezzo, avremmo potuto trovare di meglio! Voto? Una sufficienza stiracchiata, ma non di più…

Facciamo un ampio giro per le stradine del quartiere, e, come al solito, perdiamo l’orientamento, trovandoci così dalla parte opposta a quella dove avremmo voluto andare. Essendo ancora abbastanza presto, sfruttiamo i mezzi pubblici per gironzolare in zona Danubio. L’illuminazione dei ponti e dei principali monumenti è veramente ben studiata. Inoltre, con il tram 2 è possibile godere del panorama dal lungofiume di Pest stando comodamente seduti. Tante foto, ma poche veramente in grado di rendere giustizia alle immagini impresse nella mente.

Ne approfittiamo per farci un giro anche per la famosa Vaci Utca. Non è molto piena e, come previsto, siamo anche invitati da alcune “ragazze” a bere qualcosa con loro. Ben sapendo ciò che ci avrebbe atteso, gentilmente decliniamo l’invito. Di certo non abbiamo buttato al vento un’occasione…

Siccome è un po’ presto per andare a letto, torniamo allo Szimpla, che nel frattempo si è riempito di gente, e assaporiamo un paio di birre. Segue un ultimo giro per le strade del quartiere ebraico, alla ricerca di locali dove passare la serata del sabato, e verso l’1:30 rientriamo in ostello. Certamente presto per i canoni ungheresi, ma volendo godere appieno della giornata successiva, si trattava della sola soluzione: la stanchezza iniziava a farsi sentire pesantemente.

Venerdì 12 ottobre 2012

I letti scomodi ed il russare a pieni polmoni di Amico 1 mi fanno passare una notte quasi insonne. Così, per vendicarmi almeno un po’, alle 7:00 inizio a fare un po’ di casino. Io non avrò dormito molto, ma anche Amico 1 deve riposare poco…

Attorno alle 8:00 siamo fuori dall’ostello. Budapest è già attiva, i mezzi pubblici sono pieni di gente e noi, come tante altre persone, acquistiamo la colazione in un forno e mangiamo passeggiando. Il concetto di leggerezza non deve rientrare nei canoni della cucina ungherese: anche i dolci devono essere “pesanti”, così il tortino alla marmellata che mi concedo come colazione, una volta ingerito si rivela essere un mattone…

Il clima non è un granché e le previsioni meteo sembrano rispettate: cielo plumbeo e nuvole cariche di pioggia, umidità e clima decisamente più freddo rispetto al giorno precedente. E c’è anche un bel vento che infastidisce non poco. E sul mio fisico occorre aggiungere anche il lavoro ai fianchi dei microbi che Amico 1 ha portato con sé dall’Italia.

Siccome la visita al Parlamento è fissata per le 11:30, decidiamo che il tempo è sufficiente per andare a visitare la Cittadella, ossia la fortezza asburgica sul Monte Gellert, dove svetta il Monumento alla Liberazione. Due sono i mezzi pubblici che dobbiamo intercettare: il numero 8 e il n. 27. Facile a dirsi, ma non a farsi, perché la sfiga è sempre in agguato. Infatti, complice un possibile incidente da qualche parte in città, passiamo oltre un’ora sul bus imbottigliati nel traffico, fino a quando l’autista, esasperato dalle richieste, apre le porte facendo scendere i passeggeri… Ovviamente gli altri autisti avevano fatto la stessa cosa almeno 15 minuti prima. Per questo, tutto quanto pianificato per la prima parte della mattina va a ramengo, e la Cittadella diventa una delle tante mete che non sono riuscito ad inserire nel mio percorso di visita alla città.

Ritorniamo a piedi verso la riva del Danubio e sfruttando il percorso del tram n. 2, in largo anticipo, ci presentiamo davanti al Parlamento. I biglietti per la giornata sono terminati e tanti turisti (non solo italiani) si rivelano essere all’oscuro della possibilità di prenotazione della visita. Essendo piuttosto presto ed essendo evidente che la nostra prenotazione ci avrebbe permesso facilmente l’accesso, giriamo in zona e raggiungiamo Szabdsag ter, una grande piazza attorniata da splendidi palazzi d’epoca Liberty, tra cui la Banca Centrale Ungherese e l’Ambasciata Americana, con al centro uno dei pochi monumenti di ispirazione sovietica che si possono ancora incontrare in città senza andare al Memento Park (altra attrazione la cui visita è rimandata a data da destinarsi). Nella piazza, decisamente kitsch (ed un po’ fuori luogo) è la statua di Ronald Reagan a grandezza naturale inaugurata nell’estate 2011, come segno tangibile di ringraziamento degli ungheresi alla figura dell’ex presidente americano, ritenuto il simbolo della battaglia contro il regime sovietico.

Sempre nella stessa piazza, c’è anche un’altra attrazione per turisti-bambini: una fontana i cui spruzzi si alzano e si abbassano a seconda di quanto distante sia la persona. Io e Amico 1 giochiamo per un po’ assieme a tanti altri deficienti e ci facciamo compatire dai budapestini che passano: deve essere bello vivere in una città piena di attrazioni e vedere i turisti che giocano come fanno i cani con gli spruzzi d’acqua e, non contenti, si fanno pure filmare in mezzo ad una fontana…

Però, ciò che ha attratto maggiormente la mia attenzione non è stato né un palazzo, né Reagan, né la fontana, bensì una ragazza, probabilmente pure lei turista, pettinata un po’ come la Principessa Leila di Guerre Stellari che, stretta nel suo trench rosa, se ne stava a fotografare la piazza da diverse angolazioni. Io sono rimasto a bocca aperta, ed anche pietrificato come Reagan…

Ma torniamo al giro. Finita la pausa, ci incamminiamo verso il Parlamento perché l’ora della visita si avvicina. Seguiamo le istruzioni ricevute e ci facciamo consegnare i biglietti. Come previsto, non spendiamo un Euro. La visita al Parlamento, a dire il vero, non è imperdibile. In circa 50 minuti si vedono si e no 5 stanze di un palazzo che ne conterà almeno 500. Però, con un po’ di fortuna, è possibile vedere il cambio della guardia alla Corona che, nonostante le vicissitudini e la storia che inesorabilmente passa, è ancora uno dei simboli in cui tutto il popolo ungherese si riconosce, o almeno questo è ciò che ci hanno fatto credere. L’interno del palazzo è piuttosto sfarzoso e la guida racconta alcuni aneddoti sulla costruzione, sulle statue presenti, sull’utilizzo odierno del palazzo.

La fine della visita coincide circa con l’ora di pranzo e, non contenti della mezza fregatura presa la sera precedente, anche oggi decidiamo di affidarci alle recensioni di altri turisti. Ci mettiamo alla ricerca di Toldi Etkezde, che secondo le informazioni tratte da Internet dovrebbe essere vicino alla fermata della metropolitana di Batthyany da dove, peraltro, si gode una bellissima vista sul Danubio e sul Parlamento. In verità, facciamo un po’ di fatica a trovare il ristorante perché è tutt’altro che vicino alla fermata: occorre fare una passeggiatina di una decina di minuti prima di vedere l’insegna e, in ogni caso, occorre tenere d’occhio i numeri civici, perché l’entrata non è ben visibile.

L’impatto non è dei migliori: si tratta di una struttura a evidente conduzione familiare, ricavata in un piccolo seminterrato con circa 7-8 tavoli a disposizione dei clienti e con un bagno microscopico. Ovviamente è pieno: così aspettiamo in piedi tra la porta ed i tavoli. Nell’attesa scambiamo quattro chiacchiere con altri clienti italiani che ci dicono essere estasiati dalla cucina ed in particolare da alcuni piatti.

Nell’arco di una decina di minuti ci sediamo e iniziamo a leggere il menù, decidendo di accettare parzialmente i consigli ricevuti. Il menù è scritto anche in italiano, ma per i prezzi occorre fare riferimento alla versione ungherese. Il freddo accumulato ci obbliga a prendere qualcosa di caldo e così optiamo per una zuppa ed una bistecca con contorni misti (riso, cetrioli e patate). La qualità è migliore di quella della sera precedente, ma nemmeno questo pranzo ci distoglie dalla convinzione che come si mangi in Italia, non si mangi da nessuna parte al mondo, e senza la necessità di scomodare la cucina della mamma. Paghiamo 5000 HUF in due, un prezzo in linea con quello pagato la sera precedente.

Nel frattempo nel locale entrano un matto ed un gruppo di sole donne spagnole, dove una, a mio avviso, è la copia di Belen Rodriguez. Però decidiamo di uscire subito perché, tra le spagnole super incazzate per il fatto che il menù fosse solo alla carta e non esistesse alcun “menù turistico”, e gli atteggiamenti dell’avventore pazzo, ci convinciamo che di lì a poco in quel locale sarebbe successo qualcosa di grave.

Torniamo verso il Danubio e ci facciamo accompagnare dal tram che segue la banchina fino a piazza Clark Adam dove ci mettiamo in attesa del bus 16, ossia quello che si inerpica tra le vie della città vecchia. Qui troviamo altri italiani che, come noi, sono vittime consapevoli delle offerte di Ryanair.

Passiamo circa 2 ore e mezzo tra le vie di Buda, il Belvedere, il Palazzo Reale, la chiesa di S. Mattia (in realtà la chiesa è dedicata alla Madonna, ma è comunemente conosciuta con il nome di Mattia Corvino, uno degli eroi ungheresi). Si conferma la sensazione avuta il giorno precedente: la parte alta della città è effettivamente tenuta bene; non c’è traccia di sporco e, di fatto, sembra di stare dentro ad un set cinematografico. Il panorama verso Pest, quando il cielo è un po’ meno grigio di quanto non sia oggi, è veramente da cartolina, ma, dalla stessa posizione, è possibile vedere anche le altre parti della città che, ad una rapida occhiata, non sembrano essere belle e tenute in ordine come quelle più battute dalle orde di turisti che affollano la capitale ungherese.

Il freddo oggi si fa sentire e camminare senza una meta precisa diventa faticoso. Così, decidiamo di scendere verso il fiume e di farci portare in giro dai mezzi pubblici, che ci rendiamo conto di utilizzare come mai fatto in altre città. Vorremmo ripetere parte della gita sul battello per incrementare il numero di foto panoramiche, così come vorremmo vedere qualcosa di Obuda, di Vizivaros, di Aquincum e di Szentendre, ma le distanze ed il clima ci fanno desistere. E così, anche queste mete diventano parte del programma di un prossimo viaggio… Decidiamo, più semplicemente, di girare tra le vie di Pest, in modo tale da essere più vicini all’alloggio. In quegli istanti, la mia macchina fotografica mi lascia in panne, e sono così costretto a farmi sostituire da Amico 1 che, tuttavia, non è abbastanza giapponese…

Ci incamminiamo verso Pest passando per la zona del Mercato Centrale, che dopo una breve visita, decidiamo che sarà il luogo dove pranzare il giorno dopo, e, da bravi italiani, percorriamo tutta Vaci Utca. E’ veramente piena di gente, molti sono turisti come noi, ma credo che vi siano anche molti ungheresi. Sulla strada verso l’ostello, tra l’altro, ci fermiamo a fare un po’ di compere in un supermercato. Sugli scaffali si trovano articoli che si potrebbero trovare anche in Italia, però i prezzi appaiono decisamente più bassi… Ma probabilmente per tanti prodotti la qualità non è la stessa.

Dopo l’intensa giornata, per evitare di crollare poco dopo cena, alla necessaria doccia si aggiunge una pennichella. E, prima di uscire, si coglie l’occasione per navigare a scrocco con la wi-fi offerta dall’ostello alla ricerca di indicazioni sul meteo (secondo le nostre informazioni dovrebbe piovere durante la serata) e su altri ruin pubs da aggiungere alla Szimpla.

In ogni caso, per le 19:00 siamo già pronti per la serata e, in questo modo, andiamo ad aggiungerci ai numerosi cittadini, soprattutto giovani, che stanno già affollando le vie della città. Gironzolando un po’ a piedi ed un po’ in tram, scopriamo nuove vie di Budapest e, come da informazioni in possesso, ci rendiamo conto con i nostri occhi che la zona attorno a piazza Oktogon e, soprattutto a Liszt Ferenk ter, è piena di locali. Dopo una birra-aperitivo allo Szimpla, decidiamo di provare il Frici Papa, un locale paragonabile ad una nostra trattoria, che secondo le recensioni raccolte in Rete, dovrebbe essere un’ottima soluzione. Cercandolo, ci imbattiamo in un locale di pizza al taglio con una fila fuori di almeno 10 metri. Stupiti, ci mettiamo pure noi in fila… Dopo una manciata di minuti entriamo nel locale e per 400 HUF compriamo un trancio di pizza a testa… Niente di eccezionale, ma se a Budapest fanno la fila per questa roba, non oso immaginare che pizza di scarsa qualità ci sia in giro… Ah, il locale non ha un’insegna fuori, sembra aperto 24h/24h e l’ultimo pensiero dei negozianti è di fare lo scontrino ai clienti… In ogni caso, è a pochi metri dal ristorante che cerchiamo.

Il Frici Papa è veramente una mix tra ristorante e trattoria. Non è un luogo formale ed alcuni indizi svelano la semplicità e l’economicità del locale: tovaglie coperte da plastica trasparente, tovaglioli di carta, menù decisamente ridotto, ma se il cibo è buono, tutto si può accettare… Considerato che sia Amico 1 è mezzo malato e che io mi sto incamminando per la stessa strada, la cena è molto light: un paio di zuppe, due petti di pollo grigliati con contorno ed un paio di birre. L’Aulin & Co. li portiamo noi da casa. Prezzo finale 3380 HUF. Giudizio: la qualità dei piatti non è male, le porzioni sono giuste ed i prezzi onesti. Per me si tratta di una soluzione ideale e origliando il giudizio di italiani seduti ad altri tavoli, si tratta di un commento ampiamente condiviso.

Considerato che è un po’ presto per tornare in branda, decidiamo di farci una passeggiata in zona Danubio per ampliare il book fotografico di Budapest di notte con altre foto, visto che quelle della sera precedente sono lontane dall’essere degne di pubblicazione. Il problema, tuttavia, non è Budapest, ma le nostre macchine fotografiche che non sono in grado di rappresentare appieno la bellezza dei monumenti. Nel nostro giro vediamo un po’ di barboni sotto i ponti e tanta gente che sembra andare nella zona del quartiere ebraico, ossia quella da dove noi stiamo provenendo.

Giriamo un po’ per le strade di Budapest alla ricerca di locali dove passare le poche ore rimaste prima di andare a nanna, e scopriamo che, in pratica, la zona tra la Sinagoga, piazza Oktogon e piazza Blaha Lujza è effettivamente quella con più gente. Andando in giro con il tram, difatti, le frotte di persone si trovano solamente in questi quartieri.

Amico 1 spinge per tornare allo Szimpla e, tutto considerato, l’idea non mi dispiace. Il locale è pieno all’inverosimile, tanti ragazzi e tante ragazze. File al bar estenuanti e, mediamente, tutte le persone hanno un bicchiere in mano. Questo locale deve essere effettivamente un pozzo di soldi… E fuori, nelle vie vicine, anche gli altri locali non sembrano essere da meno… Convinti che i ruin pubs siano tra le mete preferite della gente di Budapest, decidiamo di visitarne un altro, il Corvin Teto che è in piazza Blaha Lujza, all’ultimo piano di uno stabile diroccato (altrimenti che ruin pub sarebbe!?). Stasera si paga l’entrata, ma la presenza di un pubblico formato al 90% da persone che potrebbero essere i secondogeniti di Amico 1, ci fa propendere per tornare verso lo Szimpla, dove annegheremo in qualche birra il dispiacere dovuto al renderci conto di essere sul viale del tramonto.

Verso le 3:00 torniamo in ostello: tra influenza e stanchezza, stanotte, si dovrebbe dormire un po’ più della notte precedente.

Sabato 13 e Domenica 14 ottobre 2012

Dopo una manciata di ore dal rientro in ostello, io e Amico 1 siamo già a pianificare il da farsi. La giornata sarà lunga, soprattutto perché passeremo la notte per locali ed andremo in aeroporto senza riposare. Nonostante il check out sia permesso fino alle 10:00, alle 9:00 abbiamo già finito le procedure di uscita, incassato il deposito dato in cauzione un paio di giorni prima, ed ottenuto il nulla osta per poter utilizzare il deposito bagagli senza problemi. Così, sabato mattina, io e Amico 1 usciamo per le ultime 24 ore a Budapest carichi di aspettative e carichi anche di tutto il necessario per andare alle terme, visto che entrambi siamo convinti che sia il modo migliore per arrivare a sera in condizioni accettabili. Alla reception chiediamo anche consigli su quale sia la migliore tra le terme budapestine, ma le risposte ottenute non fanno altro che confonderci le idee: decideremo in funzione delle informazioni raccolte in Rete.

Il tempo meteorologico, però, è molto meglio di quanto non fosse stato previsto nei giorni precedenti: c’è vento, ma il sole sembra fare capolino tra lo spesso strato di nubi. E, comunque, non piove!

Prima di fare colazione, testiamo quanto tempo occorre per andare dall’ostello al punto dove ci sarà la navetta per l’aeroporto ad aspettarci: volendo e dovendo percorrere il tragitto tutto a piedi, e non avendo ancora ben chiaro come si intreccino le vie nel centro della città ungherese, riteniamo opportuno verificare la strada che dovremo percorrere in piena notte. Appurato che il cammino non durerà più di 20 minuti, andiamo verso il Duomo di Santo Stefano, che dista veramente pochi minuti dalla piazza Deak Ferenk. Ne approfittiamo anche per fare colazione in una pseudo pasticceria, ma le brioches di stamane hanno un sapore ben peggiore di quelle del giorno precedente. E, tra l’altro, sono ugualmente pesanti.

Il Duomo è inserito in un contesto gradevole: una grande piazza pedonalizzata ornata da una bella pavimentazione. Anche l’interno della chiesa non è male. La visita non prevede alcun biglietto d’ingresso obbligatorio, ma, davanti all’entrata, un tizio verifica che tutti coloro che entrano facciano un’offerta di almeno 1 Euro o 200 HUF. In realtà, non potendo il tizio verificare quanto è effettivamente introdotto nell’urna, l’offerta può essere inferiore o superiore. Io, difatti, metto solo 130 HUF per 2 persone, ma, sinceramente, era la sola moneta metallica che avessi in tasca in quel momento.

Dopo il Duomo, l’itinerario prevede di arrivare a Piazza Degli Eroi (Hosok Tere) passeggiando per Andrassy Utca. Siccome nelle mappe le strade si intrecciano sempre in maniera diversa di quanto non facciano nella realtà, dopo circa 10 minuti di cammino scopriamo di essere andati nella direzione opposta, considerato che il Parlamento si stava avvicinando anziché allontanando.

Ma poiché nulla accade per caso, sbagliare strada è servito per farmi rivedere la figura angelica che il giorno prima aveva destato in me tanti turbamenti… Pure lei, come noi, stava ancora girando e fotografando la città, ed oggi ha anche un’acconciatura diversa, che la valorizza ancora di più… Ed ora, ecco come si fa a sprecare l’occasione della propria vita: si cerca di incrociare lo sguardo con lei e, anziché insistere fino a riuscirci, si desiste e si continua il proprio giro… Anche perché, in verità, lei non stava per nulla passeggiando, ma quasi correndo! E non incontro a me…

Io e Amico 1 torniamo così sui nostri passi ed imbocchiamo la strada corretta. Avendo io la testa immersa in altri pensieri, cioè impegnata ad offendere Cupido per aver ciccato il colpo ancora una volta, Amico 1 decide che non è più tempo di camminare, perché una passeggiata di circa 3 km avrebbe messo a dura prova le nostre gambe, e così opta per lo spostamento con i mezzi pubblici, nonostante questo avrebbe impedito di vedere i numerosi palazzi che si affacciano sulla via. Come compromesso, anziché la certamente più veloce linea 1 della metropolitana, il cui percorso è praticamente al di sotto di Andrassy Utca, prendiamo il più lento ma certamente più panoramico bus 105.

Scendiamo per fotografare il teatro dell’Opera, cogliendo l’occasione per girovagare per Nagymezo Utca, che secondo le guide turistiche, è la Broadway budapestina. Sempre sfruttando le corse del bus 105, arriviamo a Piazza degli Eroi. Gigantesca, e con i due musei ai lati è veramente scenografica. Di fatto, mi ha dato quasi le stesse sensazioni di Piazza San Pietro quando la vidi per la prima volta. I monumenti, oltre ai capi delle tribù fondatrici dell’Ungheria con Re Arpad in primo piano, ricordano i personaggi più importanti della storia magiara.

Attraversiamo la piazza e ci dirigiamo verso il parco dove sorgono le terme Szechenyi, uno degli stabilimenti la cui fama ha ampiamente varcato i confini domestici. Prima di giungere alle terme, però, visitiamo il castello all’interno del parco che, seppur privo di particolari elementi distintivi, è pieno di turisti. Scattiamo un po’ di foto e, considerata l’ora, decidiamo che la visita delle terme e il giro del parco, saranno tappe di un futuro viaggio a Budapest.

Essendo quasi ora di pranzo, con i mezzi pubblici decidiamo di andare in zona Mercato Centrale. Scendiamo alla fermata Kalvin Ter, facciamo un po’ di foto al Museo Nazionale ed ai palazzi limitrofi, ci perdiamo tra le vie e, affidandoci agli onnipresenti tram, riusciamo a raggiungere la destinazione prefissata. E’ pieno di gente, e tanti sono turisti, e tanti di questi sono italiani. Più che un mercato, è un’attrazione turistica, con tanta gente che guarda in giro e poche persone che comprano ai banchi dei venditori. Ovviamente, e lo scopriamo a nostre spese, i bagni sono a pagamento (150 HUF).

I chioschi più affollati sono quelli dei bar e quelli dove è possibile mangiare. A ruota seguono quelli dei souvenirs. Avendo ancora nello stomaco la brioche di cemento mangiata poche ore prima, il pranzo è limitato ad un langos a testa, ossia una specie di pizza fritta che per evitare problemi intestinali, compriamo senza condimenti particolari. A dire il vero, io, di langos, ne avrei mangiati anche un paio, ma Amico 1 mi convince a non sfidare inutilmente il mio fisico. Per dissetarci ci siamo affidati al solo chiosco che non propone alcun cibo, il K2 (e per questo è facilmente riconoscibile).

Il gestore si rivela essere un gran pezzo di mexxx. All’acquisto della seconda birra, mi dà il resto tenendosi 20 HUF, dicendomi che me li avrebbe ridati alla riconsegna dei bicchieri. Alla riconsegna dei bicchieri, di fronte alla mia richiesta, mi risponde con un laconico “I don’t understand”. Ovviamente, gli rispondo in tutte le lingue che conosco, che è un figlio di… Che gran pezzo di m…! Ancora oggi, quando ci penso, mi bolle il sangue! A dire il vero non so se la figura peggiore l’abbia fatta lui, fregandomi l’equivalente di circa 10 centesimi di Euro, o io ad urlargli nei denti, ma dovevo anche sfogarmi un po’! In fin dei conti, è stata una delle poche volte in cui mi sono accorto che mi stessero fregando! E siccome sono peggio di un ruminante, ho continuato anche a lagnarmi con Amico 1 per almeno un’ora, fino quasi a sfinirlo.

Segue l’acquisto delle cianfrusaglie / souvenir / oggetti catturapolvere che non possono mancare nei miei viaggi all’estero. In pratica, un bell’esempio di come buttare i soldi nel cesso. Oltre all’immancabile tazza, una sportina per mia madre, una biro per mio fratello ed un piattino per un amico che si è tanto raccomandato e che ci ha addirittura mandato degli sms per ricordarci dell’acquisto. Complice il tasso di cambio favorevole, la spesa non è stata eccessiva, ma, in ogni caso, ho speso l’equivalente di una cena…

Nel frattempo, si è fatta l’ora delle terme. Dopo un confronto con Amico 1, la scelta ricade sul bagno turco Rudas. Perché? Perché si tratta di un bagno turco, ed entrambi non ne avevamo mai visti prima, perché è una testimonianza della Budapest ottomana e perché non è molto lontano dal centro. Inoltre, dai filmati su Internet, sembrava essere veramente un bel luogo. Io sarei stato anche dell’idea di visitare il bagno Kiraly, ma oltre a non essere facilissimo da raggiungere, pare sia frequentato quasi esclusivamente da gay, orientamento sessuale del tutto non applicabile né a me né ad Amico 1.

Il bagno turco è attualmente in ristrutturazione e, in pratica, tutta l’area di entrata è un vero e proprio cantiere in corso d’opera. Alla biglietteria, un’altra amara sorpresa: il prezzo che ci viene chiesto è pari a 3200 HUF, cioè il prezzo pieno, e non quello riportato sul sito. Inizia allora il confronto tra me e l’addetta alla biglietteria con l’ausilio della stampa della pagina Internet. Nulla da fare: o si paga 3200 HUF a testa, o si va da un’altra parte. Tra gli epiteti e le gentili offese, io e Amico 1 decidiamo di rimanere lì, anche perché convinti che pure negli altri stabilimenti ci avrebbero riservato lo stesso trattamento. Paghiamo il prezzo richiesto, entriamo, e speriamo che ne valga comunque la pena!

Di gente ce n’è abbastanza e credo che molti siano turisti. L’impianto non è male, però è fatiscente. L’ambiente non è grande come appare in fotografia e credo proprio che le immagini che girano su Internet siano state catturate tutte con il grandangolo: in pratica, la struttura è composta da una vasca con acqua calda di medie dimensioni (stimo io in circa 80 mq) cui si aggiungono 4 vasche piccole (certamente meno di 10 mq) con acqua calda a temperature diverse, più una vasca ancora più piccola con acqua quasi gelata!

Tuttavia, starsene immersi nella vasca centrale, quella più grande, col viso rivolto verso la cupola con i fori da cui filtra la luce è un’esperienza che, molto probabilmente, ricorda le vere atmosfere degli hamam turchi. Però, ciò non toglie che le pareti siano erose dall’umidità e che la pulizia sia un po’ scarsa. L’acqua, tra l’altro, non era nemmeno molto pulita! Tuttavia, se fossi stato con una donna anziché che con Amico 1, dell’acqua sporca e delle tracce di umidità non me ne sarebbe fregato molto…

Faccio presente questi miei pensieri ad Amico 1 che, anziché darmi ragione, mi sottolinea che se fossi stato più scaltro, meno timido-insicuro-titubante-tentennante, ed effettivamente capace di giocare perfettamente le mie poche carte, in quel momento anziché della sua compagnia, avrei potuto godere della compagnia di un angelo dalle fattezze femminili. Quindi, non ho ragione di lamentarmi né ora, né negli anni a venire: incrociare due volte la stessa persona in una città grande come Budapest, secondo lui, è un segno divino, e se io non sono capace di cogliere le opportunità, è giusto che rimanga solo, sofferente, disperato e col cuore grondante sangue…

Senza approfondire oltre, continuiamo il nostro rilassamento per tutto il pomeriggio e, a conti fatti, ce ne stiamo a mollo per tre ore abbondanti, schiacciando qualche pisolino in sala relax e rendendoci conto che il pubblico delle terme è molto variegato e che le ragazze/donne giovani di Budapest non vanno ai bagni Rudas.

Quando usciamo, sono già quasi le 19:00. Prima di ritornare all’ostello, decidiamo di cambiare ancora un po’ di soldi perché la cassa, nonostante gli svariati pagamenti con carta di credito, è ridotta all’osso e non vorremmo trovarci senza nemmeno i soldi per una birra. Troviamo un ufficio cambio aperto e notiamo che il tasso applicato è meno vantaggioso rispetto ai giorni precedenti, ma comunque sempre di gran lunga più conveniente di quelli che si possono trovare in aeroporto.

Torniamo all’alloggio, dove componiamo definitivamente il trolley. Come al solito, per i viaggi di ritorno, la capienza complessiva si riduce…

Senza fantasia, ce ne andiamo allo Szimpla per l’ormai solita birra-aperitivo e torniamo anche al Frici Papa, non prima di aver provato ancora la pizza. Nonostante la scelta di condimenti diversi, questa pizza non è proprio buona! Al ristorante, in compenso, scegliamo piatti diversi rispetto alla sera precedente, ma il risultato è lo stesso: il cibo non è male, la qualità pure, e le porzioni sono abbondanti. I prezzi sono comunque bassi: stasera, con un menù più elaborato, spendiamo 4000 HUF in due.

Usciamo dal ristorante e troviamo le strade bagnate: il cielo ci ricorda che siamo in debito e che se siamo ancora asciutti è solo per grazia ricevuta…

Ci fermiamo in uno dei tanti bar affollati della zona di Oktogon e ci rendiamo conto di essere i più vecchi del locale: anche i gestori sono visibilmente più giovani! Un paio di coche lisce per digerire la cena e, anche in questo caso, il gestore si prende autonomamente 10 HUF come compenso del fatto che gli abbia chiesto due bicchieri al posto delle cannucce.

Rispetto alla sera precedente, il numero di persone in giro è decisamente più basso ed anche l’età media è visibilmente inferiore. Andiamo davanti al Corvin Teto, ma nemmeno stasera riesco a convincere Amico 1 ad entrare: l’età della clientela, se possibile, è ancora più bassa di quella della sera precedente. E intanto una fastidiosa pioggia inizia a cadere, ma la gente in giro sembra fregarsene…

Torniamo allo Szimpla, che è pieno, ma non come la sera precedente. Fortunatamente troviamo posto per sederci al coperto e, quando la pioggia inizia a cadere più forte, la calca fa sì che alcune persone ci finiscano quasi in braccio. Tuttavia, non siamo molto fortunati, perché anziché un paio di piacenti ragazze, ci imbattiamo in una strana coppia di tedeschi, formata da padre e figlio che, ci dirà poi, una volta l’anno, si fa un weekend in una città straniera.

Iniziamo a dialogare, soprattutto io ed il giovane tedesco, scambiandoci opinioni sulla città e sul rapporto Germania-Italia. Alla fine troviamo alcuni punti in comune: le donne belle sono belle dovunque, la birra dello Szimpla è buona ed economica così come tutta la città in generale, la cucina italiana è la migliore al mondo, gli italiani sono diversi da nord a sud e da est a ovest mentre i tedeschi sono fatti con lo stampino (però non abbiamo approfondito il livello di qualità dello stampo). In ogni caso, il giovane tedesco è un po’ triste: sono due giorni che cerca uno straccio di discoteca dove passare la notte e non ne trova una. Io gli dico di godersi gli altri tipi di locali, ma lui è dell’opinione che una città senza discoteche non sia una città completa. Alla fine ci salutiamo con un brindisi e lascio che padre e figlio vadano alla ricerca di un club dove tirare l’alba.

Un’ultima birra, ed anche per noi l’avventura giunge al termine. Verso le 3:00 torniamo all’ostello, prendiamo i bagagli, ringraziamo e promettiamo (sapendo di mentire!) che se dovessimo tornare a Budapest sceglieremmo lo stesso alloggio. Così, senza dire parole, ci dirigiamo verso il punto di raccolta della navetta di Wizzair.

In giro c’è ancora tanta gente, un po’ di ubriachi collassati, e tanti gruppi di persone davanti ai bar in chiusura. Nel frattempo, la pioggia, che aveva dato un po’ di tregua, torna a scendere più copiosa. In un supermercato aperto 24h/24h compriamo un po’ d’acqua e un po’ di pane per asciugare la birra bevuta (i dolci erano inguardabili ed anche in caso di fame chimica, per addentarli sarebbe servito un coraggio che noi non abbiamo!). Alle 3:45, di gran carriera, arriva un minibus con la scritta Wizzair sulla fiancata. Siamo i soli due clienti! In meno di 20 minuti arriviamo in aeroporto, dove più o meno velocemente passiamo i controlli di routine e, in attesa di sapere il gate di imbarco, sia io che Amico 1 schiacciamo un pisolino su delle inaspettatamente comode poltrone.

Apre l’imbarco, i passeggeri si ammassano davanti all’uscita e qualche ingorgo si crea perché, correttamente, gli operatori aeroportuali, pur con raziocinio, bloccano i bagagli dei passeggeri più menefreghisti.

L’imbarco è a piedi e, assieme a noi, ci sono anche i passeggeri dei voli diretti a Bruxelles e Barcellona. Fortunatamente le indicazioni sono chiare e le possibilità di errore sono ridotte al minimo. Ce ne stiamo circa 20 minuti in piedi in mezzo alla pista con un vento gelido che ci entra nelle ossa e, finalmente, i portelloni dell’aereo si aprono.

Io e Amico 1 siamo tra i primi a salire. Entrambi ci mettiamo vicino al finestrino, ma non per guardare fuori, ma per essere meno scomodi nel dormire. Alcuni problemi in partenza, dovuti allo scarso spazio delle cappelliere (credo che Ryanair, seguendo l’esempio di Wizzair, prima o poi modificherà in senso restrittivo le dimensioni del bagaglio a mano) e partenza con qualche minuto di ritardo, ampiamente recuperato durante il volo.

Non mi ricordo né del rullaggio, né del decollo, né del viaggio. Mi sveglio solo durante l’atterraggio per il dolore alle orecchie. Sono le 7:35 di domenica 14 Ottobre e Budapest, ormai, è un ricordo.

Non beviamo nemmeno il caffè e ci dirigiamo verso il luogo dove dovrebbe esserci la navetta per il parcheggio ad aspettarci. Aspetto 5 minuti abbondanti e, non vedendo nessuno, chiamo per sapere se è in arrivo. Mi viene risposto che la navetta mi ha aspettato e poi, non vedendomi, se ne è andata: la prossima volta devo essere più svelto. Non ho la forza per controbattere al mio interlocutore, ma gli faccio notare che sono le 7:55 e che l’atterraggio è previsto per le 7:45… Intanto, però, arriva un’altra navetta della stessa ditta, ma diretta all’altro parcheggio. Ci carica ugualmente e, in pochi minuti, ci porta a destinazione.

Riprendiamo possesso dell’auto, impostiamo il navigatore in maniera tale che non crei percorsi con strade a pedaggio, e partiamo verso casa. Non si sa per quale ragione, ma il navigatore non ne vuole sapere: o autostrada, o niente… e la cosa non cambia nemmeno spegnendolo e riaccendendolo o resettando tutte le ricerche. Così, inizia la sfida tra il nostro senso dell’orientamento e l’aggeggio elettronico: alla fine vince lui, o meglio, gliela diamo vinta, e qualche km di autostrada lo facciamo, ma purtroppo è lungo un’arteria che mai avremmo percorso. Alla fine facciamo circa 30 km in più.

Alle 11:00 Amico 1 mi scarica davanti a casa. Il tempo di fare una doccia, disfare la valigia e preparare la prima delle lavatrici, che arriva l’ora di pranzo. E la solita routine riprende.

Conclusioni

E’ stato un weekend imprevisto, e quindi, solo per aver avuto la possibilità di goderne, deve essere valutato positivamente. Budapest è una bella città, anche se credo che debba essere annoverata tra le città occidentali, indipendentemente dall’ubicazione geografica e dalle condizioni dei mezzi pubblici che girano per le sue strade.

Per un turista, si tratta di una città godibile di giorno, con i monumenti e le attrazioni da vedere, e divertente la notte, con le numerose possibilità di fare le ore piccole. Però, ed è uno dei tormenti che mi sono portato a casa, non sono stato in grado di intuire se, per un budapestino di origine o di adozione, le stesse qualità siano altrettanto evidenti, o meglio, se sotto l’immagine da cartolina che portano a casa le persone dopo il soggiorno in terra magiara, esista anche una città di sostanza, in cui la qualità della vita sia effettivamente tale e gli ungheresi possano concretamente godere delle stesse opzioni dei turisti dotati di moneta più forte (al momento l’Euro è più forte del HUF).

Un altro cruccio, ovviamente, è da ricondurre al fatto che molte delle cose che avrei voluto vedere mi stanno ancora aspettando e, considerata la situazione in cui verso, di certo a breve non potrò ritornare sulle rive del Danubio.

Poi c’è un terzo dispiacere: non aver colto la palla al balzo…

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LA PRIMA VOLTA AD EST: UN ASSAGGIO DI BUDAPEST

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