La “Grand Boucle”
Con il termine “Zav” intendo indicare, e questo gli amici del Xciting Club già lo sanno, la compagna nei nostri viaggi, e cioè, quella persona che siede sul sellone, dietro di noi e ci asseconda con entusiasmo, a volte; altre volte, al contrario, ci sopporta appena.
Per essere precisi “Zav” è l’abbreviativo di “Zavorrina” che è il diminutivo di “Zavorra”. Alcuni motociclisti molto pignoli, hanno poi voluto coniare un altro termine per identificare un tipo di zavorrina molto discreta con una particolare tecnica nel seguire e nell’assecondare ogni movimento impresso alla moto dal guidatore: poiché questo tipo di passeggero entra in simbiosi con il pilota e con la moto stessa formando un insieme omogeneo, viene indicato con il termine “Zaino”. Ma queste sono solo facezie.
Prologo
Ebbene sì, non dobbiamo fare di ogni zav un fascio; non è giusto. Ci sono Zav e Zav. Ci sono Zav che “oggi è una bella giornata, se vuoi andare a farti un giro con lo scooter, vai pure; io me ne resto qui sola soletta……” . Ci sono Zav che “la scorsa domenica ho fatto quello che volevi tu e ti sono venuta dietro per tutto il giorno; oggi mi accompagni a fare shopping…..” Ci sono poi Zav che mai metteranno il “culetto” sopra la sella e altre che, addirittura, si comprano la moto e se ne vanno in giro da sole e poi…. Poi c’è la “mia” Zav. La mia Zav ha tutti gli acciacchi del mondo; quando non è al massimo della forma è una continua lamentela del tipo: “ma perché vai così forte”, “ma perché prendi tutte le buche”, “non sorpassare” attento di qui, attento di là……… e via discorrendo. Per non parlare poi della sua “salute di ferro”; a causa di una deviazione del setto nasale, respira quasi esclusivamente con la bocca e basta che aspiri una boccata d’aria leggermente più fresca del normale che, subito si raffredda ed inizia a tossire.
Ma quando è in palla…… quando è in palla si trasforma, si entusiasma, è lei a proporre gite ed escursioni varie ed io, ovviamente felice come una pasqua, non mi sogno neppure di contraddirla!
La Grand Boucle
Il 2009 ha segnato per noi, il vero ritorno alla gioia del viaggio in due ruote. A parte le varie uscite domenicali che comunque, a partire dal 2006, anno in cui abbiamo acquistato lo scooter, abbiamo sempre fatto, e che comunque non erano quasi mai inferiori a 300 km per volta, nel 2009 abbiamo iniziato a viaggiare come non avevamo mai fatto prima. A giugno, nella due giorni dello Scootertocco (raduno xciting club del lago di Como), abbiamo percorso 1100 km, a luglio, nella tre giorni della Costiera Amalfitana, abbiamo percorso 1400 km e ad agosto…. Ad agosto non paghi delle esperienze vissute, abbiamo davvero osato al di là di ogni limite.
Da un po’ di tempo stavamo pensando di fare un viaggio veramente da ricordare, un viaggio che fino ad ora avevamo solo sognato e che non credevamo assolutamente di poter arrivare un giorno a realizzare.
La meta, è quella di tanti viaggi già compiuti in auto ed in treno, un paese che ci ha sempre affascinato; la Francia. La zav sta attraversando un periodo di grazia e il suo entusiasmo è alle stelle e quindi, lascio volentieri a lei il compito di organizzare il tutto, itinerario compreso, tanto a me tutte le soluzioni vanno bene, a me basta salire in sella , abbassare la visiera, girare la manopola del gas……
Concordiamo la durata in otto giorni e lei traccia le linee guida: Parigi, la Normandia, i castelli della Loira. Ad occhio e croce, i km sono un po’ tantini e così, al ritorno, prenderemo il treno navetta da Parigi a Nizza per risparmiare un bel po’ di strada. Questa scelta, si rivelerà azzeccatissima alla luce di quello che poi ci sarebbe accaduto.
Ne parliamo e ne riparliamo fino alla nausea, coinvolgiamo gli amici che fin da subito ci giudicano pazzi e poi, dopo tanti discorsi e tanti progetti, finalmente arriva il momento della partenza.
Sono stato chiaro con la zav; decidi tutto tu, anche le tappe, così almeno, se sarai stanca per aver viaggiato troppo, non dovrai rimproverarmi di aver osato così tanto. Quanti km ci sono per arrivare a Parigi? Circa 1200. La zav non sta più nella pelle e propone: calcoliamo di arrivare in due giorni; facciamo una bella tirata il primo giorno e così il successivo, anche se avremo un po’ di stanchezza accumulata, non dovremo viaggiare più di tanto. Quindi, in internet, cerca, trova e prenota un albergo per dormire la prima notte. L’albergo, senza troppe pretese, è a Beaune, Borgogna, a…… settecentosessanta chilometri da casa nostra. Le faccio notare che non sono pochi ma lei fa le spallucce e candidamente mi dice: se ad una certa ora ci rendiamo conto di essere troppo stanchi e di non farcela, magari ci fermiamo da qualche altra parte. Io, non ho problemi e sono quasi sicuro di farcela; se il tempo è buono, non ci saranno problemi, se piovesse…… è meglio non pensarci neppure.
14 agosto: La partenza!
Venerdì.
Il trokko è tirato a lucido e splendente come non mai. È stato revisionato (non troppo accuratamente come capiremo poi) e dotato di una nuova gomma posteriore. Sul manubrio, fa bella mostra di sé un navigatore GPS Garmin nuovo di zecca con la destinazione già programmata. Abbiamo il bauletto stracolmo e sopra di esso, fermato con cinghie elastiche, un capiente zaino da campeggio gonfio di bagagli. Le ruote iniziano a girare, dopo pochi chilometri imbocchiamo l’autostrada che ci condurrà fino a Parigi. A me l’autostrada piace poco, è troppo monotona, ma, in questi casi, non possiamo farne a meno. Un centinaio di chilometri e la Toscana cede il passo alla Liguria, poi alla Lombardia, al Piemonte e, prima di sconfinare, alla Valle d’Aosta. Traversiamo, senza attendere troppo, il traforo del monte Bianco e poco dopo mezzogiorno siamo già in Francia. Il tempo è stupendo , le soste sono sporadiche e ci fermiamo praticamente solo per fare rifornimento cosi’, poco dopo le 18, stanchi ma euforici, raggiungiamo la meta, troviamo subito l’albergo e ci facciamo una bella, rilassante doccia. La cittadina di Beaune non offre un gran che e noi siamo piuttosto stanchi cosi, dopo una leggera cenetta ed una passeggiata per le vie del borgo ce ne andiamo a nanna.
15 Agosto; Parigi!
Sabato
Il giorno di ferragosto, inizia sotto un cielo azzurro ed uno splendente e martellante sole. Ci svegliamo di buon mattino e consumiamo una leggera colazione; poi, con l’entusiasmo a mille, riprendiamo il viaggio. Oggi raggiungeremo Parigi, distante circa 400 km ma a noi, dopo il “tappone” del venerdì, ci sembra poco più di una passeggiata. Lungi dall’essere affaticato, il motore gira rotondo e rassicurante, ci sentiamo veri Bikers e, tutti i motociclisti che incontriamo ci salutano; anche quelli che viaggiano sulla corsia opposta ed anche quelli che ci sorpassano….. Proprio come in Italia! (ma quando mai…). Non è neppure mezzogiorno quando, dopo aver percorso un allucinante groviglio di raccordi autostradali sempre più trafficati, raggiungiamo l’albergo che abbiamo prenotato per la seconda notte di viaggio; siamo a Versailles, alle porte di Parigi. Qui ci concediamo una bella rinfrescata e poi, ci rechiamo subito alla reggia, che, ovviamente, intendiamo visitare. C’è un caldo pazzesco ed una folla oceanica e la visita al palazzo ed agli immensi giardini, diventa quasi un calvario e ce la godiamo veramente poco. Ci rechiamo poi in riva ad un lago, sempre all’interno del parco e qui, assieme ad altre centinaia di persone, ci facciamo uno spuntino a base di panini. Torniamo poi in albergo e ci fermiamo a riposare un paio d’ore; poi ce ne andremo a Parigi! Arriviamo in città verso le sei del pomeriggio; fa un gran caldo ma siamo felici di tornare su queste strade. Abbiamo visitato per la prima volta Parigi nel 1990 e mai avrei pensato di poter tornare qui un giorno con lo scooter. Andiamo nei luoghi “classici”: gli Champs Elysèes, l’Arc de Triomphe, e poi Notre Dame, il lungosenna, la tour Eiffel, il Trocadero, etc. Etc. Oltre ad essere caldo, c’è anche un traffico molto caotico e la frizione ne risente parecchio. Cerco di stressarla il meno possibile, ma i frequenti saliscendi cittadini, non aiutano di certo. Scattiamo foto a ripetizione ed intanto il tempo passa, scende la sera ed allora, ce ne andiamo a Montmartre, alla basilica del Sacrè Coeur a vedere la città illuminata assieme ad un altro migliaio di persone; verso sudovest, la Tour Eiffel, tutta illuminata, è un vero spettacolo. Bighelloniamo ancora un po’, mangiamo qualcosa e poi decidiamo di andare a dormire: domani ci aspetta un’altra giornata di viaggio. Raggiungeremo la Normandia con le sue bianche falesie affacciate sul canale della Manica.
16 Agosto; l’Oceàn….
Domenica
Dopo un sonno ristoratore, facciamo i bagagli e lasciamo Parigi. Anche se non è tardissimo, il sole è già alto ed il caldo si fa sentire ma, dopo circa 200 km, le cose cambiano e, da lì a poco, rimpiangeremo il caldo sofferto. Vediamo all’orizzonte un fronte nuvoloso ma, non ci perdiamo d’animo; sappiamo che la pioggia è frequente da queste parti e siamo attrezzati. Il sole intanto scompare ed il cielo diventa grigio e minaccioso; arriviamo a Rouen. E’ domenica, la città è semideserta ed i negozi quasi tutti chiusi .Una fastidiosa e fresca brezza ci mette addosso un bel po’ di tristezza e, dopo una veloce visita del centro storico decidiamo di ripartire. Il cielo è ancora coperto e adesso, piccole gocce di pioggia, si depositano sulla visiera del mio casco. La tappa successiva, è il paesino di Le Treport, al confine nord della regione. Non è niente di speciale, poche casette ed un ristorantino su una spiaggia di ciottoli grossolani deserta a causa del tempo non proprio bellissimo. Ci fermiamo a mangiare un panino distesi su quegli scomodissimi sassi, sotto la prima falesia che vediamo. Ad un certo punto, sembra quasi che il sole voglia fare la sua presenza, ma è un debole tentativo e subito le nuvole, riprendono il sopravvento ed allora, noi, riprendiamo il viaggio. Nei primi due giorni abbiamo viaggiato esclusivamente in autostrada, nei lunghissimi e noiosissimi rettilinei che non finiscono mai ma, adesso, voglio godermi un po’ le strade provinciali così, per non sbagliare, configuro il navigatore in modo che escluda le strade a pedaggio; più avanti come vedremo, me ne pentirò, ma, al momento, mi va bene così. Scendiamo lungomare verso Dieppe; proveniente dal mare, dalla nostra destra, soffia una brezza tesa e piuttosto fresca che rende il viaggio un po’ difficoltoso. In questa zona, la terra è piatta e completamente coltivata, enormi appezzamenti di terreno abbondano di verdure di ogni genere e anche l’allevamento è piuttosto sviluppato. In lontananza, come sentinelle tecnologiche, una fila di generatori a vento, con le lunghe ed eleganti pale bianche , sembrano osservarci incuriositi. La grigia coltre di nuvole, intanto, comincia a sfilacciarsi e sprazzi di azzurro sempre più ampi, ravvivano il colore del mare e della verde campagna circostante. Entriamo a Dieppe sotto uno splendido sole che ci riscalda l’animo ed anche il fisico. La cittadina è gradevole, ha un frequentatissimo porto turistico e, sulla banchina, c’è un gran movimento. Un anziano signore francese, vede la nostra targa e si ferma a parlare un po’ con noi. In verità capiamo poco di quello che dice ma, un po’ con l’immaginazione, un po’ a gesti, una parola qua ed una là, ci spiega che tutta quella animazione è per la imminente conclusione della “Solitaire du Figaro”, una regata velica in solitaria di grande tradizione. Incoraggiati dal bel tempo e dalla gradevole temperatura, passeggiamo un po’ tra gli stand ammirando le imbarcazioni ormeggiate nel porto. Le barche, in realtà, sono a circa 5 metri sotto al livello stradale, ormeggiate ad una speciale banchina galleggiante; questo è l’unico modo di rendere praticabile il porto; in questa zona, le famose maree Normanne hanno una escursione davvero notevole. Facciamo anche una gitarella in battello per osservare dal mare le caratteristiche bianche scogliere calcaree. Poi, riprendiamo la strada. Il paesaggio è veramente gradevole ed il viaggio scorre via liscio. Il traffico è fluido e la strada è ampia e dal fondo regolare. Fuori dall’autostrada, è un piacere viaggiare; l’ago del contagiri oscilla intorno ai 5500 rpm ed il motore, dopo le “tirate” dei giorni scorsi, ci ringrazia facendo le fusa. Lungo la strada, recinti pieni di bestiame si alternano a immense distese di terra coltivata; ci sono presse di paglia disseminate ovunque che si asciugano al sole. La strada corre ancora parallela al mare anche se, quest’ultimo, si intravede solo di rado. Ci fermiamo a Veules-les-roses, veramente un bel posto di villeggiatura con casette in pietra perfettamente pulite e ben tenute e giardini fioriti fino all’inverosimile. Anche qui, la spiaggia è di ciottoli ma, l’intraprendente amministrazione locale ha costruito proprio sul mare un paio di piscine dove si affollano una moltitudine di ragazzini urlanti. Ci piacerebbe fermarci per passare la notte, ma è ancora troppo presto e la strada programmata è ancora lunga e quindi pur se a malincuore, partiamo di nuovo.
Il tempo corre e l’asfalto, sotto le nostre ruote, anche. Arriviamo a Fecamp dove faremo tappa per la notte. Ci sistemiamo in albergo, e dopo una veloce rinfrescata, andiamo ad esplorare la cittadina e a cercare un ristorantino per concludere degnamente la giornata. Anche qui, lungomare, c’è un discreto movimento e ci concediamo una bella passeggiata tento per sgranchirci un po’ le gambe. Poi, visto che non è ancora l’ora di cena, consultiamo la guida turistica e decidiamo di andare a dare un’occhiata al paese successivo; Etretat. Ci sono da percorrere una ventina di chilometri e quindi, vi arriviamo in poco tempo. Anche questo è un bel posto; casette in pietra, antiche costruzioni a “graticcio” e largo uso di legnami locali con arredi floreali multicolore sparsi un po’ dovunque e, sul mare, una fantastica, scenografica scogliera calcarea con tanto di faraglione. Ceniamo in un locale tipico tutto in legno dove ci servono una marmitta di succulenti mules di produzione locale che io annaffio con un’ottima birra. Questo posto ci offre la possibilità di fare delle belle foto e così, decidiamo di tornarci il mattino seguente. Probabilmente, il cellulare della zav resta sul tavolo del ristorante, ma noi ce ne accorgeremo solo all’indomani.
17 Agosto; Errore clamoroso!
Lunedì
Sveglia! Azzzzzzz….. Come si dorme bene quando si è veramente stanchi! Siamo in vacanza e ci verrebbe voglia di poltrire più a lungo ma, la voglia di viaggiare è più grande della pigrizia ed allora, ci rimettiamo in viaggio. Come deciso la sera prima, torneremo ad Etretat a fare un po’ di foto. Ci arriviamo in un baleno e, per prima cosa, andiamo in una bella pasticceria a fare colazione. Poi saliamo sulla falesia e, dall’alto ammiriamo il pittoresco paesaggio, le bianche scogliere, i faraglioni e una chiesetta arroccata sulla rupe; davvero molto bello. La zav decide di condividere questo momento chiamando sua madre e qui, avviene il dramma. Il telefono, non si trova. Smontiamo tutto il bagaglio svuotando lo zaino, il bauletto, il sottosella e le tasche di giubbotti e pantaloni; niente. La prima cosa che ci viene in mente, è di averlo lasciato in camera e quindi, ripristinato il bagaglio in fretta e furia, torniamo sui nostri passi, all’hotel di Fecamp ma…… senza risultato. La zav chiede al portiere che le dà la chiave della camera che ancora non è stata riassettata; cerca in ogni angolo ma non trova niente. Torniamo quindi a Etretat, per chiedere al personale del ristorante ma, anche qui, nessuno ha trovato niente; la giornata comincia bene……. Faccio la voce grossa e dico chiaro e tondo che non permetterò che la perdita di un telefono, mi rovini la vacanza e quindi, ripartiamo. Continuiamo a scendere verso sud seguendo la costa e ben presto arriviamo a Le Havre. C’è ancora il sole ma si è alzato un venticello …stard… Che ci raffredda un po’ l’entusiasmo; La città, inoltre, non è un gran che e quindi, decidiamo di tirare dritto verso la prossima cittadina, Honfleur che, stando alla guida turistica, è un posto da visitare e, secondo la guida, dista poco più di venti chilometri e quindi, arriveremo presto. Vi ricordate del settaggio del navigatore??? Ho perentoriamente ordinato di non prendere in considerazione le strade a pedaggio e comunque, non ci sono autostrade in questa zona. Per arrivare ad Honfleur, dobbiamo attraversare la Senna che qui, all’estuario, è larga un bel po’. Per questo scopo, hanno costruito qui una delle meraviglie ingegneristiche per le quali i Francesi vanno fieri: il “Pont de Normandie” , il ponte strallato più grande d’Europa che in pochi minuti consente l’attraversamento del fiume facendo risparmiare un bel po’ di strada rispetto ai tempi antecedenti la sua costruzione. “Strada a pedaggio” è, nel nostro lessico comune, l’autostrada. Un ponte, non necessariamente deve essere considerato un’autostrada, ma, un ponte, può comunque essere a pedaggio e quindi, il navigatore, diligentemente, lo ignora. Difatti, non riesce a trovare la strada per Honfleur tanto che, devo reimpostare più volte la destinazione temendo di aver sbagliato a scrivere. Dopo diversi giri a vuoto ed una impressionante sequela di bestemmie, finalmente, il navi sembra aver trovato un percorso valido e così, seguendo le indicazioni, ci incamminiamo. Il tempo passa, i chilometri si sprecano ed il tempo peggiora. Ci fermiamo in un centro commerciale in aperta campagna a comprare dei calzini perché ho freddo ai piedi. Continuiamo a non capire dove ci sta portando il navigatore ma, lui sembra sicuro del fatto e, quindi, ci rassegniamo a seguire le sue indicazioni. I chilometri passano e ancora non vediamo alcuna indicazione per Honfleur; cominciamo a sospettare ce ci sia qualcosa che non va. Vediamo scorrere diverse indicazioni per il “pont de Tancarville” ma, il navi, imperterrito ci fa tirare dritto e noi, decidiamo di fidarci. Finalmente, ci avverte di svoltare verso il fiume, anche se, adesso, non vediamo indicazioni di nessun ponte. Siamo in una zona industriale con una alta concentrazione di capannoni e di grandi serbatoi di carburante e, dopo una rotonda …..sorpresa! la strada si interrompe a filo dell’acqua e qui, c’è un traghetto! Va bè, meglio che niente….. Saliamo a bordo del battello, e con grande sorpresa, apprendiamo che il servizio è gratuito, questa poi……. Il fiume è largo e la corrente è forte; raggiungiamo l’altra riva in una decina di minuti e in poco tempo siamo di nuovo in viaggio. Quando finalmente siamo vicini ad Honfleur, vediamo in lontananza le enormi e futuristiche strutture del pont de Normandie e, qui, mi viene il sospetto di avere sbagliato qualcosa nella configurazione del navigatore. Percorrendo il ponte, saremmo arrivati qui nel giro di mezz’ora o poco più; seguendo le indicazioni del navi, da me magistralmente configurato, ci sono volute più di 2 ore e abbiamo fatto più del triplo di strada…… per cui, decido di non dire niente alla zav. Arriviamo dunque ad Honfleur, un simpatico porto turistico sull’estuario della Senna, circondato da una antica e pittoresca cittadina. Le banchine del porto sono tutto un susseguire di ristorantini, gelaterie e negozietti vari letteralmente assediati da una eterogenea folla di turisti. Intanto, il sole fa capolino ed il nostro umore, sale di colpo. Compriamo due panini imbottiti, una lattina di coca e ci sediamo sul molo con lo sguardo rivolto verso il bacino portuale e la sua foresta di alberi di alluminio delle molteplici imbarcazioni a vela; a poca distanza, una giostra d’altri tempi gira lentamente per la gioia di un nugolo di ragazzini festanti…….
Via di nuovo! Continuiamo a scendere lungo la costa ed attraversiamo tutta una serie di cittadine affacciate sull’oceano; Trouville, Deauville, Villers, Houlgate, Cabourg e via discorrendo. Poi, ci allontaniamo un po’ dal mare e raggiungiamo Caen, dove faremo tappa per la notte.
18 Agosto; D-Day, le spiagge dello sbarco.
Martedì
Ci svegliamo, come di abitudine, di buon mattino e carichiamo per l’ennesima volta il bagaglio. Poi, andiamo a fare una rapida visita al centro storico di Caen che, però non offre molto ed inoltre, visto che è ancora mattino presto, quasi tutti i negozi sono chiusi e le strade abbastanza deserte. Allora ce ne andiamo e ci dirigiamo verso la costa, verso le spiagge ed i luoghi che furono testimoni di una delle più grandiose e drammatiche fasi della seconda guerra mondiale; la ”operazione Overlord “ meglio conosciuta come “lo sbarco in Normandia”. Adesso, il lungomare è tutto un susseguirsi di ridenti paesini affacciati su lunghe ed ampie spiagge sabbiose, meta, nei mesi estivi, di numerosi bagnanti ma, il ricordo di quei terribili tempi andati è presente ovunque; Ogni paese, ha un monumento, un cippo, un memoriale che ha il compito di rammentare al mondo il sacrificio di tanti, troppi, esseri umani che nell’estate del 1944 pagarono con la vita la folle bramosia di potere che sconvolse , in quegli anni bui, il mondo, intero. Le spiagge teatro della vicenda, nomi in codice Sword, Juno, Gold, Utah ed Omaha, sono ancora oggi disseminate di carri armati, bunker in cemento armato e altri residuati bellici ad eterna testimonianza della tragedia che qui si compì. Sterminate foreste di croci bianche, maniacalmente allineate su prati erbosi curati come tappeti di velluto, sono sparse un po’ dovunque. Ogni tanto, di fronte ad una croce, qualcuno lascia un fiore. Anche noi visitiamo un cimitero di guerra; è pulito, ordinato fino all’eccesso e curato da un piccolo esercito di giardinieri. E’ stato costruito in un posto bellissimo, subito a ridosso di una spiaggia sterminata dove regna la solitudine. Era un luogo che non potevamo non visitare ma, l’atmosfera ci ha riempito di tristezza e così ce ne andiamo. Oggi faremo tappa a Cherbourg, nella Bassa Normandia e la strada è ancora lunga e quindi, dovremo sbrigarci un po’. Ci fermiano a mangiare qualcosa in un altro dei paesi-simbolo dello sbarco; Arromanches-les-bains, meglio conosciuta come “Omaha Beach”. Adesso è un bel posto, pieno di negozi e di turisti, affacciato su una splendida baia delimitata da imponenti falesie rocciose. Facciamo una sosta prolungata, passeggiando per le vie della cittadina; In spiaggia, ciò che più colpisce l’attenzione sono alcuni enormi parallelepipedi di cemento, cavi all’interno, corrosi dalla salsedine, rivestiti di alghe e sporchi di catrame. Sono i resti del porto artificiale voluto da Churchill che le forti correnti portarono ad arenarsi qui. Volgendo lo sguardo verso il mare aperto, la gigantesca struttura costruita in vista dello sbarco appare ancora oggi quasi intatta ad eterna testimonianza di quel lontano 6 giugno. Basta con i ricordi tristi. Saliamo ancora una volta in sella e questa volta abbandoniamo il lungomare ed optiamo per la superstrada; dopo una cinquantina di chilometri, arriviamo a Cherbourg. Cherbourg è poco interessante e poco frequentata ed allora noi, dopo una cenetta niente male da Courtepaille, ce ne andiamo a nanna.
19 Agosto; La “baia delle maree”
Mercoledi’
Spalanchiamo la finestra e un fulgido sole ci accoglie; ma chi l’ha detto che in Normandia piove sempre?????
Stessa solfa: ci laviamo, prepariamo i bagagli, carichiamo il tutto e via, verso nuove avventure! Optiamo nuovamente per la strada litoranea. Il fondo stradale è ottimo, la strada è ampia e poco trafficata e viaggiare è un piacere! Attraversiamo senza fermarci una teoria di paesini tutti accomunati dal suffisso …ville : Bretteville, Fermanville, Cosqueville, Rethoville, Neville, Gouberville. Niente attira la nostra attenzione e noi, non ci fermiamo. Sostiamo invece, ma solo un paio di minuti al faro di Gatteville che, visto sulla guida turistica, ci sembrava un po’ più pittoresco. Un bel posto è invece, qualche chilometro più avanti, Saint Vaast La Hougue una bella cittadina affacciata sul mare brulicante di vita. Il sole è splendido e bello caldo; ci mette addosso la voglia di fare il bagno ma, il programma odierno ha altre priorità e quindi, dopo esserci distesi sulla sabbia per pochi minuti, riprendiamo di mala voglia, la strada. Adesso, ci allontaniamo dal mare per tagliare la penisola e scendere poi, verso uno dei posti più incredibilmente strani di questo nostro pianeta; quella che io chiamo la “baia delle Maree”. Una zona di bassi fondali dove per la maggior parte della giornata, le acque si ritirano lasciando allo scoperto chilometri e chilometri di banchi sabbiosi e dove, come un miraggio, sorge dal mare una meraviglia architettonica d’altri tempi, un vero gioiello tutto guglie e pinnacoli : l’abbazia di Mont Saint-Michel.
Collegata alla terraferma da un’istmo artificiale a prova di marea, Mont Saint-Michel è uno dei luoghi più visitati al mondo. Giorno dopo giorno, specialmente nella bella stagione, migliaia di turisti si accalcano nelle anguste e ripide viuzze della cittadella murata totalmente piene di negozi di souvenir e si sporgono dagli antichi bastioni per osservare estasiati il fenomeno delle maree. Quando il mare sale, un movimento costituito da un’onda larga 25 km si slancia con la velocità di un fiume in piena, fra le punte di Cancale e Granville. Questo, insieme alle sabbie mobili, rende la rada particolarmente pericolosa per coloro che vi si avventurano.
Dopo aver chiesto in due o tre alberghi, troviamo posto per dormire in un’incantevole B&B ad una decina di chilometri dall’Abbazia, in aperta campagna: Un antico casolare in pietra con tanto di torretta e tetto in ardesia. Lasciamo lì tutto il bagaglio e ce ne andiamo subito a visitare l’Abbazia che ci attrae come un magnete. Già a circa 5 chilometri dalla meta, lungo i lati della strada non si trova più posto per parcheggiare e la strada è invasa da gruppi di persone che raggiungeranno a piedi la cittadella ma noi siamo in due ruote e, siamo privilegiati: un gendarme ci segnala che possiamo proseguire fino al parcheggio situato appena fuori dalla cinta muraria . Il parcheggio è pieno di moto ma, ancora una volta, il solo scooter è il nostro. Un biker Francese nota la nostra targa ed entusiasta ci saluta e ci mostra il suo portachiavi composto da una catenella ed un ciondolo a forma di “46” giallo, il numero di gara di Valentino Rossi, che a me, sta leggermente sui c….oni.
Facciamo un sacco di foto e poi, con il naso all’insù, iniziamo la visita alla cittadella con le sue viuzze congestionate dai turisti e successivamente, andiamo a vedere la maestosa abbazia, costruita proprio sulla sommità dell’isolotto roccioso e da dove la vista spazia per chilometri sulla baia sottostante; fin dove l’occhio arriva, non c’è traccia di acqua. E’ veramente un luogo magico ma, con tutta quella gente, è impossibile apprezzarlo appieno e quindi, decidiamo di riprendere lo scooter per cercare, allontanandoci un po’, di trovare altre prospettive per fotografare al meglio questo gioiello senza troppa gente tra i piedi. Esploriamo un po’ i dintorni ma senza grandi risultati ed allora, visto che cominciamo ad avere un po’ di fame, decidiamo di fermarci a cena in uno dei tanti ristoranti che si trovano nelle vicinanze con l’intento di tornare alla cittadella appena sarà buio, per fare altre suggestive foto, in notturna.
E così facciamo; dopo una cenetta niente male, appena il sole inizia a scendere torniamo verso l’abbazia che, adesso, inizia a svuotarsi. Infatti, come il mare che si ritira, una imponente massa di turisti, sta lasciando Mont Saint-Michel per tornare verso gli alberghi che, a decine, si trovano nelle vicinanze. Il gioco di ombre e luci che adesso ci accoglie, ci mostra il lato magico dell’abbazia mentre un tramonto di fuoco, segna il confine tra giorno e notte. Ce ne stiamo ancora un bel po’ a bighellonare nelle antiche viuzze, che si svuotano sempre più velocemente e poi, alla fine, anche noi, esausti, decidiamo di andarcene a nanna. Prima di addormentarmi, dico alla zav che mi piacerebbe, al mattino, essere già all’abbazia per poter fotografare l’alba e che, quindi, avrei intenzione di alzarmi alle sei; lei, devastata dalla stanchezza, mi guarda con un’espressione inequivocabile e mi dice: “amore, fai pure tutto quello che vuoi ma non azzardarti a svegliarmi prima delle otto!”.
20 Agosto; Gocce di pioggia.
Giovedì
Mi sveglio che ancora è notte fonda; ma chi ..zzo me l’avrà fatto fare? Mi giro e mi rigiro nel letto pensando di rinunciare alle foto dell’alba ma, il mio movimento disturba il sonno della zav che, si sveglia e candidamente mi dice; su, dai alzati e vai a fare quelle foto; se non lo fai adesso, quando ti ricapita?
E va bene; me la sono voluta. Mi alzo, mi preparo, sveglio lo scooter e, assieme ci avviamo verso l’Abbazia; la zav, intanto, si è già riaddormentata.
Fa un po’ freschetto e l’aria è umida; la strada è deserta ma io mantengo una velocità piuttosto bassa. E’ ancora buio e, oltretutto, non riesco a vedere neppure una stella. Proprio stamattina, mannaggia, il cielo è nuvoloso! Arrivo comunque a destinazione e, assieme a me arrivano anche altri gruppetti di pazzi, avvolti in giacche a vento per ripararsi dall’aria fresca del mattino, gruppi di persone che hanno dormito nelle vicinanze, a bordo dei numerosi camper parcheggiati un po’ ovunque. Nella bruma mattutina, sembriamo dei fantasmi. Finalmente, arriva un po’ di luce che, purtroppo conferma le mie prime impressioni; stamattina, non ci sarà un’alba coreografica adatta a fare foto; il cielo è completamente coperto. Imprecando, risalgo in sella e me ne torno al B&B ma, quando arrivo, è ancora troppo presto e, se entrando in camera la zav si sveglia, sono dolori. Così, vado a fare una passeggiata nelle vicinanze dove non c’è neppure un cane. In effetti, non ci sono cani, ma, un gatto sì. Si lascia avvicinare ed io mi metto a fargli le coccole. Poi, più tardi, la proprietaria del B&B arriva con il pane bello caldo e fragrante ed inizia a preparare la colazione. I miei succhi gastrici cominciano ad agitarsi e le ghiandole salivali iniziano a lavorare sul serio ed allora, affamato come non mai, vado a svegliare la zav.
La colazione, è veramente ottima. Pane ancora caldo e marmellate di vari gusti fatte in casa. Facciamo una bella mangiata, conversando alla meno peggio con i proprietari e con altri clienti del B&B e poi, dopo aver salutato educatamente, riprendiamo il nostro viaggio. Lo scooter va come un gioiello; a questo punto, abbiamo percorso più di 2000 km e lui, mai un’indecisione né un rumore strano; solo quel maledetto e perenne “muggito” proveniente dalla frizione che, di tanto in tanto, si ripresenta per ricordarci che, comunque, qualcosa potrebbe anche andare storto…..
Seguiamo il contorno della baia senza particolari programmi per la giornata; punto fermo è la visita di Saint-Malo, che non è troppo lontana. Dobbiamo anche decidere il tragitto da adottare per il ritorno a Parigi: Sabato abbiamo un treno da prendere; un treno che, nella notte, ci porterà da Parigi a Nizza dove, domenica, riprenderemo il viaggio per tornare, finita la vacanza, a casa. Intanto, il tempo continua ad essere perturbato e la giornata è ventosa. A tratti, il sole buca le nuvole e il paesaggio si illumina dei colori della natura. Passiamo da Cancale, una bella cittadina sulla punta ovest della baia di Saint-Michel ma preferiamo continuare il viaggio perché il tempo, sembra peggiorare. Inizia a piovere e l’asfalto si fa immediatamente scivoloso ma, osservando le nuvole e valutando la forza del vento, ci sembra di capire che la situazione potrebbe migliorare e quindi, preferiamo continuare senza vestire gli appositi indumenti. Ad un certo punto, però, una violenta scossa d’acqua, ci costringe a rifugiarci sotto una quercia enorme ai lati della strada. E’ però questione di poco. Dopo qualche minuto la pioggia perde di intensità e ripartiamo. A Saint-Malo, il tempo è migliorato e, anche se velato, c’è il sole. Qui abbiamo bisogno di una sosta un po’ più lunga per visitare la città che appare interessante. Anche questa è una città murata e anche questa, è piena di turisti ma, è molto più grande di Saint-Michel e, così, le strade sono più percorribili. Ci fermiamo a mangiare e a fare programmi per il prosieguo e valutiamo diverse ipotesi. Alla fine, decidiamo di tornare a Parigi passando per la valle della Loira . Per fare questo, però stabiliamo di dormire a Tours per essere già in zona l’indomani mattina e risalire la valle per le visite ai castelli. A conti fatti, sono più di 300 chilometri e sono già le due del pomeriggio…… Partiamo come se avessimo i diavoli alle calcagna e decidiamo di fermarci il meno possibile. Intanto il tempo si è rimesso stabilmente e la minaccia pioggia, al momento, è svanita. Anche in questa zona, come del resto nella gran parte della Francia, le strade sono ampie e ben tenute e noi sfrecciamo attraverso le campagne con gli occhi bene aperti a controllare la posizione dei frequenti autovelox. La strada corre, tra collinette, attraverso zone intensamente coltivate inframmezzate da fitti boschi di antichi alberi d’alto fusto ; i campi sono pieni di balle di paglia lasciate ad a seccare dopo il raccolto di frumento. Cartelli indicatori ci informano che quasi ovunque c’è o c’è stata da poco, una festa contadina con balli, musica e specialità locali. Chilometro dopo chilometro, finalmente arriviamo e, stasera, siamo davvero stanchi; io mi sono alzato alle sei e, in totale, abbiamo fatto quasi 500 chilometri. Quindi, stasera niente passeggiata; ce ne andiamo a cena e, poi subito a letto.
21 Agosto; Les chateaux de la Loire
Venerdì
Per l’ennesima volta, ci alziamo di buon’ora e, dopo una veloce colazione, ci rimettiamo in marcia. Abbiamo pensato di visitare qualche castello e poi fare un lungo trasferimento che ci riporterà a Parigi. Impostiamo sul navi la prima destinazione. Abbiamo scelto di visitare 3 castelli; il primo, Chenonceau, per la sua ardita architettura a ponte, il secondo, Cheverny, per l’integrità e la bellezza degli interni ed infine, il maestoso Chambord; con la sua facciata lunga ben 128 metri, le sue 440 stanze, le 80 scalinate, i 365 camini e gli 800 capitelli scolpiti. L’aria è frizzantina e il giubbotto ci fa veramente comodo. Arriviamo abbastanza velocemente a Chenonceau e parcheggiamo in mezzo ad una miriade di moto; la sola due ruote con targa italiana è la nostra. Iniziamo la visita e restiamo subito delusi. I giardini, sono splendidamente curati e colorati da una enorme varietà di fiori ma il castello, bisognoso di manutenzione, è completamente nascosto da una incastellatura…… E ti pareva! Ci consoliamo con una veloce visita degli interni ma la folla di turisti che vi troviamo, rende difficile apprezzare appieno quello che vediamo. Il tempo stringe e ripartiamo velocemente alla volta di Cheverny. La struttura architettonica di questo castello, è piuttosto ordinaria, pulita e senza fronzoli. Anche qui il giardino è uno spettacolo anche se non troppo colorato. Ci concediamo una lunga passeggiata nell’enorme parco e poi, ci dedichiamo alla visita degli interno che qui, sono particolarmente ben conservati. C’è anche meno gente e questo rende tutto più piacevole. Facciamo foto in quantità industriale e poi, dopo aver dato un’occhiata all’orologio, proseguiamo. Arriviamo a Chambord all’ora di pranzo e ci fermiamo a mangiare in un grazioso ristorantino appena fuori le mura del castello. Sembra strano ma, mentre per le altre visite abbiamo dovuto pagare, qui, si paga solo per visitare gli interni ma, data la vastità della costruzione, noi ci accontentiamo di vederlo dal fuori. E’ veramente una cosa di altri tempi, è enorme, smisurato e bellissimo. Facciamo una lunga camminata e poi ci fermiamo estasiati di fronte alla facciata che, con un sapiente tocco architettonico, si specchia in un canale artificiale dall’acqua perfettamente ferma. Qui si che ci sono un sacco di turisti! I parcheggi sono pieni di auto e di pulmann, e comitive di visitatori si aggirano nei dintorni del castello; ma questo è talmente grande, che tutta la folla, si nota appena. Guardiamo di nuovo l’ora e dobbiamo scappare. Decidiamo di tornare all’hotel di Versailles per passarvi la notte e, come ci dice il navi, ci sono ancora circa 200 chilometri da percorrere. Optiamo per l’autostrada perché vogliamo arrivare ad un’ora decente, rinfrescarci un po’ e tornare a Parigi per passare la serata. Il viaggio scorre via senza troppi problemi; solo un po’ di traffico intenso mano a mano che ci avviciniamo alla capitale, ci costringe a rallentare. Arriviamo, tutto sommato, rispettando più o meno i tempi prefissati e, dopo una veloce rinfrescata, riprendiamo lo scooter ed andiamo a parigi che dista solo una ventina di chilometri. Qui, come sette giorni fa, ci perdiamo nel traffico e iniziamo a girovagare senza meta scattando foto a destra e a sinistra. Andiamo a mangiare qualcosa Nel quartiere latino, nel boulevard Saint-Germain e poi, verso sera, andiamo al Louvre , ci sediamo sul bordo della vasca vicino alla grande piramide di vetro e qui, esausti, aspettiamo il tramonto perdendoci ad osservare l’incredibile viavai di visitatori. Poi, quando scende la notte, torniamo ancora sotto la torre Eiffel e bearci la vista con i suoi scintillanti giochi di luce ma, poco più tardi, decidiamo di tornarcene a letto.
22 Agosto: La debacle!
Sabato
Questa sera, imbarcheremo lo scooter sul treno e, dopo una corsa notturna, arriveremo , domani mattina, a Nizza da dove, a cavallo del nostro destriero, riprenderemo il viaggio verso casa. Cosa facciamo oggi? Oggi, non abbiamo alcun programma ed allora, ci viene in mente di andarcene a Disneyland, così, tanto per vedere com’è. Impostare la destinazione sul navi, si rivela però un’impresa in quanto, nella mia ignoranza, non sapevo come si chiamava realmente quel luogo; io ero convito che si chiamasse Eurodisney, ma, non era così. Dopo vari tentativi, riusciamo a risolvere indicando il nome della cittadina vicina al parco divertimenti: Marne la Valleè. Non abbiamo assolutamente fretta e quindi, teniamo un’andatura più che blanda. Ieri sera, nel caos del traffico cittadino, abbiamo sollecitato forse un po’ troppo la nostra, già stanca, trasmissione e, stamane, lo scooter fa un rumore un po’ diverso dal solito ma non ci faccio caso più di tanto; il motore gira regolarmente e gli indicatori sul cruscotto non segnalano niente di strano. Tutto fila liscio, è , ancora una volta, una splendida giornata di sole, e tra poco, saremo a destinazione; infatti, siamo appena passati a fianco di un cartellone che indica la nostra uscita tra sei chilometri. Getto un’occhiata distratta sul cruscotto e vedo che la spia della benzina si è accesa ma, contemporaneamente, vedo anche l’indicazione di un’area di servizio; perfetto. Allora tolgo il gas per accedere all’area e qui, accade l’irreparabile. Lo scooter ha come un leggero scarto, quasi un colpo di tosse e poi, il motore torna a girare regolare e rotondo come non mai, solo che è ……in folle!
Me ne avvedo subito: la cinghia della trasmissione, una Malossi XKevlar, si è letteralmente sbriciolata. Lo scooter, continua a camminare ancora per un centinaio di metri consentendoci di arrivare, con l’abbrivio, alla rampa di uscita per la stazione di servizio e poi, si ferma. Restiamo un attimo sbigottiti, senza sapere bene come comportarci e, subito ci prende lo sconforto. E adesso cosa facciamo? L’area di servizio non ha un meccanico e noi siamo anche in grossa difficoltà a farci capire dai Francesi. Poi mi viene in mente che la mia polizza assicurativa comprende anche il soccorso stradale e allora, contatto immediatamente la compagnia per denunciare il fatto. Mi dicono di chiamare un carro attrezzi e , al ritorno, di presentare la fattura per il rimborso ma, io le faccio notare che non sarò in grado di chiamare, da solo il soccorso stradale, ed allora, l’angelo custode che mi risponde al telefono, mossa a compassione per la nostra situazione, telefona per nostro conto, alla polizia stradale che, nel giro di mezz’ora, ci invia un carro attrezzi.
Sembrava però tutto troppo facile….. La nostra polizza, prevede il rimborso di un solo traino e, il meccanico autorizzato ad entrare sull’autostrada, deve obbligatoriamente restare nella zona di sua competenza e quindi, ci rimorchia fino alla sua officina a Villeneuve le Comte, tre case nel mezzo della campagna a trenta chilometri da Parigi. Oltretutto, la sua officina è anche chiusa per ferie, e poi, comunque, non aveva il pezzo di ricambio. Ci dice però che un suo collega forse è disposto a portarci fino a Parigi, alla stazione ferroviaria, dove potremo imbarcare lo scooter sul treno e portarlo così fino a Nizza. Questo ci costa 200 € ma, dobbiamo fare buon viso a cattivo gioco. Arriviamo quindi alla stazione e in poco tempo imbarchiamo lo scooter facendo presente che è guasto, ma la cosa non interessa a nessuno. Poi, carichi di bagagli, ce ne andiamo alla Gare de Lyon da dove, in serata, partiremo anche noi (viaggiamo su due treni separati; uno per i veicoli ed uno per i passeggeri). Il tempo non passa mai e noi ce ne stiamo, stanchi , depressi e carichi di bagagli, nelle sale di aspetto della Gare de Lyon in attesa della partenza. Poi, finalmente, arriva anche il nostro turno e ci imbarchiamo, udite udite, in prima classe, in uno splendido e confortevole vagone dove riusciremo a farci una bella dormita mentre il treno corre nella notte verso il sud della Francia e la Costa Azzurra.
23 Agosto; Back home.
Una volta arrivati a Nizza, non attendiamo neppure che il trokko arrivi; ci siamo informati e, se nessuno lo ritira, lo terranno in deposito. Così, organizziamo il nostro viaggio di ritorno a casa studiando gli orari ferroviari. La prima tratta, Nizza – Ventimiglia con un moderno e pulito treno locale della SNCF e, da Ventimiglia a Viareggio, cambiando a Genova, con una specie di carro bestiame, tutto scassato e sporco dove, ovviamente, non funziona neppure l’aria condizionata. Il treno fa mille fermate, praticamente in ogni paese che abbia più di tre case e noi, non arriviamo più. Alla fine, rivedere la stazione di Lucca, è proprio una liberazione.
Chiudo qui il resoconto del mio più fantastico viaggio mai fatto su due ruote. Una volta a casa, organizziamo subito il recupero del trokko accordandoci con mio cognato; mi presterà il suo furgone e io, tornerò a Nizza a riprendermi lo scooter. E’ stata una bella sfacchinata che, comunque, non ci ha prostrato sul lato della stanchezza fisica nonostante la nostra età non sia proprio verdissima e nonostante il fatto che la nostra esperienza, in fatto di viaggi in moto, sia poco più che all’inizio. Alla resa dei conti, il display segna una percorrenza di 3300 chilometri percorsi in 8 giorni con una media di oltre 400 chilometri al giorno; niente male, vero?