isole eolie 2

05 agosto 2009 L’aliscafo solca velocemente le onde; tra la nebbia e gli spruzzi, all’orizzonte prende forma un’isola. Non sappiamo esattamente di quale isola si tratti: immaginiamo sia Vulcano, ma la nebbia e la pioggia contribuiscono a disorientarci. Non avrei mai immaginato di arrivare alle Eolie in agosto con un clima simile, e ho...
Scritto da: silviagy
isole eolie 2
Partenza il: 05/08/2009
Ritorno il: 12/08/2009
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Ascolta i podcast
 
05 agosto 2009 L’aliscafo solca velocemente le onde; tra la nebbia e gli spruzzi, all’orizzonte prende forma un’isola. Non sappiamo esattamente di quale isola si tratti: immaginiamo sia Vulcano, ma la nebbia e la pioggia contribuiscono a disorientarci.

Non avrei mai immaginato di arrivare alle Eolie in agosto con un clima simile, e ho l’impressione di essere finita nell’arcipelago sbagliato, e di trovarmi molto più a nord, alle Shetland, per esempio.

L’aliscafo si ferma e, non appena le porte si aprono, l’odore acre di zolfo conferma che invece siamo proprio a Vulcano. E’ tutto grigio e nebuloso, e ci sentiamo confusi e spaesati.

Sbarchiamo a Lipari con una pioggia fine, sottile, più adatta all’Irlanda che ad un isola siciliana. Che tristezza. Mentre attendiamo che qualcuno dell’hotel venga al porto a prelevarci, ci vengono offerti scooter a noleggio, gite in barca e camere in affitto. Mi chiedo se ci sia veramente qualcuno che venga qui in agosto senza prenotare; personalmente mi sembra un po’ azzardato, considerando quanto sia laborioso arrivare.

Siamo partiti da casa questa mattina alle cinque e mezza. Dopo due ore di volo Malpensa-Catania un bus ci ha portato in un’ ora e mezza al porto di Milazzo, dove ci siamo imbarcati per Lipari alle 12,30. Non pensavo che avremmo fatto in tempo a imbarcarci così presto, e arriviamo a destinazione con tre ore di anticipo rispetto ai miei calcoli.

L’hotel è piccolo e accogliente, e ha la particolarità di avere le pareti completamente ricoperte di oggetti dall’aria antica, tra cui noto setacci, falcetti e perfino una zangola.

Usciamo alla ricerca di qualcosa da mangiare sotto un forte acquazzone, rimpiangendo di non avere portato nemmeno un ombrellino, ma chi avrebbe mai pensato di averne bisogno? E’ da un mese che teniamo d’occhio le previsioni meteo su Lipari e non si è mai vista neanche l’ombra di una nuvola.

Per fortuna a un certo punto la pioggia diminuisce. Risaliamo Corso Vittorio Emanuele, la via principale, e ci dirigiamo verso la cattedrale di San Bartolo, posta in alto rispetto al resto del paese, e raggiungibile tramite una scalinata che attraversa le mura di cinta cinquecentesche. A questo punto finalmente appare il sole e per la prima volta vediamo l’isola così come l’avevamo immaginata: luminosa e circondata da un mare blu cobalto. Decisamente più ottimisti, ci apprestiamo a organizzare i giorni successivi. L’idea è di noleggiare qualcosa per visitare Lipari e affidarci a una compagnia di navigazione per le escursioni sulle altre isole.

Il mezzo migliore per girare l’isola è uno scooter. Le strade sono poche e assomigliano a quelle di montagna, tutte curve, salite e tornanti. Tutte le isole Eolie sono così, montagne – o meglio, vulcani – che spuntano dal mare.

Il problema è che io non ho mai guidato uno scooter. Si impone quindi il noleggio di un’auto. Pensiamo a qualcosa di piccolo, tipo una Smart, ma un’auto particolare attira la mia attenzione. Ha l’aria decisamente vissuta, un telone come copertura ed è senza finestrini, e mi sembra un mezzo perfetto per questo luogo. Convinco Matteo a noleggiarla per il giorno successivo, poi prenotiamo un pacchetto di quattro escursioni: Alicudi e Filicudi, Lipari e Salina, Panarea e Stromboli, Vulcano. Il costo di un’escursione si aggira sui 25 euro, ma il pacchetto ci costa 70, è decisamente conveniente.

Prima di partire ho letto un libro sulle Eolie: l’autore abbinava a ogni isola un colore, perchè ognuna delle isole ha un proprio carattere, una propria personalità. Visitandole, non ho potuto che constatare quanto questo sia vero, e ho ripreso la sua idea, interpretando ogni isola a modo mio.

06 agosto bianco Lipari è bianca come la pomice, pietra porosa e leggera di origine vulcanica. Oltrepassando il centro abitato di Canneto sono visibili le vecchie cave, ora in disuso. La roccia è bianca e, da lontano, la montagna sembra innevata. Canneto è nata proprio per ospitare gli operai, e le relative famiglie, che lavoravano nelle cave di pomice; oggi è un centro turistico, frequentato per la lunga spiaggia di ciottoli, in parte libera e in parte attrezzata. Quasi tutte le spiagge alle Eolie sono di ciottoli, e alcune sono raggiungibili solo via mare.

Arriviamo a Canneto con l’auto noleggiata, di cui abbiamo scoperto varie cose, alcune irrilevanti (il nome, Citroen Mehari, anno 1984), altre preoccupanti (i freni fanno strani rumori, il cambio e il freno a mano sono due leve che escono dal cruscotto e non si capisce bene come funzionano). Inizio a sentirmi un po’ in ansia, soprattutto per i freni: al ritorno ci aspetta una lunga discesa, dal momento che la nostra meta è Quattropani, un piccolo centro abitato che raggiungiamo dopo aver risalito il fianco dell’isola, coperto da fichi d’india. Un tornante più impegnativo degli altri fa decidere a Matteo di usare il freno a mano, che si blocca, e la nostra auto resta in mezzo alla strada, con il freno che non scende nonostante i nostri sforzi! E adesso? Per fortuna due passanti ci danno una mano: nonostante l’auto abbia il freno inserito, riusciamo a spingerla per liberare la strada (e non aggiungo altro sullo stato dei freni), poi uno di loro riesce a sbloccarlo e possiamo così proseguire. La vecchia chiesa è bianca, piccola, dalla facciata semplice e completamente disadorna. Dalla balconata al suo esterno si gode una vista spettacolare: la giornata è limpidissima e, oltre a Salina, situata proprio di fronte, si vedono anche Filicudi e, lontano lontano, Alicudi, e il mare ha un colore favoloso, è di un blu pazzesco, invitante. Non ci sono altri turisti e ci godiamo completamente la tranquillità di questo luogo, che contrasta con il movimento e il rumore di Lipari e Canneto: a parte qualche cicala, non ci sono altri suoni.

Considerato il caldo e lo stato dell’auto, decidiamo di rientrare alla base. Sulla via del ritorno ci fermiamo ad Acquacalda, dove mangiamo le prime granite della vacanza e affittiamo un ombrellone e due lettini in spiaggia. Aquacalda è un posto semplice, poco turistico rispetto a Lipari. La spiaggia è caratterizzata da un vecchio pontile, che veniva usato nei tempi in cui erano in funzione le cave.

Lipari, la sera, è ricca di fascino. Dopo cena, percorriamo il Corso e le vie laterali, che dalla tarda mattinata diventano pedonali, fino ad arrivare al porto di Marina Corta: un susseguirsi di locali, ristoranti e negozi, tra le viuzze strette e lastricate. Ma la stanchezza inizia a farsi sentire, siamo in piedi dalle cinque e torniamo in hotel per il meritato riposo.

07 agosto blu e marrone Alicudi è blu, come il mare che la circonda. E’ l’isola più lontana, sono necessarie un paio d’ore di navigazione per raggiungerla. Alicudi è sospesa in un’altra dimensione, una dimensione di sogno, fuori dal tempo e dallo spazio. Sull’isola non esistono strade, solo mulattiere e gradini che si arrampicano su quello che era un vulcano. Le case, bianche e con i grandi porticati tipici, sono aggrappate alla montagna, tra ulivi e fichi d’india. Non vedo tracce dell’erica che anticamente ha dato il nome all’isola (Ericusa, coperta di erica), forse non è periodo di fioritura, e nemmeno dei muli, l’unico mezzo per trasportare le merci, ma a quest’ora ci viene detto che sono a riposo. In effetti, ne vedo uno in lontananza, in una specie di piccola stalla.

Sbarchiamo ad Alicudi porto, unico centro abitato, e iniziamo ad arrampicarci verso la chiesa. La pace e il silenzio sono quasi irreali, e il panorama che si gode dall’alto semplicemente meraviglioso. Quello che mi colpisce di più è il blu del mare, e la luce: praticamente non c’è ombra.

Attendiamo l’arrivo della barca sulla piccola spiaggetta accanto al porticciolo, con i piedi nell’acqua per rinfrescarci un po’, pregustando i bagni che faremo durante la navigazione: durante le escursioni sono infatti sempre previste delle soste per consentire ai passeggeri di fare una bella nuotata.

Filicudi è marrone, come la terra e la roccia di Capo Graziano. Avevamo già visto Filicudi durante la navigazione verso Alicudi: la contrada di Pecorini a Mare, la grotta del bue marino (dove siamo entrati con la barca), ma solo successivamente attracchiamo a Filicudi porto. Anche qui l’atmosfera è tranquilla, rilassata, ma dopo aver visto Alicudi si ha l’impressione di essere in un luogo pieno di vita: qualche negozio, un paio di bar e di ristoranti. Pranziamo con degli arancini al ragù e ci incamminiamo verso Capo Graziano, all’estremità orientale dell’isola, dove ci sono i resti di un villaggio preistorico. Al bar dove abbiamo pranzato ci indicano la strada e ci confermano quello che ci era stato detto in barca, che è necessaria una mezz’ora di cammino. Quello che non ci viene detto è che la strada è interrotta, e occorre arrampicarsi su uno stretto sentiero, ripido e sassoso. In compagnia di una famiglia di Ferrara, incontrata durante la prima parte del tragitto, valutiamo la situazione: è un vero peccato rinunciare alla visita, ma il tempo a disposizione e la mancanza di calzature adeguate ( tutti abbiamo ai piedi delle infradito di plastica) ci fanno propendere, anche se a malincuore, a rinunciare e a dirigerci verso la spiaggia. Ci consoliamo pensando che vedremo dei reperti di questo sito domenica, al museo di Lipari.

08 agosto – verde Salina è verde, come i suoi vigneti. E’ l’isola più agricola, famosa per la produzione di capperi e di Malvasia. Circumnavigandola con la barca (la stessa di ieri, su cui ormai ci sentiamo a casa) a un certo punto è evidente perché, nell’antichità, era chiamata Didyme, doppia: due vulcani gemelli emergono dalle acque, simili alle gobbe di un cammello. La costa è un susseguirsi di tratti spettacolari, di scorci scenografici, che culminano nella baia di Pollara, borgo arroccato su una scogliera che scende a strapiombo nel mare, ciò che rimane di un antico cratere. Il paese quasi non si vede dal mare, ma ci viene indicata, tra gli alberi, la casa usata come set del film “Il Postino”, che ha contribuito a rendere famoso questo luogo. Un bel bagno, in questa acqua meravigliosa, in un posto così idilliaco, è d’obbligo, e non ci facciamo ripetere due volte l’invito a tuffarci.

Il paese di Santa Marina Salina, lo scalo principale dell’isola, è molto pittoresco. Anche qui le case in stile eoliano, sulle cui colonne spesso si arrampicano le bouganville, creano con il loro bianco calce e il verde un bel contrasto cromatico con il mare. La sosta successiva è Lingua, caratterizzato da un lago salato che un tempo veniva usato come salina, e che ha dato all’isola il nome attuale.

Una granita da Alfredo è un must, come anche il pane cunzatu (ottimo, ma complicato da digerire).

Prima di rientrare ai porti di Marina Corta e Sottomonastero navighiamo intorno a Lipari: grotte, faraglioni, archi naturali si susseguono ininterrottamente, e ci fanno apprezzare una volta di più la bellezza di questa isola.

09 agosto nero Lipari è anche nera come l’ossidiana, pietra di origine vulcanica come la pomice ma nera e liscia. Io ne ho trovato un pezzo vicino alle cave di pomice, ma per lo più la si trova nei negozi, sotto forma di collane, bracciali, orecchini e quant’altro. Nella preistoria, prima dell’avvento dei metalli, era invece utilizzata per produrre oggetti taglienti, come coltelli e punte di freccia.

Tutte le isole Eolie, tranne Vulcano, sono state abitate fin dalle epoche antiche. Dedichiamo la mattina alla visita del ricco museo, ma il caldo non ci consente di apprezzarlo come dovremmo e ci rifugiamo in spiaggia a Canneto, che raggiungiamo con un bus. Canneto è piena di gente, ma troviamo comunque un ombrellone e due lettini. L’unico problema si presenta al momento del rientro: tutti i bus verso Lipari sono stracolmi e non si fermano a raccoglierci. Ci incamminiamo con altri turisti verso le fermate precedenti, ma niente da fare e, alla fine, come facevano gli indiani con le diligenze nel Far West, ne assaliamo uno (vuoto) che si dirige verso il capolinea di Canneto e convinciamo (o costringiamo?) l’autista a prenderci a bordo.

10 agosto rosa e rosso Panarea è rosa come le bouganville che si arrampicano sulle colonne (“pulera”) delle case, fuoriescono dai muretti, attraversano le stradine. A Panarea, la prima sensazione che ho è quella di fresco, con tutte queste piante e il bianco delle costruzioni. Prima di sbarcare abbiamo girato intorno all’isola: grotte, scogli e l’acqua più turchese che abbiamo visto finora. Le rocce, a volte, hanno forme strane: un lupo che ulula verso il cielo, un dito che punta verso l’alto (il dito di Eolo, lo chiamano). Cala Junco è veramente meravigliosa, ma forse un po’ troppo affollata di imbarcazioni.

Vicino all’isolotto di Lisca Bianca, l’odore di zolfo ci annuncia la vicinanza alle solfatare subacquee: dal mare salgono colonne di bollicine, che fanno ribollire l’acqua. Pranziamo in un ristorante, con l’insalata più cara della storia, ma per mezza giornata possiamo fare i vip anche noi! Un membro dell’equipaggio ci ha detto che il villaggio preistorico di Capo Milazzese è raggiungibile con circa quaranta minuti di cammino. Desideriamo vedere il villaggio, ma fa veramente caldo, e decidiamo di andare fino a Cala degli Zimmari con un taxi elettrico e di proseguire a piedi da lì. Dalla spiaggia (molto bella, una delle poche di sabbia, racchiusa tra alte scogliere) una lunga scalinata ci conduce al villaggio, arroccato su un promontorio molto scenografico. Da qui è possibile proseguire fino a Cala Junco, ma noi preferiamo tornare indietro e avere il tempo di fare un bel bagno a Cala degli Zimmari, prima di risalire su un golf cart per ritornare al porto, dove attendiamo l’arrivo della barca mangiando una granita di fronte alla famosa discoteca Raya.

Stromboli è rossa come i lapilli, che al buio accendono il cielo. Il suo aspetto è selvaggio, ma non incute paura, solo rispetto. Per tutto il giorno abbiamo visto periodicamente nuvolette di fumo grigio alzarsi dal cratere, e posando i piedi sulla sabbia nera e luccicante ho l’impressione di sentire il respiro dell’isola, di percepire il suo cuore che pulsa. “Iddu” lo chiamano gli isolani, lui, il vulcano: è una presenza continua, costante, incombente. L’abitato si sviluppa in salita, tra case bianche che contrastano con il nero della spiaggia, e a quest’ora è percorso da chi si appresta ad affrontare le tre ore di salita al cratere con le guide: sono muniti di zaini, scarponi, felpe e torce, proprio come in montagna.

Al calare del buio giriamo intorno a Strombolicchio, poi la barca si posiziona sotto la Sciara del Fuoco e, in silenzio religioso, aspettiamo che anche questa sera il vulcano ci offra il suo spettacolo. E’ il dieci di agosto e, nell’attesa, osserviamo il cielo alla ricerca di stelle cadenti; non ne vediamo nemmeno una, ma è il cielo più bello che io abbia mai visto, e mi è difficile descriverlo e quantificare i puntini luminosi sopra di me: migliaia? Milioni? Non avevo mai visto niente di simile, neanche in montagna.

Lo Stromboli ci regala per ben quattro volte i lapilli incandescenti che illuminano il cielo, prima di rientrare alla base. Durante il tragitto, per la seconda volta durante questa escursione, la motonave su cui viaggiamo viene allertata per soccorrere una barca: nel pomeriggio abbiamo preso a bordo i passeggeri di una barca in panne, ora il nostro capitano (o comandante? non mi è chiaro) deve immergersi per liberare da una cima l’elica di quest’altra imbarcazione… mi sembra di essere in un libro di Clive Cussler.

11 agosto giallo Vulcano è gialla come lo zolfo, il cui odore, simile a quello delle uova marce, ci accoglie non appena ci avviciniamo a Porto Levante, unico scalo. L’odore si insinua nelle narici, penetra nella pelle, ma dopo un po’ ci si abitua. Navigando intorno al suo perimetro l’isola offre scorci molto scenografici, come la grotta del Cavallo e la piscina di Venere, ma sbarcando si ha l’impressione di essere finiti sulla Luna. A causa della sua natura irrequieta l’isola non è mai stata abitata, se non in tempi recenti, e anche ora si popola soprattutto in estate.

Accanto al porto si trova la pozza con i fanghi termali: ci fermiamo a dare un’occhiata ma non ci immergiamo, non ci alletta molto ricoprirci di fango. Trascorriamo il pomeriggio in spiaggia, in relax e un po’ tristi perchè domani si ritorna a casa. Dalla spiaggia sono visibili sul fianco del vulcano un paio di fumarole, e anche dall’acqua salgono grappoli di bollicine. Le rocce sono gialle di zolfo, ossidate, e avvicinandosi alla pozza dei fanghi l’acqua diventa più calda. Si ossida anche il mio braccialetto d’argento: dopo il bagno, mi accorgo che è nero, come l’ossidiana.

Anche Vulcano è un’isola di cui si percepisce la vita, come Stromboli, ma qui si tratta di una presenza più discreta.

Veniamo trasportati a Lipari dalla barca dei primi due giorni; è più piccola, più intima, se vogliamo, delle altre utilizzate, più familiare, e credo proprio che mi mancherà… 12 agosto Oggi non c’è nessun colore da attribuire, c’è solo la malinconia per la partenza, mista alla soddisfazione per una vacanza così bella, di cui porteremo sempre con noi il ricordo.

… e ora ne approfitto per ringraziare alcune persone che, inconsapevolmente, hanno contribuito a rendere indimenticabile questa vacanza. Probabilmente non leggeranno mai queste righe, ma non importa. Ringrazio quindi: – la bambina di Alicudi che mi ha aiutato a scegliere un braccialetto; – il tassista di Panarea, per il gossip; – il titolare dell’hotel Oriente, personaggio pittoresco; – Enrico, che ci ha tolti dai guai con la Mehari; – Pina, che ci ha fatto assaggiare i cucunci (frutti del cappero); – gli equipaggi del gruppo di navigazione Regina in generale, per la cortesia e la professionalità, e quello della motonave Principessa in particolare, per la simpatia; – Erika e Anna, compagne di viaggio sul volo Catania-Malpensa; – i miei genitori, che si sono occupati del nostro gatto Ginger e del giardino, consentendoci di andare in vacanza senza preoccupazioni.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche