Il Paese dei balocchi

Cultura pop, tradizione, shopping, gastronomia: Tokyo con gli occhi dei bambini!
Scritto da: bagagliAmano
il paese dei balocchi
Partenza il: 21/12/2016
Ritorno il: 04/01/2017
Viaggiatori: 4
Spesa: 2000 €
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21-22 DICEMBRE: MILANO – TOKYO – NAGANO – YUDANAKA

È il 21 dicembre, i bambini non stanno andando a scuola da due giorni perché sta girando una fastidiosa influenza (la Giapponese, così si chiama quest’anno) che, memore dell’anno scorso, non voglio che nessuno di noi si becchi.

Usciamo di casa alle 6.30, andiamo al solito parcheggio che ci lava anche la macchina mentre siamo via (l’unico momento dell’anno in cui la macchina viene lavata), e poi decolliamo per Zurigo e da lì per Tokyo. Due voli tranquillissimi. I ragazzi non hanno fatto una piega.

Atterrati a Tokyo, stravolti, assonnati, non possiamo fermarci. In aeroporto cerchiamo la posta e prendiamo la pocket wi-fi. Poi compriamo i biglietti per lo Skyliner che ci porta alla stazione di Ueno, da lì trasciniamo i nostri valigioni sudando come caproni (per inciso… non doveva fare freddo? No bello, ma mi aspettavo 5 gradi, ce ne sono 14 e noi siamo imbacuccati!) alla stazione degli Shinkansen, compriamo un biglietto per Nagano e ci mettiamo a dormicchiare senza grandi risultati (troppa adrenalina, troppa roba da vedere).

A Nagano andiamo alla ricerca della linea per Yudanaka, facciamo il biglietto e saliamo sul treno e scendiamo 45 minuti dopo a destinazione.

A questo punto non ci resta che prendere un taxi e siamo all’ostello. La cosa straordinaria è che è andato tutto così. Come l’ho scritto. Liscio così, senza intoppi, senza disguidi, senza ritardi, tutto sincronizzato. Alle 8.55 siamo atterrati, alle 14.30 eravamo all’ostello di Yudanaka (che per inciso sta un po’ in culo ai lupi, nel mezzo del Giappone a 350 km dall’aeroporto in cui siamo atterrati).

Arrivati in ostello siamo ufficialmente stanchi. L’ostello è tradizionalissimo. Nulla di che, ma in ordine, coi tatami, i futon, il kotatsu (https://it.wikipedia.org/wiki/Kotatsu), bagno. Le docce sono giù, in stile giapponese, comuni, divise per sesso. Scendi, ti spogli, ti lavi per bene seduto sul seggiolino di legno e ti vai a squagliare nelle vasche termali all’aperto. Bellissimo.

Yudanaka è un paesino, sperduto come dicevo, famoso per due cose:

1) Le onsen, ossia le vasche termali. Ogni riokan o ostello ha le sue e in più ci sono quelle pubbliche: si possono affittare i kimono e gli zatteroni e fare il giro di tutte spalmandosi da una all’altra finché non ti crolla la pressione sotto i piedi e anneghi felice;

2) Il Jigokudani Park, che è il motivo che ci ha portati fin qui.

A Yudanaka non ci sono vie di mezzo: o l’ostello scrausello o il riokan figo. Un’ottantina di euro a notte oppure 300-400 euro a notte. Ora, siccome noi non eravamo lì per le onsen ma per il parco e siccome i bambini le onsen più di tanto non le possono fare e siccome i bambini smorzano un filo il romanticismo di una onsen, abbiamo optato per non sbattere via soldi inutilmente. Va da sé che in altre circostanze o magari in un altro viaggio, un bel riokan con delle onsen da occhi a cuore sarebbe d’obbligo. Un’altra volta, un altro viaggio.

Non possiamo dormire proprio ora, altrimenti non ingraneremo mai col fuso, quindi ci sistemiamo un po’ in camera, usciamo a fare due passi, scendiamo all’onsen e poi andiamo in un ristorantino di ramen per la nostra prima cena giapponese.

Yudanaka è IL PAESINO giapponese. Come uno se lo immagina, come se ne sono visti in mille film e mille anime. Ecco così. Perfetto. Un quadretto. Manca solo la neve.

E poi a letto, dove dormiamo senza sosta dalle 20 alle 7.30, svegliandoci brillanti (io Mia e Zeno… Ric ha avuto cuore di svegliarsi alle 5 e non riuscire più a riaddormentarsi).

23-24 DICEMBRE: JIGOKUDANI PARK e RIENTRO A TOKYO

Dicevo che non siamo venuti fino a Yudanaka per le onsen. Nemmeno per provare l’ebbrezza di uno Shinkansen e nemmeno per sciare. Siamo qui per il Jogokudani Park, che poi non è un parco, ma più un posto dove vai e sai che succede sempre la stessa cosa: ogni inverno, un folto gruppo di famiglie di macachi giapponesi sverna godendosela alle onsen. Appena arriva il freddo, loro si immergono nella pozza calda e ci passano diverso tempo, godendosela, spulciandosi, coccolandosi, litigando, giocando. Il top prevede che il tutto sia incastonato da una bella nevicata, ma come dicevo, non fa freddo come dovrebbe porca miseria.

Maledetto l’effetto serra, ci vestiamo, usciamo, andiamo in un negozietto a comprarci un certo numero di mochi (https://it.wikipedia.org/wiki/Mochi_(gastronomia)) e ci incamminiamo per il cuore del parco. Quasi tutti prendono il bus, ma a noi piace camminare e ci andiamo a piedi. Il bus al massimo lo prenderemo al ritorno. Faremo un anello invece del classico bus-sentiero, sentiero-bus.

Mentre iniziamo la camminata, apriamo i mochi. Abbiamo provato ad aggirare la domanda dei ragazzi “cosa c’è dentro?” con un generico “marmellata”. Non ci sono cascati e si sono accorti che i giapponesi i dolci li riempiono di una cosa sola: fagioli azuki. Ora, a me piacciono, a Ric anche… ai bambini è un sapore che non va granché giù. E vabbé, abbiamo ancora qualche avanzo che mi ero portata per il viaggio nel caso il pranzo in aereo fosse stato pessimo come spesso accade (ma non lo era affatto!) e mangiano quello.

In meno di un’ora ci siamo. Non ci sono grandi cose da dire. Emozione. Le foto sul blog parlano da sole (http://bagagliamano.files.wordpress.com/). Dico solo che il posto non è affatto grande, ma noi siamo rimasti lì più di tre ore nonostante il freddo.

Tornati tra gli esseri umani, ci fiondiamo in un ristorantino a conduzione famigliare di ramen fatti a mano con la farina integrale. È talmente a conduzione famigliare che il menù è solo in giapponese, non ci sono foto e l’inglese nemmeno a spanne. In qualche modo ci capiamo e ne tiriamo fuori un pranzo davvero ottimo (il ramen più buono della vacanza).

Usciti dal ristorante vediamo arrivare un bus e saltiamo su, sperando che da un posto così sperduto passi un solo bus e che sia quello che serve a noi e non uno che va in Hokkaido. Per il biglietto, ci limitiamo a tirare fuori le monete dalle tasche e a rimetterci al giudizio del conducente, che si prende quel che gli serve e ci fa salire.

Tornati a Yudanaka è tempo di relax e a Yudanaka relax vuol dire onsen. Scende prima Ric (Zeno non ha voglia) e gli invidio molto il fatto che abbia trovato tre ospiti dell’hotel, che l’hanno tirato in mezzo, offerto la birra, spiegato tutti i riti dell’onsen, soprattutto offerto la birra. Non che io beva birra, ma la compagnia dei locali è sempre preziosa! Tornato Ric, scendiamo io e Mia. Poi in camera per qualche compito (sì, ci siamo portati i compiti, fogli sparsi, libri fotografati sul tablet, appunti sconnessi, ma almeno i ragazzi non si ritrovano tutti da fare al rientro).

A cena proviamo un altro ristorante, che per quanto a me e Ric piaccia, non è apprezzato da Mia e Zeno. Ho la sensazione che si siano già rotti le balle di udon e ramen integrali…

Usciti dal ristorante invece di tornare in camera andiamo al ristorante di ieri, dove ordiniamo due polli in tempura e del riso da asporto e loro mangiano quello in camera.

E poi a letto, stasera siamo riusciti a tirare addirittura le 9! La notte è turbolenta e lascio l’approfondimento sul blog (http://bagagliamano.files.wordpress.com/).

Il mattino dopo ci svegliamo… guardiamo fuori dalla finestra e non ci voglio credere: ha nevicato. Ma tanto. Ma non poteva nevicare ieri?! Oggi dobbiamo tornare a Tokyo!

Rifacciamo tutto al contrario: taxi, treno fino a Nagano, Shinkansen fino a Tokyo Station. Sarà che abbiamo dormito poco, ma l’impatto con la metropolitana è stato tosto e diciamo che tra capire dove andare, che linee prendere, come fare la Pasmo per i bambini e arrivare a casa, ci mettiamo come da Yudanaka a Tokyo!

La zona è carinissima. Sembra il quartiere di Doraemon. L’appartamento è quello che cercavamo. Né più, né meno. Comodo e spazioso. TV, connessione.

Disfiamo le valigie, sistemiamo gli armadi, prepariamo i futon. Decidiamo di fare due passi prima di cena e andare a vedere l’incrocio di Shibuya, quello famoso in cui c’è anche l’attraversamento diagonale. Quello famoso dove c’è anche la statua di Hachiko. Quello famoso del Myth of Tomorrow. Quello famoso.

25-26 DICEMBRE: SHIBUYA

Oggi ci dedichiamo alla scoperta di Shibuya, cuore modereccio della città. Qui si ammassano tutti i negozi di abbigliamento più stilosi. Ma qui c’è anche la famosissima statua di Hachiko, quella davanti alla quale ci si dà sempre appuntamento e inspiegabilmente ci si trova nonostante si siano date appuntamento proprio lì centinaia di persone contemporaneamente. Ed è proprio dalla statua di Hachiko che parte la nostra esplorazione della zona.

Pagato pedaggio ad Hachiko, possiamo iniziare a passeggiare per la zona in attesa che aprano i negozi e si possa approfondire un po’ la conoscenza della cultura pop giapponese. I negozi a Tokyo aprono tardi, tra le 11.30 e le 12.30, quindi se si è mattinieri, prima ci si dedica alla tradizione e dopo pranzo allo shopping. Noi invece faremo a giornate: giornate di tradizione, introspettive, culturali e altre di scempio, shopping, sfarfallamento. Oggi non è una giornata culturale. Oggi è Natale e a Natale arriva Babbo Natale anche se non ci crediamo più!

Abbiamo in programma una carrellata di posti dove dovremo andarci coi piedi di piombo.

La prima tappa è il One Piece Store. Zeno adora One Piece. Adora la serie, adora il VG, adora giocare con le action figure e a Tokyo c’è un intero negozio dedicato a questo brand (a dire il vero a Tokyo si ha difficoltà a fare 15 metri di fila senza trovare qualcosa di questo brand). Non possiamo esimerci dal portarcelo proprio il giorno di Natale. Mentre camminiamo per le viette di Shibuya, ci imbattiamo in un CoCo!!! Quei ristoranti di curry che ci erano tanto piaciuti a Taipei! In uno slancio romantico, ci entriamo subito e ci facciamo un curry a testa! Il secondo negozio che visitiamo si chiama LOFT. Vende un po’ di tutto, ma i due reparti che l’hanno reso famoso sono quello dei piatti (piatti, bicchieri, tazze, ciotole, bacchette, teiere, etc…) e quello della cartoleria. Facciamo un giro per il primo reparto e poi andiamo in quello della cartoleria, che è un vero e proprio luogo di perdizione. Ha tutto. E bisogna stare attentissimi, perché è vero che costa tutto poco, ma se compri 100 cose, ci lasci giù un patrimonio anche se costano poco!

Ora ci aspetta Purikura no Mecca. Le purikura sono quelle cabine per farsi le foto kawaii, quelle che sembra che hai 18 anni per sempre, gli occhioni da cerbiatto e che puoi decorare con scritte, disegnini, robette così.

Lasciamo il centro di Shibuya per spostarci verso Harajuku, con la sua affollatissima Takeshita Street che brulica di negozietti di nicchia, Ganguro (https://it.wikipedia.org/wiki/Ganguro) e Gothic Lolita (https://it.wikipedia.org/wiki/Gothic_Lolita).

Percorriamo tutta Takeshita Street rifacendoci un po’ gli occhi nei tanti negozietti stilosi e poi ci spostiamo sulla via principale per entrare da KiddyLand, un negozio di 5 piani di giocattoli e brand pucciosi come Rilakkuma, Hello Kitty, Ghibli, Gudetama, Doraemon, Shin-chan, etc… Questo è il negozio per Mia, che si lancia in qualche acquisto tra le cose di Rilakkuma e Ghibli.

Quando usciamo è buio e siamo ufficialmente stanchi. Torniamo allo Shibuya Crossing e dal palazzo del 109 contiamo 4 edifici e troviamo quel che cercavamo, l’Hapineko, un localino tranquillissimo dove ci godiamo un bel tè caldo in compagnia di 16 gattoni. Incredibile quanto sia rilassante un locale così.

Usciti dall’Hapineko siamo mentalmente rigenerati e ci incamminiamo verso casa attraversando le viette a case basse che caratterizzano i quartieri residenziali della città.

Il giorno dopo ci svegliamo con una bellissima giornata di sole e degli ottimi dolcetti comprati in una panetteria francese che abbiamo vicino a casa. Dopo colazione e dopo aver visto un po’ di TV, siamo pronti per aggredire la giornata col giusto ottimismo. Oggi scopriremo un altro aspetto di Shibuya e Harajuku. Ieri li abbiamo conosciuti per la cultura pop, i trend alternativi, il susseguirsi di luci, negozi e colori; oggi ne esploreremo l’anima tradizionale.

Sempre muovendoci a piedi, raggiungiamo lo Yoyogi Shrine, un piccolo tempio con cimitero annesso che è un gioiellino. Raccolto, silenzioso, in ordine, un vero luogo di pace, in cui potersi sedere e raccogliere le idee. Magari leggere un po’.

Attraversiamo il tempio, ci lasciamo alle spalle il cimitero e raggiungiamo lo Yoyogi Koen, un parco molto ampio che in primavera-estate deve essere molto piacevole. Ci attardiamo nel parco, lo attraversiamo tutto, usciamo dalla parte opposta e ci ritroviamo di nuovo ad Harajuku. L’ingresso al parco di Harajuku la domenica è un ritrovo di rockabilli e capita spesso di trovarci sosia di Elvis che ascoltano musica. A noi non capita. Sarà che non è domenica. E sarà che fa freddo. Da qui all’ingresso del lungo viale alberato che porta al Meiji-Jingu la strada è breve. Il Torii (l’ingresso, la porta) è enorme, imponente. Il viale ampio, puntellato di lanterne e botti di sakè offerte in dono ai kami del tempio.

Il tempio Meiji è uno dei due più grossi e frequentati di Tokyo (l’altro è il Senso-Ji) e in questi giorni di fine anno è particolarmente preso da assalto. Nel cortile ci sono i preparativi per la fine dell’anno e stanno allestendo la porta tonda che va attraversata tre volte disegnando il simbolo dell’infinito e montando tutti i banchi gastronomici che si affolleranno tra qualche giorno.

Ci sono insegne del Gallo (l’anno entrante) ovunque, che vanno a sostituire l’effige della Scimmia.

Usciti dal tempio abbiamo ancora voglia di passeggiare tranquilli e quindi paghiamo l’ingresso per i giardini del tempio e la fonte d’acqua che lo alimenta. Sono molto tranquilli, curatissimi, il laghetto pieno di grosse carpe che appena ci vedono si avvicinano sperando in qualcosa da mangiare.

Passeggiare è sempre piacevole, ma la fame inizia a farsi sentire: ci spostiamo nelle viette laterali di Omotesando per pranzare da Harajuku Gyoza-ro, un ristorantino che fa dei ravioli cinesi strepitosi, con diversi impasti e ripieni. Buonissimi.

Usciti dal ristorantino, notiamo che nella via c’è un altro ristorante che deve fare cose strepitose vista la fila che ha fuori. Si chiama Luke’s Lobster e la gente esce con dei panini all’aragosta in mano che fanno venire fame persino a me che ho un pessimo rapporto col pesce in generale!

Già che siamo nel dedalo di viette ne approfittiamo per conoscere un po’ la zona. Qui ci sono tutti gli ultimi trend della moda. Negozietti hipster, bici hipster, idee hipster, tutto hipster e se non è hipster è street. Interi negozi che vendono solo magliette realizzate in pezzi unici, adesivi fatti a mano, vinili, abiti vintage e si viene a creare un’atmosfera tra l’avanguardia e il retrò del tutto particolare.

27-28 DICEMBRE: SHIJUKU e AKIHABARA

Cambiamo quartiere. Il cielo è piuttosto grigio e piove. Decidiamo che, sebbene ci potremmo arrivare a piedi, raggiungeremo Shinjuku con la metropolitana.

Ci incamminiamo verso la nostra prima tappa: il Samurai Museum. Come suggerisce DocManhattan ci andiamo all’apertura (anzi, arriviamo anche troppo presto!) e aveva ragione: il primo turno è meno affollato e si riesce a godere meglio del museo che è molto bello e fornito, ma piccino. Le visite sono guidate. La nostra guida è un ragazzo che boh, a vederlo così avrà 18 anni. Probabilmente ne ha di più, ma in Giappone sembrano tutti più giovani di quel che sono! È la guida perfetta: giovane, carino, coccoloso, simpatico, sa un sacco di cose ed è affetto da logorrea. Parla in un inglese che si capisce benissimo, quindi davvero non potremmo chiedere di più. I ragazzi (e in generale i bambini del gruppo) pendono dalle sue labbra. Stanza per stanza viviamo uno spaccato del Giappone che va dal periodo Heinan a quello Meiji. Scopriamo storie, battaglie, usanze, armi, elmi. Tutto molto avvincente. Quando usciamo non piove più ma siamo lontani dal poterla definire una bella giornata. Anzi, non facciamo in tempo a fare 300 metri che si rimette a piovere, quindi decidiamo di farci uno spuntino in cima al Toho Building, sulla cui terrazza svetta il testone di Godzilla con tanto di artigli che squarciano il grattacielo. All’ultimo piano c’è un albergo di quelli che non ci possiamo permettere e una caffetteria che si affaccia proprio sulla terrazza, così ne approfittiamo per mangiarci un dolce a tema e fare qualche foto ravvicinata.

Poi ci spostiamo al Can-Do più fornito di Tokyo, che è appunto quello di Shinjuku, Pepe Building. I Can-Do sono negozi in cui tutto costa 100 YEN (ossia 80 cent) e questo ha davvero di tutto. Noi ci sbizzarriamo in adesivi, regalini per gli amici e l’immancabile trash food da sgranocchiare a merenda, ma anche da portare a casa per far inorridire gli amici e farsi 4 risate in una cena “giapponese”. Dopo il Can-Do abbiamo ancora energie da vendere ed entriamo in una Taito Station. Le Taito Station sono salegiochi: piani e piani e piani di giochi da provare.

L’ultima tappa a Shinjuku è il Golden Gai, un dedalo di viette scampato sia ai bombardamenti che al grande terremoto del Kanto di inizio secolo. Sono tutti localini storici in cui ubriacarsi pesantemente. Andrebbe visitato di sera, ma sebbene molto allettante, non ci pare una cosa adatta ai ragazzi. Ancora con qualche energia nelle gambe prendiamo la Yamanote Line (che è davvero piena, siamo compressi come i pelati in barattolo!) e scendiamo a Shibuya per visitare uno dei negozi più visitati da “quelli come noi”: Mandarake. 7 piani di anime, fumetti, giochi, action figure, videogiochi, tutto rigorosamente di seconda mano ma tenuto talmente bene che pare nuovo.

Nuovo giorno, nuovo quartiere: Akihabara, Electric City, un posto in cui OGNI TURISTA va e dove tutti trovano qualcosa di tecnologico da comprare. Qui si vende qualsiasi cosa si possa attaccare a una spina. Si va dagli arredi per ufficio, ai computer, agli elettrodomestici, alle macchine fotografiche, per arrivare ai software, al videogiochi, ai fumetti, al retrogaming.

Noi partiamo con una bella colazione a casa e poi iniziamo la giornata col tempio di Akihabara: Kanda Myojin. Il santuario è meta di preghiera per chi cerca successo sul lavoro e armonia in famiglia e anche qui stanno allestendo tutto per il capodanno. Visitato il tempio, iniziamo a percorrere la via principale di Akiba e a battere piano per piano i primi due negozi. A pranzo andiamo al Gundam Café, un bar ristorante a tema che definirei decisamente imperdibile, almeno per gli amanti del genere. Premetto che non si mangia granché bene, però non costa tanto, quindi un’esperienza che si può fare. Il locale è molto carino, ci sono video degli anime che vanno in continuazione, un paio di Gundam all’ingresso e altri dentro, tutto il menù è a tema e in genere tutto l’arredamento è molto “Gundam”.

Nel pomeriggio riprendiamo il pellegrinaggio per la via principale di Akiba: Superpotato Retrogaming, Trader, Softmap, Kotobukiya, Animation, Robot+Robot, un intero negozio di Yo-yo super-pro, Mandarake, svariati Gachapon non meglio definiti e negozi talmente piccoli e affollati da toglierti il respiro.

Una volta a casa ci rilassiamo un po’, facciamo qualche compito, guardiamo un po’ di TV e proprio mentre ci stiamo gustando un anime incomprensibile ecco che arriva… il terremoto! Viene segnalato in tempo reale alla TV. Durante la trasmissione compare la cartina del Giappone su cui è evidenziata in giallo (che significa “nulla di drammatico” la zona colpita e l’epicentro. È a 300 KM da Tokyo, di grado 6, ma a Tokyo arriva un tranquillo grado 3. Noi siamo al quinto piano: I lampadari dondolano, il frigorifero traballa e con cui il microonde che c’è sopra, trema tutto.

29-30 DICEMBRE: GUNDAM FRONT TOKYO e NAKANO BROADWAY

Giornata monotematica eppure forse la più intensa a Tokyo. Ci dedicheremo al Gundam Front Tokyo. Ci svegliamo con comodo, facciamo colazione e poi prendiamo i mezzi fino a Odaiba, un’isola artificiale collegata a Tokyo dove trascorreremo tutta la giornata. Prima di salire al 7F del Diver City Buiding. Facciamo un rapido giro nello store di Hello Kitty. Non volevamo, ma passandoci davanti siamo stati risucchiati dalla kawaii-ness. Riusciti a liberarci dall’incantesimo di Hello Kitty, raggiungiamo il settimo piano senza ulteriori interruzioni. Il piano è interamente dedicato alla Saga di Gundam e ci sono diverse attività da svolgere. Noi iniziamo dalla visione dei tre corti proiettati a 360° nel planetario. Tutti e tre molto belli, sebbene a me personalmente venga un gran male al collo a stare così tanto col naso all’insù. Evidentemente sto invecchiando.

Poi passiamo al laboratorio dove a ognuno di noi viene dato un Gunpla da montare, in edizione speciale. Il Gunpla NON si monta nel laboratorio, dove invece abbiamo l’obbligo di colorare il modellino che c’è sulla scatola per personalizzarla (così si sincerano che non vengano messi in vendita online!). Trascorsa la nostra mezzora nel laboratorio passiamo alla sala principale: c’è un eeeeeenorme busto di Gundam dove si può salire per delle foto, così spedisco subito su Ric e i ragazzi a farsi immortalare. Sempre nella sala principale ci sono diversi spot in cui si può indossare la divisa dei piloti e fare delle foto. Anche qui, non ce lo facciamo dire due volte!

Usciti dalla Pay Zone, non ci restano che due tappe all’interno del Front Tokyo:

– L’esposizione di Gunpla, in cui svetta su tutti i modellini quello del vincitore di quest’anno

– Il negozio di Gunpla, dal quale Zeno e Ric usciranno con svariati modellini da montare.

Una bellissima esperienza, comunque, che consiglio a tutti. Al costo di un pomeriggio al cinema (se non si passa dal negozio di Gunpla, dove in ogni caso i Gunpla costano nettamente meno della cifra a cui si trovano online).

Scendiamo al piano terra e usciamo sulla piazza davanti al Diver City dove una boy band non troppo cool si sta esibendo. Ma non siamo lì certo per la boy band, siamo lì per il Gundam 1:1. Una chicca da godersi fino in fondo visto che ad aprile lo smontano e non si sa che fine farà. Lo fotografiamo da tutte le angolazioni. È imponente. Mi fa sentire al sicuro da ogni attacco alieno! Non si sa mai. Ci è venuta una certa fame. Sarà che sono le tre passate. Rientriamo nel centro commerciale a caccia di cibo e troviamo un ristorante piuttosto interessante. Un all you can eat di fritto-fritto. Ci sono dei tavoli da 4-6 persone massimo, ognuno con l’incavo per la friggitrice e il necessario per impanare e friggere. E poi ci si alza, si va al banco e ci si serve scegliendo tra gli infiniti spiedini: verdura, pesce, carne, impasti, polpettine. In realtà si ha a disposizione un’ora e mezza, ma noi dopo 45 minuti di sforzo siamo pieni come tacchini e non mangeremo più fino al giorno dopo a pranzo! Zeno e Mia hanno apprezzato tantissimo il genere e Zeno lo marchierà come “migliore mangiata della vacanza”!

Un’altra attrattiva di Odaiba da non perdere è JoyPolis (Decks, Beach Building, 3F), una sala giochi che rasenta il parco divertimenti al coperto dove la realtà virtuale la fa da padrona. A dire il vero varrebbe la pena di spenderci più di quello che ci abbiamo dedicato noi sia in termini di tempo che di denaro perché è davvero un posto divertente dove passare una bella serata con un gruppone di amici. Noi però siamo un po’ stanchi, abbiamo il fritto che ci esce dalle orecchie e come il sentore che sulle attrazioni ci metteremmo a sverniciare, quindi la sfruttiamo come sala giochi e ci sfidiamo ai tamburi in un mini-torneo famigliare.

Il mattino dopo ci alziamo super carichi. Zeno e Ric in particolare sono in fibrillazione visto che oggi indubbiamente è la loro giornata. Passeremo tutto il giorno a Nakano Broadway, un vecchio centro commerciale (ha 50 anni e li dimostra tutti) dove fondamentalmente si vendono solo anime, action figure, videogiochi, retrogaming, fumetti, giocattoli, stampe, gachapon. Quello che rende questo posto particolarmente interessante (e va ringraziato Doc Manhattan per la dritta) è che la maggior parte dei negozi fan parte della catena Mandarake ma qui sono divisi per aree tematiche rendendo la ricerca mooooolto più agevole. Inoltre, è meno battuto dei Mandarake del centro e quindi si trovano delle chicche notevoli. Beh e poi qui non si pagano le tasse se hai dietro il passaporto!

Arriviamo alla mattina che è ancora più o meno tutto chiuso, ma noi iniziamo a girare per farci un po’ di idee. Man mano che aprono i negozi si aprono anche dei mondi.

Prima di aprire il portafoglio, però, andiamo al B1 dove c’è il mercato alimentare per cercare qualcosa da mettere sotto i denti. Veniamo subito conquistati da un posticino minuscolo gestito da un gruppo di ragazzi dove l’unico prodotto è un enorme panino fatto a raviolone cinese ripieno di carne. Ce ne prendiamo uno a testa e troviamo posto a un tavolino altrettanto minuscolo compresso tra un certo numero di vecchiette lì per fare la spesa. BUO-NIS-SI-MI. Con la pancia piena ci sentiamo finalmente pronti a spendere.

31 DICEMBRE – 1 GENNAIO: UN CAPODANNO SENZA IL BOTTO

Trascorreremo l’ultimo giorno del 2017 in contro-tendenza. Lontani da frenesia, luci, botti, negozi, shopping, feste. Dopo una bella colazione a casa, prendiamo la metro e andiamo a Nishi Nippori Station. Da qui passeggeremo fino al Ueno-Koen, attraversando il quartiere di Yanaka, forse il più antico di Tokyo, dove la maggior parte delle casa è scampata al terremoto del Kanto e ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Un luogo affascinante, carico di cultura, di atmosfera, di piccoli templi e negozietti artigianali storici.

Faremo tre piccole tappe:

– Isetatsu, un negozio di lunga tradizione che vende carta di riso e dove mi concedo due acquisti: un segnalibro in origami (Ane-Sama) e 3 fogli di carta di riso. Devo poi discutere educatamente ma fermamente per mezzora con la commessa che si è fissata di volermi dare molto più resto di quello che mi spetta perché ha trovato sul banco una banconota da 5000 yen non mia, ma non può accettare che non sia mia. Insiste, io insisto, lei fa cenno di aver capito e poi torna alla carica. Ho dovuto fare davvero uno sforzo supremo di onestà per non prendere quei soldi non nostri!

– E infine un altro negozietto lì da una vita, che vende senbei artigianali (delle specie di crackers, a vari gusti). I ragazzi gradiscono tantissimo.

– Torindo, un localino piccolo-piccolo, anch’esso storico, dove si beve il miglior macha di Tokyo accompagnato dal dolcetto tipico di queste feste, un pesciolino ripieno di marmellata (sì, chiaro, di fagioli). Questo è stato un momento prezioso, delicato, romantico, che io e Ric siamo riusciti a rovinare non capendo quale dei due tè fosse il macha e quindi sbagliando tutta la cerimonia. Che vergogna, quando abbiamo realizzato di aver sbagliato tutto ci siamo sentiti proprio dei poveretti.

Usciti da Torindo siamo a due passi da Ueno-Koen. IL PARCO. Quello degli anime. Quello dei film. Il Central Park di Tokyo. All’interno del parco c’è il Museo di Tokyo, ma è una giornata talmente strepitosa, con un sole bello caldo, che ci pare sblasfemo stare al chiuso e non goderci il tempo! Il parco è meraviglioso e stento a immaginare come possa toglierti il fiato all’apice del suo splendore, durante la fioritura dei ciliegi. Passeggiamo su e giù per il parco, visitando ogni tempio e poi scendiamo al laghetto, quello che non manca mai negli shojo. Proprio nei pressi del laghetto ci fermiamo a pranzare nelle tante bancarelle che prendono vita in questi giorni fuori dai templi. Qui si usa così, nelle giornate di festa si va al tempio e si mangia alle bancarelle. Tra l’altro mangiamo benissimo!

Nel pomeriggio lasciamo la zona di Ueno per spostarci a piedi fino al Tokyo Sky Tree, ma dopo esserci fatti una camminata suprema, abbiamo una grossa delusione: salirci costa uno SPROPOSITO. Ma non è possibile una cifra del genere. Parliamo di 74 euro in 4 solo per arrivare al primo punto di osservazione. Per arrivare al secondo siamo sui 100 euro. Una fila da strapparsi i capelli. Anche no, grazie.

Torniamo sui nostri passi, costeggiamo il fiume parlando dei due super-poteri che ognuno di noi vorrebbe avere e arriviamo ad Asakusa, il cuore religioso di Tokyo, dove troneggia il Senso-Ji, dove ci sono ancora i risciò (che son cari come le gondole a Venezia!) e dove le ragazze vanno in giro con lo Yukata (soprattutto stasera). E ci sono anche un sacco di negozietti storici. La prima tappa, prima che chiuda, è in un negozio di tende bengara, dove ne compriamo una per il compleanno di Cristina (la nonna). Poi di vietta in vietta raggiungiamo la grande porta rossa del tempio. Da qui fino al tempio, brulicano i negozi, le bancarelle, c’è tantissima gente e tantissime ragazze con lo yukata. Alle bancarelle prendiamo tanti assaggi per cena: dal pesce affumicato, alle polpette di non so cosa, a dei dolcetti fatti di zucchero fuso, alle banane ricoperte di cioccolato, spaghetti di soia di ogni tipo. Tutto buonissimo. Ci fermeremmo in ogni bancarella! La fila davanti al tempio è sempre più lunga! Si stanno radunando tutti per andare a fare la prima preghiera dell’anno! Noi a questo punto torniamo a casa, dove ci aspetta l’ultima chicca: il Kohaku, una pessima trasmissione musicale in stile Sanremo che però pare che TUTTI guardino l’ultima sera dell’anno. E così facciamo anche noi! Ce la guardiamo tutta, fino a quando non scopriamo il vincitore!

Il primo dell’anno invece sarà una giornata strana, dagli alti e bassi, a cui però eravamo pronti, visto che sapevamo che avremmo trovato TUTTO RIGOROSAMENTE chiuso e i templi irraggiungibili perché presi d’assalto. D’altronde noi siamo avvezzi al Ferragosto a Milano, non ci spaventa certo il primo gennaio a Tokyo.

Alla mattina abbiamo deciso di andare a Ikeburo al Mega Pokemon Center, che è interessante, ma non poi così Mega anche se abbastanza Mega da trovarci un cappellino per Mia. Usciti da qui decidiamo di tornare ad Harajuku per prendere quella camicia che avevo visto e che mi piaceva tantissimo, ma il negozio è l’unico chiuso di tutta Takeshita Street. L’unico, davvero. L’unico. Ci spostiamo al Toy Sapiens per Mia, Google lo dà aperto, ma non è così. Grande delusione! Non ci resta che un azzardo: prendiamo un bus che ci porta nei pressi di Roppongi Hills, dove c’è un ristorante bellissimo in stile Edo che pare sia quello che ha ispirato Quentin Tarantino per la scena di Oren e la sua banda in Kill Bill Vol 1. Si chiama Gonpachi e vale davvero la pena andarci. È un bellissimo ristorante, si mangia benissimo e non si spende nemmeno tanto.

Incredibile, è aperto, e ci danno anche un bel tavolo e seduti qui è comprensibile che Tarantino sia rimasto folgorato dall’ambiente.

Dopo pranzo andiamo a Roppongi Hills, un centro commerciale super mega lusso che a noi lascia molto insoddisfatti. Nulla di che, noioso, moscio e tanto non ci possiamo permettere niente. Lo stesso centro, che dovrebbe essere un capolavoro di architettura ci lascia delle perplessità, sarà che la giornata non è delle migliori, magari in estate rende di più.

Ci fermiamo poco e poi saltiamo sulla metro. Scendiamo a Yoyogi Station e andiamo a fare merenda alle bancarelle del Meiji-Jingu. Per un attimo ci sfiora l’idea di entrare nel tempio, ma quando vediamo il muro di gente in fila, lasciamo perdere.

Andiamo verso Shibuya per fare un giro da Tokyu Hands, che google dà aperto, ma è chiuso. Anche il Tokyo 109 è chiuso. Da notare che domani iniziano i saldi al Tokyo 109 e la gente si sta mettendo in fila già adesso… matti!

Ci buttiamo in una sala giochi e poi buttiamo giù un panino di McDonald perché abbiamo come la sensazione che tutti i ristoranti siano brutalmente chiusi!

Chiudiamo la giornata con una bella passeggiata fino a casa. È tutto davvero chiuso. Non sembra nemmeno la solita strada che ormai conosciamo bene. Mancano tutti i punti di riferimento!

2-3-4 GENNAIO: TSUKIJI, IL PALAZZO IMPERIALE, GINZA, KAGURAZAKA e L’HOSTESS MALEDETTA

Siamo alla fine. Ultimi giorni. Il 2 è un giorno importante a Tokyo. L’Imperatore si affaccia a salutare i cittadini e il palazzo e i giardini sono aperti gratuitamente a chiunque voglia assistere al saluto.

Noi ci svegliamo di buon’ora per andare a vedere il mercato del pesce di Tsukiji. Passeggiamo per le viette affollate di negozi e bancarelle e Ric e Mia si concedono diversi assaggi tutti rigorosamente a base di pesce (a me e Zeno fa orrore tutto!). Mentre Ric si dedica al cibo, Zeno prende possesso della macchina fotografica e fa foto a raffica.

Esplorate tutte il labirinto di stradine, ci incamminiamo verso Hama-Rikyu Onshi-Teiein, un bellissimo giardino giapponese incastonato tra i palazzoni di Ginza. Ci godiamo il sole, i vialetti e poi andiamo a rilassarci un po’ nella tradizionalissima sala da tè sul laghetto del giardino. Passiamo una splendida oretta di completo realx, sorseggiando il macha con un dolcetto, inginocchiati sui tatami (cosa per la quale decisamente non abbiamo più l’età…).

Riprendiamo i sentieri e ci lasciamo alle spalle i giardini per infilarci tra i grattacieli di Ginza, il quartiere più chic di Tokyo, dove ci sono solo cose sfavillanti, carissime e griffate.

Col naso all’insù ad ammirare la fantasia degli architetti, arriviamo al palazzo imperiale. Finalmente! È l’una e mezza e a regola la gente dovrebbe iniziare a uscire, così lo vediamo controcorrente senza troppa folla. Ecco, questo era il mio geniale piano. Peccato che da nessuna parte avevano scritto che dopo pranzo fanno solo uscire e non più entrare. Ci buttiamo nei prati di fronte al palazzo imperiale a smaltire la mia feroce incazzatura con me stessa. Ci metto una mezzora abbondante, che i ragazzi accolgono con piacere dopo la lunga camminata del mattino. Finito di darmi da sola della cretina incompetente, decidiamo di andarci a fare un giro da Tokyu Hands dove compriamo un po’ di carta da origami.

Da qui ci spostiamo al Dover Market, un negozio su più piani. Vende abiti meravigliosi di stilisti emergenti. Avrei comprato almeno 10 cose per piano, senza potermene permettere nessuna. Il negozio comunque è bello in sé, con opere d’arte a ogni piano e tanti spunti di stile. Vale la pena. E poi abbiamo beccato Orlando Bloom e Katie Perry (loro facevano shopping, non guardavano e basta). Peccato che ci abbiamo messo quei 30 secondi di troppo per realizzare che fossero proprio loro e Mia s’è mangiata le mani per essersi persa un’occasione d’oro per un selfetto con loro. Si son fatte le 17.30. Il viaggio è agli sgoccioli ed è opportuno che rientriamo a casa per iniziare a preparare le valigie. Scendiamo a cena nel “nostro” ristorante, dove la signora ci accoglie con il suo Konichiwa e una tazza di tè fumante. Decidiamo di trascorrere l’ultimo giorno a Tokyo alla scoperta di un quartiere a nord del palazzo imperiale: Kagurazawa.

La prima tappa è il tempio Yakusuni, enorme, controverso, bello e affollatissimo. Quando arriviamo c’è in corso una dimostrazione di arcieri-samurai. Bellissima. Restiamo un bel pezzo a bocca aperta a guardare i movimenti precisi e lenti. Facciamo poi due passi nel tempio e dopo ci dirigiamo al Kora-koen passando per il Tokyo Dome (lo stadio di baseball) e un luna park cittadino affollatissimo con un ottovolante impressionante praticamente sulla strada! Il Kora-koen è un altro bel parco cittadino. Ci sono delle dimostrazioni di giochi tradizionali e i ragazzi provano i trampoli. Per pranzo decidiamo di andare al Canal Café, un locale lungo il canale che circonda il palazzo imperiale. Il posto è molto poco giapponese e mi ricorda invece un piacevole aperitivo ai Murazzi di Torino. Ci godiamo il sole, il relax, il pranzo e poi puntiamo alla via principale del quartiere. Il quartiere è molto antico e un tempo era una zona a luci rosse. Sopravvissuto al terremoto del Kanto, è via via diventato un vivace quartiere di localini sfiziosi dove trascorrere qualche piacevole ora alla sera. Ci sono anche diversi negozi di artigianato, alcuni davvero interessanti.

Ultima cena all’Origin, una bella dormita e poi si torna a Milano!



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