Es lebe berlin, viva berlino
Giovedì 2 agosto Partiamo da Venezia con TuiFly che avevamo prenotato in anticipo pagando per 2 persone A/R circa cento euro, gli orari sono buoni ed il servizio è puntuale e affidabile. Dall’aeroporto Tegel prendiamo il bus 128 (biglietto 2.10 euro anche a bordo, valido per 2 ore) che ci porta a Kurt Schumacherplatz da dove trasbordiamo nella U-Bahn ed all’incirca in 40 minuti siamo già al Novotel Berlin Mitte, proprio a due passi dalla metro di Spittelmarkt. Ciò vuol dire essere nel cuore della Berlino est, da dove è facile raggiungere a piedi tutte le maggiori attrazioni. Arriviamo verso sera e poiché ci eravamo prefissati di cenare ogni sera in un quartiere diverso (certamente impossibile farli tutti in quattro giorni perché i Bezirke sono 12!) decidiamo di andare a Kreuzberg, il più vicino all’hotel, ma che raggiungiamo comunque con una bella camminata. E così possiamo già iniziare a fare i confronti tra quello che resta dei vecchi palazzi fatiscenti (ormai molto poco) e le costruzioni moderne in vetro ed acciaio, come l’impressionante edificio trasparente dell’editore Springer. Incrociamo il Museo della Storia Ebraica, opera di Libeskind, veduta inquietante fin dall’esterno con le sue masse irregolari grigie tagliate da finestre che sembrano andare in frantumi: l’effetto dello stordimento e l’invito alla riflessione sono pienamente raggiunti. Il quartiere è abitato da molti turchi come si vede dalla popolazione che gira, dagli innumerevoli ed invitanti Doner-kebab che si alternano ad Imbisse di curry-wurst, la specialità di Berlino. Notiamo che per essere in una città così grande tutto sembra tranquillo, non c’è inquinamento acustico ed il traffico appare scorrevole ed ovattato, sinonimo che i trasporti pubblici qui funzionano. Ceniamo bene in un ristorantino greco (Romiosini), un angolo verde e tranquillo tra palazzi residenziali ed il conto è incredibilmente basso: 15 euro per due! Tutta l’area di Kreuzberg è animata da locali etnici e non c’è che l’imbarazzo della scelta: spagnoli, slavi, italiani ed ovviamente turchi. Superata Mehringplatz, un’interessante piazza circolare, arriviamo a Yorckstrasse perché attratti dalla St. Bonifatius Kirche, una bella chiesa neogotica in mattoni rosso cupo. Ma la vera sorpresa saranno invece i complessi di edifici a cui si accede tramite dei portoni posti prima e dopo la chiesa. Dal primo si entra in un cortile con abitazioni in stile neo-gotico simili alla chiesa, affacciate su un bel giardino con piante molto alte. L’effetto è veramente suggestivo perché ora è buio e le facciate fittamente traforate da bifore e trifore illuminate ci appaiono come enormi occhi spalancati che ci osservano dall’alto. Siamo forse capitati nel mezzo di una magia, come nei film di Harry Potter? Due passi più in là della chiesa, la musica cambia completamente. Da un alto portone bianco sovrastato da cariatidi si entra in un’altra meraviglia: Riehmers Hofgarten e qui siamo in pieno rinascimento. Slanciati palazzi candidi in stile neoclassico al punto che sembra di stare in una città italiana, cingono ampi giardini con prati curatissimi e folta vegetazione: un vero lusso abitare qui! Ne valeva la pena di fare la lunga passeggiata fin qui per gustare queste due chicche, ma la serata non è ancora finita perché vogliamo completarla rivedendo il famigerato Checkpoint Charlie, ora ridotto a cimelio cinematografico per le due gigantografie di un soldato russo e di un americano e la scritta “You are leaving West Berlin” ad indicare un recente passato che sembra oramai preistoria
Venerdì 3 agosto Oggi decidiamo di fare la più classica delle passeggiate di Berlino: Unter den Linden fino alla Brandeburger Tor, dove dobbiamo essere alle 12 per incontrare la guida, che abbiamo prenotatato on-line, per la “visita senza coda” del Reichstag. Partiamo quindi da Lustgarten, un’ampia spianata verde dove i berlinesi prendono il sole o fanno pic-nic se il tempo lo permette. Il prato, verdissimo e curato, è sovrastato dalla mole imponente del Berliner Dom con il cupolone ben visibile ovunque. Ci accontentiamo della visita esterna perché il biglietto d’ingresso a 5 euro ci sembra effettivamente troppo caro per gettare lo sguardo in questo monumento del barocco tedesco. Certamente le entrate andranno a favore del restauro di quest’opera che esternamente è quasi tutta nera e necessita più che mai di una bella ripulita. Ripercorriamo il celeberrimo viale dei Tigli focalizzando a destra e sinistra i monumenti elencati dalla guida; ma questa via è tutta una serie di celebrità! Per prima la Neue Wache, tempietto neoclassico memoriale a tutte le vittime delle guerre ed oppressioni, che custodisce all’interno la struggente statua della madre piegata sul figlio morto avvolto nel suo grembo, incisiva opera della scultrice tedesca Kaete Kollwitz. Poi appare l’imponente edificio che custodisce il Museo della storia tedesca; di fronte la maestosa Staatsoper e la Humboldt Universitaet. Bebelplatz, luogo del nefasto rogo nazista dei libri, invece non riusciamo a vederla perché è invasa da stand ed ombrelloni di una delle tante feste della birra in corso. Ci infiliamo poi per una stradina per arrivare a Friedrichswerdsche Kirche, bella chiesa neogotica in mattoni opera di Schinkel che ospita una pregevole collezione di sculture. Riprendiamo la discesa di Unter den Linden, ammirando l’imponente statua dell’imperatore Federico II, al centro della via, per passare poi alla Biblioteca con la sua facciata arretrata e tutta ricoperta di edera. Il cammino prosegue davanti a numerose ambasciate come quella russa, americana ed inglese ed infine scorgiamo la mole dell’Adlon, hotel di super lusso che ha ospitato ed ospita tuttora i potenti della terra, ma che, come ci dirà la guida più tardi, dopo le distruzioni della guerra è stato rifatto dalle fondamenta, ricreandovi sapientemente anche la patina del tempo. Sul lato dell’Adlon segue un museo moderno e poi un’altra costruzione, sede di una banca: questa dall’esterno ci fa restare indifferenti per il suo anonimato, ma è niente di meno che dell’architetto Gehry (quello del Guggenheim di Bilbao), che si è sbizzarrito invece nell’interno creando una specie di balena volante ed una volta fantasmagorica (si può accedere nell’atrio). Dato che all’appuntamento con la guida manca ancora un’oretta, in possesso della carta dei trasporti giornaliera (Tageskarte 6.10 euro) prendiamo la U-Bahn fino a Potzdamerplatz che siamo impazienti di rivedere. Ci ricordavamo del box rosso che era stato innalzato in quest’area rasa completamente al suolo per far posto ad interventi degli architetti contemporanei più in voga e c’era tutto un serpentone di gente che andava a vedere i progetti qui esposti, ma erano soprattutto i berlinesi interessati alle sorti della loro piazza. Quando esci dalla metro e spunti su Potzdamer Platz la prima esclamazione è di stupore. È d’obbligo guardare all’insù: il grattacielo vitreo della DB (Deutsche Bahn), l’originale edificio in mattoni rossi della Daimler-Crysler che ricopia i primi grattacieli americani degli anni 30/40 del secolo scorso e poi il Sony Center, che con un’originale struttura in vetro ed acciaio riproduce le forme del Fujiama e richiama quindi la terra dello sponsor. Più in là scorgiamo l’opera di Enzo Piano caratterizzata da un enorme cubo verde sul cocuzzolo. Rientriamo a precipizio all’ufficio turistico alla Porta di Brandeburgo da dove parte la nostra visita guidata al Reichstag. Lungo il percorso la guida ci fa notare per terra il tracciato del muro che ci porta fino al Parlamento dove entriamo superando le code perché ai gruppi prenotati c’è un accesso riservato. Dopo i debiti controlli tipo quelli all’aeroporto siamo finalmente nel regno della Merkel. Entriamo proprio nella sala dove si riunisce il parlamento, che ora ovviamente è in ferie. Ci sono delle tribune sospese molto originali dove ci fanno accomodare per sentire una meticolosa esposizione di quaranta minuti da parte di un funzionario sulla storia di questa istituzione, sulle sue funzioni, sul lavoro dei deputati, le compagini politiche ecc. Ecc., finché l’incaricato non sollecita il pubblico a porgli delle domande. E qui si apre una raffica di questioni talmente ovvie e puntigliose, alla ricerca dei dettagli più assurdi come appartiene alla pignoleria dello spirito tedesco che esige su tutto l’approfondimento e la precisione assoluta, che quasi non scoppiavamo a ridere. Finalmente, saziate le curiosità, siamo potuti salire con l’ascensore sulla cupola, opera strabiliante ed incredibile dell’architetto Foster, una bolla magica che incredibilmente resta su. Non possiamo purtroppo percorrere la scala a spirale interna perché, com’è in uso due volte all’anno, viene chiusa per lavori di pulizia che durano qualche giorno. Il panorama ad ampio raggio di Berlino dall’alto ci permette di focalizzare meglio i suoi quartieri ed i monumenti e ci ripaga della lieve delusione. Ma per vedere la cupola così da vicino meritava anche l’aver sopportato la dotta esposizione del funzionario parlamentare.
Nel pomeriggio ci portiamo nella zona del Tiergarten, l’ampio polmone verde di Berlino, un parco immenso, una vera e propria foresta dentro la città, sorvegliato ed accudito da drappelli di pensionati volontari che controllano costantemente che tutto sia in ordine. Qui vicino c’è il Kulturforum che comprende anche la Gemaelde Galerie, il nostro obietttivo. Accediamo facilmente con la nostra Schau Lust Museen Berlin acquistata all’ufficio del turismo che con 15 euro ti permette, per tre giorni, la visita dei musei statali, che sono i più importanti e d’obbligo a Berlino, con accesso diretto e superamento delle snervanti code. Il tempo qui dentro scorre veloce, ma abbiamo deciso di dedicarci solo ai capolavori italiani e a qualche divagazione straniera. Cito qualche autore in ordine sparso: Giotto, Caravaggio (Eros), Mantegna (Presentazione di Gesù al tempio), Botticelli (Venere), Lippi, Tiziano, Tiepolo, Canaletto e molti veneti. Ci fermiano quando ci sta venendo la sindrome di Stendhal: i capolavori sono troppi e ci procurano le vertigini. Cerchiamo una boccata di ossigeno e la troviamo nel Dorotheenfriedhof, dove ripetiamo la tappa di un tempo per rendere omaggio ai grandi che qui vi riposano e le cui opere hanno contribuito alla nostra formazione: Brecht con la moglie Helene, Heinrich Mann, Fichte, Hegel e molti altri. Proseguiamo poi la passeggiata nel quartiere di Scheunerviertel passando accanto alla Neue Synagoge, distrutta dai nazisti nella Notte dei cristalli e poi rasa al suolo nella II. Guerra mondiale, la cui cupola dorata è ben visibile nel panorama dall’alto. Siamo nella Berlino Est, dove ancora convivono edifici fatiscenti e palazzi rimessi a nuovo; questa è una zona vivace soprattutto di sera con molti luoghi di ritrovo e locali etnici. Visitiamo delle corti interne con palazzi interessanti ricoperti di piastrelle decorate e numerosi locali dove passare la serata. Ceniamo in un locale accogliente, molto tranquillo e familiare poco lontano da Alexanderplatz. Sulla via del rientro in hotel entriamo nel Nikolaiviertel, dominato da una bella chiesa in mattoni e da un’imponente statua di S. Giorgio e il drago. È una zona molto romantica, soprattutto da visitare di sera, piena di ristoranti tipici affacciati sulla Sprea, che servono a tutte le ore Eisbein mit Sauerkraut (zampetto di maiale e crauti), innaffiato da una Berliner .
Sabato 4 agosto Ci portiamo a Charlottenburg con la U-Bahn e poi prendiamo il bus perché il tratto di strada che separa la fermata della metropolitana dal castello non è poi così breve e noi dobbiamo risparmiare le energie ed i piedi. Charlottenburg è una graziosa costruzione barocca, ma qui ci dedichiamo soprattutto alla visita dei giardini che spaziano sul retro e passeggiamo nell’ampio parco all’italiana, curatissimo e geometrico nella prima parte, che lascia posto sullo sfondo ad una vegetazione più selvaggia, com’è tipico del parco all’inglese. Usciamo dalla porta sul retro per riprendere il bus fino a Ku-damm, che era il cuore della Berlino occidentale. È ancora tutto un susseguirsi di negozi di grandi firme, ma c’è un che di spento, come di chi abbia perso il fascino di un tempo rispetto al dinamismo delle zone più trendy dell’est. Rivediamo quindi il simbolo di Berlino per antonomasia: la Gedaechtniskirche, con il suo moncone di campanile ed i ruderi rimasti intatti dai bombardamenti della guerra. Nell’atrio adibito anche a book-shop si ammirano ancora dei bei mosaici dell’800 e la suggestiva croce di Coventry, fatta con due semplici chiodi incrociati e recuperati tra le macerie dell’abbazia inglese che ha subito la stessa sorte. Non manchiamo di entrare anche nell’attigua chiesa ricostruita nel 1961 e tanto contestata per la sua forma a cubo di cemento, insignificante dall’esterno ma che a noi piace all’interno con la luce azzurro cupo delle vetrate e quel Cristo scheletrico a braccia allargate inconsistente e come sospeso. Un luogo di raccoglimento che invita fortemente alla riflessione ed un monito all’umanità contro ogni guerra. Essendo così vicino, io non manco una capatina al KadeWe (Kaufhaus des Westen), “il più grande magazzino di beni di consumo di livello medio-alto di tutta la Germania” – c’informa un cartello –, scorro veloce tutti i piani e mi fermo incantata al sesto, quello delle specialità alimentari che da solo merita una visita per la varietà, la qualità e la presentazione dei prodotti. E’ d’obbligo anche una capatina fino all’ultimo piano dov’è sistemato il ristorante self-service che gode di una vista panoramica su Berlino oltre ad offrire specialità culinarie ben curate e senz’altro molto gustose, se l’apparenza non inganna! Nel pomeriggio ci infiliamo ancora in un museo e stavolta è l’Alte Nationalgalerie, lo scrigno della pittura tedesca che percorriamo velocemente per la scarsa competenza in materia ma almeno mentalmente ripassiamo i nomi dei grandi filoni dell’arte d’oltralpe: i Nazareni, il Biedermeier, il Romanticismo con Friedrich, la Secessione con Liebermann e il classicismo con Schinkel. C’è anche un Segantini di grandi dimensioni e di soggetto funereo: una bara trainata da un carro campeggia al centro di una scena di commiato che ha come sfondo l’inconfondibile scenario innevato delle Alpi. Il vero movente che ci aveva portato fin qui era di vedere dal vivo “L’isola dei morti” di Boeckling, ma rimaniamo delusi quando il custode ci informa che è in mostra a Monaco. Ci tiriamo su il morale con una bella carrellata dei “soliti” impressionisti: Renoir, Cezanne, Monet, Manet e altri grandi come Gauguin e Van Gogh. Poi, con il bus, raggiungo velocemente Alexanderplatz, che non mi entusiasma affatto: sarà per i lavori in corso o per la gente che vi bivacca, la piazza ha ora un aspetto squallido e di degrado, che contrasta col ricordo che ne avevo. Con la nostra carta dei trasporti raggiungiamo in serata Koepenick, una circoscrizione ad est di Berlino, affacciata sul lago. È un posto molto tranquillo immerso nel verde, un’area rilassante nei dintorni di Berlino ed una piacevole fuga dalla metropoli invasa d’estate dai turisti. Ci rilassiamo nei giardini del bel castello barocco affacciato sul lago, dove è in corso una festa di matrimonio con tanto di lancio di palloncini rossi a cui è affidato un messaggio augurale. Simpatica tradizione che ci fa stare un bel po’ col naso all’insù per seguire nel cielo le mirabolanti acrobazie dei tanti puntini rossi che pian piano svaniscono. Ceniamo poi in un ristorantino sul lago che assicura autentica cucina berlinese; ci infiliamo qui perché il paese non offre nulla di meglio, i locali aperti sono pochi. Ma la scelta si rivela infelice, perché il locale dà impressione di scarsa pulizia e il cibo a base di arringhe affumicate e patate ci risulta alquanto disgustoso, oltre alla scortesia di un cameriere biondo ossigenato che ci fa sentire ospiti sgraditi.
Domenica 5 agosto Incontriamo degli amici di passaggio a Berlino e con loro visitiamo il Museo Egizio, ora nell’Altes Museum, dove spicca fra tutte la testa di Nefertari, da sempre vista nei testi di scuola. Lo stesso edificio, progettato da Schinkel, conserva anche le raccolte greche e romane, tra cui la famosa testa di Pericle e il mosaico della villa di Adriano. Passiamo poi al Pergamonmuseum, dove grazie alla Museen Karte evitiamo ancora una volta la lunga fila . Il Pergamon è super affollato e, per quanto le sale siano ampie, è privo di aria condizionata e manca veramente il respiro per cui ci limitiamo ad una visita frettolosa delle opere più importanti. Qui sono state trasferite le raccolte che man mano provenivano dalle varie spedizioni archeologiche tedesche della fine dell’800. I capolavori che restano più impressi sono ovviamente l’altare di Pergamo, la porta Ishtar di Babilonia e la porta del mercato di Mileto, ora purtroppo in fase di restauro. Dedichiamo anche questo pomeriggio ad un’uscita “fuori porta” e partiamo verso il Wannsee, pure una nota località di villeggiatura dei berlinesi che caricano senza problemi le loro bici nella S-Bahn ed una volta alla meta se ne vanno in libertà per gli innumerevoli percorsi ciclabili a loro riservati. Chissà quando da noi si arriverà a tanto! La zona è verdissima, tutto un susseguirsi di boschi che cancellano quasi la presenza delle case, letteralmente sprofondate nel verde. Qui si vive ancora a stretto contatto con la natura e questo ci sorprende molto perché da noi oramai l’urbanizzazione è diffusa ed ha inghiottito le campagne e le aree alberate che cingevano le nostre città. Approdiamo a Wannsee in un caldo pomeriggio, ma il cielo è limpido e non c’è afa. Un facile sentiero ci conduce all’interno di un bosco per portare un saluto al grande drammaturgo tedesco Heirich von Kleist che qui riposa al di sotto di un semplice cippo, accanto alla sua compagna, alla quale aveva tolto la vita prima di riservare la stessa sorte per sé. Una storia romantica ambientata in un posto ideale di struggente bellezza, peccato solo che sia vera! Poi con il bus che fa il giro del lago andiamo a vedere le ville dei fortunati borghesi e delle celebrità che possiedono queste belle dimore eleganti, mai pacchiane, con giardini che digradano dolcemente sul lago. Ci sono le grandi dinastie degli industriali tedeschi che vantano qui la loro presenza: l’editore Springer o la villa del fondatore della Secessione Max Liebermann (visitabile), ma tra tutte spicca la “Casa della Conferenza di Wansee”, un nome tanto generico per nascondere quanto di più orribile sia mai stato concepito nella storia. È qui infatti che il 20 gennaio 1942 si tenne il famigerato incontro tra gli alti funzionari dei dipartimenti governativi per pianificare l’eliminazione in massa di 11 milioni di ebrei, il tutto coordinato dalle due menti nefaste di Eichmann ed Heydrich. La casa ora è un luogo della memoria e centro di documentazione a cui si accede suonando il campanello, perché ogni visitatore è videosorvegliato. Non è certo una visita piacevole e sembra che aleggi tuttora un qualche fluido del maleficio mentre sei dentro a quei muri che hanno sentito e visto tanta perfidia umana e folle lucidità. Basta scorgere i documenti riprodotti nelle bacheche per rendersi conto che tutto era programmato con meticolosità e perfezione al punto di far apparire coerente la mostruosità di uno sterminio di tale portata. La villa di per sé molto bella e raffinata in stile neoclassico, appartenuta ad un industriale che l’aveva poi venduta alle SS, potrebbe essere la piacevole meta di una passeggiata, ma qui tutto ti impedisce di sentirti felice. Tanto per concludere la giornata nella stessa sintonia d’animo facciamo l’ultima visita al Monumento all’Olocausto inaugurato due anni fa nell’area della Brandeburger Tor. Opera discussa dell’architetto Eisenmann, agli onori della cronaca proprio in questi giorni perché i grandi cubi grigi, delle più svariate dimensioni, presentano in molti punti crepe che si prestano ad infiltrazioni d’acqua con conseguente sbriciolamento dei manufatti. Avviarsi tra questi stretti viali fiancheggiati da pareti grigie che diventano sempre più alte, in un labirinto di vicoli spesso senza uscita che ti fanno ripiegare per altri percorsi fa nascere un senso di sgomento e di angoscia che, se era nell’intento dell’artista che l’ha ideato, ha fatto pienamente centro.
Lunedì 6 agosto Rientiamo con la S-Bahn e bus fino all’aeroporto di Tegel rifacendo il percorso all’inverso. Com’è volato il tempo, quante cose abbiamo visto e quante inaspettate emozioni. Salutiamo Berlino e le diamo appuntamento per un confronto tra altri dieci anni incitandola nel frattempo anche noi con il motto: Es lebe Berlin!