Canada: due coste, un solo amore

Canada: due coste, un solo amore Questo è il racconto di un viaggio compiuto nell’estate 2005 e strutturato in tre parti: -la prima, di una settimana, è costituita da un tour con accompagnatore attraverso la costa Est, con partenza da Montreal ed arrivo a Toronto; -la seconda, di sei giorni, è costituita da un lungo percorso self drive...
Scritto da: egbedi
canada: due coste, un solo amore
Partenza il: 30/07/2005
Ritorno il: 16/08/2005
Viaggiatori: in coppia
Canada: due coste, un solo amore Questo è il racconto di un viaggio compiuto nell’estate 2005 e strutturato in tre parti: -la prima, di una settimana, è costituita da un tour con accompagnatore attraverso la costa Est, con partenza da Montreal ed arrivo a Toronto; -la seconda, di sei giorni, è costituita da un lungo percorso self drive attraverso la costa Ovest, con partenza da Calgary ed arrivo a Vancouver; -la terza, di tre giorni, è caratterizzata dal soggiorno a Vancouver, con escursione a Victoria.

Sabato 30 luglio Milano – Londra –Montreal Abbiamo comperato su Internet tutti i voli, anche perché il tour operator voleva 1.700 euro e noi abbiamo trovato l’andata e ritorno a 1.300. Non è comunque certamente regalato.

British Airways ci fa partire da Malpensa alle 12, si fa scalo a Londra (lunga fila per i controlli, ma massima celerità possibile nonostante i recenti attentati) e poi si riparte per Montreal. Cibo discreto sia sul primo che sul secondo volo e che rimpiangeremo al ritorno, come vedremo a suo tempo… Arrivati a Montreal, abbiamo subito un assaggio della multietnicità canadese: l’autista che è venuto a prenderci è romeno, anche se da dieci anni abita a Montreal. Il nostro chauffeur dei Carpazi è peraltro bravissimo, perché riesce a destreggiarsi in un traffico del tutto caotico. Scopriremo poi che le città canadesi, in genere, sembrano abbastanza scorrevoli, almeno per chi è abituato all’Italia, ma questa sera ci sono i fuochi d’artificio. Siamo comunque troppo stanchi per vederli e ci ritiriamo subito nella nostra stanza all’ hotel Delta Centreville.

Si tratta di un albergo decisamente piacevole e piuttosto grande; la nostra stanza è bella, un po’ troppo fredda al nostro arrivo perché l’aria condizionata è in stile americano. In compenso, la vista su Montreal dalla nostra finestra è eccezionale.

Oggi è il penultimo giorno dei campionati mondiali di nuoto e in albergo alloggiano molti atleti.

Domenica 31 luglio Montreal Dopo una ottima colazione a buffet nel piacevole ristorante del Delta Centreville, è tempo di iniziare le visite! Facciamo la conoscenza con la nostra guida Anna Maria: è una ragazza canadese, figlia di italiani emigrati e, scopriremo poi, ha una vena dialettica pressoché inesauribile oltre che capacità organizzative non trascurabili.

Oggi abbiamo al mattino il tour della città con la guida, al pomeriggio gireremo da soli.

Il giro è decisamente interessante ma sproporzionato: due ore al villaggio Mohawk sono un clamoroso infortunio del tour operator: prima, tre birrosi individui con qualche piuma si dimenano in una sedicente danza tribale, poi la visita a qualche negozietto non so se solidale ma certamente non equo. Per il resto, la città è graziosa anche se mi delude un po’ la parte sotterranea che è una sorta di galleria commerciale sotto terra: mi aspettavo tutta un’altra cosa.

Al pomeriggio, caldo del tutto sopportabile (a differenza, a quanto ci dicono, di qualche giorno prima) e piacevole camminata per una città che ha molto da offrire.

La cattedrale è davvero splendida, con vetrate coloratissime, persino un po’ troppo scenografica. Mi colpiscono anche le bellissime case di Plateau Mont Royal ed il vivace quartiere Latino.

Per cena andiamo al Restaurant du Vieux Port, prenotato su Internet. 38 dollari (canadesi) per un sottofiletto con una patata lessa. Va bene che siamo in Rue St. Paul ma il prezzo ci pare esagerato, (consideriamo un cambio attorno a 1 dollaro canadese pari a 0,71 euro) anche perché la carne non è niente di che. Scopriremo presto che tra le cose a buon prezzo in Canada non ci sono certamente i ristoranti… Lunedi’ 1 agosto Montreal – Cabane à Pierre – Lac Dèlage E’ una giornata con 500 km di pullman interrotti solo da una visita al “villaggio dei taglialegna”, che è una graziosa costruzione dove si produce (cosi ci dicono) ogni sorta di prodotto con lo sciroppo d’acero.

Lo spettacolo dei taglialegna è invero dilettantistico; in compenso il pranzo è ottimo e abbondante.

Al pomeriggio, facciamo una camminata all’interno del parco Jacques Cartier che si rivela di modesto interesse: è una semplice passeggiata nel bosco, anche se canadese. C’eravamo andati per vedere l’alce ma non se ne è vista neanche l’ombra.

La sera si dorme fuori Quebec City, al Manoir du Lac Dèlage, un hotel di un certo charme sulle rive del lago omonimo. La stanza è grande, con due letti enormi; peccato che non ci sia la vista sul lago.

Cena al meno pretenzioso dei due ristoranti, anche perché l’altro è inavvicinabile: ho preso (fra l’altro…) due squisiti dolci con sciroppo d’acero.

Dopo cena, scopriamo meglio questo hotel che ha indubbiamente del fascino, adagiato come è sulle rive del lago. Purtroppo piove e questo dà un tocco di tristezza, oltre a impedirci di godere la bella piscina scoperta. Peccato per la ridicola sala giochi, che sembra l’oratorio di Kroda.

Martedi’ 2 agosto Lac Dèlage – Jonquière Oggi è la giornata delle Laurentides. Si inizia arrivando nella Riserva naturale, dove tutti i tour operator iniziano la spiegazione dicendo: “A bordo di scuolabus ed equipaggiati di mantellina…”. In sostanza si tratta di attraversare la riserva accompagnati dai ranger. Piove, e percio’ nell’attesa che il tempo migliori, si comincia con una piccola conferenza sull’orso. E’ interessante apprendere che gli orsi in Quebec sono alcune decine di migliaia. Smette di piovere ed è il momento di andare in canoa. E’ divertente navigare su queste imbarcazioni a 10 posti, anche se ogni tanto si incagliano perché il fiume è quasi asciutto: la povera Anna Maria e i ranger devono scendere in acqua (pero’, appunto, ce ne è poca …) per disincagliare la canoa. Il tempo sembra essersi rimesso e ci dà il tempo di fare una passeggiata nel verde quando, appena arrivati all’area picnic, inizia a diluviare. Non ci va cosi’ male, visto che siamo al coperto. Al pomeriggio, il punto forte è l’osservazione dell’orso. A dire il vero, il paragone con i suoi fratelli che scorrazzano felici all’Ovest è improponibile, ma per noi che non avevamo mai osservato gli orsi liberi è comunque divertente ed emozionante. Il problema è che questi orsi sono liberi ma non selvatici, perché ogni giorno vengono richiamati dalle delizie sparpagliate appositamente dai ranger. Curiosa la spiegazione: i supermercati, qui, non buttano le merendine scadute, ma le consegnano ai ranger perché le diano agli orsi! Puntuali, i plantigradi si presentano, per la gioia dei turisti che li osservano da una costruzione di legno posta su una collinetta. Sono comunque timorosi, ed infatti sobbalzano ad ogni rumore improvviso. Grandi foto e filmati ed è tempo di ripartire.

Diciamo che la tendenza-Disneyland si è confermata, tuttavia la giornata è stata egualmente piacevole.

Passeremo la notte all’ Holiday Inn di Jonquière. E’ il classico hotel di transito, un grosso cubo di cemento, l’unico albergo di una qualche importanza di questo paese vicino a Saguenay. La stanza è graziosa, peccato che la costruzione sorga praticamente dentro un parcheggio.

Non c’è da scegliere e l’unico ristorante raggiungibile per cena è Mikes dove mi concedo uno spiedino con patate fritte, una strana insalata “rinforzata” e un curioso dolce al cioccolato. Non male, nel complesso, e comunque gli unici altri esercizi commerciali a portata di mano sono un distributore di benzina ed un supermercato.

Mercoledi’ 3 agosto Jonquière – Québec City Oggi vediamo le balene! Si parte da Tadoussac a bordo di una imbarcazione piuttosto grande (ci sono anche gli Zodiac, ma li proveremo a Vancouver). C’è il sole ma sulla barca fa freddo.

Bisogna tenere ben presente che non siamo in un acquario ma in un fiume, il San Lorenzo, e percio’ le balene sono distanti e se ne vede solo la parte che emerge. Inoltre bisogna andare a cercarle e alla fine ne vediamo due.

Dopo tre ore di navigazione, sbarchiamo e andiamo a pranzo al Manoir Richelieu, uno sfarzoso albergo della catena Fairmont con annesso casino’. Si tratta di un buffet indubbiamente ricco ma piuttosto banale; in compenso l’albergo vale davvero una visita, anche se forse non vorrei starci, perché è veramente un porto di mare, con fiumane di gente dappertutto.

Nel pomeriggio, dopo una sosta alla cascata Montmorency (niente di speciale), si arriva a Québec City.

Siamo fortunati, perché sono i giorni della Fete de la Nouvelle France e la parte vecchia è piena di gente in costume d’epoca.

Il centro storico è animatissimo fino a tardi, allegro, colorato, un po’ fasullo se si vuole ma divertente. Ammiriamo i murales che sono un po’ il simbolo della città, prendiamo la funicolare e ci tuffiamo nei colori (e nella folla!) della parte vecchia.

A Québec City c’è uno dei pochi ristoranti – simbolo del Canada, un paese che è talmente multiculturale anche in cucina da non averne sviluppata una propria: è l’Ancien Canadien, un prestigioso locale con cameriere in costume e ambientazione d’epoca. Prendo i Trois Filets (cervo, bisonte e caribou), 51 dollari per un tris di carni buone ma un po’ mignon. Al conto aggiungono già loro il servizio, bontà loro, almeno non devo fare la fatica di calcolarlo… Pernottiamo all’ Hotel Hilton Québec, un altro cubo di cemento che pero’ ha il pregio di essere a pochi passi dalla parte vecchia; la stanza è graziosa e ha una bella vista.

Giovedi’ 4 agosto Québec City – Ottawa Si preannuncia una giornata lunga e impegnativa, con 450 km di strada per arrivare fino alla capitale.

Iniziamo con un altro giro della città vecchia che ci conferma l’impressione della sera precedente: una bomboniera, racchiusa da bellissime mura originali, con il tocco in piu’ della gente in costume (alle 9 del mattino!).

Alle 11 partiamo alla volta di Ottawa.

A pranzo ci fermiamo lungo il percorso alla fattoria “La Bisonnière”, un allevamento di bisonti curato da una giovane coppia di coniugi. Curiosa la loro storia: avevano entrambi altri lavori “cittadini”, ma li hanno lasciati per mettersi ad allevare gli enormi bovini.

Oltre ad una visita all’interno del recinto degli animali, a bordo di un curioso veicolo aperto tirato da un trattore, c’è un ottimo buffet tutto a base di bisonte.

Nel primo pomeriggio ripartiamo verso Ottawa dove arriviamo verso le 18.

Un breve giro in bus e sbarchiamo piu’ o meno trionfalmente al Novotel Ottawa. L’albergo sembra inferiore ai suoi predecessori, la hall è bruttina e gli ascensori pochi e sovraffollati.

Un particolare: nemmeno qui c’è un computer con connessione a Internet a disposizione, invariabilmente se chiedi ti rispondono mostrandoti un cavo per collegare il portatile. Mi domando: ma tutti i turisti (perché questi sono hotel frequentati in gran parte da turisti) viaggiano col computer portatile? Gli Internet Point sono, almeno nelle città viste finora, pochini e solo stamattina ne ho trovato uno a Québec City.

Per cena andiamo al Byward Market che è un po’ il cuore del passeggio serale. Roberta ha prenotato via Internet il ristorante Fish Market e non ha sbagliato perché è strapieno.

Prendo il Salmon & salmon, una coppa con due salmoni, uno affumicato e l’altro no, serviti con riso e verdure. Niente di eccezionale, ma il locale è davvero bello, la carta assai ampia e la serata certamente piacevole.

Venerdi’ 5 agosto Ottawa – Toronto Si inizia con un giro a piedi, forzatamente ristretto, della capitale: il Parlamento, il canale Rideau, qualche via. Alle 11 c’è il cambio della guardia, sulla spianata di fronte al Parlamento: divertente, tanta gente e l’impressione di un sottilissimo velo di autoironia. Alla fine si presenta anche una giubba rossa per farsi fotografare.

Si riparte per fermarsi a Brockville, dove parte la crociera delle Mille Isole. E’ uno dei piu’ bei momenti dell’intero viaggio, con splendida vista su queste isolette microscopiche fornite di piccola casa, raggiungibili (ovviamente) in barca d’estate e in motoslitta d’inverno. Stupendo il castello costruito dal magnate Bolt, proprietario del Waldhorf Astoria, per sé e la moglie, fornito di casetta per la suocera isolata in mezzo ai flutti.

La gita in barca dura un’ora, certamente ben spesa.

Si riprende alla volta di Toronto dove arriviamo nel tardo pomeriggio. Si sale subito sulla CN Tower, 556 metri per l’edificio piu’ alto del mondo.

Le attrattive principali sono due: l’ascensore che porta in 55 secondi a 355 metri, ed il pavimento di vetro a 346 metri, che consente di camminare nel vuoto sopra lo stadio del baseball. In verità, il tanto decantato vetro è un piccolo spicchio in un normalissimo pavimento di cemento; insomma, un po’ una fregatura.

Dopo un breve giro in bus, arriviamo al Delta Chelsea Hotel, gigantesco albergo vicino a Bay Street. L’hotel è talmente grande da avere varie hall, ma la stanza è umida e il bagno piccolissimo; inoltre l’albergo è davvero eccessivamente grande, tanto da dare un senso di confusione perenne.

Per cena, andiamo da Hys Steakhouse in Adelaide West Street. La New York Steak da 14 oz., servita con bacon e patate, è tenerissima, cotta al punto giusto e il locale è davvero splendido, con un servizio impeccabile: pazienza se costa 53 dollari, per una volta sono ben spesi.

Al ritorno, un giro della Toronto by night, con l’avveniristica City Hall e l’animata Yonge Street, guastato da un caldo umido piuttosto fastidioso.

Sabato 6 agosto Toronto – Niagara Falls – Toronto E’ il giorno delle Niagara Falls e il tempo è straordinario, il che non guasta davvero. Prima di partire, colazione in questo albergo alla Brasserie B33. E’ il caso di dirlo, perché i ristoranti sono molti. Alla fin fine, questo Delta Chelsea è l’unico albergo del tour che ci lascia davvero perplessi: è centrale, ma davvero esagerato, con code agli ascensori (di tre colori, tanto per fare le cose semplici, in base al piano al quale devi andare), situati nelle varie hall.

Alle cascate arriviamo alle 9,30, in tempo per volare sulle Niagara Falls in elicottero: 80 dollari a testa per 10 minuti piacevoli con un po’ di mal di testa per le virate.

Subito dopo c’è l’imbarco sulla Maid of The Mist, (20 minuti di coda per salire, nemmeno troppo) ovvero su una delle imbarcazioni che instancabilmente vanno su e giu’ ogni 15 minuti, conducendo ai piedi delle cascate.

Vestiti con il classico impermeabile azzurro che si vede in tutte le foto, saliamo disciplinatamente in barca e affrontiamo impavidi i 35 minuti di navigazione, assai bagnata per gran parte. Non è il modo migliore di vedere le cascate, ma è comunque divertente.

Infine dopo un ottimo buffet all’Hilton Niagara Falls, con splendida vista indovinate su cosa, ci fermiamo alla Table Rock, una terrazza di fronte alle cascate che si vedono molto meglio che in barca.

L’impressione alla fine è: tutto bello, piu’ la parte canadese di quella americana. In confronto pero’ al fascino di Iguazu’ con il suo parco non c’è paragone; è tutto piu’ “metallico”, in Argentina la pace del verde, qui il consumismo piu’ sfrenato, li’ la turbinosa Garganta del Diablo, qui le ordinate, quasi schematiche Niagara Falls.

Prima di andarcene facciamo un giro per le vie del villaggio di fronte alle cascate: Museo di Dracula, fast food, alberghi a profusione in un delirio consumistico che per la verità è anche divertente.

Al pomeriggio, una sosta a Niagara on the Lake, che nonostante il nome non è proprio vicino alle cascate: piacevole, è una Carmel un pochino piu’ popolare, con negozietti di souvenir di livello diverso rispetto a Niagara Falls. La sera facciamo un’altra passeggiata in Yonge Street: è piu’ presto rispetto a ieri, ma francamente continua a non entusiasmarmi. I negozi sono mediocri e l’atmosfera è alquanto dimessa.

Cena allo Swiss Chalet (perché si chiama cosi’ non lo so): ribs passabili con una marea di salsa BBQ .

Domenica 7 Agosto Toronto – Calgary – Banff Finalmente è tempo di viaggiare da soli! Non ci è dispiaciuto il tour, anzi è stato nel complesso piacevole e ci mancheranno le spiegazioni della guida, precise soprattutto sui temi sociali. Ora pero’ è tempo di fare da soli.

Al mattino, il buffet del Delta Chelsea apre eccezionalmente alle 6,30. Cosi’ facciamo colazione (discreta) e il pullman ci porta in aeroporto. Arriviamo alle 7,30, il volo per Calgary è alle 9,40. Nonostante cio’, e malgrado la prenotazione 3 mesi prima e la riconferma ieri, non ci assegnano il posto: il volo è in overbooking.

Ci preoccupiamo non poco, anche perché abbiamo l’auto prenotata a Calgary. Alla fine, comunque, si parte, pur se siamo proprio nell’ultima fila dell’aereo, un po negletti.

Per di piu’, al check-in, la ragazza della Compagnia attacca gli scontrini-bagaglio sulla parte di biglietto che trattiene lei stessa. Per fortuna, prima che l’aereo parta mi accorgo di non avere piu’ gli scontrini e, avvertendo una hostess, riesco a recuperarli. Sarebbe stato un bel problema non avere i due tagliandi, anche perché quando c’è overbooking capita che ci siano problemi con le valigie.

All’arrivo, comunque, il bagaglio c’è, anche se lo aspettiamo a lungo, e possiamo andare a prendere l’auto.

Abbiamo avuto la bizzarra idea di ritirare l’auto in centro di Calgary e non all’aeroporto, per avere piu’ calma nell’impratichirmi nella guida con il cambio automatico. Poche spiegazioni e 1 metro (!) di esercitazione e si parte con la nostra Pontiac Grand Am.

Per fortuna, imbrocco subito la Transcanada West e in due ore (velocità ridotta, sono apprendista…) siamo a Banff.

All’arrivo splende il sole ed immediatamente decidiamo di andare sulla Banff Gondola, una cabinovia (ogni cabina porta al massimo 4 persone) che conduce sul Monte Sulphur. Da qui, andiamo a piedi al Picco di Sansone (20 minuti), poco sotto i 2400 metri.

La vista è incantevole, con il monte Brewster, il Bow River e l’incantevole Banff dominata dalla mole dell’ennesimo hotel della catena Fairmont.

Una volta scesi, facciamo conoscenza con i nostri ospiti, due italiani (Gianni e Magi) che vivono da molti anni in Canada. Al loro bed & breakfast, Casa Banff, decisamente grazioso, staremo due giorni; abbiamo modificato apposta il tour perché non accettavano una sola notte.

Non è tra i piu’ economici, ma l’abbiamo scelto proprio perché ci sembrava particolarmente carino ed era curioso il fatto di trovare due italiani a Banff.

Dopo le presentazioni di rito, usciamo di nuovo per vedere la Banff Avenue, l’animatissima strada dei negozi: Banff è piccola, si gira tranquillamente a piedi, ma piena di turisti. E’ piacevole passeggiare per le sue vie che hanno nomi d’animale (cervo, alce…) e godersi il sole fino a tardi.

Cena da Keg Steakhouse: fillet steak with caesar salade & mushrooms e Kristo coffee. La carne è tenerissima ma un po’ esigua, la caesar salade è servita da antipasto; il Kristo Coffee ha mezzo litro di Grand Marnier. Servizio gentile, prezzo onesto, locale grazioso.

Lunedi’ 8 agosto 2005 Banff e dintorni Dopo una ottima colazione servita dai nostri gentili ospiti, con deliziosi pancakes cucinati sul momento ed altre squisitezze, si parte.

Vale la pena di ricordare qui che le strade, salvo qualche eccezione, sono ampie, il traffico è assai modesto e viaggiare in auto è del tutto piacevole; bisogna solo fare attenzione a fermarsi ai distributori di benzina, che sono piuttosto infrequenti.

Ormai padrone del mezzo, posso agevolmente condurre Roberta verso il Johnston Canyon, dove inizia una bella passeggiata che conduce ad una graziosa cascata. Chinandosi, si passa sotto un arco di roccia e si puo’ vedere il getto d’acqua standoci praticamente dentro.

Una volta ripartiti alla volta della Bow Valley, ci impressiona sulla strada il Monte Temple, con rocce stratificate di vari colori. Arriviamo ad un luogo difficile da dimenticare: Moraine Lake, uno specchio d’acqua con un colore che è impossibile descrivere. Ci inerpichiamo lungo un breve sentiero che conduce ad un belvedere: da qui c’è una vista perfetta su questa meraviglia, tra il verde e il turchese con sfumature indefinibili. Spunta anche il sole ed è un peccato non potere prendere, per ragioni di tempo, la canoa per fare il giro del lago.

Lasciato il Moraine Lake, ci dirigiamo verso il piu’ famoso dei laghi della zona, il Lake Louise, nel quale si specchia l’impressionante mole dell’Hotel Chateau Lake Louise.

E’ egualmente bello, ma il colore, piu’ lattiginoso, ci lascia meno estasiati del Moraine.

Decidiamo di non prendere la Gondola (leggi: funivia) locale e ripartiamo alla volta del parco Yoho, nel quale entriamo superando il Kicking Horse Pass.

Durante il percorso, ci fermiamo ad un curioso tunnel ferroviario a spirale, costruito nel 1909 per limitare la pendenza della montagna: se sta passando un treno (e quando arriviamo noi, ne passa uno da 134 vagoni!) l’effetto ottico è di vedere due treni al posto di uno.

Dopo avere fatto benzina a Field, ripartiamo verso l’Emerald Lake; prima pero’ attraversiamo un bellissimo ponte naturale scavato nella roccia. Il tempo nel frattempo è splendido, il sole caldissimo (30 gradi, ho comprato il termometro!) e il Lago di Smeraldo mi appare ancora piu’ bello.

Dopo esserci beati per un po’ alla vista del lago, riprendiamo l’auto per dirigerci verso le Takakkaw Falls. Non sono facili da raggiungere, perché bisogna deviare dalla Transcanada e prendere una stradina che si inerpica per 14 km con qualche curva francamente pericolosa. Vale pero’ la pena, perché le cascate sono altissime e splendide: il bianco dell’acqua vorticosa, il verde e marrone della montagna e l’azzurro del cielo limpidissimo compongono un panorama difficile da dimenticare. Dato che la giornata è splendida, decidiamo di percorrere altri chilometri per andare verso il Lago Peyto, anticipando una parte della Promenade des Glaciers che abbiamo messo in programma domani.

Vale davvero la pena di fare un piccolo sacrificio per essere sicuri di vedere con il sole “il lago piu’ verde smeraldo delle Canadian Rockies” come lo definisce la spiegazione (a proposito, in ogni luogo di qualche interesse ci sono tavolette bilingui molto utili).

Anche qui, non posso non ripetermi, vediamo un altro spettacolo difficile da dimenticare.

Certo, bisogna guadagnarselo, perché la strada che vi conduce, dopo il Bow Pass, diventa microscopica e a un certo punto bisogna proseguire a piedi, pero’ lo spettacolo del lago, incastonato in mezzo ai ghiacciai, vale davvero la fatica.

E’ ora di rientrare: appena il tempo di passare a Casa Banff e dobbiamo subito uscire, perché abbiamo prenotato da “Melissa”, una steakhouse storica di Banff, consigliataci anche da Gianni e Magi.

E’ una delusione: la Melissa’s combination (filet mignon, Baby Rib with french fries, caesar salade con peppercorn sauce) non ci convince perchè la carne è dura .Con birra, mancia e tasse il prezzo è di 38 dollari, non moltissimo ma non siamo certo soddisfatti: tanto era stato piacevole Keg’s, tanto è stato deludente il Melissa’s Restaurant. Martedi’ 9 agosto 2005 Banff – Jasper Sveglia alle 7 per approfittare puntualmente dell’ultimo breakfast di Casa Banff. Salutiamo Gianni e Magi e ce ne andiamo.

La prima tappa è il Mistaya Canyon. Si tratta di un canyon abbastanza spettacolare scavato dal fiume Mistaya. Da qui prende il via una passeggiata verso un presunto belvedere: partiamo fiduciosi anche perché non è indicata la distanza, ma dopo un po’ desistiamo. Facciamo bene, perché al ritorno notiamo la targa che indica: “belvedere a 5 km – non si vedrà peraltro molto, ma i camminatori piu’ ardimentosi potranno arrampicarsi verso punti piu’ panoramici” (!!!) Ripartiamo alla volta del pezzo forte della giornata: il ghiacciaio Athabasca.

Di per se’ il luogo è splendido, ma la pubblicizzatissima visita a bordo di una sorta di gatto delle nevi ci delude un po’: da un lato il luogo è strapieno, dall’altro il ghiacciaio, camminandoci sopra, non è cosi’ bianco come sembra da sotto. Inoltre, sembra di violentarne la maestà con questa passeggiata, è una sensazione che avevo già provato in analoga circostanza al Perito Moreno.

Comunque siamo stati davvero fortunati, sul ghiacciaio splendeva il sole e questo è stato di grande importanza.

Ripresa la nostra Pontiac Grand Am, ci dirigiamo verso le Sunwapta Falls. Sono delle graziose cascate, dove, Roberta l’ha letto nelle guide, si possono vedere gli orsi.

La cascata è bella, ma di orsi neanche l’ombra. Rimarremo solo con la vista degli orsi attirati dalle merende scadute? No!!! E infatti, qualche chilometro dopo, vediamo delle auto ferme lungo l’autostrada: ben 3 orsi sono intenti a cercare cibo a fianco della strada, bersagliati dai flash e dalle telecamere che peraltro non degnano di alcuna attenzione. Se ne stanno li’ un bel po’ ed è uno spettacolo davvero entusiasmante. Questi si’ che sono selvaggi, il Canada ci ha finalmente mostrato il suo animale piu’ tipico.

Ripartiamo alla volta delle Athabasca Falls, piacevoli cascate che si possono osservare su due passerelle poste a differenti livelli. Qui accade davvero una cosa pazzesca: improvvisamente una turba di persone fugge dalla passerella piu’ alta, inseguita da un orso. E’ una scena divertentissima, soprattutto perché l’orso, ad un certo punto, fa dietrofront inseguito a sua volta dai turisti.

L’orso fugge nel bosco, peccato che Roberta non sia riuscita a riprendere la scena perché è stata davvero incredibile.

E’ ora di dirigerci verso Jasper, e già che ci siamo vediamo un altro orso intento a mangiare a lato della strada. Arrivati a destinazione, osserviamo un branco di animali che ci paiono cervi fino a che non arriva una macchina della polizia con tanto di lampeggiante. Trovandoci di fronte all’autorità costituita e temendo chissà quali reprimende, ripartiamo; vediamo poi che il poliziotto inseguiva un’altra auto che ha fatto fermare.

E’ tempo di arrivare a Jasper, dove alloggeremo al bed & breakfast Mountain Memories della sig.Ra Gloria, che al risibile prezzo di 65 $ ci da il bed e una macchina da caffè per il breakfast. Non ci sono i pancakes di Banff ma il prezzo è conveniente e la stanza è graziosa. La sig.Ra Gloria, che di mestiere fa la “marriage commissioner”, è gentile e casa sua dispone di un parcheggio proprio di fronte.

Usciamo subito per percorrere le via piu’ interessanti, ovvero Connaught Drive e Patricia Drive. I negozi sono forse meno pretenziosi di quelli di Banff ma le case sono decisamente particolari, praticamente delle piccole bomboniere colorate o delle case di Barbie se preferite.

Per cena scegliamo Karouzo’s, una steakhouse che serve anche pasta e pizza. Oso, udite udite, tentare la combinazione Ribs + pasta alla carbonara. Le ribs sono deliziose, tenerissime (Melissa, impara…), la pasta è (ma l’avevo messo in conto…) per vecchi sdentati.

Curioso il dessert: la cameriera porta un enorme vassoio con 6 fette di torte coloratissime da scegliere. Roberta mangia una torta al cioccolato niente male. Nell’insieme un buon indirizzo, la pasta me la sono voluta! Mercoledi’ 10 agosto 2005 Jasper – Lake Louise Oggi, ahinoi, il tempo è brutto.

Lasciamo Jasper dopo avere corrisposto i dovuti, economici 65 $ alla sig.Ra Gloria e avere scoperto che sua madre era italiana e ci dirigiamo verso il Maligne Lake.

Con i bed and breakfast abbiamo finito: è stata un’esperienza piacevole, abbiamo risparmiato qualcosa e alla fin fine non rimpiangiamo nulla, anche se, personalmente, non è che ami molto ritrovarmi a casa di persone sconosciute.

La prima sosta è al Maligne Canyon, ove l’acqua del Maligne River ha scavato nel corso dei secoli una gola davvero spettacolare. Il tempo è uggioso, ma non toglie nulla al fascino del luogo anzi forse l’aumenta. Dopo qualche foto e una breve passeggiata, ci dirigiamo verso il Maligne Lake.

Siamo in dubbio se fare la navigazione sul lago, ma decidiamo di si’ e tutto sommato è una buona idea: 1 h e mezza di gita alquanto onerosa ($ 37,45 a testa) ma piacevole con una sosta alla Spirit Island dove il colore del lago è, malgrado il tempo, di un verde intensissimo.

Finora, comunque, del tempo non possiamo lamentarci e, del resto, Maligne Lake non è certo conosciuto come luogo di cieli azzurri.

Ripartiamo verso Lake Louise sotto la pioggia e per tutti i 350 km di strada il tempo non migliora.

Nel primo pomeriggio arriviamo al Lake Louise Inn: si tratta di un grazioso albergo di ottimo livello; anche la stanza assegnataci è piu’ che buona, tenendo anche conto del costo: 224 $ + tasse non sono una rapina per una località cosi’ nota.

Per cena non possiamo che scegliere il ristorante dell’albergo, perché Lake Louise, è il caso di dirlo, praticamente non esiste come paese ed è costituito unicamente da qualche albergo e, appunto, dal lago.

Il Lake Louise Inn ha due ristoranti: scegliamo il Legends, preferendolo al Timberwolf Pizza § pasta. La scelta non è motivata dal fatto che il prescelto sia piu’ bello, ma dal fatto che, ovviamente, in Canada si ha piu’ fiducia in una T-bone steak che in una pizza margherita.

Scelgo escargots di antipasto e New York steak: lumache buone ma 6 di numero, carne discreta ma con contorno miserrimo. Attesa un po’ lunga, cena discreta. Conto accompagnato da 3 caramelle, peccato che una sia una carta vuota.

Nel complesso comunque il giudizio sull’albergo è buono: è un vero e proprio resort, con vari buildings separati, ben strutturato ed il personale è gentile. Peccato per qualche particolare: ad esempio la macchina per il ghiaccio e quella delle bibite del nostro padiglione sono rotte. In compenso campeggia una scritta “Sono funzionanti al building 4”, che pero’ è parecchio lontano e per un posto dove piove sempre…

Giovedi’ 11 agosto 2005 Lake Louise – Cache Creek Dopo una prima colazione a buffet discreta (14 $ a testa aggiuntivi), si riparte.

E il giorno del lungo trasferimento che ci porterà da Lake Louise a Cache Creek. In due giorni faremo piu’ di 900 km, per arrivare a Vancouver e restituire l’auto.

Il pezzo forte di oggi è costituito dalla visita al Rifugio del Grizzly a Golden. Per il vero, non sappiamo con esattezza cosa sia, ma è chiaro che non è uno zoo.

Scopriamo che è il posto dove sono stati portati tre anni fa due grizzly orfani, Cary e Boo, che vivevano in una grande parte di montagna. Purtroppo bisogna parlare al passato, perché l’anno scorso Cary si è presa una infezione intestinale ed è morta. Boo sembra non averne risentito, anche per l’enorme spazio a sua disposizione. Purtroppo lo spazio è certamente una bellissima cosa per l’orso, ma non per i visitatori che spesso non lo vedono. A noi, per la verità, Boo aveva deciso di mostrarsi, ma quando è arrivato dalle parti nostre eravamo ancora dentro al Visitors Centre a guardare i depliant; nel momento in cui siamo arrivati Boo è corso via (offeso?!). Roberta ha voluto fare anche la visita successiva (le spiegazioni della guida durano 45 minuti mentre i turisti aguzzano la vista per vedere l’orso) ma Boo era evidentemente nella parte alta della enorme fetta di montagna recintata a lui riservata e non si è visto.

La gita non è stata comunque del tutto negativa, se non altro perché c’era uno splendido sole e perché per arrivare al Rifugio si prende una graziosa seggiovia.

Verso le 12,30 siamo ripartiti verso la nostra meta. Di solito, i turisti (e soprattutto i tour organizzati) fanno tappa a Kamloops che è 80 km prima di Cache Creek. Gli alberghi erano pero’ troppo cari e cosi’ abbiamo scelto questa cittadina ed il suo American Desert Inn. E’ un vero, classico motel, con le macchine parcheggiate davanti alle stanze ed una graziosa piccola piscina. Non ne approfittiamo, anche perché i quasi 600 km ci hanno stancato parecchio e prendiamo subito possesso della nostra 306, una stanza niente male, con un enorme frigo, il forno a microonde e il non trascurabile pregio di costare solo 75 $.

Cena al Wander Inn Restaurant, un ristorante non certo affollato di fronte all’albergo. Sirloin 8 oz. Con fries e garden salade, niente di speciale. Poca spesa ma locale (prevedibilmente) modesto e anche piuttosto triste; la cosa migliore è il grande televisore sintonizzato su Agassi e Kiefer in campo a Toronto.

Venerdi’ 12 agosto 2005 Cache Creek – Vancouver Al mattino il Wander Inn si trasforma e diventa Rado Cafè. Offre breakfast a buffet con yogurt, pane tostato, marmellata, brioche varie, frutta e caffè o tè all’incredibile prezzo di $ 6,25 ovvero 4,5 euro.

Oggi concluderemo il nostro tour in auto raggiungendo Vancouver.

La prima delle soste in programma lungo il percorso è deludente: si tratta di Hell’s Gate, ovvero la funivia sopra il Fraser River, dove si dovrebbero vedere i salmoni che risalgono il fiume. Di pesci non c’è neanche l’ombra, in compenso c’è un orrendo villaggetto con 4 negozi stantii e niente altro.

La seconda fermata è piacevole: a 50 km da Vancouver c’è Fort Langley, dove è stato ricavato un villaggio del 1927. Non si deve pensare a Disneyland: il luogo è pubblico (National Historic Site) e i figuranti sono decisamente austeri. La ricostruzione è interessante e l’atmosfera deliziosamente old style.

E’ tempo di raggiungere Vancouver: non è facile azzeccare l’uscita giusta, visto che i cartelli non segnalano Downtown ma solamente Taylor Street, che sarebbe come indicare il vicolo che porta allo stadio anziché il Maracanà. Comunque, arriviamo in centro, restituiamo l’auto e andiamo a piedi (è vicinissimo) al St Regis Hotel.

E’ un albergo due stelle, con una buona posizione e un prezzo (su Internet) abbordabile.

La stanza è nelle nostre aspettative, ovvero non eccezionale. C’è la colazione inclusa, ma non siamo granchè fiduciosi.

Prima di cena facciamo un giro nel quartiere cinese: i negozi sono ormai chiusi e francamente il luogo non ha nessuna attrattiva.

Peggio ancora è la via che collega il quartiere cinese con Gastown, ovvero la zona turistica : alberghetti davvero squallidi con una marea di sbandati, drogati, ubriachi buttati dovunque.

E questa sarebbe la deliziosa cittadina sul mare che puo’ fare concorrenza a San Francisco?! Piuttosto sconcertati, ci dirigiamo verso il ristorante che abbiamo prenotato via Internet: è Joe Fortes, posto nella centralissima Robson Street. Il locale è decisamente elegante e per nulla turistico. Prendo una delle ultime New York Steak con pommes frites: 47 $ grazie alla rapina legalizzata di 7,5 $ per un acqua San Pellegrino. In compenso la carne è davvero ottima.

Stupisce un po’ che in un ristorante di un certo livello ci sia un baccano come alla prima comunione del cuginetto Carmelo, pero’, a parte questo, tutto bene.

Sabato 13 agosto 2005 Vancouver Il buffet di colazione del St Regis Hotel è davvero mediocre, ma non puo’ non essere menzionato per un aspetto incredibile: si svolge in uno stanzino lillipuziano, molto piu’ piccolo di una camera dell’albergo. Scopriremo poi che lo scopo è che la gente prenda cio’ che vuole col vassoio e lo porti in camera, ma non siamo gli unici a non saperlo, se è vero che parecchia gente è letteralmente inscatolata nello stanzino.

Oggi giriamo Vancouver, che conferma l’impressione di ieri: alcune parti sono graziose ma la città è letteralmente assediata da un numero esponenziale di barboni (non pericolosi, peraltro) e anche zone vicinissime a quelle piu’ eleganti sono degradate.

Ci ricordiamo le parole di Anna Maria nella prima settimana: Vancouver è la città piu’ cara del Canada, e sicuramente questo influisce molto.

Dopo avere fatto un giro nella zona del porto, per vedere la Canadian Place, bizzarra costruzione a vela che oggi ospita ristoranti, un albergo ed un centro congressi, prendiamo il Seabus.

Grazie a questa grande imbarcazione coperta, arriviamo nella parte nord di Vancouver.

Successivamente, andiamo a visitare l’isola di Granville, assai graziosa col suo porticciolo animatissimo.

Saliamo poi sulla torre dell’Harbour Centre, che ci piace di piu’ di quella iperpubblicizzata di Toronto: forse dipende dal panorama che è decisamente piu’ bello.

Verso mezzogiorno percorriamo le vie di Gastown, in particolare Water Street con il suo strafamoso orologio a vapore.

Dopo un pranzo con un ottimo burger with fries da Deighton’s Well (12 miserrimi dollari, un ottimo indirizzo nel centro di Gastown), ritorniamo in centro per vedere Robson Street, la via elegante (ma solo a partire da Howe Street) della città: bei negozi, bella gente ma anche tantissimi sbandati a fare da stridente contrasto.

Dopo un’occhiata a Robson Square, posta su vari livelli con troneggiante fontana centrale, si va a cena da Milestone’s, al 1145 di Robson Street. E’ un locale elegante, molto giovanilistico (il baccano è piu’ giustificato di ieri). Intendiamoci: elegante è il posto, non gli avventori. Non usa, infatti, in Canada mettersi particolarmente in tiro per cena e questo vale soprattutto per gli uomini. Io prendo l’Hawaian Grilled Top Sirloin and Giant Black Prawn, una curiosa combinazione carne-pesce ben riuscita, servita con patatine e vegetables.

Concludiamo la serata tornando (è gratis, se lo si fa nella stessa giornata) sulla torre per vedere dall’alto Vancouver by night: piacevole, molte luci pur se varie parti non sono illuminate ( lo stadio, ad esempio).

E’ tempo di tornare al St Regis: domani dobbiamo svegliarci presto perché è il giorno di Victoria.

Domenica 14 agosto 2005 Vancouver – Victoria – Vancouver Oggi la sveglia suona alle 5,45: abbiamo prenotato via Internet dall’Italia una gita di una intera giornata a Victoria con la West Coast Sightseeing. Il pullman passa puntualmente alle 7 (e vorrei vedere, visto che ho ancora confermato ieri per telefono…) e ci porta all’imbarco del ferry che in poco meno di due ore di navigazione ci condurrà a Victoria, ovvero alla Vancouver Island.

La giornata è meravigliosa e la traversata dello stretto di Georgia è decisamente suggestiva.

Arrivati a Victoria, ci rechiamo a “The Butchart Gardens”. E’ l’insieme di 4 giardini : il primo che vistiamo è probabilmente il piu’ bello, ovvero il Sunken Garden. Ricavato da una cava dismessa, è una splendida macchia di colori visibile anche dall’alto.

Camminando in mezzo ai sentieri, giungiamo agli altri 3 giardini: italiano, giapponese ed il giardino delle rose. Le 2 ore passate in questo incantevole luogo a circa 20 km da Victoria sono certamente ben spese, anche se non ci resta moltissimo per vedere la città.

Infatti, alle 14 abbiamo l’escursione in Zodiac e quindi il giro città è piuttosto veloce. Percorriamo Governament Street, la via dei negozi. Ammiriamo la deliziosa Bastion Square con edifici del XIX secolo che oggi ospitano boutique e la coloratissima Market Square. Peccato avere avuto poco tempo, perché la città, almeno in questa parte, sembra davvero graziosa e rilassante.

E’ tempo del “whale watching”, l’escursione in gommone con la Great Pacific Adventures. Indossiamo le enormi tute arancio che ci fanno sembrare astronauti e si parte.

In verità, mentre partiamo vediamo un gruppo che ha appena concluso l’escursione e ci sembrano distrutti! Ci preoccupiamo ma a torto perché é davvero divertente saltare velocissimi sulle onde e tutto sommato non patiamo il mal di mare.

Vediamo a varie riprese leoni marini e soprattutto orche, anche vicinissime. In particolare, un’orca fa uno spettacolare salto di fianco alla barca; peccato non essere stato pronto con la foto! La giornata si mantiene splendida anche dal punto di vista meteorologico e c’è ancora un po’ di tempo per vedere l’esterno dell’imponente Parlamento.

Dopo un giro a Beacon Hill Park, per vedere le belle case affacciate sull’oceano, riprendiamo il traghetto e torniamo verso Vancouver. A posteriori, direi che sarebbe stato meglio fermarsi un giorno in piu’ sulla Vancouver Island, che mi è davvero piaciuta, per cio’ che ho visto.

Alle 21, 30 siamo di nuovo in albergo e nel complesso devo dire che i 213 dollari a testa pagati per la gita, che mi erano sembrati parecchi, sono stati ben spesi. Per l’ultima cena canadese, ritorniamo in un locale della catena “Keg’s” in Turlow Street, vicinissimo a Robson Street. E’ l’ultima festa della carne, con un delizioso bleu cheese fillet with french fries.

Lunedi’ 15 agosto Vancouver – Volo per Londra Al mattino, dopo esserci portati in camera la colazione prelevata dopo inenarrabili fatiche dallo sgabuzzino a buffet del St Regis, prendiamo un taxi che ci conduce a Stanley Park.

E’ l’autentico polmone verde di Vancouver e per visitarlo prendiamo il vagoncino trainato da due cavalli con tanto di fanciulla-cocchiere che in un’ora percorre parte del parco.

La passeggiata è piacevole, il panorama sulla baia grazioso e interessante è anche la fermata ai totem realizzati nel 1990 ad imitazione di quelli dei nativi.

Una volta finito il giro semi-equino, ci siamo pero’ accorti che era funzionante anche il pulmino gratuito che secondo le nostre informazioni doveva girare solo nei week-end. E’ un ottimo modo di girare interamente il parco: si puo’ scendere e salire anche varie volte, le fermate sono nei punti piu’ caratteristici ed il passaggio è ogni 15 minuti.

Suggestiva ci è parsa in particolare la fermata che ci ha consentito di raggiungere, con una bella passeggiata nel bosco, Beaver Lake. E’ uno specchio d’acqua ricoperto di ninfee bianche, rosa e rosse, che ispira un senso di pace assoluta.

Sempre con il pulmino siamo poi giunti nella zona delle spiagge: qui c’era (a English Bay) tanto di bagnino appollaiato su sedia altissima ma il bagno lo facevano in pochissimi. E’ certamente da menzionare la bellissima piscina tondeggiante che si affaccia sull’oceano situata presso la Second Beach, molto frequentata e alquanto scenografica.

E’ quasi ora di rientrare, e questa volta definitivamente: c’è tempo di tornare a Gastown ed unirci a una piccola folla che assiste alla sbuffata dell’orologio a vapore. Roberta compra due girandole in un curiosissimo emporio (“Kites on Clouds” al 131 di Water Street) che vende solo aquiloni ed oggetti che si muovono con l’aria e conclude gli acquisti, rientrando in albergo, con qualche delizia al “Canadian Maple Delights” di Hornby Street, il paradiso per gli amanti dello sciroppo d’acero.

Col taxi ci dirigiamo verso l’aeroporto, dove per prima cosa ci dedichiamo alla pratica destinata alla rifusione delle tasse: è infatti possibile chiederne il rimborso per gli hotel e per gli oggetti il cui costo superi i 50 dollari.

Ultimata la pratica presso una società privata che opera in aeroporto (riceveremo i soldi?), andiamo verso il check in. Ci attende una sgradita sorpresa: a Londra c’è sciopero del catering e quindi anche sul volo diretto in Gran Bretagna non c’è servizio. Ci viene dato un buono di 20 dollari a testa per comprare cio’ che desideriamo all’aeroporto e dopo lunghe meditazioni io e Roberta lo spendiamo in due esercizi diversi. Peraltro, al momento di imbarcarci ci viene dato un ulteriore sacchetto che, lo scopriremo poi, contiene 3 merendine e una mela.

Martedi’ 16 agosto Londra – Milano Linate Alle 12,20, in perfetto orario, siamo a Londra.

Non abbiamo mangiato granchè del cibo acquistato a Vancouver e per di piu’ British Airways ci omaggia di un altro sacchetto di cibo. Saliamo sull’aereo con un enorme carico di vivande suscitando l’ilarità delle hostess.

Alle 18 arriviamo a Linate e scopriamo che il trolley di Roberta si è rotto, perché il manico non rientra piu’. Nonostante il mio scetticismo, Roberta decide di fare denuncia subito e fa bene perché una settimana dopo arriverà un trolley nuovo.

Siamo a casa, ma c’è ancora tempo per qualche riflessione finale (del tutto personale!).

IN CONCLUSIONE… Le annotazioni mi vengono disordinatamente e percio’ le elenco senza seguire un filo predeterminato, sperando che qualche spunto possa essere utile.

Abbiamo avuto un ottimo tempo e probabilmente avremmo potuto portare anche indumenti meno pesanti: i maglioni di lana sono rimasti in valigia.

Il Canada è un paese abbastanza costoso: i ristoranti non sono certo economici e in generale il costo della vita è piuttosto elevato. C’è qualche eccezione: la benzina, ad esempio, costa la metà che in Italia.

All’Ovest è certamente opportuno girare da soli: lo spettacolo della natura è tale che viene voglia di fermarsi ogni momento, sia per ammirare laghi o montagne sia per godersi la vista degli animali selvatici. Guidare sulle strade dell’Ovest è facile (se lo dico io, ci potete credere…) e rilassante.

All’Est, premesso che far da soli è sempre meglio, è probabilmente meno rilevante disporre di un auto perché in gran parte l’attrattiva è costituita da città.

Un viaggio di 18 giorni è davvero il minimo per visitare le due coste e ci sarebbe ancora molto da vedere e da vivere.

Per tutto questo, e per vedere il Paese d’inverno e scoprirne davvero un’altra dimensione, ci vorrà un altro viaggio…



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