Borgogna 2010: l’eccellenza si paga!
1° giorno (sabato 11/9/2010) Partenza da Legnano di buon’ora (non così buona quanto sperassi io, ma accettabile). Attraversamento del traforo del Monte Bianco (35 euro a tratta, purtroppo il biglietto di andata e ritorno, molto vantaggioso, va “consumato” entro 7 giorni), discesa su Chamonix che è sempre spettacolare, con il ghiacciaio a portata di mano; quindi il primo intoppo: una coda interminabile sull’autostrada nei pressi di Nantua, causa lavori sul l’ardito viadotto. Dopo un’ora di semi-immobilismo decidiamo di uscire dall’autostrada e proseguire sulla statale, rientrando più avanti. Arriviamo a Bourg-en-Bresse in ritardo e puntiamo subito al Monastero di Brou che però troviamo chiuso per pausa pranzo. In attesa che riapra ci rifocilliamo in un ristorantino proprio davanti all’ingresso (“Au Chalet de Brou”), assaporando il pollo della Bresse declinato in varie combinazioni gastronomiche, tutte gustose, e costose (l’eccellenza si paga…). Apprezziamo comunque il fatto che il piatto venga accompagnato da spiegazioni e corredato persino da un libretto di ricette. La visita del Monastero è interessante, vale senz’altro la pena. Proseguiamo e a Mâcon, superato il ponte sul Saône, entriamo ufficialmente nella regione della Borgogna; a causa del ritardo accumulato, decidiamo di saltare la visita di Berzé la Ville (con i famosi affreschi custoditi nella cappella dei monaci), e puntiamo dritti su Cluny. Bel posto, immerso in una zona notevole dal punto di vista paesaggistico. Non è rimasto molto da vedere della leggendaria abbazia, ma quel poco è assai suggestivo. C’è una specie di festa in corso (“Tutta l’Europa a Cluny”) e la cittadina è animatissima, persino troppo. È ormai tardo pomeriggio, e c’è giusto il tempo per il trasferimento verso Tournus, dove abbiamo prenotato il primo albergo. Il navigatore satellitare ci conduce attraverso stradine immerse in paesaggi idilliaci, tra villaggi fiabeschi, pascoli popolati da placide mucche e scintillanti vigneti. L’albergo (“le Kolibri”) è un po’ fuori città, e la prima impressione non è entusiasmante: di fianco corre l’autostrada, e intorno ci sono solo capannoni industriali. Dopo aver ammirato tanto bellezza, è quasi uno schock. In realtà la struttura è accogliente, le camere sono funzionali e silenziose, e la distanza dal centro è veramente poca (4 minuti in auto); considerando anche l’ottima colazione del mattino successivo, si rivelerà il miglior albergo dal punto di vista del rapporto qualità-prezzo. Alla sera, dopo aver comodamente parcheggiato sul lungofiume, ceniamo in un ristorante del centro (“Le Bourgogne”). Il primo impatto con la cucina borgognona è molto positivo, e anche il conto è più che onesto. 2° giorno (domenica 12/9/2010) Mi alzo presto e scatto alcune foto dell’alba sulla città avvolta nella nebbia che dal fiume sale e avvolge la pianura. Tournus, complice forse la mattinata domenicale, appare tranquilla e sonnacchiosa, una vera oasi di pace popolata da abitanti gentili. La giornata prevede l’attraversamento della Borgogna del sud, con varie tappe. La prima è Brancion (da non confondere con Briançon, città situata nella regione di Rhône-Alpes), borgo medievale ben conservato, dove si visita il castello e l’antica chiesa. Posizione suggestiva, belle case e scorci panoramici. Si lascia la macchina ad un parcheggio a 500 metri dalla porte del villaggio, che si percorre solo a piedi. Breve digressione: dal punto di vista parcheggi, la Borgogna (e, credo di poter dire la Francia in generale) è ben organizzata: le aree di sosta sono numerose, ben posizionate e segnalate adeguatamente, attrezzate spesso con toilette e quadri di orientamento, se non addirittura un centro informazioni. Il tutto per consentire un parcheggio comodo ma al tempo stesso non invasivo dei centri storici. Dopo una breve sosta a Chapaize, altro villaggio abbastanza scenografico con una chiesa sorprendente, giungiamo al castello di Cormatin, dove in attesa che inizi la visita guidata degli interni, ci gustiamo gli splendidi giardini dotati anche di un divertente labirinto. Purtroppo il punto di ristoro all’interno del castello è chiuso, e dal momento che anche bar e ristoranti hanno ormai chiuso la cucina (sono”già” le 13,30…) saltiamo il pranzo. Il castello e la sua storia sono interessanti, e la giovane ragazza che funge da guida è un’ottima intrattenitrice. All’uscita dal castello però ci rendiamo conto che il tempo è cambiato: il bel sole mattutino è stato sostituito da minacciosi nuvoloni neri. Il pomeriggio prevede l’avvicinamento a Beaune tramite una delle tante “strade del vino”, quella che tocca amene località della “Côte de Beaune” meridionale. Purtroppo, dopo una breve sosta a Santenay St-Jean e a Puligny-Montrachet, ci tocca accelerare il passo perché incombe il temporale, ed è un vero peccato perché le strade tra i vigneti carichi d’uva matura sono spettacolari. Arriviamo a Beaune sotto il diluvio, troviamo subito l’albergo, appena fuori dalle mura e posizionato proprio sulla cerchia dei boulevard che circondano il centro storico, che è abbastanza sconsigliato percorrere in auto a causa della strettezza delle strade e della difficoltà di parcheggio. L’albergo (“de la Poste”) è il più quotato (e caro) del viaggio, e forse non merita il “sacrificio” economico: gli extra sono costosissimi, 18 euro per la colazione e 10 al giorno per il parcheggio (quando intorno è pieno di aree di sosta pubbliche e gratuite) sono improponibili, per non parlare del ristorante interno. La posizione è ottima, è vero, ma dello charme che lo dovrebbe contraddistinguere non trovo traccia, se non forse nel vecchio ascensore “a gabbia”, peraltro perennemente guasto. La camera è carina, ma di dimensioni appena sufficienti, e il rumore della strada fastidioso, a meno di non chiudere ermeticamente le finestre. Apprezzabili le cortesie del personale, ma tutto sommato il giudizio sul rapporto qualità-prezzo rimane negativo. Per la cena, altro piccolo problema: è domenica, molti ristoranti sono chiusi e noi non abbiamo prenotato: impossibile trovare posto nei locali che avevamo selezionato tramite le guide, dobbiamo ripiegare su un bistrot a caso del quale certo non serberemo un ricordo indelebile. Andrà meglio nei giorni successivi. 3° giorno (lunedì 13/9/2010) Giornata dedicata alla visita di Dijon. Seguendo il consiglio di un francese incontrato il giorno precedente a Santenay (chi l’ha detto che i francesi non sono cordiali? I soliti luoghi comuni…) decidiamo di andarci in treno da Beaune: il viaggio, su treni comodissimi e puntuali, dura meno di mezzora e si evitano problemi di traffico e di parcheggio. Di contro, non è che sia proprio economico (14 euro a persona A/R). Prima però decidiamo di fare colazione in Place Carnot e, visto che siamo già un po’ in ritardo, ne approfittiamo per visitare l’Hotel Dieu di Beaune che sta aprendo i battenti proprio davanti ai nostri occhi. È un monumento che suscita vera meraviglia, sia all’esterno che all’interno., e infatti è piuttosto affollato di turisti nonostante l’orario. Dopo la visita ci dirigiamo spediti verso la stazione, i treni per Dijon sono frequenti (a cadenza di circa 20 minuti) e dai finestrini riusciamo a intravedere la spettacolare distesa di vigneti della Côte d’Or. Sebbene devastata da imponenti lavori stradali (stanno ammodernando della rete di trasporti con la costruzione di varie linee di metrò leggero), la città appare vivace ma vivibile. Per vedere la maggior parte dei luoghi interessanti basta seguire i percorsi della civetta, ben illustrati sui depliant forniti dall’efficiente Ufficio del Turismo: impossibile perdersi: basta seguire le piastrelle dorate (dove è raffigurata, per l’appunto, una civetta) come Pollicino con le briciole di pane. La Cattedrale e un paio di altre chiese meritano di essere visitate, ma è soprattutto il Palazzo dei Duchi ad attirare l’attenzione, con il bellissimo Museo di Belle Arti e la Tour di Philippe-le-Bon dall’alto della quale si gode un panorama mozzafiato sulla città. In generale Dijon è una città molto piacevole da girare, e riserva continue sorprese e curiosità. Essendo anche la patria del panpepato, della mostarda e del cassis, è notevole anche dal punta di vista gastronomico. Incrociamo spesso la strada con un simpatico e non più giovane turista italiano, originario del lago d’Iseo, che gira la Borgogna in solitaria assaporandone i piaceri con lentezza e serenità. La giornata, caratterizzata da tempo variabile (senza pioggia) volge al termine, ma si chiude degnamente con un’ottima (e costosa) cena al ristorante “Le Conty” di Beaune. Stavolta, dopo l’esperienza del giorno prima, avevamo prenotato per tempo. 4° giorno (martedì 14/9/2010) Dopo la seconda notte trascorsa al “de la Poste” di Beaune, facciamo nuovamente colazione in centro, poi riprendiamo l’auto e ci dirigiamo verso la Côte d’Or, che a nord di Beaune per un tratto si chiama ancora Côte de Beaune, poi prende il nome di Côte de Nuits. Scegliamo di percorrere le stradine che serpeggiano tra i vigneti, piuttosto che la statale, che scorre più a valle. C’è un po’ di traffico perché i vignerons sono indaffarati a controllare i loro preziosi vigneti (la vendemmia sta per iniziare), e ogni tanto bisogna ricorrere a qualche manovra nei passaggi più angusti, ma ne vale davvero la pena. Vitigni di uva Chardonnay (bianca) si alternano a quelli di Pinot Noir. Entrambi forniscono prodotti eccellenti, in certi casi leggendari (e dai prezzi stratosferici). Una bottiglia di vino proveniente dai vigneti più antichi e pregiati (Grand Cru) può costare in bottiglieria dai 100 ai 500 euro, per un 1° Cru si viaggia mediamente intorno ai 50 euro, mentre per un Appellation o un Haute Côte si può scendere fino a 12 euro. Di meno è impossibile. Non so dire se ne vale la pena, noi che amiamo il buon vino ma non siamo certo grandi intenditori, ci siamo limitati a bere un bicchiere a pasto per non uscire clamorosamente dal budget: un vin au verre da 12 cl. Può costare al ristorante dai 5 ai 10 euro, con la brocca di vino della casa (in genere il pichet da 25 cl.) si risparmia qualcosa, ma la qualità non è il massimo, mentre per una bottiglia di un certo prestigio ci si deve rassegnare a spendere cifre importanti, dai 40 euro in su. Il che incide non poco su un conto che parte da una base già sostanziosa, visto che per i menù a prezzo fisso (un entrée, un piatto principale e un dessert o un plateau di formaggi) nei locali di buona fama occorre mettere in preventivo di pagare intorno ai 30-35 euro. D’altra parte nessuno troverà da dire se ci si limita a scegliere alla carta limitandosi a 1-2 portate, riducendo i costi intorno ai 20 euro. D’altra parte i vigneti sono semplicemente spettacolari, adagiati dolcemente sulle colline, disegnano geometrie che sembrano ispirate da un pittore. Un fotografo appassionato di queste forme e di questi colori potrebbe davvero perdere la testa. I paesini sono uno splendido complemento al paesaggio, sebbene ci sia poco di notevole da visitare, è piacevole attraversarli e assaporarne l’operosa serenità. Il posto migliore dove sostare, visita delle cantine a parte, è Clos-de-Vougeot, castello letteralmente immerso nei vigneti, sede della confraternita di Tastevin, che conserva tra l’altro antichi e giganteschi strumenti per la produzione del preziosa nettare. Il miglior posto dove fare acquisti, e magari fermarsi per un pranzo frugale, è invece Nuits-St-George. L’ultima serata a Beaune ci permette di sperimentare un altro ristorante di buon livello, “L’incontournable” ricavato dentro una vecchia cantina: le specialità della casa sono fantasiose e ben cucinate, e lo chef ama intrattenersi con i clienti. Unico aspetto negativo: il vino viene proposto solo “alla bottiglia”, le etichette sono prestigiose ma i prezzi esorbitanti. L’eccellenza si paga, d’accordo, ma qui si esagera un po’. A malincuore, specialmente dopo aver passato la giornata in mezzo alle vigne, pasteggiamo… A tutta birra. 5° giorno (mercoledì 15/9/2010) Dopo tre pernottamenti, lasciamo Beaune sotto un cielo livido che non promette nulla di buono. La giornata infatti si rivelerà la più infausta del viaggio, dal punto di vista meteorologico. Puntiamo subito su Chateauneuf, classificato tra i più bei villaggi di Francia: non c’è molto da visitare, a parte il Castello, ma è bello passeggiare per le strade dove il tempo sembra essersi davvero fermato. Balconi fioriti, muri avvolti nell’edera, finestre e porte che mostrano i segni del tempo senza però apparire trasandate. Tutto molto bello, peccato per la luce cupa che non fa risaltare i dettagli. Proseguiamo verso Semur-en-Auxois dove arriviamo in tarda mattinata, insieme alla pioggia. La cittadina, di chiara impronta medievale, è splendidamente situata, abbracciata dalle sinuose anse dell’Armançon. Purtroppo le condizioni del tempo non permettono di apprezzarne al meglio le potenzialità, e così un po’ delusi riprendiamo la strada nella speranza (vana) che il tempo migliori. La tappa successiva è Flavigny-sur-Ozerain, altro villaggio catalogato nella lista dei più belli di Francia. La campagna intorno è effettivamente meravigliosa, e il paese si staglia romanticamente sulla collina. Ci sono parecchi turisti, che si spingono fin qui per visitare la famosissima fabbrica di bonbon all’anice (e non solo) situata nella vecchia abbazia, e per vedere i luoghi dove venne girato il delizioso film “Chocolat” con Juliette Binoche e Johnny Depp. Riconosco in effetti la chiesa e la bottega, peccato che quest’ultima sia vuota e trascurata, e me ne stupisco un po’. L’ultima sosta prevista è presso l’abbazia di Fontenay, un luogo veramente magico, dove si respira un’aria di spiritualità austera, semplice ma al tempo stesso grandiosa, che colpisce anche un convinto materialista come me. Peccato che adesso piova veramente a dirotto, e anche se questo rende per certi versi la visita ancora più intima e suggestiva, rimane il rimpianto per non aver potuto godere al meglio le bellezze del vasto complesso monastico. Continuiamo ancora il percorso verso nord, e sconfiniamo nella regione della Champagne; il paesaggio non cambia granché rispetto alla Borgogna, almeno in questa zona, ed è tutto un susseguirsi di colline, piccoli villaggi tranquilli e verde, verde ovunque. Arriviamo a Les Riceys, uno dei tanti paesini, dove si trova l’Hotel “Le Marius”, che avevamo scelto come sede di tappa soprattutto per la fama del ristorante adiacente. La camera si rivela per la verità una mezza delusione: ci viene riservata la stanza 11, che una coppia di habituè prima di noi aveva appena rifiutato. In effetti è staccata dal corpo centrale (un’antica dimora ben restaurata, con vista sulla chiesa gotica), è fredda ed umida, e pervasa da un “profumo” poco gradevole. In compenso la stanza è enorme, e la doccia una vera libidine. Il ristorante, poi, si rivela all’altezza della sua fama. Ceniamo per l’ennesima volta a base di specialità locali, e stavolta riusciamo a permetterci anche un bel bicchiere di vino, un raro rosé che è il vanto locale. 6° giorno (giovedì 16/9/2010) Ha smesso di piovere, per fortuna, anche se il tempo è ancora estremamente variabile e nel corso della giornata vedremo più nuvole che sole, siamo di buon umore. La sontuosa colazione di Marius, a base di marmellate artigianali e altre leccornie, alimenta l’ottimismo. La meta di oggi è Troyes, la ragione di questo sconfinamento in Champagne. Le guida la descrivono come una città particolarmente interessante, sebbene ancora trascurata dal turismo di massa. Non possiamo che confermare il giudizio: la città è affascinante, con un tessuto urbano medievale intatto, un numero impressionante di case a graticcio (che io amo particolarmente), e una serie di “gemme” quali le splendide chiese caratterizzate da vetrate da forme e colori stupefacenti. Ma quello che stupisce (favorevolmente) è che la città appare veramente “vissuta” dai suoi abitanti, e ha poco di turistico. Ci capita anche di pranzare in un animatissimo e caratteristico bistro, “Aux Crieurs de Vin”, e di camminare a lungo per le strade avendo l’impressione di essere gli unici turisti, o quasi. Di certo da queste parti si vedono pochissimi italiani. Dopo l’esauriente visita di Troyes, ritorniamo in Borgogna e ci dirigiamo verso Auxerre, nella parte occidentale della regione. Ancora una volta ci capita di attraversare luoghi e di percorrere strade la cui bellezza ci lascia esterrefatti. Davvero difficile stilare una classifica delle zone più panoramiche, la Borgogna non delude mai da questo punto di vista, si può stare sicuri. L’hotel prescelto per questa notte (e per la successiva) è “Le Kyriad” di Appoigny, un paese a pochi chilometri da Auxerre, comodo perché situato nei pressi del nodo autostradale. L’albergo in effetti è in una zona molto tranquilla, e il centro è raggiungibile in pochi minuti, ma il contesto in cui è ubicato è un po’ triste, adatto più ad una clientela d’affari che ad una vacanza. La camera, poi, è davvero minuscola, e anche il bagno fatica a raggiungere il minimo sindacale in fatto di ampiezza e funzionalità. Deponiamo i bagagli e dopo una rapida doccia usciamo di nuovo, fuggendo volentieri da questo luogo. Cerchiamo di prenotare telefonicamente un paio di ristoranti selezionati ad Auxerre, ma è tardi e sono già pieni. Decidiamo allora di puntare su Chablis, dove troviamo posto al ristorante “Le Syracuse”; ci aspetta una cena senza infamia e senza lode, a prezzi contenuti e allietata dalla conoscenza di una coppia inglese (padre e figlia) reduce da una vacanza nelle Marche. Si chiacchiera di tutto un po’, in inglese, francese e italiano, finché il ristoratore comincia a dare segni di nervosismo (sono già le 23, e vuole chiudere…). Il cielo è stellato, fa un freddo cane e siamo un po’ stanchi, ma non ancora stufi di Borgogna. 7° giorno (venerdì 17/9/2010) Raggiungiamo rapidamente il comodissimo (e gratuito) parcheggio “Republique” proprio davanti all’Ufficio del Turismo di Auxerre. Una capatina sulla passerelle pedonale da dove si gode un’ottima vista del centro storico, e si parte lungo un percorso turistico per il quale basta seguire le mattonelle dorate; qui è il Cadet Rousselle a farci da guida, conducendoci prima attraverso il suggestivo quartiere della Marina (lungo lo Yonne) e poi in giro per l’ampio centro storico, passando per l’abbazia di St-Germain e la Cattedrale. Le vie del centro, soprattutto, sono vivaci e colorate, con una presenza di palazzi nobiliari e case a graticcio la cui densità è quasi pari a quella di Troyes. Nella zona della Torre dell’Orologio resterei per ore, in attesa che la luce del sole compia il suo ciclo evidenziando soggetti sempre diversi per foto di grande effetto. Il sole infatti è tornato a splendere, e ciò rende tutto più accattivante. Certo si stenta a credere che questa città così viva conti solo 40.000 abitanti: sembra una capitale! Al tempo stesso però si respira ancora un’atmosfera da villaggio: basti dire che appena fuori dal centro storico improvvisamente ci si trova davanti ad un vigneto enorme, che tuttora produce una qualità di vino pregiatissimo: uno spettacolo! Durante il percorso adocchiamo un ristorante per la sera, prenotiamo (indispensabile!) e terminiamo il percorso, che richiede circa 5 ore. C’è ancora tutto il pomeriggio libero, e allora decidiamo di concederci un’escursione non programmata fino a Tonnerre. Lungo la strada ripassiamo da Chablis (dove eravamo già stati a cena la sera prima), e con la luce riusciamo ad apprezzare meglio il paesaggio, che (viene quasi a noia dirlo…) ancora una volta ci stupisce per la sua bellezza. È questa un’altra zona di vigneti pregiati: il bianco di Chablis rivaleggia con i grandi bianchi della Côte d’Or (anche in termini di prezzi…), e anche il panorama non è da meno. Notiamo che persino in mezzo una rotonda stradale di recente costruzione hanno piantato alcuni filari di vite: qui il vino è veramente sacro! Dopo Chablis i vigneti diventano più rari, e le colline cambiano aspetto: pascoli, boschi, i “soliti” villaggi fioriti… Tonnerre è una cittadina piacevole, con alcune curiosità che vale la pena visitare: una grande vasca situata presso una sorgente, un ospedale dei poveri che ricorda (anzi, ha ispirato) l’architettura di quello di Beaune. C’è fermento, perché nel fine settimana ci sarà una festa medievale, e i preparativi coinvolgono tutta la comunità. Ritorniamo ad Auxerre, approfittiamo del tramonto per scattare ancora qualche suggestiva foto sulla passerelle, e andiamo a cena presto, perché alla sera l’ente turistico ha organizzato una visita guidata notturna per il centro storico della città. La cena a “La P’tite Bersaude” è ottima, ma purtroppo si protrae oltre ogni aspettativa (il servizio rapido non è certo una caratteristica peculiare dei ristoranti francesi) e così l’appuntamento per il tour salta. Ripieghiamo sullo spettacolo di Son et lumière alla Cattedrale, che comincia alle 21,30 (5 euro l’ingresso). Rimaniamo però piuttosto delusi, e dopo mezzora, approfittando del fatto che siamo praticamente gli unici ancora svegli, guadagniamo l’uscita. 8° giorno (sabato 18/9/2010) Dopo una frugale colazione al Kyriad, lasciamo Auxerre diretti verso sud, e sulle prime pendici del Morvan ci concediamo la prima sosta, all’abbazia di Vezelay. Altro luogo mistico, che si raggiunge dopo una sorta di percorso penitenziale salendo lungo la strada (costellata peraltro di negozi e luoghi di ristoro) del paese che è sorto sotto l’antico complesso monastico. La chiesa è imponente, ricca di tesori di pietra, e la vista che si gode dai giardini è incomparabile. Procediamo e arriviamo al castello di Bazoches, che dovrebbe essere chiuso, ma che invece troviamo aperto grazie alla concomitanza con le giornate europee del Patrimonio (il che non significa che l’ingresso sia gratuito….). Altra visita interessante, ben supportata da pannelli esplicativi. Siamo nel mezzo del parco naturale del Morvan, un’area immensa e relativamente poco popolata, con vaste aree agresti e scorci idilliaci. La giornata è prevalentemente serena (sebbene non limpidissima), e non riesco a percorrere più di qualche chilometro senza fermarmi ad ammirare un panorama e a scattare foto in modalità quasi compulsiva. Immortalo, tra l’altro, una tranquilla mandria di mucche Charolaise al pascolo lungo un ruscello. Per attraversare da una parte all’altra il Morvan ci vogliono almeno un paio d’ore, ma mai tempo fu meglio speso. Giungiamo infine ad Autun, dove abbiamo prenotato l‘albergo, “La Tete Noire”, per l’ultimo pernottamento in terra di Borgogna. C’è ancora tempo per visitare i principali monumenti medievali della vivace cittadina. Alla Cattedrale ci imbattiamo in un festoso matrimonio (e poi dicono che gli italiani sono casinisti…) e dobbiamo rimandare la visita di un’ora; nell’attesa ci godiamo il ricchissimo (e stavolta gratuito, grazie alle Giornate del Patrimonio) Museo locale. Il sole splendente e il cielo color cobalto illuminano i tetti con le mattonelle dipinte della Cattedrale di St-Lazaire. Che spettacolo… Prima di rientrare il albergo facciamo scorta di terrine e salumi in una tipica charcuterie. Per l’ultima cena della vacanza optiamo per il ristorante dell’albergo, e la scelta si rivela azzeccata: l’ambiente è un po’ formale per i miei gusti, ma la cucina è ottima. Decido di provare una tipica specialità borgognona che né io né Monica avevamo avuto il coraggio di assaggiare finora: un piatto di escargots (lumache) affogate in un intingolo inquietante. Quale delizia! Rimpiango di non averle provate prima! Anche l’albergo si rivela all’altezza delle aspettative, anche se la stanza che ci hanno assegnato in mansarda è particolarmente fredda e Monica ne soffre. In compenso il panorama dalla finestra (anzi, dall’oblò…) merita uno sguardo. Ci viene persino applicata (non so perché) una riduzione imprevista di 12 euro sul costo della camera. Onestà che apprezziamo. 9° giorno (domenica 19/9/2010) È l’ultimo giorno, ma cerchiamo di sfruttarlo completamente. Ci alziamo presto e fa freddo (il termometro dell’auto segna 3° C), ma la giornata promette sole e cieli azzurri. Cominciamo con un tour delle rovine romane di Autun, notevoli e disseminate in un’ampia area, spesso ai margini della città. Purtroppo saltiamo la colazione perché è domenica e tutti i bar sono chiusi. Non indugiamo più di tanto ad Autun, e riprendiamo la strada; la meta è Solutrè, sperone roccioso nei pressi di Mâcon, in mezzo ad una distesa di vigneti. Lasciamo l’auto nel solito parcheggio strategico, e iniziamo la salita a piedi verso la sommità della roccia, che raggiungiamo dopo 40 minuti, e da dove apprezziamo un panorama a 360 gradi sulla splendida campagna circostante. Siamo in un’altra area vinicola famosa, quella del Pouilly-Fuissé, e finalmente vediamo all’opera i vignerons: la vendemmia 2010 è iniziata, speriamo sia una buona annata. Da Solutrè raggiungiamo in fretta Mâcon, il cui centro pullula di gente perché è giornata di mercato. Ci concediamo un pranzo veloce in Place aux Herbes (alla ’”Brasserie le 88”) col piatto del giorno, acquistiamo le ultime bottiglie di vino, e ci rimettiamo in moto, stavolta in direzione Italia. Ripassiamo il tunnel del Monte Bianco, superiamo qualche rallentamento a Ivrea, ma arriviamo a casa in tempo per la cena. Dove ci aspetta un piatto di pasta, del quale tuttavia non avevamo sentito la mancanza. Del viaggio in Borgogna ci rimangono i ricordi, centinaia di foto, e una nutrita scorta di prodotti tipici: salumi, formaggi, vini e dolciumi vari. Una campagna pacifica dalla quale è impossibile non tornare vincitori. RIEPILOGO 2 persone 9 giorni (8 notti) – Km. Percorsi: 1940 – Spese totali: 2150 € di cui:
- pernottamenti: 820 €
- vitto: 600 €
- trasporti: 300 €
- ingressi: 130 €
- altre spese: 300 €