Bolivia, dove il cielo è più blu
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Voli:
Iberia Costo 1109 Eu tasse comprese
Andata 8/8 Torino-Madrid IB 8817, Madrid-Lima IB 6651, Lima-Santa Cruz TA 925
Ritorno 8/9 Lima-Madrid IB 7758. Madrid-Torino IB8822
Ho scelto di atterrare a Santa Cruz per evitare lo shock dei 4000 mt di La Paz. Sono così salita gradatamente, e via terra. In ogni caso, ho avuto problemi lo stesso con il mal di altura.
BOA (Boliviana de Aviacion) – Costo 383 BOB
Andata 11/8 Santa Cruz – Sucre OB580 07.50 – 08.35
Preso quando già ero a Santa Cruz, direttamente presso la compagnia aerea in aeroporto, quando sono andata a ritirare gli zaini. Non me l’ero sentita di comprare in anticipo, ed ho fatto bene, visto che i miei bagagli sono rimasti a Madrid e mai imbarcati sul volo per Lima.
Della Iberia ho già parlato nel diario del Perù, quindi evito di ripetermi.
Backpackers consultati in rete mi hanno sconsigliato di percorrere via terra la tratta Santa Cruz – Sucre, più di 12 ore (se va bene) di strada dissestata anche nella attuale stagione secca, con cambio a Cochabamba. Le varie compagnie non ci usano i loro mezzi migliori, per non rovinarli, quindi i bus sono catorci. 40 Eu sono soldi bene spesi per 40 minuti di volo, e BOA è un’ottima compagnia.
Fotografie: http://randagianelmondo.altervista.org/
Paese molto fotogenico, e luce straordinaria
Spostamenti interni: Bus: http://www.bus-america.com/linea_BO_Fs.htm
Non è per fare quella che si lamenta, ma gli spostamenti in bus non sono il massimo. La maggior parte delle strade che ho percorso non era asfaltata, persino quella da La Paz a Uyuni, che è frequentatissima.
I bus Todoturismo, prediletti dagli stranieri su questa tratta, superconsigliatissimi nei forum e sulle guide, sono cari (230 BOB), affollatissimi, e poco comodi (sedili semi-cama stretti). Non saprei indicare un’alternativa perché purtroppo li ho presi anch’io, tuttavia ho notato, alle partenze a Uyuni, che c’erano anche altre società, ed alcune avevano posti “cama”, per cui vale la pena verificare.
Un’ottima compagnia da me testata (da Potosì a Tupiza, strada piena di tornanti e sterrata, ma ho viaggiato di notte e dormito, quindi non saprei dire con precisione) è invece O Globo, poltroncine cama e prezzi di molto inferiori a Todoturismo. Mi è stata suggeritami da boliviani.
La Sucre-Potosì (taxi collettivo, poco più caro del bus, e molto più rapido) è ok, qualche curva, ma asfalto ben mantenuto. Nessun problema anche sulla La Paz – Copacabana – Puno
Clima / Abbigliamento consigliato
Mi sono portata: giacca a vento in piuma d’oca (un po’ vecchiotta, forse l’imbottitura non era più al top), due pile, una softshell presa al decathlon con dentro l’orsetto, intimo termico sempre del Decathlon, quello un po’ più felpato e meno traspirante. A Sucre di sera riuscivo ancora ad andare in giro in infradito e pile, a Tupiza forse la giacca a vento dopo cena era un po’ troppo, a Potosì era assolutamente necessaria, al Salar a stare ferma a cena e colazione avevo su di tutto e di più. A Copacabana il clima è mite, anche se l’altura è la stessa di Potosì.
Mal di altura (soroche)
Per info
http://www.guidestarmountain.com/
http://www.lamadonnina.org/
I siti sono dedicati principalmente agli alpinisti, in ogni caso i meccanismi sono gli stessi.
Sapevo che avrei avuto problemi, memore di quanto mi era successo in Ladakh, tuttavia l’attrazione per la Bolivia era così forte che la paura del soroche non mi ha fermato. Già a Sucre, 2900 mt mi è venuto mal di testa, e così ho subito preso il Diamox, che ha attutito parte dei disturbi, anche se il fiatone e la sensazione di “mancanza d’aria”, sono perdurati sino alla discesa a Lima.
E’ bene non sforzarsi troppo i primi giorni, bere molto e mangiare poco. Il Diamox è prescrivibile in fascia A, quindi costa un paio di Euro. In ogni caso, nelle farmacie locali (mi sono informata a Potosì) vendono le “soroche pills” a base di acetazolamide, il principio attivo del Diamox, caffeina e antidolorifico.
Alberghi
Tutti trovati sul posto, tranne Tupiza. Molto economici. Standard variabili (ottimo rapporto qualità/prezzo a Copacabana, pessimo a Santa Cruz). A Tupiza non c’era riscaldamento, solo molte coperte, e fuori dal letto avevo un po’ freddo. Nel tour del Salar + Lagune, sistemazioni molto spartane, no riscaldamento (la condensa sui vetri all’interno al mattino era ghiacciata, quindi anche nelle camere si è andati sotto lo zero), no acqua calda, no water con sciacquoni, e carta igienica da gettare rigorosamente nei cestini. C’è sempre qualche idiota che non segue questa regola e intasa tutto. In alcuni posti la doccia calda è possibile pagando 10 Bob, ma non dappertutto. Una almeno delle notti viene trascorsa in un hotel di sale. L’alternativa sono i Tayka Hotels, costosissimi, (credo che i prezzi siano sui 100 USD a notte), pure lì di notte non c’è energia elettrica e a volte l’acqua calda manca, per cui tanto vale risparmiare. Anche i Tayka Hotels sono costruiti con sale.
Mi sono portata un sacco a pelo di piuma d’oca da altissima montagna, datomi in prestito dal mio vicino di casa, che l’ha usato in Nepal per dormire in tenda a 5000 mt. Credo che costi come un volo aereo… L’ho usato non solo al Salar, ma tutte le volte che in stanza faceva freddo, o le coperte non mi ispiravano.
Tornando alla carta igienica, il discorso vale anche in tutti gli altri alberghi, se c’è un cestino vicino al water, è lì che bisogna metterla. Se si hanno dubbi, chiedere ai gestori.
Comunicazioni
Ho acquistato a Santa Cruz una sim Viva, ha funzionato alla grande
Cibo
Molte trote e zuppe di quinoa. Di giorno cercavo di risolvere ai mercati o nei comedores, la sera nei ristoranti. Tupiza è piena di ristoranti “italiani”, uno la copia dell’altro, ovviamente di italiano non hanno niente. I boliviani vanno in postacci alla KFC pensando che sia il massimo.
Shopping
Un paradiso. A Copacabana, ci sono negozietti che vendono bellissime collane ed orecchini. Per dare una idea dei costi: una parure collana e orecchini con pietre dure (malachite), la pago 70 BOB, 20 BOB un berretto tipico in lana soffice misto alpaca, 70 BOB due paia di guanti in pura alpaca.
Vale la pena andarci?
Claro que sì! Mi è piaciuto tantissimo. La popolazione è eccezionale. I paesaggi degli altipiani sud occidentali sono straordinari. Mi piacerebbe tornare per vedere l’Amazzonia, perché a quanto ho letto il lato boliviano è molto meno sfruttato di quello brasiliano, ed anche più economico. Mentre ero a Santa Cruz in attesa dei bagagli sono andata a vedere in giro se era possibile fare qualche escursione, ma nei dintorni di Saimapata e tutto quello che è facile da raggiungere, come ovunque, mi sa di molto turistico. E’ necessario andare a Rurrenabaque, e comprare là le escursioni, oppure raggiungere Trinidad, e poi imbarcarsi sulle navi che scorrono il fiume, come nei romanzi di Garcia Marquez.
La parte boliviana del lago Titicaca, sia le isole che la penisola di Yampupata, che sono comunque molto turistiche, sono di gran lunga meglio dell’altrettanto turistico lato peruviano, da ciò che ho visto io viaggiando di giorno verso Puno. Vorrei tornare sulla Isla del Sol, attraversarla a piedi e dormirci.
Potosì è bellissima, Sucre un po’ meno. L’unico appunto che avrei da muovere è che le chiese sono aperte solo in determinati orari.
Avevo letto prima di partire che la popolazione diventa in proporzione più brusca man mano che si sale di quota. Non ho avuto questa impressione, in verità. Tutti mi sono sembrati molto gentili, la gente del posto, entrando da qualsiasi parte, saluta tutti, anche i forestieri.
La cosa che più mi ha colpito è che in Bolivia ogni giorno c’è una festa, ed ogni giorno una protesta.
Musica, bande, processioni, majorettes, sfilate in costume, e dall’altro lato cortei, scioperi e blocchi stradali, per qualsiasi motivo, in genere categorie di lavoratori o campesinos che rivendicano il rispetto dei loro diritti di esseri umani, ma anche femministe che protestano contro il dilagante machismo; forse l’unico modo per farsi davvero ascoltare è fermare la circolazione stradale. Imprevisto di cui chi si muove in tempi stringati come il turista deve comunque tenere conto.
Secondariamente, è il paese in cui più di altri vedo sopravvivere antichi mestieri ormai scomparsi. Il fotografo in piazza, ora con macchina digitale, con collaboratore che provvede a stendere la tendina di sfondo dietro alla testa del soggetto da immortalare, i segretari seduti ai marciapiedi con le loro macchine da scrivere e la fila di gente fuori dal tribunale in attesa del proprio turno, i venditori di aranciate che sbucciano i frutti in un’unica e perfetta elica.
Il cielo è di una purezza incontaminata, per questo motivo il titolo del mio dario è “dove il cielo è più blu”. Il sole splende, ed ustiona la mia pelle bianchiccia.
Purtroppo la gente non ama affatto essere fotografata. Ho visto turisti, al mercato di Tarabuco, bersagliati da lanci di pomodori, per aver osato fare una educata panoramica con l’iphone, senza sbattere l’obbiettivo in faccia a nessuno. La quasi totalità delle donne veste ancora in abiti tradizionali, gli uomini no, ma a Tarabuco, ad esempio, ho visto ancora qualcuno indossare i tipici copricapi in feltro simili agli elmi spagnoli. Da segnalare che la tipica ed onnipresente bombetta che adorna le teste femminili è caratteristica del nord, a sud è sostituta da un cappello più piatto tipo gaucho argentino. Le trecce vengono annodate con pon pon o altri ornamenti di lana.
La Bolivia è il paese con più basso reddito pro-capite del sud america. Direi che si vede. Purtroppo ci sono molti poveri nelle strade, la maggior parte con bimbi al seguito.
Fregature/ Criminalità
Vale quanto detto per il Perù. Mai sentita lontanamente in pericolo. Ho seguito le normali regole dettate dal buon senso.
Mi aspettavo piccole seccature da parte di personale addetto al turismo, chi è stato in India o in Vietnam sa cosa intendo. A parte che i prezzi sono onestissimi, quanto pattuito rimane tale, e non vi sono tentativi o discussioni per giocare al rialzo, o sui malintesi sulla valuta.. Non mi sembrava vero!
Diario di viaggio
Santa Cruz de la Sierra, 9 e 10 agosto
L’intenzione sarebbe stata quella di evitare del tutto questa città, atterrarci alla 1 di notte, aspettare che aprisse la biglietteria di Boliviana de Aviacion, e comprare il volo diretto per Sucre delle 8. Invece, ho dovuto passarci due giorni.
Dopo essermi resa conto che i bagagli non sono arrivati, passo il resto della notte sdraiata sulle sedie della sala d’aspetto degli arrivi, in attesa che faccia giorno. Appena rischiara, la navetta (6 BOB) mi porta in città, una pioggia scrosciante mi dà il benvenuto, se mai ce ne fosse bisogno. Poiché la cerata è rimasta in Spagna, compro un’altra mantellina al volo, e mi metto alla ricerca di un hotel. Il Felimar, 200 BOB, ha stanze piuttosto tetre ma comunque pulite, moquette che odora un po’ di muffa, e docce che si intasano un po’, ma il personale è gentilissimo, e comunque attorno non c’è di meglio. Tutto completo al richiestissimo ed economico Residencial Bolivar, altre strutture allo stesso prezzo del Felimar hanno standard igienici che pure una persona accomodante come me non potrebbe tollerare se costretta a sganciare 20 Eu.
La città non offre molto. Dopo aver passato le vacanze per moltissimi anni lontano dall’America Latina, mi guardo attorno e penso che tutto sommato mi sento a casa, una certa padronanza con la lingua è una garanzia. Santa Cruz è la grande porta di ingresso del bacino amazzonico boliviano, ma i luoghi vicini e facilmente raggiungibili coi mezzi, tipo Samaipata, non mi sembrano molto interessanti.
Le varie agenzie propongono varie “rutas del Che”, che qui fu assassinato e catturato dalla CIA nel 1962, però ci vuole tempo, e tanto tempo ci vuole anche per quello che mi piacerebbe di più, raggiungere Trinindad su un bus pubblico, e poi navigare il fiume su un barcone tipo “L’amore ai tempi del colera”, il mio romanzo preferito. D’altro canto, quello che voglio privilegiare in questo viaggio non è la foresta, ed è meglio rimanere in città a fiatare sul collo alla Iberia, cercare di recuperare le valigie e squagliarsela il prima possibile.
Santa Cruz, dicevo, non è una bella città, la sua piazza centrale con Cattedrale e giardini è appena sufficiente, idem le altre chiese.
Ci sono invece interessanti prospettive di shopping. Innanzitutto un grazioso mercatino di souvenir dove ci sarebbero parecchie cosette da acquistare, se uno fosse alla fine del viaggio e volesse caricarsi. Poi ci sono dei mercati che invece offrono ogni tipo di frutta, ed uno alimentare dove è possibile mangiare a poco prezzo, ma la cosa più interessante è che ci sono dei negozi di articoli sportivi che vendono scarpe e prodotti di marca, tipo Adidas, a prezzi bassissimi! Non sono tarocchi, perché hanno tutte le etichette, e non li danno via a due soldi come i tarocchi, ma comunque convengono tantissimo. L’unica spiegazione che mi riesco a dare è che i costi diano adeguati a quello della vita locale.
La via principale su cui si trova il mio hotel, andando in direzione della Cattedrale, è disseminata di ristoranti, caffetterie, gelaterie e pasticcerie, molto colorate e moderne, il cibo è tipo fast food, o se vuoi qualcosa di più sano tipo bistecca o pesce lo strapaghi, ma i dolci sono buonissimi! Ad esempio, al “Picolo” una fetta di torta costa 15 BOB, ed una trota con contorni vari 70.
Al mercato municiaple invece con 15 BOB si riesce a mangiare.
Nella zona ci sono altri ristorantini che a pranzo offrono il menù del dia (primo e secondo) a 12 BOB. Altri dolci sono venduti anche nei banchetti di strada, insomma, ci sarebbe da rimpinzarsi in continuazione.
Purtroppo ci sono anche molti mendicanti.
Per fortuna il 10 in mattinata i bagagli arrivano. Mentre li ritiriamo in aeroporto compriamo direttamente presso gli uffici di Boliviana de Aviacion il volo per Sucre per l’indomani.
Il taxi dal centro all’aeroporto, il mattino seguente, costa 30 BOB
Sucre, 11 e 12 agosto
A causa della perdita bagagli ho trascorso a Sucre meno tempo di quanto preventivato ma, se devo dire la verità, la città non mi ha appassionato molto, è difficile visitare chiese ed edifici perché gli orari di chiusura sono rigidi, ed in alcuni casi i portoni erano sbarrati anche quando non avrebbero dovuto.. Il mercato di Tarabuco è caratteristico, ma se ripenso ai colori visti in Vietnam a Bac Ha non regge il confronto.
Il mio volo BOA (nulla da ridire sulla compagnia) atterra alle 9 di mattina in perfetto orario, e appena recuperati i bagagli mi tuffo nell’impresa impossibile di trovare un qualcosa che mi porti direttamente a Tarabuco per vedere il mercato, che si tiene soltanto di domenica mattina, quindi adesso. L’aeroporto è minuscolo, non vi sono uffici turistici, né agenzie, né bus. Una straniera che lavora ad un chiosco di dolci mi informa che il taxi è l’unica via. Non amo i taxi privati ma non ho scelta. In realtà qui avrò modo di appurare che invece sono onesti ed affidabili, contrariamente a quanto succede in altri paesi del globo. Senza neanche mercanteggiare troppo, accetto la proposta di un tizio per 200 BOB andata e ritorno, attesa inclusa, da dividere in due. Gli chiedo mille volte se sono davvero BOB e non dollari americani o euro, se davvero il prezzo è per due persone, se davvero vale per andata e ritorno, se davvero è tutto compreso. Magari penserà che sono pazza, ma lui di sicuro non è stato in Vietnam o in India e quindi non può immaginare..
La piazza principale di Tarabuco è bordata da edifici bianchissimi, il contrasto con l’azzurro profondo e puro del cielo è scioccante.
Sui marciapiedi, i nativi infagottati in coperte e gonnelloni, alcuni uomini indossano addirittura il tradizionale copricapo in feltro a forma di elmo spagnolo, espongono souvenirs, un gregge di pecore attraversa in diagonale. Nelle strade laterali, vengono invece vendute derrate alimentari.
Il taxi ci lascia sulla piazza principale.
Complice l’alzataccia, e l’altitudine, 2900 mt, non ho molte energie da dedicare alla ricerca di un albergo. Scelgo un punto cardinale a casaccio, inizio a camminare e dopo pochi passi mi trovo di fronte il Grand Hotel, con un bellissimo patio decorato con colori vivaci.
Le camere sono decorose, ed il prezzo è ragionevole 160 BOB per una doppia. Ci viene proposto il fiore all’occhiello della proprietà, la camera nr. 3 dove ha soggiornato Che Guevara. Non ci posso credere, è stato qui dove adesso sono io!
Poiché però è situato accanto alla sala bar, preferiamo un qualcosa al piano di sopra, potenzialmente più tranquillo.
Il resto della giornata scorre alla ricerca di qualcosa da visitare, ma molte chiese o conventi sono chiusi.
Il centro non offre neppure ristoranti invitanti a buon prezzo, per cui mi accontento di un piatto di ravioli presso il ristorante La Cité Hostal, 60 BOB, che sembrano quelli di Quattro salti in padella. In compenso l’ostello annesso è favoloso.
Il mattino seguente, in micro (3 BOB a/r) si raggiunge la chiesa di San Filippo Neri ed il piazzale della Recoleta, belle vedute sulla città, ma nulla di speciale.
Scendendo da una pittoresca viuzza ornata da bellissimi fiori, giungo al Mercado di Santa Ana proprio all’ora di pranzo e ne approfitto per divorare una zuppa a 4 BOB.
Con altri 3 BOB (sempre a/r) in micro raggiungo il Parco Cretacico. A causa di un blocco stradale dovuto ad una corsa automobilistica, il micro ci lascia ad un paio di chilometri di distanza. L’ingresso al parco costa 30 BOB. Diciamo che è superfluo, in quanto ciò che interessa si riesce a vedere anche dall’esterno, in ogni modo c’è un museo piccolo ed interessante. Una società privata, iniziando dei lavori di scavo in una cava di sua proprietà, ha scoperto anni fa orme di diverse specie di dinosauri, perfettamente conservate. A causa dei movimenti della crosta terrestre durante milioni di anni, il suolo dove si sono fossilizzate è ora posto in posizione verticale. Si possono ammirare da una specie di belvedere, ma come dicevo, più o meno con lo stesso punto di vista, anche dalla strada.
Il museo espone invece orme di dinosauro, ossa, ed uno scheletro completo proveniente dall’Argentina.
Vi sono poi all’esterno delle sagome a grandezza naturale di alcune specie fra le più conosciute, ad esempio il tirannosauro rex.
Non sono d’accordo con chi nelle varie recensioni afferma che si tratti di roba da bambini, come esposizione di orme non ha uguali nel mondo.
Consumo la cena al ristorante del mio hotel (47.5 BOB). Sempre in hotel, prenoto un taxi compartido per Potosì, il bus costa poco meno, e comporta maggiore sbattimento.
Potosì, 13 e 14 agosto
Incredibile pensare che una città a 4000 mt di altitudine possa racchiudere simili tesori. Non so perché mi aspettavo un qualcosa di polveroso, dimesso, sotto tono. Potosì ti lascia senza fiato, per la sontuosità dei suoi edifici innanzitutto, e subito dopo per la sua aria rarefatta.
Un taxi compartido da Sucre (60 BOB), condiviso con due amabili signore boliviane di Santa Cruz, mi scodella in tarda mattinata nella piazza principale. L’agenzia turistica più rinomata sulle guide, Koala Tours, è proprio lì davanti, e ne approfitto per chiedere disponibilità su alcuni ostelli, mi fanno vedere alcune foto, quello più carino sembra l’Eucaliptus Lodging, e vogliono 200 BOB. Lascio in ostaggio borse e compagna di viaggio, e mi incammino per vedere se c’è di meglio, muoversi in due con la zavorra dei bagagli sarebbe uno sforzo sovrumano. Faccio mio il primo consiglio delle boliviane “se ti senti mancare il fiato non andare in panico, ma stai tranquilla e aspetta che passi”. Mi avevano anche suggerito l’Hostal Colonial, che trovo poco dopo, ma per quanto splendido è un po’ caruccio, 380 BOB. Altri hostal un po’ meno cari dell’Eucaliptus sono catapecchie, altri sono stupendi ma cari, alla fine capitoliamo e ci dirigiamo all’Eucaliptus. Le stanze sono dipinte a colori vivaci, ed i termosifoni sparano calore anche di giorno quando non sarebbe così indispensabile. Sfruttano energia geotermica.
Siamo fortunate, incontrerò in seguito persone che mi racconteranno di aver passato notti insonni al freddo in hostals da 400 BOB.
Archiviato il capitolo “pernottamento”, e dopo aver pranzato al Coyote Grill (25 BOB una omelette) inizia la perlustrazione della città. Potosì si erge in una zona ricchissima di risorse minerarie, la prima ad essere scoperta dai colonizzatori spagnoli fu l’argento, ricavato in dosi massicce dal Cerro Rico che si staglia accanto alla città, in quantità tale che, dicono i boliviani, sarebbe stato possibile costruire un ponte sino alla Spagna. Ai bei tempi Potosì era molto popolata, ricca, e frequentata da artisti, che lanciavano nuove tendenze e mode. Da cosa mi è stato detto, veniva paragonata addirittura a Parigi. 6 milioni di nativi sono morte in queste miniere. L’epoca dei fasti ha lasciato traccia di sé nelle opulente chiese, torri, conventi, palazzi. Esauriti i filoni, Potosì entrò in fase regressiva.
Attualmente, è possibile visitare le miniere, l’escursione è organizzata da tutti gli alberghi.
L’ingresso alla Casa della Moneda costa 30 BOB + 20 BOB per l’uso della macchina fotografica. E’ obbligatorio partecipare alle visite guidate. Sono esposti quadri di artisti locali e macchinari originali impiegati per il conio delle monete.
Per la Cattedrale si pagano invece 15 BOB, l’interno della chiesa non è nulla di particolare, a parte il bellissimo organo, ma dalle torri campanarie si gode di un bellissimo panorama sulla città e sul Cerro Rico.
Il centro città è un brulicare di vita, vecchi mestieri esercitati in strada, e non mancano le processioni ed i cortei di protesta.
I paseos pedonali sono affollatissimi di giovani, e bordati da negozi su negozi.
La torre della Compañia de Jesus è stata magnificamente restauranta, ed un efficiente ufficio turistico è stato realizzato al piano terreno.
Di sera il centro storico è tutto illuminato, di gran lunga meglio di Arequipa e Cuzco.
Cena al Koala Cafè (16 BOB)
La camera dell’ostello è fin troppo calda. Credo che la temperatura in stanza tocchi i 23/24 gradi.
L’indomani mattina visito il convento di Santa Teresa, ingresso 21 BOB + 10 BOB per la macchina fotografica. Anche qui è obbligatoria la visita guidata. Segnalo che le stanze sono molto fredde, ed è quindi necessario portarsi indumenti caldi anche se fuori splende il sole. Anche qui sono esposte tele di pittori boliviani, alcuni famosissimi, le donazioni delle famiglie delle suore sono servite per abbellire le sale con sculture e crocifissi sfarzosamente dorati, ma non mancano particolari macabri, tipo il teschio esposto nella sala mensa, paramenti sacri lussuosamente ricamati, e aggeggi penitenziali tipo cilici. Non sarà il Monastero di Santa Catalina a Arequipa, ma sono comunque 90 minuti ben spesi.
Alle 14.30 è invece la volta della Chiesa di San Francisco, 15 BOB per la cupola e le catacombe. Il convento non è possibile visitarlo perché apre solo più tardi, ed io non ho tempo di aspettare. Anche qui una guida marca stretto me e due giovani giapponesi, ci arrampichiamo sul tetto per ammirare il panorama.
Le catacombe ospitano i resti dei monaci ospiti.
Passo il resto del pomeriggio a girellare senza meta osservando la vita quotidiana che scorre attorno a me, la gente che riposa sulle panchine, quella che invece è al lavoro nelle botteghe o per strada, i dattilografi nella via degli uffici degli avvocati, niente a che vedere coi nostri, piccoli, disordinati e bui scantinati al pian terreno.
Ai lati della piazza principale si affaccia un bellissimo bar in legno, il Caffè La Plaza. Una sosta è irrinunciabile nel caso si desideri rilassarsi un attimo senza perdere d’occhio il via vai cittadino. Ovviamente è caro, 21 BOB una crêpe, 7 BOB un thè verde
Tupiza, 15 e 16 agosto
Tupiza è una cittadina nel sud Bolivia che normalmente non è considerata, se non da quelli che proseguono per il Cile o l’Argentina. L’ho scelta principalmente perché:
1) mi permette di fare una sosta rigeneratrice dopo i 4000 mt di Potosì, prima di risalire nuovamente verso l’altopiano sud occidentale. Essa si trova infatti a 2900 mt circa di altezza 2) è graziosa e permette tour nei dintorni, cosa che a Uyuni non è possibile fare
3) si dice che i tour organizzati da qui siano meglio di quelli che partono da Uyuni
4) i tour da Tupiza fanno vedere l’alba al Salar de Uyuni, quelli in partenza da Uyuni arrivano al Salar verso le 12 o la 1, di solito.
Arrivo a Tupiza verso la 1 di notte del 15 agosto, su un comodo bus cama proveniente da Potosì, della linea O Globo, che mi stato consigliato da boliviani (120 BOB). Ho prenotato telefonicamente l’Hostal Los Salares, avvisando che sarei arrivata molto tardi, perché vista l’ora e tenendo conto del fatto che gli hotel economici in genere non hanno la reception aperta h 24, temo di passare la notte all’addiaccio.
L’hostal è un po’ fuori dal centro, ma sono 5 minuti a piedi attraversando il ponte, e, cani ululanti ma non molesti a parte, non è necessario prendere un taxi. Nonostante comunque l’ora tarda, al terminal dei bus è pieno di procacciatori, e quindi di sicuro una sistemazione la si trova.
Le stanze dell’hotel sono pulite, ma molto fredde, non c’è infatti riscaldamento, altra peculiarità degli hotel economici boliviani.
Dopo aver riposato qualche ora, dopo colazione faccio un po’ di bucato, pago l’escursione al Salar (1300 BOB) e quella odierna a cavallo nei dintorni di Tupiza con partenza alle 14 (100 BOB), dopodichè vado a fare un giro in città. Lì per lì me ne sono scordata, ma oggi è la festa dell’Assunta, il che implica sempre qualche fiesta, in Sud America. Mentre sto gironzolando guardando qualche negozietto sento da lontano un misto di tamburi e trombe, e mi avvicino alla piazza principale. Più che una processione direi che si tratta di una specie di sfilata tipo Carnevale, con gente che balla facendo ondeggiare fili di perline che adornano i costumi maschili. Anche oggi il detto “paese che vai festa che trovi” è confermato.
Mi sposto poi al mercato per un economico quanto sostanzioso pasto. 6 BOB per una zuppa di arroz che però contiene anche carne, e altri 2 BOB per una papaya.
Dopodichè è la volta del supplizio a cavallo. Non ho mai montato uno di questi quadrupedi prima di ora, e mi sembra molto strano farlo ora, visto che se cadessi il primo ospedale decente è a 10 ore di strada sterrata, ma oramai è andata e non posso tirarmi indietro.
Mi è stata assegnata una bestia mansueta, ma che comunque sente il mio nervosismo, e quindi fa un po’ quello che vuole. Sembra che lo faccia apposta, ma non appena mi sente armeggiare con la macchina fotografica, inizia placidamente a trottare, facendomi precipitare nel più completo panico. E’ triste da ammettere, ma sembro proprio negata con questo sport. Le località raggiunte sono la Quebrada seca, Puerta del Diablo, Valle de los Machos e Cañon del Inca, che si possono anche scoprire a piedi, scopro con disappunto quando oramai sono in sella. Sono incapace di procedere e nel frattempo fotografare, e purtroppo il paesaggio è magnifico e meriterebbe tanto di essere immortalato, ci sono falesie rosse e cactus, come in un paesaggio da film western.
Come accennato, è possibile visitare questa zona a piedi, tuttavia senza una guida si rischia di perdersi o di vagare a vuoto. Mentre cerco di tenere un certo contegno sulla groppa del mio cavallo incontro delle ragazze che brancolano alla cieca e chiedono info sulla direzione alla nostra guida, e non so se mi fanno più pena loro, incerte, assetate, impolverate, ma ben ferme sulle loro gambe, oppure me stessa nella ridicola veste di amazzone fantozziana. Purtroppo, non riesco a godermi la gita, e non vedo l’ora di scendere a terra e riprendere a camminare.
Il tardo pomeriggio mi vede alla ricerca di un ristorante in centro città, purtroppo il mercato ha già chiuso, come tutti gli altri verso le 17, quindi l’unica possibilità sono decine di ristoranti pseudo italiani che propongono piatti improbabili, nessuno che offra comida locale. I boliviani si concentrano in una specie di fast food la cui puzza di olio fritto appesta tutto l’isolato. Pur essendo onnivora non disdegno le proteine vegetali. Alcune insegne “comida vegetariana” attirano la mia attenzione. Non pretendo seitan o altre ricercatezze, mi basterebbero fagioli o quinoa, ed invece ravioli scotti e pizza al formaggio colloso a Tupiza sembrano rappresentare l’essenza del piatto vegetariano. Scappo quindi a gambe levate alla Trattoria Bel Vedere, dove un piatto di cattive scaloppine al limone costa 39 BOB. Da evitare come la peste.
L’indomani mattina comincia la grande avventura. Il quarto membro della spedizione è bloccato a Villazon da una serie di scioperi, per cui si parte in 3 soltanto, accompagnate da Victor ed Elvis, con sottofondo di brutta musica anni 80, tipo “boys” di Sabrina Salerno e “chery chery lady” dei Modern Talking, ripetuta alla nausea, che torturerà le mie orecchie nei prossimi quattro giorni. Penso con nostalgia musicale all’unica altra escursione mai praticata in altura, Nubra Valley India, allietata dai Pink Floyd e Green Day…
Altopiano Sud Occidentale e Salar de Uyuni, dal 16 al 19 agosto
La ragione per cui ho sempre desiderato visitare la Bolivia. Anche se mi sono accorta che ha anche altro da offrire.
L’unico modo per vedere il Salar spendendo quasi nulla è prendere un bus pubblico da Colchani a Llica, per avere un’idea di massima, ma è soltanto appunto un “farsi una idea” e non è sicuramente la stessa cosa che “viverlo”. Senza contare che, almeno dal mio punto di vista, il pezzo forte dell’escursione non è il Salar bensì le lagune ai confini con il Cile. In alcuni forum ho anche visto che molti chiedono se sia possibile visitare la zona con mezzi propri, noleggiare un veicolo è comunque più costoso, ammesso che si possa fare, io ad esempio a Tupiza non ho visto autonoleggi. Come base di partenza ho scelto Tupiza perché: 1) come villaggio ha più attrattive di Uyuni 2) dicono che le agenzie di Tupiza siano migliori di quelle di Uyuni 3) i tour che partono da Tupiza arrivano al Salar all’alba del terzo giorno, quelli da Uyuni a mezzogiorno del primo, quindi non si vede l’alba
Ovviamente parlo dei tour più economici, e non quelli “taylor made”
Gli itinerari sono più o meno gli stessi, la buona riuscita o meno dipende secondo me dalla macchina, dal driver e dal cocinero. Si tratta comunque di passare molte ore in macchina, e si scende solo per il pranzo o per brevi soste, fotografie, belvedere, fare pipì nascosti dietro qualche cespuglio, sgranchimento di gambe. Il driver non è una vera e propria guida, ma possiede comunque nozioni base, ed è una persona del posto che è in grado di dare delle informazioni. Un tour operator che fa prezzi troppo bassi, o li abbassa troppo contrattando, risparmia sulla manutenzione ai veicoli, le paghe ai dipendenti, la qualità del cibo. Stare a guardare i 20 Euro per cose così mi pare stupido. Le jeep sono strutturare in modo che 4 persone normali ci stanno comode. Noi siamo partire in 3. Saremmo dovuti essere in 4, ma il partecipante che manca è bloccato a Villazon da uno sciopero.
Ho scelto il tour organizzato dal proprietario dell’Hostal Los Salares di Tupiza perché in rete tutti erano concordi nel dare recensioni positive.
Delle sistemazioni e cosa indossare ne ho parlato nei capitoli generici.
Il nostro autista si chiama Victor, lo chef Elvis, non sono particolarmente loquaci, ma neppure io 🙂
Costo 1300 BOB, come bevande, si ha diritto a 1 lt di acqua al giorno, poi ci sono delle bibite gasate. Se uno pensa di bere di più, o vuole birra e alcolici, deve provvedere da sé.
Partiamo verso le 8 da Tupiza, appena lasciato il paese, ci ritroviamo come d’incanto in un set da film western, canyons, gole, rocce levigate dalle forme tondeggianti, cactus, credo il nome del luogo sia El Sillar.
Sostiamo per il pranzo (milanese, patate, riso) a Cerrillos, case di mattoni rossi di fango.
Assistiamo un abitante che sta delimitando il perimetro della sua nuova abitazione, un po’ più grande di un nostro salotto. Il bagno pubblico è un gabbiotto con un buco. Ho deciso di inserire anche questi particolari “ameni” per dare idea di tutto quello che realmente è implicato nell’esperienza, e di cosa bisogna aspettarsi (ergo, oltre all’acqua già citata munirsi di carta igienica, e, una volta usata, non abbandonarla in giro). Riprendiamo la strada e, in un paesaggio sempre più desertico, e sempre più in salita, giungiamo ad un villaggio abbandonato, già a quota 4690.
Poco dopo, si arriva ad un Mirador sulla Laguna Morejon, 4855 mt. Il Diamox elimina i fastidiosi effetti causati dal soroche, ma ad ogni modo non mi sento in perfetta forma.
Oggi è stata la giornata più lunga e con meno soste. Quando varchiamo lo steccato che delimita l’accesso alla Reserva Eduardo Avaroa (ingresso 150 BOB da pagarsi extra), sono ormai quasi le 17.
Ci fermiamo per registrarci; micini e cagnolini, tutti impolverati, ci vengono incontro per fare amicizia. I biglietti sono da conservare, in quanto, uscendo dalla riserva, bisogna esibirli ai posti di blocco.
Ci fermiamo a dormire a Sol de Mañana, in un rifugio. Tutti i cuochi delle varie spedizioni iniziano a scaricare le loro vettovaglie armeggiando in una cucina comune, mentre noi turisti prendiamo possesso delle stanze, molto semplici. Non c’è riscaldamento e non c’è acqua calda, quindi nessuno si lava e non c’è niente da fare in attesa della cena. A stare fermi in stanza fa freddo, io aspetto rannicchiata nel sacco a pelo. Ottima cena a base di zuppa di verdure, carne macinata, purea. Arrivano due gruppi di francesi, qualcuno butta carta igienica nei water e le condutture si intasano.
La sala ristorante è riscaldata dalla presenza umana, ma comunque si sta col berretto in testa. Dormo con l’intimo termico ed un cappello di lana, la temperatura va sotto o vicino allo zero, ma piedi e mani mi rimangono caldi.
Dopo la colazione, thè, tisane, pane, burro, marmellate, biscotti, succo di frutta, aiutiamo gli autisti a caricare e partiamo.
Oggi e domani saranno i giorni epici delle lagune del nord e sud Lipez, a pochi km dal Cile, uno spettacolo naturale straordinario ed unico, paesaggi che mai prima d’ora avevo incontrato, mi hanno lasciato a bocca aperta ed hanno arricchito il mio bagaglio spirituale e culturale.
Sequenza di lagune incontrate: Laguna Hedionda I, Kollpa (stupefacente), Blanca, Verde (straordinaria), Colorada (eccezionale)
Laguna Kollpa : la sostanza bianca non è neve ma borace, un derivato del sodio che viene utilizzato nei detergenti e nei saponi.
Attraversiamo il Salar de Chalviri, una zona brulla, ed approdiamo per pranzo alla Laguna Verde. Oltre il vulcano che si staglia dietro il lago, il Licambur, c’è San Pedro di Atacama. Ci preparano una bistecca (un po’ dura), broccoli, cavoli e arance. Il colore verde dell’acqua è determinato dalla grande concentrazione di minerali, zolfo, carbonato di calcio, arsenico, rame e piombo, e varia secondo le condizioni di luce e di vento. Per via della brezza oggi non è al massimo, anche se credo che alcune foto viste sul web siano state sfacciatamente ritoccate.
Riesco ad avvistare alcune vischachas, lepri con la coda lunga e piatta, attratte dai resti del pranzo.
Dopo essere ripartiti, ed aver incontrato una piccola volpe, ed alcune vigogne attraversando un torrentello, arriviamo al Deserto di Dalì, incorniciato da rilievi montuosi multicolor.
La prossima tappa sono i bagni termali di Sol de Mañana, ed i geyer.
Raggiungiamo il rifugio, a Huayllajara, lasciamo velocemente i bagagli, e ci rimettiamo in marcia verso la Laguna Colorada, ultima tappa del giorno. Il colore rosso non ha origini minerali, come nella Laguna Verde, bensì organica, perché determinato da microrganismi ed alghe, gli stessi che trasmettono il pigmento ai numerosissimi fenicotteri che popolano le acque poco profonde (30 cm) del lago. Gli uccelli sono diffidenti e non si lasciano avvicinare. Le variazioni cromatiche sono da daltonismo, rosso lago verde prato giallo erba blu cielo. Abbiamo a disposizione un po’ di tempo per passeggiare e scattare foto.
La sistemazione notturna mi sembra lievemente peggiore rispetto a ieri, anche qui, niente acqua calda e quindi niente doccia. Cena: zuppa di verdure, wurstel, uova sode, patate fritte, pomodori, dolce di latte (sembra un budino).
Il terzo giorno di escursione si apre con la sosta al deserto di Silloli con le sue rocce che si ergono a sfidare il vento fino a raggiungere forme fantasione, come il fotogenico Arbol de Piedra. Che fatica arrampicarsi sulle rocce! Stiamo scendendo un po’, ma sempre fra i 4300 e i 4150 mt di altitudine!
La prossima sosta è l’ultima serie di Lagune. La Hondas, la Charcota, dove non ci fermiamo, la Hedionda II, dove invece uno vorrebbe fermarsi per sempre, e la Cañapa.
Lo scenario naturale che circonda questi specchi d’acqua è una visione miracolosa, gli uccelli che popolano la Hedionda II non sono diffidenti, ed è possibile avvicinarsi ad 1.5/2 metri, camminando piano e senza schiamazzi.
Pranzo: pollo, yucca, patate e banane al forno, papaya per frutta. Sosta al mirador del vulcano Ollague, dal cui cono si sprigionano bianche e lievi fumarole, ed infine alla necropoli di San Juan, dove parecchie mummie ben conservate, hanno ancora una capigliatura pressochè completa, riposano in posizione fetale, la stessa della nascita. Un piccolo museo spiega usi e costumi dei popoli andini precolombiani, ed espone tessuti, vasellame, ornamenti.
Si pernotta a Chuvica in un hotel di sale, carinissimo, decorato con stoffe colorate. Pagando 10 Bob si può fare una doccia calda, mi precipito a comprare il voucher e sono la seconda in lista di attesa, proprio per essere sicura che l’acqua calda ci sia davvero, visto che è riscaldata dai pannelli solari.
Stasera fa meno freddo del solito. Cena: zuppa, lasagne, e pesche sciroppate.
La partenza per l’indomani è pianificata per le 5.30, orario che permette di arrivare in tempo al Salar de Uyuni per vedere l’alba. Fa un freddo becco.
Scendo dalla macchina per vedere meglio l’alba, ma non resisto molto. I colori sono stupendi.
Verso le 8 raggiungiamo la Isla Incahuasi, dove ci viene concesso un po’ di tempo per gironzolare e dove infine ci viene servita la colazione.
Lo chef ci ha preparato una torta semplice tipo margherita, ma constato nuovamente, ed una volta per tutte, che i boliviani sono molto parchi con lo zucchero nelle loro ricette.
Alle 10 circa sostiamo nella luce accecante del deserto, per ammirare da vicino i geometrici ojos, attraverso cui il salar respira.
Visitiamo infine, a Colchani, un hotel di sale abbandonato, in attesa di essere restaurato, e sostiamo per il pranzo (polpette e patate) accanto ad un mercatino turistico
L’ultima tappa è il cimitero dei treni, già prossimo alla città di Uyuni, che mi delude un po’ perché il suolo è infestato da immondizie e sacchetti di plastica, che dondolano tristemente al vento, impigliati nei rami degli arbusti.
Tocco con mano ciò che avevo letto nelle guide, ossia che Uyuni è assai meno piacevole di Tupiza, e sono contenta della mia scelta.
Il driver ci lascia all’agenzia Todo Turismo. Due parole sull’organizzazione dell’escursione al Salar. Mi sono affidata all’agenzia che appartiene al proprietario dell’hostal Los Salares di Tupiza perché le recensioni in rete erano buone. Dicono che i tour organizzati da Tupiza siano meglio di quelli che partono da Uyuni, e questo mi aveva fatto propendere per raggiungere questa città, unitamente al fatto che il soggiorno fosse più piacevole rispetto ad Uyuni. Credo che gli itinerari seguiti siano più o meno gli stessi, quello che può fare la differenza sono il driver ed il cocinero, per quel che mi riguarda soprattutto il driver. Molti in rete si lamentano che molto spesso gli autisti sono ubriachi e quindi al mattino è un problema svegliarli, oltrechè farli guidare, ovviamente. Inoltre è indispensabile che il driver sia prudente, sembra superfluo questo argomento, ma non poi così tanto, e disponibile a sostare a richiesta per le foto. I pasti nel mio caso sono stati semplici ed abbondanti, val la pena far notare che il pranzo viene cucinato la mattina prima di partire, e quindi si mangia freddo per forza di cose, anche se non si tratta di antipasti. Ho trovato dure ed immangiabili le bistecche di manzo. Comunque si sopravvive. La fornitura d’acqua è di un litro al giorno, è necessario portarsi gli extra. Noi avevamo anche una cassa da 6 di bibite varie, ma praticamente nn le abbiamo toccate. Quello che segnalo volentieri, relativamente a Victor, è che è tornato indietro per restituirmi il sacco a pelo che avevo dimenticato nel bagagliaio.
Noi (viaggiavo con altre due coetanee) abbiamo deciso di lasciare una mancia, ed abbiamo dato, in 3, 210 BOB per entrambi.
Si tira a sera in attesa del bus, passeggiando per la cittadina di Uyuni che non ha molto da offrire, dopo aver lasciato i bagagli in custodia a Todo Turismo. Come già accennato, il bus non è molto confortevole, e troppo caro rispetto a quanto ha da offrire. Sarebbe quindi opportuno verificare che non ci siano anche altre compagnie, con posti cama, più confortevoli ed economiche.
Copacabana, dal 20 al 23 agosto
Dopo il freddo e la dura vita del Salar approdare qui con un bus della Titicaca Tours mi fa lo stesso effetto della Costa Azzurra, a parte le strade sterrate.
Ci sono alberghi fronte lago, bar alcuni anche molto stilosi, gente seduta al sole che si gode la vista e cazzeggia, negozi di ogni tipo, il mercato, fantastici tramonti, un sacco di vita.
Sono le 13.30 del pomeriggio, ho passato una notte insonne su un bus scomodo e stretto di Todoturismo, pagato una fortuna, 230 BOB, che mi ha scaricato alle 6 di mattina al terrapuerto di La Paz. Dopo aver cercato invano un qualcosa di linea che andasse verso il Titicaca, ma fermasse anche a Tiwanaku (“puoi sempre prendere un taxi”, mi dicono), lascio perdere Tiwanaku e compro il biglietto diretto per Copacabana, 30 BOB, partenza alle 8.30, uno degli ultimi posti disponibili. Lo stretto di Tiquina viene attraversato in barca, bus e passeggeri separati. Il bus aspetta dall’altra parte della penisola, è possibile lasciare a bordo il bagaglio a mano (ovviamente non i soldi e le cose preziose) e nessuno lo tocca. Le acque del lago sono di un blu profondo, il cielo è terso, ed in lontananza si stagliano le vette innevate della Cordillera Real. E’ un incanto.
L’ultimo pezzo di strada è molto tortuoso. All’arrivo veniamo tutti convogliati verso un albergo della Tititcaca tours, ma allo stesso prezzo, 80 BOB riesco a trovare una stanza doppia fronte lago con bagno in marmo e colazione allo splendido Estelar Lago Titicaca.
Com questi ottimi presupposti mi mangio una trota ottima con 25 BOB ad uno dei chioschi, il nr. 10, Marthita, i prezzi sono uguali ovunque, prendo un thè in un bar elegante (6 BOB) con cameriere anestetizzato dalla visione di una partita di calcio del Milan, perlustro il paese, inizio a curiosare per i regalini da portare a casa, qui ci sono botteghe di bigiotteria eccezionale, a prezzi bassissimi, posso permettermi di comprare subito, tanto tengono poco spazio, e mi aggiudico per il giorno dopo una escursione alla Isla del Sol e della Luna (30 BOB). Il tramonto è eccezionale. Cena al Restaurante Flor de Tierra 2, 15 BOB (zuppa, secondo -trota- non abbondantissimo, e dessert).
Mi pongo il problema se non sia il caso di pernottare alla Isla del Sol. Per via del tempo ridotto, penso sia il caso di tenere come base Copacabana, farci l’escursione giornaliera, e dedicare il giorno successivo alla visita della penisola, perché secondo la Lonely Planet merita.
A conti fatti, invece, credo sarebbe stato meglio dedicarsi esclusivamente alla Isla del Sol, mi sembra una esperienza più particolare, il posto è meraviglioso, mentre invece la terraferma è “soltanto” graziosa (soprattutto Sampaya), insomma, la Isla del Sol è particolare.
Nonostante abbia letto che ci sia la possibilità di andare sia al nord che al sud della isla del sol (il nord è la parte meno turistica) io ho contattato le uniche due diverse compagnie che ho trovato al porticciolo di Copacabana, ma entrambe sono dirette soltanto a Yumani, nel sud, e non a Challapampa (nord). Per attraversare l’isola a piedi ci vanno diverse ore. Non sapendo quindi che altro fare, mi affido a queste, visto che offrono la possibilità di vedere anche la Isla de la Luna.
Il traghetto è piccolo, e trasporta sia turisti che gente del posto.
Giunti alla Isla de la Luna si paga una piccola tassa di ingresso, 10 BOB, e vengono concessi circa 45 minuti per visitare il tempio delle Vergini, che venivano sacrificate. Della costruzione originale rimangono soltanto alcuni ruderi, e a parte alcune donne che vendono souvenirs fatti da loro non c’è assolutamente nulla, una piccola guesthouse è disabitata.
Lo sguardo spazia in lontananza.
In meno di mezz’ora approdiamo alla Isla del Sol, ingresso 5 BOB, il rientro è fissato nel pomeriggio verso le 16. Anche qui non vi sono strade asfaltate, solo sentieri, ed una grande scalinata che conduce alla mulattiera centrale, che attraversa l’isola longitudinalmente da nord a sud. Percorro la scalinata, ai cui lati hanno costruito pensioncine sul genere ecolodge, qualche ristorante ed un paio di bar. Dalla sommità riesco a vedere entrambe le coste.
Cena al Restaurante El Fogon de la Cabaña, 15 BOB, man mano che ci si allontana dalla spiaggia i prezzi scendono.
Il giorno seguente, vado alla Plaza Sucre, che funge da capolinea dei bus e parcheggio taxi, iazza principale, quella dove ci sono minibus e taxi, e contratto 170 BOB per farmi portare sino a Yampupata, con sosta a Sampaya e ad un santuario. Quest’ultimo non è nulla di che, una grotta tipo Lourdes dove una statuina della Madonna è stata ricoperta di nastri colorati secondo le usanze locali, lo spazio antistante il parcheggio è purtroppo pieno di immondizia.
Sampaya è invece un graziosissimo villaggio dove alle 11 non si vede anima viva.
Yampupata è un agglomerato di case senza un centro vero e proprio, un grande campo da pallone sterrato, barchette approdate e asini. Dovrebbero esserci anche qui dei ferry per le isole, ma sono al molo e non vedo né biglietterie, né niente. Tutto è deserto, nessun venditore di cibo all’orizzonte, anzi, nessuno proprio. Punto.
Le rive del lago e l’acqua sono molto pulite. Rientro alla base passando davanti ad alcune isole galleggianti che qui non sono abitate bensì le usate come basi per allevarci alcune specie di pesci.
Pranzo tardi, compro una empanada per strada e poi un thè ed una fetta di torta al Bar Pueblo Viejo mi costano 35 BOB.
Faccio acquisti. Per dare una idea dei costi: una parure collana e orecchini con pietre dure (malachite), la pago 70 BOB, 20 BOB un berretto tipico in lana soffice misto alpaca, 70 BOB due paia di guanti in pura alpaca.
Lascio questo posto il mattino seguente, veramente a malincuore. 30 BOB un bus per Puno, Perù.