Bellissimi e accessibili, proprio per tutti: i monti della Val di Fassa sono la meta giusta per un viaggio che non dice di no a nessuno

Un itinerario per tutti
bellissimi e accessibili, proprio per tutti: i monti della val di fassa sono la meta giusta per un viaggio che non dice di no a nessuno
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Questa volta proverò ad esplorare la Val di Fassa e le sue meravigliose montagne. A dispetto del brutto tempo e delle pendenze. Anche se ci è toccato fare un itinerario più calmo, perché essendoci solo mia madre a spingere la carrozzina è stato necessario moderare le energie. Per questi sei giorni la nostra base è stata Moena, dove abbiamo preso un albergo con mezza pensione.

Diario di viaggio in Val di Fassa

Primo giorno: un bersaglio mancato, una piccola sosta a Cavalese e arrivo in albergo

cavalese

Devo ammettere che questa vacanza non è cominciata esattamente nel migliore dei modi. La prima tappa in programma erano le piramidi di Segonzano, che sono delle formazioni geologiche molto caratteristiche. Siamo quindi uscite dall’autostrada a Trento e ci siamo dirette a Segonzano. Abbiamo però fatto l’errore di impostare google maps, che effettivamente ci ha portate a Segonzano, poi sono cominciati i guai. Poco prima di entrare in paese abbiamo notato un parcheggio in cui erano indicati appunto i sentieri che portavano alle piramidi, ma il navigatore ci diceva di proseguire per raggiungere un altro ingresso e ci siamo fidate. Risultati? Google ci ha fatto attraversare il paese per delle stradine in cui la macchina passava a mala pena, poi ci ha mandato su per una strada di montagna altrettanto stretta e parecchio ripida per poi farci fermare in mezzo al nulla, in un minuscolo spiazzo dal quale partivano alcuni sentieri ripidi da far paura e non c’era neanche lo spazio per fare inversione di marcia. Alla fine proseguendo abbiamo trovato un punto più largo e siamo riuscite a tornare indietro. Morale della favola: non impostate il navigatore per raggiungere le Piramidi di Segonzano! A quel punto noi abbiamo proseguito per Cavalese.

Qui ci è andata un po’ meglio, abbiamo parcheggiato sulla piazza e siamo riuscite a fare due passi e pranzare senza troppi problemi. Abbiamo trovato una passeggiata panoramica che gira intorno al Santuario dell’Addolorata, non è stato così difficile percorrerla fino al vecchio tunnel ferroviario con la sedia a rotelle. Dopo essere uscite dal tunnel però abbiamo preferito tornare indietro, più che altro perché il percorso continuava a scendere, dunque tutto il tragitto inverso sarebbe stato in salita. Per chi invece volesse fare meno strada anche il parco che ospita il santuario è un buon posto per prendere una boccata d’aria, purtroppo però il santuario sembrava che venisse aperto solo per le funzioni; quindi, abbiamo dovuto accontentarci di vederlo da fuori. Infine ci siamo diretti a Moena ed all’albergo.

Secondo giorno: il Lago di Carezza e Canazei

lago di carezza

Il Lago di Carezza si è rivelato un vero gioiello, prima però noi ci siamo dirette ad un ponte sospeso che porta ad un sentiero lì vicino. Arrivare al ponte non è stato propriamente facile, abbiamo dovuto fare una bella salita, fortunatamente i turisti stranieri che affollavano il posto si sono rivelati molto disponibili nel darci una mano. Il ponte era percorribile con la sedia a rotelle, ma proseguire sarebbe stato impensabile; quindi dopo aver ammirato il panorama siamo tornate indietro, riattraversando il parcheggio per arrivare al lago. Dal parcheggio parte un piccolo sottopasso pedonale che permette di superare la strada senza rischi e di sbucare praticamente sulla riva del laghetto. Purtroppo la giornata era nuvolosa, quindi il lago non ci si è presentato nella sua forma migliore, ma anche così il paesaggio era davvero da fiaba. Le sue acque sono talmente limpide da riflettere tutti i colori dell’arcobaleno e da aver ispirato la leggenda della ninfa Ondina. Questa bellissima ninfa viveva nelle acque del lago e di lei si innamorò lo stregone del Latemar; tuttavia, Ondina non ne voleva proprio sapere di lui ed ogni volta che lo vedeva si rituffava nelle acque. Lo stregone allora chiese consiglio ad una strega su come potersi avvicinare alla ninfa senza farla fuggire. La strega gli consigliò di creare sul lago un bellissimo arcobaleno per attirare in superficie Ondina e nel frattempo travestirsi in modo da potersi avvicinare a lei senza spaventarla. Lo stregone bello sicuro di sé creò uno stupendo arcobaleno che effettivamente fece emergere la ninfa, ma poi, forse perché preso dall’eccitazione, forse perché non era capace di fare due cose allo stesso tempo, si avvicinò a lei dimenticando di cambiare aspetto. Ondina ovviamente lo riconobbe ed immediatamente si rituffò nel suo lago per non emergere mai più. Furioso, lo stregone fece a pezzi il suo stesso arcobaleno e li gettò nelle acque, che da quel giorno continuano a rifletterne tutti i colori.

canazei: casa in fiore

Dopo la passeggiata sul lago ci siamo dirette a Canazei, dove abbiamo fatto un giro per il paese a caccia di case dipinte. Molti edifici infatti hanno delle splendide decorazioni con iscrizioni in lingua ladina, una sembrava proprio un orologio a cucù. Per il paese passa anche un torrente che crea una serie di cascatelle, anche qui è stata una fortuna che fosse piovuto molto: l’acqua non mancava. Il rovescio della medaglia è stato che faceva abbastanza fresco e non era sereno; quindi, anche se sapevamo che da Canazei partono delle belle passeggiate, abbiamo evitato di allontanarci troppo dal paese, ci siamo fermate a mangiare un’ottima fetta di strudel e siamo tornate verso l’albergo.

Terzo giorno: Bolzano

bolzano

Il tragitto da Moena a Bolzano è un tantino lungo, circa un’ora di macchina, ma se non siete degli habitué dei luoghi consiglierei di non mancare una visita alla città. Io e mia madre appena arrivate ci siamo dirette al Museo Archeologico dell’Alto Adige che custodisce la mummia di Ötzi o Uomo di Similaun, principalmente perché non avevamo prenotato l’ingresso, quindi temevamo di trovare la fila, fortunatamente in pochi minuti siamo riuscite ad entrare. Se però voi volete andare a visitare il museo in periodi di alta stagione turistica (mercatini di Natale in primis) consiglio vivamente di prenotare con un certo anticipo. Anni fa io, mia madre e le mie sorelle eravamo a Bolzano per i mercatini e volevamo visitare il museo: non abbiamo neanche provato a metterci in coda da quanta gente c’era! Ammesso quindi che riusciate ad entrare, il museo è completamente accessibile con l’ascensore e per chi non può camminare la visita sarebbe anche più agevole se chi può farlo prendesse le scale ed evitasse di far aspettare dieci minuti ogni volta che si deve cambiare piano chi invece non ha alternativa! A proposito, per i disabili, io consiglierei di munirsi della Carta Europea della Disabilità, che viene rilasciata dall’INPS, per evitare di avere problemi in biglietteria nell’acquisto dei biglietti ridotti o omaggio per sé e l’accompagnatore. Adesso che finalmente siamo (forse) riusciti ad entrare nel museo possiamo rimanere a bocca aperta davanti alla mummia ed all’incredibile corredo di indumenti ed utensili che quest’uomo preistorico aveva con sé quando è stato ucciso con una freccia in cima alle Alpi. È semplicemente incredibile trovare i resti di recipienti in corteccia di betulla risalenti a più di cinquemila anni fa.

Dopo il Museo Archeologico abbiamo fatto un giro per la città, che tra l’altro non presenta troppi dislivelli, e ci siamo infilate nel Duomo. Abbiamo dovuto girare tutt’attorno alla chiesa per trovare l’ingresso, ma semplicemente perché ci eravamo arrivate dalla parte sbagliata, una volta individuata la porta giusta, che è anche indicata con dei piccoli cartelli sulle mura del duomo, siamo entrate senza problemi. Anche i pochi gradini all’interno sono tutti superabili con delle pedane. La chiesa ha dovuto essere ricostruita dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma incredibilmente degli affreschi medioevali sono sopravvissuti sulla controfacciata. Infine abbiamo trovato anche il Museo di Scienze Naturali, anche questo completamente accessibile, dove si possono scoprire gli animali che popolano le Dolomiti, i loro minerali e la loro storia negli ultimi milioni di anni.

Quarto giorno: Passo Pordoi e Pozza di Fassa

sass pordoi

Malgrado il freddo ed il relativo brutto tempo abbiamo deciso di salire fino a Passo Pordoi, ad oltre 2000 m di altitudine. Qui bisogna coprirsi bene sia per le temperature sia per il sole che a questa quota bussa parecchio, è più facile scottarsi quassù che al mare. Da qui parte una cabinovia che porta ancora più in alto, fino in cima al monte Sass Pordoi; ho visto che tecnicamente la cabinovia era accessibile, ma non l’ho presa, quindi non so cosa si possa trovare una volta arrivati in cima o se con la carrozzina si riesca a fare anche solo due passi. Quello che ho visto è stato il Museo della Grande Guerra, che racconta la vita nelle trincee al fronte, che passavano proprio in questa zona. È un museo relativamente pesante, si capisce quanto quei ragazzi abbiano vissuto l’inferno!

Tornando verso valle ci siamo fermate a fare due passi e ad assaggiare una fetta di Sacher a Pozza di Fassa. Il paesino è di fatto attaccato ad altri due, San Giovanni di Fassa e Vigo di Fassa, ma Pozza è sicuramente il più agevole da girare sia come pendenze che come marciapiedi ed è anche l’unico in cui ci sia qualche locale o negozietto. Anche la chiesetta e la passeggiata accanto al torrente sono molto carine. C’è anche una passeggiata che porta fino a Canazei con un percorso di una decina di chilometri, tecnicamente la passeggiata è anche per le biciclette, quindi dovrebbe essere percorribile anche con la carrozzina a rotelle, ma non ve lo posso garantire, complici il tempo non troppo bello e la distanza, io e mia madre non l’abbiamo affrontata, (diciamola tutta: volevamo anche tornare in albergo presto per farci un tuffo in piscina).

Quinto giorno: il Parco Naturale di Paneveggio e Moena

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Andando al Parco di Paneveggio avevamo in programma di percorrere il sentiero Marciò, che ci avevano segnalato come fattibile con la sedia a rotelle. Allora, andiamo con ordine; il una volta arrivati al parco con un disabile bisogna andare a parcheggiare vicino all’entrata e non nel parcheggio, perché lì ci sono i posti disabili e soprattutto arrivare con una carrozzina dal parcheggio visitatori all’ingresso è praticamente impossibile. Arrivare all’imboccatura del sentiero quest’anno è un po’ laborioso a causa dei lavori in corso, ma comunque non infattibile. Per quanto riguarda il percorso del sentiero, regala sicuramente degli scorci mozzafiato e ci sono anche delle postazioni che mostrano le impronte degli animali della foresta che tecnicamente si potrebbero trovare lungo il tragitto; ovviamente, in particolare durante il giorno, è estremamente difficile se non praticamente impossibile vedere degli animali. Tornando all’accessibilità… diciamo che io e mia madre non saremmo assolutamente riuscite a completare il percorso se non avessimo incontrato alcune persone che ci hanno dato una mano; se ci fosse stato mio padre probabilmente non avremmo avuto troppi problemi, ma lui è parecchio allenato ed io non sono troppo pesante. Il Parco Naturale di Paneveggio ha anche un piccolo museo teoricamente accessibile, ma noi abbiamo trovato l’ascensore rotto… in realtà non saremmo neanche riuscite a vederlo tutto perché il museo faceva pausa pranzo e noi avevamo fatto tardi con la passeggiata. Nel museo si racconta un po’ la storia dei boschi di Paneveggio e ci sono alcuni uccelli impagliati; devo confessare che non sapevo che il gallo cedrone fosse un abitante delle nostre montagne e nemmeno che fosse così grosso! Infine il percorso prevede il recinto dei cervi, che tecnicamente sarebbe raggiungibile tramite un percorso a piedi, ma non abbiamo tentato, abbiamo preferito riprendere la macchina e raggiungerlo via strada. Qui arrivare dal parcheggio al recinto si è rivelato un po’ faticoso, ma alla fine siamo comunque riuscite a vedere da vicino i cervi, peccato che malgrado la stagione giusta non abbia fatto capolino nessun cerbiatto.

A quel punto finalmente siamo andate a fare due passi a Moena. In realtà speravo che in paese ci fosse qualcosina in più, ma a parte qualche negozio di prodotti tipici e souvenir e l’immancabile passeggiata lungo il fiume non è che ci fosse molto a parte delle case; in più solo forse circa una metà del paese è girabile con una sedia a rotelle, il resto ha delle pendenze improponibili. Comunque noi abbiamo preso la mezza pensione ed in effetti abbiamo fatto bene, complice probabilmente anche la bassa stagione, in città non è che ci fossero molti ristoranti aperti. Tra l’altro il nostro albergo non era in centro e per arrivarci c’era da superare un bel dislivello. Anche prendere la macchina poteva diventare un po’ complicato a causa dei parcheggi. Se si vuole fare un giro panoramico c’è però il trenino, perfettamente attrezzato per caricare anche le sedie a rotelle.

Sesto giorno: Predazzo e rientro

predazzo: la casa della regola feudale

Per l’ultimo giorno avevamo programmato di passare la mattina a Predazzo e poi di partire presto per cercare di evitare il traffico. Devo dire che Predazzo si è rivelato il paesino più accessibile di quelli che abbiamo visitato, anche perché oltre a trovarsi in fondovalle si trova in un punto in cui la valle comincia ad allargarsi, di conseguenza la cittadina è quasi completamente in pari. Le attrazioni si trovano entrambe sulla piazza e sono la chiesa del paese ed il Museo Geologico delle Dolomiti.

Al Museo Geologico si entra senza problemi, per prima cosa si scoprono le rocce che compongono le montagne delle Dolomiti, che si possono anche toccare; poi si scopre che queste rocce si sono formate in fondo ad un mare tropicale! Pensate a quanto può cambiare l’ambiente nel corso di milioni di anni. La Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo si trova proprio lì accanto ed è accessibile sul lato destro guardando l’entrata, se trovate la porta chiusa provate a spingerla, probabilmente è soltanto accostata. La chiesa è un piccolo ma carino esempio di architettura neogotica; quindi, venne rifatta nell’800 ma secondo lo stile gotico. A quel punto, dopo essersi fermate a prendere un pezzo di strudel da portare a casa, era ora di ripartire; in ogni caso a Predazzo non c’era altro da vedere.

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Sass Pordoi

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