A Padernello alla ricerca della Dama Bianca

Un bosco lussurreggiante. Un borgo secolare. Un castello in bilico tra passato, presente e futuro. Ed un fantasma. Questo è tutto quello che vi troverete davanti agli occhi se, giungendo da Orzinuovi, imboccherete la strada che conduce a Borgo San Giacomo per poi arrivare, attraverso una schiera di campi dorati e verde brillante, a Padernello,...
Scritto da: dottisilvia
a padernello alla ricerca della dama bianca
Partenza il: 14/06/2008
Ritorno il: 14/06/2008
Viaggiatori: fino a 6
Ascolta i podcast
 
Un bosco lussurreggiante. Un borgo secolare. Un castello in bilico tra passato, presente e futuro. Ed un fantasma.

Questo è tutto quello che vi troverete davanti agli occhi se, giungendo da Orzinuovi, imboccherete la strada che conduce a Borgo San Giacomo per poi arrivare, attraverso una schiera di campi dorati e verde brillante, a Padernello, una frazione di qualche migliaio di anime nella Bassa bresciana. O meglio. Tutto tranne il fantasma. Perché dovete sapere che il fantasma in questione farebbe la sua apparizione una volta ogni dieci anni nella notte in cui si consumò il suo tragico destino. Stiamo parlando della Dama Bianca, al secolo Biancamaria Martinengo. Figlia di Gaspare Martinengo, il quale aveva ereditato dal padre diversi possedimenti tra cui lo stesso borgo di Padernello, Biancamaria passò la sua vita a Brescia. Secondo le testimonianze era di una bellezza inconsueta, cosa che, già in età preadolescenziale, l’aveva resa oggetto di proposte di matrimonio da parte di diversi nobili. Ma alla piccola la cosa sembrava non interessare, presa com’era dall’entusiasmo per natura che la circondava e per tutte le cose belle che la vita dona ed intenta a scoprirne il significato ultimo. Purtroppo però era di salute cagionevole e le sue condizioni erano aggravate dal fatto che Biancamaria mal sopportava di essere rinchiusa in una città fortificata, devastata dalle angherie del suo tempo. Fu così che nel novembre del 1479 suo padre la fece trasferire a Padernello, sperando che lì la figlia potesse riprendersi. Ma fu proprio qui che ella perì in una notte afosa dell’agosto del 1480. Si trattò semplicemente di un incidente e il suo corpo venne ritrovato esanime nelle acque del fossato. Ancora oggi si dice che il suo spirito appaia rivestito di un’abito bianco con in mano un libro d’oro contenente il suo segreto. Uno spirito moderno, portavoce antetempo dello Sehensucht romantico.

Come romantico è lo spirito che ha animato decine e decine di appassionati e studiosi nella battaglia per il recupero di questo patrimonio storico ed artistico che altrimenti sarebbe stato corroso e distrutto dal tempo.

Le origini del castello rimontano al lontano 1485, quando fu fatto costruire da Bernardino Martinengo, a scopo difensivo. I territori della famiglia Martinengo confinavano, infatti, con quelli di un’altra antica famiglia bresciana nemica. Di questa prima fase rimangono l’enorme fossato, la torre sovrastante il ponte levatoio e il mastio. Pian piano però, l’edificio acquisì un carattere squisitamente residenziale. Nel Cinquecento, sulla moda delle grandi famiglie mantovane, venne fatto costruire un loggiato su uno dei lati interni, mentre nel Settecento vennero effettuate alcune modifiche, quali la scalinata di accesso al primo piano o piano nobile. Se a quell’epoca lo sfarzo certo non mancò, il castello conobbe una parabola discendente nel Ventesimo secolo, culminata con il suo totale abbandono negli anni Sessanta. Il custode vi visse fino agli anni Ottanta dopodiché il maniero fu lasciato a sé stesso e al tempo. Nel 2005, però, un gruppo dedito allo studio e alla conservazione del patrimonio artistico locale, convinse il Comune di Borgo San Giacomo ad acquisire l’immobile, dando il via così alla sua completa rinascita nelle mani della Fondazione del Castello di Padernello, che attualmente si sta occupando dei restauri, e apre il maniero al pubblico tutti i giorni, organizzando visite guidate, mostre e spettacoli teatrali di ogni genere per grandi e piccini.

Superato il ponte levatoio ancora funzionante ci si trova sotto una volta ad archi con due ingressi ai lati. Si tratta degli accessi ai piani più umili e alle cucine, oggi di nuovo completamente arredate e restaurate. Salendo poi i gradini dello scalone settecentesco si accede al piano nobiliare, oggi sede della biblioteca / mediateca che vanta un’immensa raccolta di libri sul patrimonio artistico e culturale della provincia di Brescia, in un ambiente che sa di passato e di cose di altri tempi. Sullo stesso piano il salone da ballo e altre sale adibite attualmente, fino al 31 luglio 2009 alla mostra “Dal Primato del Disegno alla Supremazia dell’Immagine”, un’interessante raccolta di mappe d’epoca che mostrano l’evoluzione della cartografia. Interessante è anche vedere, nonostante siano ancora allo stato di “cantiere”, gli appartamenti usati dai proprietari fino agli anni Sessanta, adattati alle esigenze moderne senza curarsi della conservazione del monumento storico, anzi, talvolta addirittura deturpandolo. E tra porte nascoste e passaggi secondari, giungiamo al clou della nostra visita, ovvero una parte non ancora completamente accessibile: il mastio. Salendo scricchiolanti scalini in legno si giunge in cima alla torre, passando per vari piani, tra cui una piccionaia, e si resta senza fiato. Non tanto per la ripida salita, quanto per il paesaggio che ci si presenta davanti ai nostri occhi. Il borgo antico con la chiesa parrocchiale, le campagne sconfinate ed il fitto bosco.

Ed è proprio in questo bosco che si deve concludere la visita a Padernello, se si vuole una cosa fatta bene. Perché Padernello non è solo il castello con il suo fantasma, ma sono anche ettari di fitta vegetazione che racchiudono un tesoro di pochi pari: il ponte dell’Architetto Mauri. Qualcosa che mescola la funzionalità di un’opera di ingegneria alla sentibilità artistica di un uomo che plasma e viene plasmato a sua volta dalla natura. Si tratta di un vero e proprio ponte costituito da tronchi di legno grezzi, l’uno accanto all’altro, sormontati da un intreccio armonioso di rami che col passare del tempo verranno inglobati e rimodellati dalla natura circostante. Il percorso del ponte, lungo diverse decine di metri, è abbastanza impervio ed irregolare. Volutamente. Perché chi si trova a percorrerlo, possa farlo lentamente, lasciandosi inebriare dai profumi e cullare dai suoni di Madre Natura. Magari immedesimandosi nello spirito della Dama Bianca e comprendendo il suo attaccamento alle cose belle della vita.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche