78° parallelo

78° ParalleloQuesto viaggio l' ho sognato spesso ad occhi aperti. Eccomi qui ora a raccontarlo, meraviglioso quanto lo avevo immaginato. Isole Svalbard, a Spitsbergen,destinazione Longyearbyen, da sola. Parto da Roma il 2 aprile 2009. Da dove abito, verso le 7 di mattina, prendo un taxi dato che ho una valigia di venti kg con tutta l'...
Scritto da: saskia78
78° parallelo
Partenza il: 02/04/2009
Ritorno il: 06/04/2009
Viaggiatori: da solo
Spesa: 2000 €
78° Parallelo

Questo viaggio l’ ho sognato spesso ad occhi aperti. Eccomi qui ora a raccontarlo, meraviglioso quanto lo avevo immaginato. Isole Svalbard, a Spitsbergen,destinazione Longyearbyen, da sola. Parto da Roma il 2 aprile 2009. Da dove abito, verso le 7 di mattina, prendo un taxi dato che ho una valigia di venti kg con tutta l’ attrezzatura,vestiti e altro, uno zaino con tre macchine fotografiche e un borsone. Se qualcuno mi vedesse penserebbe che siano i bagagli a portare me. Arrivo a Fiumicino (Roma) e subito al check-in non trovano la mia prenotazione con i relativi biglietti elettronici. L’ addetto sembra assonnato e mi pare di capire sia il suo primo giorno di lavoro. Cerco di restare calma anche se ho prenotato sei mesi prima proprio per non avere problemi. Dopo aver contattato varie volte la compagnia Sas e Lufthansa, riesco ad avere i famigerati biglietti quasi due ore dopo. Quel giorno avrei fatto due scali, uno ad Arlanda (Svezia) e uno ad Oslo, prima di giungere alla meta. In totale avrei avuto 6 voli in 6 giorni. Ho prenotato tutto via web e devo dire che è una cosa fattibile se ci si organizza molti mesi prima. Per tutti i voli ho speso circa 750 euro. Va comunque considerato che è un viaggio costoso essendo un luogo particolare. Inoltre la Norvegia è forse la più cara tra i paesi scandinavi ma vivere l’ Artico vale assolutamente la pena per chi non ci è mai stato. Tutto procede bene, arrivata ad Oslo dopo svariati ”massaggi” con il metal detector, (avevo dimenticato delle monetine in tasca), scopro che il mio volo seguente, per cattive condizioni meteo, è in ritardo di un ora quindi arriverei a Longyearbyen alle 0.45. Ormai ero pronta a tutto dopo tre voli in un giorno! Dopo quattro ore sorvolando solo mare, l’ emozione mi colpisce atterrando, la pista non si vede inghiottita dalla neve, è tutto coperto. Quando scendo nevica con forte vento, vedo l’ aeroporto e mi sembra di essere dentro al mio computer dove tante volte avevo guardato le foto di quei luoghi. Sono arrivata alle coordinate 78° 13N, oltre il Circolo polare artico. Subito il clima artico colpisce, quindi entro, indosso la giacca termica e gli stivali tecnici da esploratore che avevo ordinato dal Canada. Noto che le persone presenti sono ricchi turisti, esploratori e fotografi. Prendo la navetta che mi lascia davanti allo Spitsbergen Hotel che chiamano tutti Funken. Poi scendendo a piedi, sento su di me il freddo,vedo il cielo limpido e ancora chiaro, nonostante sia l’ una e mezza di notte. È il 3 Aprile, non c’ è ancora il sole di mezzanotte ma nemmeno più la notte polare. Non un’ anima, solo il rumore dei miei passi nella neve e del trolley. Non trovo la guesthouse dove ho prenotato nella zona di Haugen. Sveglio il ragazzo che mi aveva lasciato il recapito per necessità e finalmente sono nel mio piccolo appartamentino. Pulito…con una vista magnifica su Nybyen, la periferia del paese. Quasi non riesco a dormire, sono eccitata dalle mille cose che vorrei fare nei giorni seguenti. Vedo dalla mia finestra, la vecchia funicolare che trasportava il carbone. Il paese è infatti famoso anche per il passato dei minatori ed una miniera è ancora funzionante. Il giorno dopo scopro che gli abitanti hanno orari strani ad esempio per la ristorazione, caffè e negozi.. Non capisco come mai ma o arrivo troppo tardi o troppo presto, il servizio è sempre chiuso e finisco col mangiare french toast nello stesso posto! (65 corone cioè circa 8 euro). Per fortuna poi ne ho trovati altri con angolo souvenir come al Lompensenteret e anche il bar dove ordino spesso caffè, lo Svalbar( euro 6). I norvegesi amano profondamente questa bevanda, ovviamente allungatissimo tipo bibitone. Quel giorno è tutto coperto, si preannuncia una bufera di neve. Alle nove di mattina dopo essermi vestita con strati di pile vari, giacca impermeabile, antivento, termica, cappello in pelo, maschera da neve, stivali e due zaini, esco e subito le mia narici respirano l’ aria fredda e secca tipica. Sono contenta volevo sentire tutto questo. Cielo e terra faticano a distinguersi in un misto grigio-bianco. Inizio a scoprire come vivono le persone. Le tubature sono innalzate dal sottosuolo altrimenti gelerebbero, essendoci il permafrost. Percorrono tutto il paese, affiancandosi alla strada che in questo periodo non ha confini netti. Le vie hanno dei numeri ma non si vede asfalto, solo neve. Gli abitanti, che sono soprattutto giovani, camminano per il centro perennemente con tute intere termiche e parcheggiate fuori dalle loro casette colorate, vi sono sempre motoslitte di vario tipo. Ho visto che per le macchine invece, adottano il sistema di tenerle in carica e non spegnere il motore, altrimenti non ripartirebbero nelle mattine più rigide. Il secondo giorno lo dedico a fare foto e visita del paese. Cammino per la via centrale tra negozi, hotel, raggiungo la grande università e arrivo fino al mare che è ghiacciato: tutto è immerso nel bianco. In questa zona si sente un suono diverso provenire dal ghiaccio mentre cammino, dipende se sotto i piedi c è terra o mare. Lì vicino ci sono vari tour operator e anche quello che mi ha affittato la casetta (365 euro circa per 4 notti) e soprattutto con il quale il terzo giorno farò le escursioni. A proposito, durante la mia permanenza, conosco alcune persone che vivono proprio lì (1800 abitanti in totale) e un’ esploratrice che da lì a poco andrà sciando da sola con la sua slitta al Polo Nord. Sono cosi affascinata da queste persone. Mostrano una passione cosi grande per queste esperienze che sono anche il loro lavoro, dove serve essere esperti e si combatte comunque con un ambiente ostile, assaporando in ogni momento una condizione di sopravvivenza. Appena usciti dal paese, non vi è che il mare ghiacciato, i fiordi e ad aprile c’ è un silenzio particolare, aria gelida, vento forte, clima imprevedibile. Orsi polari soprattutto. Bisogna infatti andare sempre con un fucile se si è con una guida oppure da soli è più difficile perché oltre all’ attrezzatura di soccorso si deve chiedere il permesso al Governatore delle Svalbard, il Sysselmann che abita in salita di fronte al mare. Quando torno sono sfinita. E’ difficile camminare con tutti questi vestiti addosso, nella neve con stivali da qualche kg! Niente ristorante quindi, avrei voluto provare qualcosa di tipico come le uova di pernice. Quella sera ceno con alcuni prodotti comprati alla Svalbardbutikken cioè la Coop! Ebbene, anche lì c’è. Essendo scritto in norvegese sulle confezioni, penso di aver fatto qualche errore mentre assaggio un panino speziato con chiodi di garofano (circa 7 euro) dove all° interno avevo messo carne di renna salatissima(12 euro). Un mix terribile, meno male che lo yogurt è come da noi. Notare che amo le spezie e provare ogni cibo delle cucine straniere.. Il terzo giorno è cosi pieno di esperienze e vita che non lo dimenticherò. Il vissuto è difficile da riportare a parole. Mi trovo con la nostra guida e alcuni turisti. Avremmo fatto insieme il giro di quattro ore in motoslitta nei dintorni di Longyearbyen (euro 225). Cominciamo a vestirci impiegando circa mezz’ ora. Oltre a quello che avevamo indossato per conto nostro, da mettere sopra ci hanno dato una super tuta termica, poi cappuccio di lana, guanti in pelle da indossare in aggiunta ai nostri più piccoli, maschera e casco. Ecco, sembravamo astronauti! Usciamo e quel giorno siamo fortunati: c’ è il sole, tutto brilla, è limpido quindi più freddo. 20 gradi sottozero che poi in motoslitta erano 30 percepiti, mentre reali nelle zone più selvagge e lontane. Il paesaggio era da favola tra valli e ghiacciai con rocce che ancora sono intatte da varie ere geologiche. Si pensi che ogni estate si possono cercare ancora i fossili. Percorriamo l’ Adventdalen fino ad arrivare all’ Isfjorden. Lì il vento è fortissimo anche da fermi. Ovunque si notano le onde sulla banchisa date dal suo soffio. Ci fermiamo a bere qualcosa di caldo. Inizio a non sentire più due dita dei piedi e anche quelle delle mani che faccio fatica a muovere. Si alterna una sensazione di caldo e formicolio ad una insensibilità fastidiosa quindi le apro e le chiudo ripetutamente per fare circolare meglio il sangue. E sono felice cosi, facendomi abbracciare dal freddo. Vediamo poi delle renne lontane e orme di orso. Potrebbe comparire da un momento all’ altro e questa idea ci tiene ben svegli e vigili. Spesso si vedono a km di distanza ma sono curiosi dell’ uomo e sanno correre molto veloce. Nel pomeriggio la seconda escursione è nella Ice-cave, all’ interno di un ghiacciaio a mezz’ ora dal paese (euro 75 per tre ore). In questo caso, io che non ho guidato mai uno scooter, ero una regina sulla motoslitta. Non è cosi facile, mentre io salivo e scendevo per i ghiacciai con bravura. (Al ritorno invece mi sono ribaltata). La luna è alta nel cielo di giorno. Vediamo un buco nella neve e siamo arrivati. Ci mettiamo i caschi con lampada da speleologo e iniziamo a scendere. All’ interno è più caldo, ci sono tre gradi sottozero. Si cammina per tre ore in un cunicolo all’ interno del ghiacciaio. Bisogna torcersi, inchinarsi, quasi sdraiarsi perché lo spazio è piccolo e si viene a conoscenza di un paesaggio di un altro mondo. Cristalli, minerali vari, ossigeno e flusso di acqua intrappolati e congelati nel ghiaccio. Proviamo per un attimo a spegnere le lampade. Il silenzio e il buio più totale ci circonda. Qualcuno in tempi passati si rifugiava cosi dalle bufere. D’ estate invece non è visitabile, infatti i canali si riempiono di acqua che riprende a scorrere come un lungo impetuoso fiume. Torno nel mio alloggio esausta, ho visto cosi tanto lontano dalla vita ordinaria. Conosco altre persone e si cena. Lascio il mio caffè per moka portato dall Italia, non sanno cosa sia e mi ringraziano. Il giorno dopo sono andata all’ Airship Museum e ho scattato un po’ di altre foto in giro. Il museo si trova al di là del fiume Longyear elva e ripercorre tutta la storia delle esplorazioni polari tra le quali quella di Nansen e Amundsen. La mattina del quinto giorno dovevo ripartire. Alle quattro mi sveglio, il cielo è azzurro chiaro, stavolta sono in compagnia di tre ragazzi italiani tra cui un fotografo. I discorsi sono molto interessanti, loro tornavano da una spedizione sulla costa est di Spitsbergen. In taxi vorrei scendere e non andare via. In aeroporto l’ alba è una nebbia rosea sul mare e mi emoziona. Lascio la giacca aperta e tutto il freddo mi raggiunge all istante e voglio sentirlo ancora una volta mentre salgo le scaletta dell°aereo. Dal finestrino dell’ aereo, vedo piano piano l’ alba diventare mattino, il cielo azzurro chiaro. È meraviglioso vedere l’ isola dall’ alto, si notano le valli, le montagne diventare sempre più piccole, poi il pack e ad un certo punto il Mar Glaciale Artico senza ghiaccio. Mi sento stanca e felice. Rifletto su ciò che ho visto. Penso che in un angolo tra quelle montagne artiche, sono da poco conservati a 18° sottozero in una cripta blindata, i semi di circa tre milioni di specie di tutto il pianeta, con l’ idea di arrivare a 4,5 miliardi e rimanere protetti per migliaia di anni da eventuali catastrofi. In particolare pensavo a questi luoghi nei quali il silenzio assoluto ed i paesaggi freddi e bianchi sono in realtà sinonimo di incredibile pienezza e non di vuoto, come tanti penserebbero. Sotto questo ambiente congelato vi è una vita che si nasconde. Oltre alla fauna che si risveglia dopo il letargo, anche i canali d’ acqua congelati dentro le pareti di grotte. Immobili in questo stato invernale ma cosi vivi. Quel giorno poi, continuo il mio viaggio da sola per visitare Oslo, ma questa è un’altra storia.



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