Alle porte di Roma c’è un’abbazia con una storia millenaria, ed è qui che si produce l’unica birra trappista in Italia

L'Abbazia delle Tre Fontane a Roma: dal cammino di San Paolo alle prelibatezze dei Padri Trappisti
Francesco De Luca, 17 Ott 2024
alle porte di roma c'è un'abbazia con una storia millenaria, ed è qui che si produce l'unica birra trappista in italia
Ascolta i podcast
 

Isolata, contornata e protetta – proprio come ogni feudo medievale che si rispetti – da un perimetro di mura; introdotta e ingentilita da un maestoso arco; appena sfiorata da suoni sacri e naturali: la melodia e il silenzio della liturgia, lo sgorgare dell’acqua, il cinguettare degli uccelli. L’Abbazia delle Tre Fontane sorge al lato dell’antica via Laurentina, a pochi passi dal centro di Roma, ma allo stesso tempo lontano dalla frenesia e dal caos della metropoli, questo luogo di culto ha tutte le carte in regola per essere pensato e vissuto come un ritaglio di paradiso.

Abbiamo già “spoilerato” troppo però; entriamo nel vivo.

Un po’ di storia: fra arte e fede

È l’ultima cosa a cui pensereste, eppure, il nome del luogo è legato alla testa di San Paolo; leggenda vuole, infatti, che, proprio qui, in una località anticamente nota come Acque Salvie, san Paolo abbia subito il martirio mediante decapitazione; è il 67 dopo Cristo, e il Cristianesimo è da poco arrivato a Roma. Paolo di Tarso è, insieme a San Pietro, il più importante messaggero della parola di Cristo; Pietro, si sa, fu crocefisso a testa in giù durante la persecuzione di Nerone. A Paolo non toccò una sorte migliore: dalla sua testa, caduta e rimbalzata a terra tre volte, sarebbero sgorgate tre fonti d’acqua; da qui, il nome del luogo, Abbazia delle Tre Fontane.

Le teste e il martirio sembrano essere una costante del luogo, dal momento che, sotto le fondamenta dell’edificio principale, quello che fa da sfondo al piazzale alla natura circostanti, giacciono le spoglie di un santo militare persiano: Sant’Anastasio, che, insieme a Vincenzo di Saragozza, dà il nome all’omonima chiesa, è un soldato la cui testa viene fatta recapitare dall’imperatore d’Oriente al papa durante la metà del VII secolo dopo Cristo.

Nel corso di più di mille anni, le redini della chiesa abbaziale dei santi Vincenzo e Anastasio vengono impugnate da vari ordini religiosi e monastici: dapprima i greci-armeni, poi i Cistercensi e i Francescani, e, infine, dal 1868 ad oggi, dai Padri Trappisti. Prima di passare a descrivere i prodotti e le prelibatezze dei monaci, però, diamo una rapida occhiata agli altri monumenti presenti.

L’Arco di Carlo Magno, che rende l’ingresso ancora più suggestivo, in realtà, non ha nulla a che fare con l’imperatore; il nome, piuttosto, è da riferire al ciclo di affreschi delle pareti interne – dedicato a Carlo Magno – e oggi in parte scomparso. Nella storia di Carlo interviene ancora Anastasio il persiano, le cui reliquie furono affidate dal papa all’imperatore, il quale, dopo alcune conquiste in nome del santo, donò al monastero varie proprietà nella Maremma Toscana.

Al fianco dell’edificio principale, invece, sta una graziosa chiesetta a pianta ottagonale, costruita ad hoc in occasione del giubileo del 1600: la Chiesa di Santa Maria Scala Coeli, che, indovinate un po’, è legata ancora una volta al martirio; questa volta, però, i malcapitati sono tanti, trattandosi di più di 10.000 legionari romani martirizzati insieme a san Zenone agli inizi del IV secolo dopo Cristo. Le varie decorazioni e la piccola finestrella sulla destra, dalla quale si intravede l’ambiente in cui, secondo la tradizione, fu tenuto prigioniero san Paolo, meritano la visita.

Le preparazioni dei Padri Trappisti

Birra, amari, impacchi e infusi medicamentosi, olio, vino, sapone, e molto altro, arredano gli scaffali e profumano gli interni della Bottega monastica trappista. Non ci sono, infatti, solo la preghiera e il silenzio ad accompagnare le giornate dei monaci, ma, al contrario, in perfetta linea con la Regola di San Benedetto, duro lavoro e saggia gestione dell’attività agricola.

Una perfetta sintesi di autogestione e vendita al pubblico: uliveto, frantoio, apicoltura, liquorificio, e, in primis, birrificio. Eh sì, perché la birra trappista delle Tre Fontane è l’unica in Italia ad avere l’autorizzazione a produrre birra d’abbazia sotto questo nome; pensate, al mondo se ne contano solo 12!

La produzione, però, va ben al di là dei confini dell’abbazia: i balsami e gli unguenti del Monastero di Orte, nell’Alto Lazio, la propoli e le tisane dell’Eremo di Camaldoli in Toscana, le acque profumate dei Carmelitani di Verona, il sapone di Aleppo, prodotto dalle sapienti mani delle monache siriane. Insomma, un grande mercato dell’antichità, un universo di odori, sapori, colori e spiritualità racchiuso fra quattro mura, a portata di mano per ogni visitatore.



Leggi ancheLeggi gli altri diari di viaggio