La Spagna a tavola tra reazione e rivoluzione
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Una ferrea laicità di stato è contrapposta a un re ancora insignito del titolo di “Cattolicissima Maestà”. Coniugi del medesimo sesso allevano figli adottivi sullo sfondo di una religiosità popolare ancora praticata davanti ad altarini domestici. Il Kitsch è sparso a palate in mezzo al glamour più patinato… Gli esempi potrebbero continuare a lungo e li sorvolo perché sono sotto gli occhi di tutti ma soprattutto per soffermarmi sulla cucina, anch’essa esasperatamente spaccata tra conservatorismo e rivoluzione.
Sappiamo che pomodori, patate, peperoni, mais e tanti altri prodotti sono arrivati in Europa proprio grazie agli spagnoli e hanno il volto gastronomico di tutto il Vecchio Continente. Ma non della Spagna, che ha mantenuto la fisionomia complessiva del suo menu evitando di sconvolgerlo come, per esempio, è successo Italia dove la cucina è stata pesantemente “pomodorizzata”. All’estremo opposto di una cucina tradizionale testarda e inattaccabile, si colloca il fenomeno prorompente della Nuova Cucina Tecno-Emozionale di matrice basco-catalana. “Tecno” perché usa volentieri gli strumenti (sifoni, caramellatori ecc.) e gli alimenti (gelatine, alghe, carbonati) proposti della “Cucina Molecolare”, al momento più oggetto di perplessità e litigi che di mangiate. “Emozionale” perché trasforma il pasto in una performance teatrale al centro della quale si colloca il gastronomo-spettatore-allievo-esegeta cui viene affidato il compito di rimanere emozionato-stupito-rieducato da un defilé di numerosi assaggi tutti rigorosamente sorprendenti. Questo è quanto succede a El Bulli in Catalogna, il tempio della nuova cucina governato da Ferran Adrià. E questo il format utilizzato da nuovi ristoranti di tendenza sparsi in tutto il territorio nazionale ma specialmente nei Paesi Baschi e nella Catalogna.
C’è chi venera questa super avanguardia e c’è chi la odia. Come l’incazzatissimo Santi Santamaria, celebrity-chef del ristorante Can Fabes di Sant Celoni (Barcellona), autore di un documento firmato da 800 cuochi nel quale si afferma che le gelatine abusate da Ferran Adrià sono pericolose per la salute. Quando c’è una rivoluzione in corso tutti alzano i toni, rivoluzionari e conservatori. Cercando di essere il più possibile obiettivi, rammarica che le esagerazioni di Adrià finiscano col danneggiare tanti chef sinceramente geniali ma sconosciuti e autori di proposte meno stravaganti, che potrebbero dar vita a una nuova cucina spagnola finalmente plausibile e un modello praticabile da altre cucine nazionali in crisi di identità. Comunque, da quando nel 2008 il New York Times è sceso in campo con la beatificazione di Adrià lo slogan fisso sulle bocche che contano per quello che mangiano e quello che dicono è “La nueva cocina habla español”.
La Cucina Tradizionale
La cucina che il più delle volte incontrerete nel vostro viaggio sarà quella di tutti i giorni, cotta e mangiata senza emozioni a comando. Perciò vale ancora la pena conoscerla.
Va detto che in Spagna, come in Italia, non esiste una vera e propria cucina nazionale ma un mosaico di cucine locali. Le 17 regioni occupano tre aree geografico-climatiche profondamente diverse: l’atlantica, la continentale e la mediterranea, con una conseguente grande quantità di prodotti e piatti diversissimi tra loro.
Alcuni di questi, come la paella e il gazpacho, hanno acquisito una speciale notorietà venendo perciò percepiti dai visitatori come “piatti nazionali”, ma sono tuttora considerati regionali dagli spagnoli. La varietà delle preparazioni è davvero impressionante e per averne un’idea basta entrare in uno dei tanti locali (bar, osterie, taverne, birrerie) ben forniti di tapas. Sembrano antipasti, ma in realtà sono per la maggior parte sostanziosi assaggi di altrettanti piatti regionali con dignità di pietanza.
Le Tapas
L’origine delle tapas è incerta. Secondo alcuni sono nate nel secolo XIII in seguito a un’ordinanza di Alfonso X di Castiglia El Sabio che obbligava i tavernieri a servire dei bocconi di cibo assieme al vino per mitigare gli effetti dell’alcool. Per altri l’antenata delle tapas sarebbe stata una fetta di pane posta sul bicchiere a mo’ di tappo per difendere il vino dalle mosche, da cui il nome. Se la versione corretta è questa, c’è da dire che quella povera fetta di pane ha fatto una grande carriera. Ecco un elenco delle tapas calde e fredde più comuni: montaditos (fettine di pane tostato con prosciutto o tonno, polpa di granchio, acciughe, salsiccia, gamberi, ecc.), almejas en salsa de ajo (vongole saltate con olio, prezzemolo e aglio), buñuelos (frittelle ripiene di prosciutto o formaggio o verdura), boquerones en vinagre (acciughe sotto aceto) atun fresco judian en escabeche (tonno fresco marinato con fagioli), gambas alla plancha (gamberoni alla piastra), calamares rellenos (calamari ripieni), calamares fritos (calamari fritti), mejllones en concha (cozze al vino bianco), caracoles en salsa (lumache in salsa di pomodoro, aglio e prezzemolo), pescaíto frito (pesciolini fritti), espinacas con garbanzos (spinaci e ceci in olio, aglio, cumino e peperoncino con pane fritto), patatas bravas (patate bollite con maionese piccante all ‘aglio), patatas ali-oli (patate con salsa di aglio e olio), bacalao rebozado (bacalà fritto impastellato), ensaladillas (insalate varie, con baccalà o uova sode o tonno ecc), croquetas (crocchette varie), pinchitos morunos (spiedini di maiale o pollo marinati), pulpo a la gallega (polpo bollito con olio, limone e peperoncino). E poi ancora il celeberrimo prosciutto iberico rigorosamente tagliato a mano, le mandorle, le ottime olive, i sottaceti, i sott’oli…
Da questa abbondanza si capisce bene come il rito del “tapeo”, l’andare per tapas prima di cena, può tranquillamente sostituire il pasto con il vantaggio del divertimento, dell’approfondimento gastronomico e della varietà. Ma anche del portafoglio, visto che una tapa costa in media 2 euro (3 al massimo per le più elaborate) e con 3 – 4 tapas ben scelte si fa cena.
Paella e Gazpacho
L’Albufera di Valencia è una meravigliosa zona umida, ora parco nazionale, tradizionalmente dedita alla coltivazione del riso e di una grande varietà di ortaggi mediterranei. Sono questi, assieme allo zafferano, i soli ingredienti dell’antica paella contadina o paella de verduras ancora oggi servita nella zona. Solo nei giorni di festa o quando ce n’era la possibilità veniva aggiunta a questa base vegetariana la carne dei conigli selvatici cacciati nell’Albufera o del pollo, o le due carni insieme. Se si trovavano, venivano unite anche delle lumache, ma non certo i prodotti del mare poco familiari nelle cucine dei contadini catalani.
La paella approdò a Valencia ai primi del ‘900, quando la città fu collegata all’entroterra da strade e ferrovie. E fu un ingresso trionfale, visto che divenne la specialità cittadina con il nome di Paella Valenciana. La sua ricetta originale prevede riso, zafferano, verdure, carne di coniglio e di pollo. E riga. Poi ci sono due varianti: la paella de mariscos con crostacei e molluschi, e la stranota versione con carne e pesce insieme che i valenciani lasciano volentieri ai turisti. Non a caso oltre che paella mixta è chiamata anche paella turistica.
Tradizionalmente la paella si cuoce sul fuoco vivo di tralci di vite e legna di arancio. Proprio con la fiamma diretta si ottiene la migliore socarrada, la deliziosa crosta che non deve mancare mai sul fondo di una buona paella, di qualunque tipo essa sia. Il riso adatto è il Bomba, una razza a chicco tondo coltivata nell’Albufera e capace di assorbire in modo ottimale il condimento durante la cottura. Pessima l’abitudine (per altro diffusissima in alcuni ristoranti spagnoli e nelle case di turisti da questi reduci) di prepararla con riso Basmati o Parboiled. In Italia il Bomba può essere sostituito dall’Arborio o (secondo me, meglio ancora) dal Vialone Semifino Nano.
La risposta andalusa alla paella catalana è il gazpacho, la celeberrima zuppa fredda che può essere anche servita in bicchiere come aperitivo. Gli ingredienti base del gazpacho tradizionale sono pomodoro, aglio, aceto di sherry, mollica di pane raffermo, olio di oliva, acqua fredda e ghiaccio. Il tutto viene frullato e arricchito con dadini di peperone e cetriolo. Quando non c’èra il frullatore gli ingredienti venivano pestati a lungo nel mortaio. Ancora oggi i più raffinati preferiscono evitare il frullatore e lavorare non poco per ottenere il pregiato gazpacho de almirez, cioè fatto a mano.
Le altre specialità
Tra le zuppe vi segnalo l’onnipresente sopa de ajo (zuppa di aglio), preparata in modo leggermente diverso nelle varie regioni e ottima ovunque. Tra le carni non perdete l’assaggio del cocido madrileno, uno stufato di origine ebraica con carne di manzo, maiale, gallina, ceci e altre verdure. Da non trascurare neanche la pernice, molto amata e molto ben cucinata (estofada, trifolata, a la toledana, a la segoviana, a la monfortina). Passando ai pesci, ricordatevi dei calamaeres en su tinta, calamari fritti e serviti con una salsa a base del loro inchiostro; il lenguado a l’andalusa, una sogliola arrotolata su un ripieno a base di peperoni rossi; il pescado a la sal (pesce al sale); il polpo e il baccalà cucinati in vari modi tutti sinceramente meritevoli.
I dolci sono di prevalente tradizione convenutale e fortemente influenzati dalla pasticceria araba, per questo finiscono con il ricordare quelli siciliani. Una preparazione locale, la crema catalana, è diventata piatto nazionale ed è conosciuta e preparata in tutto il mondo. Una volta in Spagna vale proprio la pena assaggiare la versione preparata “in loco”.
Sempre alla munifica Catalogna si deve la Cava, uno spumante ottenuto con la méthode champenoise ottimo per l’aperitivo ma anche per pasteggiare. Per i rossi, bianchi e rosati, i nomi dei territori da ricordare per una scelta felice sono Alto Ebro, Roja, Navarra, Baleari e Andalusia per lo sherry di Jerez. Quanto alla sangrìa, vale quello che si è detto per la paella: è una preparazione contadina una volta fatta con quello che c’era, e cioè vino rosso allungato con acqua e aromatizzato con pezzi di limone e di arancia. Veniva anche aggiunto un po’ di Cognac per compensare la diluzione per opera del ghiaccio. L’odierna sangria turistica, invece, include varie qualità di frutta. Molto interessante la Sangria de Cava versione Catalana fatta con l’omonimo spumante e decisamente più leggera e dissetante. Da tenere a mente.
Appunti di viaggio
Le Tortillas
Le frittate (tortillas) sono molto amate dagli spagnoli. Sono sempre ben alte, quindi fatte con un numero abbondante di uova che devono sommergere completamente i condimenti usati. Sono una pietanza forte, non una merenda o una colazione, e sono quasi tutte a base di verdure che vanno prima cotte in padella e poi inondate di uova sbattute. La tortilla si fa cuocere a fuoco dolce e a padella coperta. Si gira, si fa dorare appena dall’altra parte ed è pronta! Ecco una rassegna delle migliori: Española: con patate e cipolla De lechuga: di lattuga romana De cebollas: di cipolle De espàrragos: di asparagina selvatica De pimentos verdes: di peperoni verdi Murciana: di verdure di stagione miste tagliate a piccoli tocchetti Di riñones: di rognoni trifolati con sherry De habas: di fave verdi De alcachocas: di cuori di carciofo De mariscos: di cozze Al Sacromionte: Con interiora di agnello Catalana: con fagioli bianchi e salsiccia Valenciana: con gli avanzi della paella
Curiosità
Il caso San Sebastian: la capitale basca ha solo 180 mila abitanti e un gran numero di ristoranti di fascia alta ai quali la guida Michelin profonde stelle a piene mani. E’ la città con più ristoranti stellati per abitante.
Madrid è una città lontana dal mare, ma vi troverete sempre pesce sempre freschissimo e di grande qualità.
Nessuno ama conservare il pesce come gli spagnoli. Oltre a tonno, sgombro, acciughe e sardine, nelle lattine spagnole si trovano polpo, calamari, cozze, vongole, arselle, cocciole, cannolicchi.
Se vi piace il sidro (vino di mele) non perdevi quello spagnolo, veramente ottimo. Nel nord del paese è l’accompagnamento più frequente delle tapas.
Dove Mangiare
Se volete investire un (bel) tot di euro nella sperimentazione della nuova cucina spagnola di San Sebastian, i tre ristoranti della città con tre stelle Michelin di sono: Arzak. Lo chef – patron Juan Mari Arzak è considerato uno dei maestri della cucina basca, specializzato nella ricerca ed elaborazione dei prodotti del territorio, per lui una vera fissazione. Conto medio sui 120 euro Avenida Alcalde Jose Elosegi / Jose Elosegi Alkatearen Hiribidea 273 20017 Donostia-San Sebastian, Spain.
Martin Berasategui. Giovane stella nascente (ha 44 anni), Berasategui insegna la nuova cucina spagnola a cuochi proventienti da tutto il mondo. E’ convinto che la cucina sia arte e affida ai suoi piatti la dimostrazione del suo assunto. Il conto supera agevolmente i 200 euro Loidi Kalea nº 4, San Sebastian – Donostia 20160, Spagna +34 943 278 465 Akelarre lo chef Pedro Subijana è attento a contenere la nuova cucina dentro limiti corretti e non eccede negli effetti speciali. Prezzi superiori ai 100 euro con menu-degustazione a 135. Secondo me è il migliore dei tre. Paseo Padre Orcolaga, 56, San Sebastian – Donostia 20008, Tel: +34 94 33 11 209 Tornando giù dalle stelle, con i piedi per terra e in locali dai conti più accessibili, vi segnalo il Bar Txepetxa, famoso per i suoi pintxos (così si chiamano le tapas in basco) di acciughe preparate in un’infinità di modi. 5 Calle Pescadería. San Sebastián Tel: +34 943 34 22 77 A Madrid la nuova cucina ha il suo tempio nel locale di Ruben Dario Sergi Arola Gastro Insignito di due stelle Michelin e con prezzi adeguati alle due stelle. Zurbano, 31 Madrid 28001 Tel. (+34) 913-102169 Passando ai locali con conti sostenibili o decisamente economici, vi consiglio di annotarvi: La Fragua de Vulcano, Rinomato per le tapas “ottime e abbondanti”, economico e centrale 16 Calle Nuñez del Arce, Madrid 28012 Bodega de la Ardosa. Risale al 1892, è una piccola birreria economica, colma di fascino, imperdibile. Menu ristretto al salmorejo (zuppa fredda simile al gazpacho), tapas, frittate e crocchette. Ottima la birra. Calle Santa Engracia, 70, Madrid 28010 Al Natural, per vegetariani, buon ristorante non caro. Calle Zorrilla, 11, Madrid 28014 La Trucha. Tapas bar – istituzione di Madrid. Andateci Calle de Núñez de Arce 6, Madrid 28012 Lhardy. Dove la tapa fa carriera e diventando ricercatezza per gourmet.
Carrera de San Jerónimo 8, Madrid 28014 A Barcellona vi consiglio: Montiel Restaurante. Ottima cucina Spagnola e altrettanto delizioso l’ambiente. C/ Flassaders 19 Barcellona 08003 Frico, cucina mediterranea con buon rapporto qualità/prezzo. Aribau, 47, Barcellona 08011